UNO SGUARDO SULLA IONIA
Didima, Mileto, Priene, che erano tra le
città più importanti dell'Ionia
nell'antichità, hanno grande importanza dal punto di vista
culturale e storico. L'Ionia, culla per secoli di diverse
culture, a partire dal periodo prearcaico costituì, per la
sua posizione geografica,un crocevia tra est e ovest e tale stato
di cose procurò alla regione enormi vantaggi
economici.
Il nome "Ionia", che apparve per la prima volta sulle sponde
dell'Anatolia occidentale, ricorre anche nelle iscrizioni assire
come "Yavnai", in quelle persiane come "Yauna" e nella Bibbia
come "Yavan". Dopo la caduta dell'Impero Ittita, iniziò
l'emigrazione degli Achei verso le coste dell'Anatolia
occidentale e sud-occidentale. Tali flussi migratori
s'intensificarono ancor di più con le scorrerie doriche in
Grecia verso il 1150 a.C., come risulta dalle ceramiche micenee
scoperte a Mileto,ed in altre località vicine.
Gli immigrati preferirono, per motivi di sicurezza, stabilirsi
generalmente, nelle zone costiere, nelle penisole e nelle isole
scarsamente collegate con le coste. In seguito agli insediamenti
iniziati con le migrazioni verso l'Anatolia, assunse il nome di
lonia la regione, che comprendeva le coste del centro
dell'Anatolia occidentale, delimitata al nord da Focea, al sud
dalla baia di Bargilia. Tale regione includeva anche le isole di
Samo e Chio. Erodoto cita come dodici città principali
dell'Ionia, al sud: Mileto, Mio, Priene, al centro: Efeso,
Colofone, Teo, Lebedo, al nord: Eritrea, Clazomene, Focea, Samo e
Chestro.
Secondo le fonti antiche e le scoperte archeologiche, la
colonizzazione dell'Ionia cessa nel X. sec. a. C..
Il fatto che in Ionia in molte città venisse adorata
Atena e le scoperte di ceramiche di provenienza attica, stanno a
dimostrare che, nei movimenti di colonizzazione, l'Attica e il
suo capoluogo Atene avevano avuto un ruolo per nulla
trascurabile. Grazie alle loro terre fertili bagnate dai fiumi,
il Caistro ed il Meandro (divenuto per antonomasia il sinonimo di
tortuosità), al clima temperato, ai porti commerciali
facilmente difendibili, le città ioniche si svilupparono
rapidamente. Sempre però per le stesse ragioni, queste
città furono teatro di numerosi attacchi ed immigrazioni
ed esse, per difendersi, costituirono una lega religiosa e
politica detta "Panionion" a cui prese parte, come risulta dagli
scavi, anche Smirne nell'VIII. sec. a.C. Ciò sta a
dimostrare che la lega ionica dev'essere stata istituita prima di
tale data. Compare per la prima volta in questo periodo il
concetto di città-stato.
Apparve agli inizi del VI. sec. a. C. lo "stile architettonico
ionico" proprio di questa regione, ispirato a quello eolico. Le
città ioniche, che negli anni 650-545 a.C. erano al
culmine del loro splendore, furono precursori di cultura in ogni
campo non solo architettonico e sculturale ma anche in quello
delle scienze positive e della filosofia. Vediamo che si
concretizza il pensiero scientifico con Talete di Mileto e sono
sempre filosofi milesi i precursori della "Filosofia Naturale
Ionica" sviluppata successivamente da Eraclito di Efeso. Quando
si vide che le spiegazioni mitologiche circa gli argomenti
sociali e politici venivano confutate dai fatti concreti, venne
scossa anche la fede nelle spiegazioni mitologiche riguardanti
l'universo e la natura. I pensatori ionici cercarono pertanto una
risposta alla seguente domanda: "Visto che i fenomeni universali
non avvengono secondo i desideri e la volontà degli dei,
dov'è la verità che sta alla base di essi?
Qual'è l'origine, la sostanza dell'universo che si
è formato da solo?". Essi diedero quindi origine a questo
pensiero filosofico con il loro sforzo per spiegare i fenomeni
naturali non con i miti religiosi ma spesso con fatti concreti e
fisici.
L'Ionia, dopo aver subito gli attacchi dei Cimmeri negli anni
645-626 a.C. e dei Lidi negli anni 611-600 a.C., passò
sotto il dominio persiano ed in questo periodo le città
ioniche furono governate dai tiranni. Nonostante la pressione dei
tiranni, alcune città ioniche (per es. Mileto) riuscirono
a conservare la propria autonomia. Il fatto che la Tracia, gli
Stretti, le coste del Mar di Marmara e del Mar Nero fossero in
mano dei persiani favorì la supremazia commerciale dei
Fenici protetti dai Persiani. Le pesanti tasse doganali da essi
imposte misero le città ioniche in crisi economica per cui
nel 500 a.C. iniziò la "rivolta ionica" capeggiata da
Mileto. Le città ioniche, che posero fine al giogo dei
tiranni, attaccarono la capitale dei Persiani, Sardes,
distruggendola completamente. Tuttavia, dopo questo attacco che
era risultato una vittoria effimera, la rivolta fu domata con la
distruzione totale della flotta ionica, costituita da 353 navi,
da parte dei Persiani nel 494 a.C. al largo dell'Isola di Lade
situata davanti a Mileto.
