HEGEL

Gli scritti giovanili

Nato a Stoccarda il 27 agosto 1770, Georg Wilhelm Friedrich Hegel frequentò, da giovane, i corsi di teologia dell'Università di Tubinga, dove ebbe come colleghi Hölderlin e Schelling, che tanta importanza avranno, in seguito, nella sua esistenza privata e nella sua vita pubblica. Completati gli studi, nel 1793 accettò l'incarico di precettore privato a Berna; qui si trattenne fino al 1796. In questo periodo egli «respirò» cultura francese, specie quella illuministica, s'interessò alle discussioni, allora molto vivaci, sulla Rivoluzione Francese e riempí quaderni di appunti in cui, tra l'altro. s'intrecciano temi filosofici e osservazioni e valutazioni sugli eventi politici e sociali di quel tempo. Quindi tornò in Germania, e visse a Francoforte sul Meno. In questo «periodo bernese-francofortese» redasse quei saggi che, restati inediti fino al 1906, costituiscono un utile avvio alla comprensione dello Hegel «maturo», specie quelli scritti tra il 1795 e il 1800, cioè fino ai suo ingresso nel mondo accademico. Il titolo che fu attribuito a questi saggi, Scritti teologici giovanili di Hegel, indica solo l'«orizzonte» di discorso, perché, in effetti, in essi s'intrecciano temi di diversa natura che rivelano la molteplicità degli interessi hegeliani. Qui indicheremo solo alcuni di questi temi, e non esporremo analiticamente il contenuto delle singole opere.

Uno degli argomenti significativi è il rapporto tra mondo antico e mondo moderno, la cui elaborazione è il frutto di un sentito interesse per l'antichità e di una profonda riflessione critica sugli eventi a lui contemporanei. Il mondo greco, pensa Hegel, è la matrice di quello moderno; pertanto ogni tentativo di comprendere il secondo senza indagare sui fili che lo legano al primo, risulterà inevitabilmente sterile. Certo, tra le due civiltà c'è una profonda diversità; anzi una contrapposizione. Il mondo antico è il positivo, quello moderno il negativo, afferma Hegel in armonia con le idee di Hölderlin e di Schiller. Tuttavia, a differenza di Schiller, Hegel sostiene che il mondo moderno saprà «risorgere» con la piena realizzazione degli ideali che hanno ispirato la Rivoluzione Francese, di cui il filosofo offre una valutazione positiva. Ma quali sono le ragioni della contrapposizione? Hegel riprende il tema schilleriano dell'armonia tra uomo e natura nell'antichità greca, ch'egli vede realizzata in tutti i momenti della vita umana, anche in quello economico (non c'era sostanziale sperequazione economica) e in quello politico (il cittadino partecipava in prima persona alla vita dello stato, e quindi alla formazione delle leggi e al funzionamento delle istituzioni); tale armonia costituiva la condizione della libertà e della felicità dell'uomo antico che, perciò, non avvertiva il bisogno di proiettarsi in una dimensione ultraterrena, come fa l'uomo moderno, indottovi dalla mancanza di libertà e dalla profonda insoddisfazione per la propria esistenza.

Altro punto di piú intensa riflessione giovanile fu il tema della religione, tema che legò l'interesse di Hegel all'Illuminismo, di cui La rifiutava gli estremismi materialistici e irreligiosi (d'Holbach), ma accettava, tesaurizzandole, la critica alle religioni positive (Lessing) e la riduzione delle istanze religiose che le sostengono a «esigenze dello spirito» (Kant). Come per Lessing, per lui tutte le religioni «positive» sono «false», in quanto s'alimentano di un inutile spirito di competizione e lotta reciproca, e, al loro interno, della scissione, dell'estraneità tra leggi e dogmi (che cadono dall'alto con la loro astrattezza) e le concrete esigenze umane; ma sono anche, o possono essere, tutte «vere» se il credente esprime in esse la sua «religiosità naturale», che gli assicura l'«armonia» con sé e con gli altri. Anche in questo caso la «scissione», la «separazione», la «lotta» è il negativo, e l'«armonia» è il positivo, per cui l'evoluzione della civiltà dovrà portare alla ricostruzione dell'armonia.

La ricerca di una religione «autentica» porta poi Hegel a «misurarsi» con Kant. Della Critica della Ragion Pratica apprezza la teoria dei postulati. Di contro alla forma «oggettiva» di una religione che si fonda su astratti dogmi e su principi estranei alla vita umana, come di contro alla forma «privata» di una religione che si risolve in credenza e pratiche rituali utili solo ad offrire sostegno e conforto nelle contingenze avverse della vita, per Hegel la teoria kantiana dei postulati offre la base di una religione «soggettiva», espressione di esigenze che l'uomo sa essere interiori a se stesso, di ideali ch'egli sa essere innati in lui. Ma anche la teoria kantiana non è soddisfacente, nonostante il suo nucleo di verità. Una vera religione (sostiene Hegel fondendo gl'insegnamenti tratti da Lessing, Kant e Schiller) dev'essere «religione popolare»; religione di uomini liberi viventi in armonia con sé e con gli altri, armonia che raggiunge il culmine in quella dell'individuo con la vita del proprio popolo. Essa caratterizzò il mondo antico, e decadde solo, a partire dal Medio Evo, con l'affermarsi delle religioni positive. Tra queste c'e anche quella «cristiana», che, nata bene, acquistò i suoi caratteri «moderni» proprio nel Medio Evo, cioè quando divenne espressione di una speranza in una vita ultraterrena e di un atteggiamento passivo nei confronti della legge divina concepita come lontana, «obiettiva», in conseguenza della perdita di ogni libertà politica e sociale e del sentimento di estraneità dello stato rispetto alla vita concreta, quotidiana. Ciò che inficia, dunque, la concezione etica kantiana è la teoria dell'imperativo categorico. Infatti l'adeguamento passivo della volontà alla ragione, astrattamente intesa e quasi separata dagli altri aspetti dell'uomo concreto, è, per Hegel, I analogo dell'atteggiamento di accettazione passiva richiesto dalle religioni positive di fronte alla Legge.