I Persiani attaccarono quindi Atene nel 479 a.C. ma, sconfitti,
dovettero ritirarsi. Fu bruciata dagli Spartani la loro flotta
che si era rifugiata a Micale. Dopo questa vittoria, per cacciar
via i Persiani dall'Anatolia, venne, nel 478 a.C., costituita la
"Lega Marittima di Attica-Delo" sotto la guida di Atene a cui
aderirono tutte le città ioniche.
Finito questo periodo di squallore sotto il dominio persiano,
durato circa un secolo, con l'abbattimento dell'Impero Persiano
da parte di Alessandro Magno l'Ionia ritrovò lo splendore
di un tempo che proseguì poi anche in epoca ellenistica e
romana.
Ma dopo che le alluvioni originate dai fiumi Meandro e Caistro
interrarono i porti trasformandone i dintorni in paludi e
provocando quindi la diffusione della malaria, la regione
cominciò a decadere a partire dal III sec. d.C.
Le città che si erano ridotte di parecchio nel periodo
bizantino, riuscirono a conservare successivamente, al tempo
delle signorie e dell'Impero Ottomano, una loro identità e
ad emergere senza però poter mai raggiungere il livello
del periodo arcaico. Didima, Mileto, Priene erano situate nel sud
dell'Ionia prossime alla foce del Meandro nel golfo di
Latmos,attualmente trasformato in un lago, e quindi le antiche
città portuali si trovano oggi molto lontane dal mare.
Quanto all'isola di Lade, situata in prossimità di Mileto,
che fu teatro della grande battaglia navale, ha assunto l'aspetto
di terraferma in forma di una collinetta.
MILETO
NOME-FONDAZIONE-STORIA
Viene avanzata l'ipotesi per cui questo toponimo "Miletos" nel
dialetto ionico, "Milatos" in quello dorico, dovrebbe essere in
relazione con la città "Milatos" che si trovava nell'isola
di Creta. Il geografo Strabone e lo storico Efero scrivono che la
città venne per la prima volta fondata dai Cretesi e
secondo Omero dai Carii. C'è un'altra ipotesi in base alla
quale Mileto sarebbe stata fondata nel X.sec.a.C., a conclusione
delle immigrazioni greche, dagli Ioni guidati da Neleo, figlio di
Codro, re di Atene. Secondo i ritrovamenti degli ultimi anni la
fondazione della città vien fatta risalire al 2. millennio
a.C. Sulla base degli studi condotti fino ai giorni nostri, viene
accolta la tesi per cui gli indigeni della zona (i Carii)
s'integrarono con i Cretesi successivamente arrivati fondando a
Mileto un'importante città micenea. Si trova attorno al
tempio di Atena questo insediamento più antico
(città del periodo miceneo) testimoniato dalle scoperte
archeologiche. Qui si vedono nello stesso tempo reperti e
frammenti geometrici e dell'epoca arcaica. Tutti questi dati
indicano che Mileto non era semplicemente una città
anatolica che comprendeva oggetti d'importazione micenei ma che
era una colonia micenea in stretti rapporti culturali con la
Grecia e Creta.
Pur avendo terre molto fertili e adatte, Mileto, più che
essere una città di agricoltura e di allevamento,
preferì in primo luogo la vita marinara e a cominciare dal
670 a.C. intraprese imprese di colonizzazione, fondando numerose
colonie sulle rive del Mar Nero, del Mediterraneo e del Mar di
Marmara.
Plinio, nella sua opera "Storia Naturale" rileva che Mileto
fondò una sessantina di colonie di cui una parte,
indubbiamente, erano piccoli mercati (empori) rivieraschi. Le
più importanti delle colonie milesie sono Naucrati (sulle
rive egiziane), Sinope, Amisos (Samsun), Abido, Cizico e Olbia.
Mileto, con i contributi di questi mercati che andavano
dall'Egitto al Mar Nero, fece importanti salti di qualità
nel commercio marittimo trasformandosi quindi in una città
molto opulenta. E grazie alla sua ricchezza divenne il centro
politico e culturale dell'Ionia. Alla fine del 7. sec.a.C.,
Mileto riuscì a difendersi dai continui attacchi del regno
di Lidia concludendo, grazie all'accorta amministrazione del noto
tiranno Trasibulo, un accordo con i Lidi e continuò le sue
imprese di colonizzazione.
Dopo l'abbattimento nel 546 a.C., del regno di Lidia da parte
del re persiano Ciro, la paura di espansione del dominio persiano
riunì nuovamente tutte le città ioniche nella "Lega
Ionica" e fu chiesto inoltre aiuto agli Spartani. Nonostante
questi provvedimenti le città ioniche non poterono
resistere ai Persiani e quasi tutte, con Efeso in testa,
passarono sotto i dominio persiano. Però Mileto, con
un'intelligente politica, prevenì l'assedio della
città da parte dei Persiani, concludendo anche con il re
persiano, Ciro, un accordo simile a quello siglato con il regno
di Lidìa.
Le pressioni dell'amministrazione persiana che durò fino
al 500 a.C. e la limitazione del commercio estero in seguito
all'aggravarsi dei dazi doganali portarono tutte le città
ioniche ad una crisi economica. Fu soprattutto Mileto a
risentirne gli effetti anche se riusciva a conservare il suo
stato di semiautonomia grazie all'accordo fatto coi Persiani. Il
passaggio, in mano dei Persiani, degli Stretti, delle rive di
Marmara e del Mar Nero, ridusse in misura rilevante le sue
entrate procurate dal commercio estero. L'ambizioso Aristagora
che governò la città in questo periodo, al fine di
intraprendere nuove imprese nel commercio estero, con la
collaborazione della satrapia di Sarde organizzò un
attacco all'isola di Nasso che durò 4 mesi ma senza
successo. Egli, pensando che la sua autorità ne sarebbe
stata danneggiata, con l'intento di attirare altrove
l'attenzione, istigò la popolazione a ribellarsi contro i
Persiani. La rivolta iniziata sotto la guida di Aristagora che
intendeva presentarsi come salvatore di tutte le città
ioniche, in breve tempo si estese a tutte le città
sottoposte al giogo del dominio persiano. Per poter affrontare i
Persiani che erano molto forti occorrevano aiuti anche di altri
Stati ma la richiesta di aiuto di Aristagora ad Atene e a Sparta
non fu accolta. Pertanto la rivolta che durò 6 anni e che
all'inizio sembrava riuscire si concluse con la sconfitta della
flotta ionica davanti all'isola di Lade da parte dei Persiani
(494 a.C.).
Ne uscirono maggiormente danneggiate le città di Mileto e
Chio. I Persiani cinsero d'assedio Mileto via terra e via mare
distruggendola interamente, la saccheggiarono e ne deportarono la
popolazione ad Ampe vicino al fiume Tigri. Iniziò
così una vita molto difficile per la popolazione della
città privata di tutti i suoi beni e ridotta in
schiavitù. La fine tragica di Mileto impressionò
tanto il tragediografo Frinico che scrisse un'opera dal titolo
"Conquista di Mileto" che fu recitata ad Atene nel 492 a.C. Ma
gli spettatori ne rimasero talmente sconvolti che cominciarono a
reagire provocando la proibizione del dramma e la punizione
dell'autore.
Nella guerra di Micale del 479 a.C. essa ebbe un ruolo importante
nella sconfitta dei Persiani. Mileto che prese parte nel 477 a.C.
all'Unione Navale Attica-Delo fondata subito dopo la guerra,
pagando 10 talenti nel periodo 459/50. I contributi pagati
all'Unione erano proporzionati alla potenza economica delle
città. Per esempio mentre Efeso che era tra le
città più importanti dell'Ionia pagava solo 7,5
talenti, il fatto che Mileto ne pagasse 10 dimostra che aveva
riacquistato la potenza di un tempo. Dopo la guerra tra Samo e
Priene nel 442 a.C., Periecle, affinchè Atene e Mileto
intrattenessero relazioni più intense e per aumentare
l'esportazione ridusse del 50% i dazi doganali che Mileto pagava
all'Unione. Grazie a questo fatto Mileto, agli inizi delle guerre
peloponnesiache fino al 413 a.C. è a fianco di Atene anche
come sua protettrice. La spedizione siciliana dopo le guerre
peloponnesiache che durarono circa 30 anni, causò ad Atene
grosse perdite sconvolgendo la sua economia. Atene, al fine di
avere aiuti si rivolse alla satrapia persiana facendo sapere che
in cambio avrebbe permesso il passaggio di tutte le città
che si trovavano sulle coste dell'Anatolia occidentale sotto la
sovranità persiana. E così, i due Stati nemici si
accordarono e Mileto si trovò nuovamente sotto il dominio
persiano. Il satrapo persiano Tissaferne, incaricato digovernare
Mileto, si fece costruire un castello nei pressi del teatro.
Corne primo atto sottrasse Mileto all'Unione navale Attica-Delo
(442 a.C.) e mantenne il governo della città fino al 401
a.C. Mileto che più tardi fu governata dai satrapi di
Caria Ecatonno e Mausolo, dopo la morte di quest'ultimo
passò nuovamente sotto l'egemonia ateniese. e con la sua
conquista, senza alcuna difficoltà, di tutte le
città ioniche, iniziò una nuova era.