L'esigenza di una concezione dell'uomo come realtà unitaria senza separazioni tra le sue funzioni spirituali, avvicina inoltre Hegel ai Romantici. Come questi egli critica la separazione, proposta dall Illuminismo, tra intelletto e cuore, e l'assunzione del primo ad unico strumento di spiegazione della realtà.

Ma questa, per Hegel, è caratterizzata da una variegata complessità, per cui l'intelletto, «astraendo», cioè separando e isolando col pensiero ciò che nel fatti è connesso, non comprende in modo autentico il reale. Certo anche l'intelletto svolge una funzione utile (infatti spiega le differenze, le fratture fra i vari momenti della realtà); ma esso non deve essere assolutizzato, pena il suo estraniarsi dalla vita dell uomo. Se I Illuminismo ha proposto un distacco tra intelletto e sensibilità, il compito della civiltà futura è il superamento, la risoluzione di questa contrapposizione. L'uomo futuro dovrà vivere cioè in una condizione di saggezza, in cui trovino sistemazione organica ed armonica le esigenze razionali e la vita emotiva e passionale. Ma non fu solo questo l'elemento di affinità coi Romantici. Anzi, viene addirittura definita «fase romantica» quella vissuta da Hegel nella sua permanenza a Francoforte, dal 1797 al 1800. In quegli anni l'Athenaeum elaborava il concetto di «sin-filosofare» «filosofare insieme», in termini polemici contro la concezione della filosofia come «sistema» uscito dalla mente di un pensatore solitario e costruito con solitarie dimostrazioni deduttive. Per i Romantici tali filosofie erano estranee alla vita, perché non nate dal confronto delle idee, dal dialogo, dalla dialettica dei pensieri, che sola interpreta il reale ed esprime la vera elaborazione culturale. Hegel condivide il concetto di «pensare dialettico». Anche il pensiero di un singolo individuo deve muoversi dialetticamente, per posizione di concetti e per negazione di essi. Per lui la contraddizione è nei fatti, per cui l'evoluzione è la negazione del già avvenuto. Pertanto per interpretare la storia bisogna individuare le contraddizioni tra i momenti che la costituiscono; anzi la sua unità attraverso le sue Opposizioni, com'egli fa delineando il rapporto tra mondo antico, moderno e futuro. La contraddizione, egli sostiene con i Romantici, è dunque la legge logica che rende fecondo e vitale il pensiero, in quanto non gli consente di «immobilizzarsi», bensì di sviluppare continuamente sé da se stesso.

C'è un saggio, però, in cui il concetto romantico di dialettica viene superato in una concezione filosofica piú articolata, che prelude alle teorizzazioni future. Esso è Lo spirito del cristianesimo e il suo destino. Qui Hegel, riprendendo la riflessione sulle religioni positive (confessionali e basate su dogmi oggettivi ed astratti), introduce il concetto di «popolo infelice», cioè di quello che ha perduto l'armonia della «religione popolare» e vive una «coscienza infelice», caratterizzata dalla scissione, separazione tra sé e Dio, e dal bisogno di cercare fuori di sé, cioè in un Dio «lontano», la ragione di se stesso. Ma, sostiene Hegel, questa condizione di scissione interna allo spirito non è da considerarsi come semplicemente negativa; essa, sí, è in opposizione alla «antica» armonia, ma questa armonia era vissuta dagli antichi in modo inconsapevole; pertanto la consumazione della condizione di infelicità, di scissione dell'uomo, gli permette di ricostituire consapevolmente quell'armonia; dunque essa ha anche un ruolo positivo. Pertanto l'evoluzione futura dell'umanità non deve muoversi sulla base della «distruzione» dell'esperienza della scissione, ma deve tesaurizzarla, conservarla, come momento necessario dello sviluppo dello spirito, nella ricostituita armonia; la quale quindi rappresenterà il superamento consapevole di quella scissione. Il concetto romantico di dialettica si congiunge ora a quello di «superamento» degli opposti.

Hegel comincia, insomma, a delineare quello che successivamente indicherà come processo per tesi-antitesi-sintesi, laddove la tesi, in questo caso, è costituita dall'armonia primitiva e inconsapevole, l'antitesi dalla rottura di essa, e la sintesi dalla riconquista di quell'armonia (tesi) attraverso l'esperienza, tesaurizzata, della rottura (antitesi). Se poi consideriamo che in questa prospettiva è leggibile anche l'idea che la legge dialettica non è solo legge dei «fatti», e non è solo legge del pensiero logico, ma anche legge dello sviluppo dello spirito umano, sia considerato storicamente come spirito dell'umanità, sia considerato come spirito dell'uomo individuale, dobbiamo allora concludere che nella fase giovanile di Hegel si presentano tutti quei temi che costituiranno i fondamenti della concezione elaborata successivamente in forma di sistema.


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