Dopo la presa della città Alessandro Magno
risparmiò la popolazione e instaurò un governo
popolare, abolì le tasse pagate ai Persiani e fece
iniziare la ricostruzione della città. Mileto, in quel
periodo, raggiunse un alto tasso di crescita e fu molto attiva
riprendendo a sviluppare il commercio grazie alle proprie colonie
ed ai nuovi mercati procurati all'est.
Il grande teatro di Mileto visto dalla via del porto. Costruito
nel IV sec. a.C. contava 5000 posti nel periodo ellenistico e
25.000 in epoca romana nel II sec.
Solo in parte è ricavato nella collina ed un lato
appoggia su poderosi muraglioni. La sovrastante rocca bizantina
venne edificata anche con materiali asportati dal teatro
Dopo la morte di Alessandro Magno (314 a.C.) e
la Battaglia di Ipso (301 a.C.) Mileto passò sotto il
dominio dei Seleucidi che ne intensificarono la ricostruzione.
Mileto,ripresa gradualmente la sua autonomia, rimase indipendente
subendo però l'influsso dei Tolomei in epoca alessandrina
e più tardi del regno di Pergamo In questo periodo furono
costruiti a Mileto un ginnasio ed uno stadio. Nel 133 a.C.,
secondo il testamento del re di Pergamoo, AttaloIII, le terre
anatoliche passarono ai Romani. Nelle città entrate nel
129 a.C. a far parte della divisione amministrativa della
"Provincia Asiae", per le pesanti tasse imposte dai Romani e per
gli atti di pirateria subiti, serpeggiava la ribellione e fu
pertanto accolto come salvatore il re del Ponto, Mitridate,
quando, approfittando di questo stato di malcontento verso
l'amministrazione romana, venne nelle città dell'Anatolia
occidentale. Nel corso della rivolta iniziata sotto la guida di
Mitridate, furono ammazzati in un sol giorno tutti i cittadini
romani (circa 80 inila) che si trovavano nella provincia d'Asia.
Ma poco dopo con l'intervento romano Silla represse la rivolta
punendo Mitridate. Il fatto che i Milesi abbiano assistito ed
aiutato i Romani nella guerra conclusa vittoriosamente contro i
pirati nel 63 a.C., procurò alla città la simpatia
ed il vivo interessamento degli imperatori romani. Con il
riconoscimento nel 38 a.C. del diritto di autonomia, Mileto,
facendo nuovamente un salto di qualità, raggiunse la
dignità di metropoli delle città ioniche. Le ottime
relazioni stabilite al tempo dell'imperatore Augusto proseguirono
anche durante i regni di Tiberio, Traiano, Antonino Pio, Settimio
Severo. Furono in questo periodo costruiti numerosi edifici
monumentali tra cui teatro, bagni di Faustina e di Capitone,
Ninfeo, Agorà sud, Porta nord. A partire dal III sec.d.C.
inizia a poco a poco la decadenza. Per il fatto che i porti erano
diventati inutilizzabili, i dintorni trasformati in palude e la
malaria aveva raggiunto livelli pericolosi, la gente
cominciò ad abbandonare la città. In epoca
bizantina i confini della città si erano ancor più
ristretti e soltanto i dintorni del teatro erano densamente
abitati. Le mura furono ricostruite e riparati alcuni edifici.
Nel VI sec. d.C. si vedono nella città alcuni tentativi di
ripresa che però risultarono di portata limitata. La
regione che dopo la battaglia di Manzicerta ( 1071 ) subì
gli attachi dei Turchi s'indebolì ulteriormente e Mileto
finì con il ridursi ad un villaggio nel XVII sec. L'epoca
della predicazione paolina coincise con il periodo iniziale dello
sviluppo d'importanza e di ricchezza della città
romana.
Scena, orchestra e cavea del teatro.
Resti delle Terme di Faustina (moglie dell'imperatore
Marc'Aurelio)161-180 d.C. e della Palestra
Resti delle terme romane di Faustina. Sullo sfondo cupola della
moschea di Ilyas Bey (XV sec.)
Buleuterion (sala del consiglio)
La struttura del teatro
PRIENE
NOME - FONDAZIONE - STORIA
Viene avanzata l'ipotesi per cui il nome "Priene" non sarebbe di
origine greca ma sarebbe in relazione coi nomi di origine cretese
come Praisos o Priansos del periodo preellenico.
Non si è purtroppo finora riusciti a stabilire l'esatta
ubicazione di Priene anteriore al IV secolo a.C. Restano ancora
irrisolte le questioni riguardanti la prima ubicazione ed i nomi
dei fondatori di Priene che figura tra i più antichi
insediamenti dell'Ionia. Sono contrastanti le fonti antiche e le
informazioni forniteci dalle recenti tesi.
Nonostante tutto ciò, in conclusione, si accetta
comunemente che Priene fosse una piccola città situata su
una penisola vicina a Mileto e che avesse due porti.
Poichè non é stato possibile stabilire l'esatta
ubicazione di questa originaria città, non fu altrettanto
possibile rinvenire un concreto reperto archeologico. L'unica
testimonianza disponibile è la moneta (elektron) scoperta
a Clazomene, recante la testa di Atena, datata al 500 a.C. e che
testimonia l'appartenenza di Priene alla Confederazione
Ionica.
Come tutte le città ioniche, anche questa che sicuramente
dipendeva dalla Confederazione Ionica a partire dalla sua
fondazione, verso la metà del VII sec. a.C. subì
l'attacco dei Cimmeri. Si trattava però di una temporanea
azione di saccheggio e quindi la città potè
risollevarsi rapidamente.
Priene, alla fine del VII sec. a.C. passò per un certo
periodo sotto il dominio del regno di Lidia. Il VI sec. a.C. fu,
come per tutte le città ioniche, per Priene il periodo di
maggior splendore; agli inizi del secolo nacque Biante, uno dei
"Sette Sapienti", che raccolse le leggi della città.
Quest'epoca di splendore ebbe fine con l'attacco e la totale
distruzione della città, i cui abitanti furono ridotti in
schiavitù da parte di Mazare, comandante del re persiano
Ciro. Dopo un periodo difficile Priene, che prese parte alla
rivolta ionica iniziata nel 500 a.C. contro i Persiani,
partecipò con 12 navi alla battaglia navale di Lade e,
quando i Persiani nel 494 a.C. distrussero la flotta ionica,
Priene fu nuovamente saccheggiata. La flotta persiana, battuta e
costretta a ritirarsi dopo il suo attacco ad Atene nel 479 a.C.,
si rifugiò nella baia di Micale dove venne interamente
bruciata dagli Spartani. All'Unione Navale Attica-Delo,
costituita subito dopo questa guerra terminata con la vittoria,
Priene aderì nel 450 a.C., sappiamo poi che,grazie alla
mediazione della lega, si concluse la guerra Samo-Priene nel 442
a.C. La città fino alla metà del IV sec. a.C.
subì ogni tanto l'influsso di Atene ma spesso la pressione
dei Persiani. Dopo la morte di Mausolo (353 a.C.), le satrapie
persiane passarono sotto l'amministrazione di Atene. Secondo i
reperti ed i resti archeologici, la rifondazione della
città di Priene avvenne in questo periodo.
Rovine del Ginnasio Superiore (Più vicino al centro
città e destinato alle scuole inferiori)
Sullo sfondo l'Acropoli
Si nota un grande sviluppo in tutte le
città ioniche nel periodo ellenistico iniziato dopo che i
persiani furono battuti e l'Anatolia fu conquistata da Alessandro
Magno il quale restituì l'autonomia alle città
esentandole dal pagamento delle pesanti tasse imposte dai
Persiani. Quando nel 334 a.C. la città di Mileto assediata
si oppose ad Alessandro Magno, egli venne a Priene dove si
trattenne per un po' facendo anche dei doni al tempio di Atena.
Dopo la morte di Alessandro Magno, il suo comandante Lisimaco
ebbe il governo della città (287 a.C.) e mediando il
disaccordo sui confini che durava da lungo tempo tra Samo e
Priene, attribuì a quest'ultima Driussa (La parte nord di
Micale) (283/82 a.C.). Tale contesa iniziata con la fondazione
della città era dovuta alle terre fertili, a nord di
Micale, che erano oggetto di continui attacchi di Samo che voleva
impossessarsene.
Per tutto il periodo ellenistico vediamo nella città il
dominio dei regni dei Tolomei, dei Seleucidi e di Pergamo. Il
principe Oroferne che trascorse la sua infanzia a Priene, nel 158
a.C., conquistò il regno di Cappadocia ma quando, dopo
breve tempo, fu allontanato dal trono aveva lasciato il suo
tesoro in custodia a Priene. Suo fratello Ariarate V., chiese la
restituzione del tesoro ma i prienei ricusarono tale richiesta
dicendo che l'avrebbero restituito soltanto alla persona che
l'aveva affidato a loro. Quindi Ariarate V. e Attalo II, re di
Pergamo, attaccarono Priene distruggendola interamente (155
a.C.). Successivamente il tesoro fu restituito a Oroferne che,
per ricompensarla di questo atto, fece alla città doni
preziosi e ne favorì lo sviluppo.
Quando, nel 133 a.C., Attalo II, re di Pergamo, morendo, senza
eredi diretti, lasciò per testamento il suo Stato a Roma,
anche Priene passò sotto il dominio romano. Priene, in
epoca romana, ebbe vita molto difficile per via di numerose
guerre e di atti di pirateria. Soltanto al tempo dell'imperatore
Augusto potè ritrovare la tranquillità.
Nel I. sec. a.C., uno degli affluenti del Meandro collegava la
città col porto ma poiché col tempo il mare si era
sempre di più allontanato dalla città per via dei
depositi alluvionali portati dal fiume il suo collegamento col
porto s'interruppe e calò quindi l'interesse per la
città di Priene che venne pian piano abbandonata.
In epoca bizantina la città è un centro episcopale
ed i reperti archeologici testimoniano che essa era abitata fino
alla caduta dell'impero. A conclusione di questo periodo Priene
fu completamente abbandonata.
Rovine del tempio di Atena (IV sec a.C.)
TEMPIO di ATENA
Si ritiene che la costruzione avesse inizio nel IV sec a.C. ad
opera di Piteo costruttore anche del Mausoleo di Alicarnasso.
Terremoti ed incendi l'hanno completamente distrutto, tuttavia
grazie ai frammenti rinvenuti durante gli scavi fu possibile
ricostruirne la pianta e l'aspetto. Come materiale edilizio fu
usato il marmo locale grigio blu, di grana grossa, estratto dal
Monte Micale. Il tempio costruito in stile ionico, è
costituito da pronao, da un naos (stanza sacra dove si trovava la
statua cultuale) e da un opistodomo (parte posteriore del
tempio). Rispetto agli esempi antichi, il pronao è
più grande. Nei templi precedenti non esisteva
l'opistodomo che si vede per la prima volta qui. Piteo,
ispirandosi allo stile dorico, applicò questo particolare
che fu seguito poi in templi costruiti successivamente.
L'edificio ci si presenta come un esempio di sintesi degli stili
architettonici ionico e dorico; esso poggia su uno zoccolo delle
dimensioni di m.37,20x 19.5. La pianta del tempio è
periptera con 6 colonne su ognuno dei lati minori e 11 su ogni
lato maggiore. Se vi aggiungiamo le colonne che il pronao e
l'opistodomo hanno, in numero di due ciacuno, la somma totale
delle colonne arriva a 34. Secondo la norma dello stile ionico i
diametri dei basamenti delle colonne, i cui zoccoli sono di tipo
efeso,sono un decimo delle loro altezze con i fusti a 24
scanalature. La parte superiore' che poggia su capitelli è
composta dai seguenti pezzi: architrave a tre fasce e verso
l'alto in ordine: una serie di gocce-ovoli, dentellature, una
serie di gocce-ovoli, cornice ed infine una cima decorata con
motivi floreali e con grondaie a forma di testa di leone. Queste
parti erano decorate con tinte vivaci ed i colori largamente
usati erano il rosso ed il blu. L'artista, volendo evidenziare
soltanto le caratteristiche architettoniche del'opera,non
aggiunse altri ornamenti al tempio.Non vi erano sculture
all'infuori della statua cultuale.
Rovine del tempio di Atena (IV sec a.C. - età
augustea)
Decorazioni della trabeazione
BULEUTERION
(Sala dei Consiglio Consultivo) La vita politica a Priene, come
in altre città ioniche, si svolgeva entro un sistema
bicamerale. Si trattava, da una parte, del "Consiglio Consultivo"
detto "Bule" (i membri,detti buleti, si riunivano nel
Buleuterion) e dall'altra parte, del Consiglio del Popolo e
cioè "Demos", formato da tutta la popolazione di Priene,
che teneva le proprie riunioni nell' Ecclesiasterion o nel
Teatro. Il Buleuterion è l'edificio meglio conservato di
Priene. Un tempo si pensava che si trattasse dell'Ecclesiasterion
però visto che poteva contenere solamente 640 persone,
è stato ritenuto esser il Buleuterion. Avevano luogo qui
le riunioni del Bule che prendeva le decisioni riguardanti
l'amministrazione della città. Il Consiglio dei Popolo si
riuniva una volta all'anno per eleggere i propri dirigenti. Il
Buleuterion, che sorgeva di fianco al Pritaneo, ha le dimensioni
di m.20x21: la sala (coperta) è circondata su tre lati dal
banchi (auditorium).
Buleuterion
Proprio al centro dell'edificio prende posto un
altare, di marmo, datato al 2° sec.a.C., su cui c'erano
ghirlande avvinghiate con teste di toro sopra le quali si
trovavano rilievi decorati con busti degli dei. Si ritiene che
l'edificio e l'altare siano stati costruiti nello stesso periodo
(150 a.C.).
Si è accennato prima al Pritaneo: è un edificio
dove venivano sbrigate le faccende amministrative quotidiane, si
riunivano i membri del Consiglio Consultivo (Bule) e funzionava
come foresteria per ospiti illustri dello Stato. La funzione
più importante dell'edificio era quello di assicurare che
fossero costantemente tenuti accesi i fuochi del "Sacro Focolare
Cittadino" dedicato alla dea Estia e quelli di tutti i focolari
cittadini. Questo compito sacro dal punto di vista religioso
veniva assolto dai Pritani eletti tra le personalità della
città che provvedevano anche alle relative spese.
Il TEATRO, del quale non ci sono qui delle foto che
comunque non avrebbero detto molto, edificato nella parte nord
della città nel 4. sec.a.C. approfittando della pendenza
del terreno, è giunto ai giorni nostri in buono stato di
conservazione. Pur avendo subito nel tempo numerose modifiche non
ha perso le sue caratteristiche ellenistiche. L'edificio, come
avveniva in tutti i teatri dell'antichità, è
costituito da tre parti: la scena, l'orchestra (spazio centrale a
forma di ferro di cavallo) e la cavea (parte dove stavano seduti
gli spettatori). Nel teatro di Priene, quando vengono seguite, a
cominciare dalla sua prima edificazione, le successive modifiche
ed aggiunte, possono essere osservate una per una tutte le fasi
del mutamento culturale avvenuto nell'antichità. Visto che
si parla del teatro in una iscrizione incisa in onore di Apollo
negli anni 332-330 a.C. subito dopo la fondazione della
città, veniamo a sapere che anche la costruzione del
teatro è contemporanea alla fondazione della città.
Poichè gli spettacoli teatrali risalivano a Dioniso, dio
del vino, prima dell'inizio delle rappresentazioni, davanti
all'altare di Dioniso, aveva luogo una cerimonia in massa nel
corso della quale veniva fatto generalmente un sacrificio. Dopo
tale cerimonia iniziavano gli spettacoli e i cori che già
si trovavano ai due lati dell'orchestra prendevano la parola
alternativamente. In questo periodo il teatro aveva la funzione
di un luogo sacro dove avvenivano le cerimonie e le feste votive
organizzate in onore del dio Dioniso. Questo primo teatro era
costituito da cavea, orchestra e proedria (la prima fila dei
posti). Gli spettacoli avevano luogo nel'orchestra e il settore
più ambito del teatro erano i dintorni dell'orchestra. Al
centro della proedria, come in tutti i teatri
dell'antichità, c'era un altare dedicato al dio Dioniso. E
sempre qui si trovavano le poltrone dei notabili. Gli spettacoli,
che prima avevano un carattere solamente rituale, si
trasformarono col tempo in dialoghi di contenuto religioso e
successivamente drammatico e quindi recitati da artisti, cosa che
fece aumentare il numero degli attori; pertanto venne costruita
dietro l'orchestra la scena di cui si sentì la
necessità. All'inizio del 2. sec.a.C. fu aggiunto il
proscenio davanti alla scena. Verso la metà dello stesso
secolo, quando l'orchestra che funzionava come scena divenne
insufficiente e si volle rappresentare gli spettacoli in un luogo
sopraelevato, con le modifiche apportate alla scena ed al
proscenio, venne fuori un modello simile a quello delle scene
teatrali dei nostri giorni. La facciata della scena che dava sul
teatro fu riordinata e riccamente decorata con tavole di legno
dipinte, dette pinaci.
Resti della chiesa bizantina
Resti bizantini
PERIODO BIZANTINO
Nel periodo bizantino Priene fu sede episcopale e venne abitata
fino alla fine del '200 quando l'abbandono fu definitivo. Sotto
alla zona del teatro si trovano i resti di una chiesa bizantina
del 6° secolo a 3 navate.
DIDIMA
Didima rappresenta una sensazione unica
poichè ci si trova al cospetto dei resti di quella che
avrebbe potuto esser una delle meraviglie del mondo antico.
Dimensioni imponenti, ricchezza nei particolari ed un amalgama di
stili che spaziano nell'arco di 5 secoli affascinano il
visitatore
Dal volume dell'archeologa Suzan Bayhan riprendo:
Il Tempio di Apollo a Didima (Didymaion) era noto come area sacra
e centro di vaticinio (oracolo) dipendenti da Mileto. I resti
scoperti durante gli scavi degli ultimi anni hanno dimostrato che
Didima non era soltanto un centro di oracolo ma anche teatro di
una intensa attività di insediamento.
E' oggetto di ricerche che durano da anni l'etimologia dei
toponimi "Didyma - Didymaion". Oltre a numerose leggende si
pensava che il termine "Didymaion", che viene a significare
"Tempio Gemello" oppure "dei Gemelli", fosse in qualche modo in
relazione con Artemide, gemella di Apollo. Però, non
essendoci alcuna prova certa ciò continuava ad essere
soltanto una leggenda. E' stata dimostrata la veridicità
di tale ipotesi, in seguito al fatto che era attribuita
più importanza agli scavi che si eseguivano sulla "Via
Sacra" che collegava Mileto con Didima e al fatto che era stata
scoperta la sede cultuale di Artemide. Due templi, Artemision e
Didymaion, costruiti in onore di due gemelli, costituiscono
l'etimologia del toponimo "Didima".
Apollo e Artemide sono in stretta connessione con la dea madre
Cibele che occupò una parte molto importante in Anatolia
già a cominciare dalla preistoria. La dea madre Cibele
ebbe, a seconda delle aree e culture, diversi nomi (come Kubaba,
Isis, Hepat, Iat) ed appellativi tra cui il più diffuso
è quello di Dindymene che viene a significare "Dea del
monte Dindymos" la cui sorprendente analogia con il toponimo
"Didyma" è degna d'attenzione. Viene accolta la tesi per
cui non sarebbe di origine greca la parola Apollo che
s'identifica con quella "Apulunas" che ricorre nelle fonti
scritte ittite. Essa simboleggia la ricezione razionale e la
formazione, la potenza, le arti plastiche e la luce. Oltre a
tutto ciò, è un indovino, noto con la
capacità di prevedere, che trasmette alle persone tale
potere rendendole indovini. La convinzione per cui gli dei
avevano la forza di governare a loro piacimento tutti gli
avvenimenti naturali e sociali, aumentò la dipendenza dei
popoli dalla religione. Come conseguenza naturale della
religiosità cresciuta, aumentò anche la fede nella
forza indovinatrice degli dei che sapevano in anticipo
l'andamento degli avvenimenti. Nel periodo arcaico, Apollo ebbe
grande fama come indovino. Numerosi templi costruiti in Anatolia,
quali centri di oracolo stanno a testimoniare che la fede posta
nel Dio aveva raggiunto grandi dimensioni.
I più importanti templi costruiti in suo onore sono
quelli di Apollo nell'isola di Delfi in Grecia e di Didima in
Anatolia. Queste due sedi erano sempre in concorrenza tra loro
come si nota in maniera lampante nei seguenti versi dell'oracolo
di Delfi:
"E allora, o Mileto, macchinatrice di azioni nefande, diventerai
per molti convito e splendido dono. Le tue donne laveranno i
piedi a molti uomini dalla lunga capigliatura e altri si
prenderà cura del nostro tempio a Didima. "
Verso la metà del VII sec.a.C., nei templi di Apollo a cui
ci si rivolgeva una volta all'anno venivano date risposte dal dio
con un "si"o con un "no". Successivamente, quando divenne una
tradizione frequente ricorrere al dio anche per faccende
personali, aumentarono le ricchezze dei templi di Apollo le cui
influenza e fama si diffusero in vaste zone. I centri di oracolo
di Apollo che erano diventati Stati nello Stato disposero del
destino delle persone e delle società e, poichè
ebbero un ruolo determinante in particolare anche in politica,
furono causa, spesse volte, di decisioni sbagliate.
Pausania riferisce che il Tempio di Apollo di Didima fu
costruito prima della colonizzazione ellenica (X.sec.a.C.). In
base a ciò si pensa che l'esistenza di Didima risalga,
come Mileto e Priene, fino al 2° millennio a.C. Tuttavia,
secondo i risultati degli scavi e studi condotti fino ad oggi, i
resti del tempio più antico sono datati alla fine dell'
VIII sec.a.C.
Apprendiamo da Erodoto che al tempio fecero dono di preziosi
oggetti votivi, alla fine del VII sec. a.C., il faraone d'Egitto
Neco (611-595 a.C.) e nel VI sec. a.C. il re di Lidia Creso
(563-548 a.C.). Si accoglie la tesi secondo cui la costruzione
del tempio arcaico avrebbe avuto inizio nella metà del VI
sec.a.C. e sarebbe stata ultimata alla fine dello stesso secolo.
Nel VI sec. a.C. il tempio veniva amministrato dalla casta
sacerdotale dei Branchidi. In questo periodo che durò
circa un secolo il tempio visse il suo tempo di maggior splendore
accrescendo molto le proprie ricchezze.
Dopo la guerra di Lade furono esiliati a Susa i sacerdoti del
tempio, interamente distrutto e saccheggiato dai Persiani, e le
statue cultuali trasferite ad Ecbatana. La statua di Apollo
risalente all'anno 500 a.C. era scolpita dallo scultore Canaco da
Sicione e riflette le caratteristiche anatoliche-ittite.
Iniziò, dopo la vittoria sui Persiani di
Alessandro Magno, la costruzione del tempio del periodo
ellenistico che però, come appare dai resti, non
potè essere portata a termine. Tale lavoro di costruzione
proseguì, senza mai essere concluso, anche durante i regni
dell'imperatore Caligola (37-41 d.C.) che voleva essere
considerato il dio del tempio, e successivamente da Adriano
(117-138 d. C.).
Il tempio che, con modifiche apportate nel III sec.d.C. al fine
di proteggerlo dai saccheggiatori, assunse l'aspetto di una
roccaforte, ebbe un po' di vivacità sotto gli imperatori
Aureliano (270-275) e Diocleziano (284-305). Ci sono reperti che
dimostrano che si lavorava nel tempio al tempo dell'imperatore
Giuliano (361-363). Agli inizi del V sec. d.C., l'imperatore
Teodosio fece costruire dentro il cortile sacro (Adyton Sekos)
una chiesa, a tre ali, che aveva l'aspetto di una basilica,
crollata in seguito ad un terremoto e successivamente ricostruita
con una sola navata (IX sec. d.C.). Nel X sec. d.C., la sala a
due colonne (Atrio dell'Oracolo, Cresmographeion) ed il pronao
adibiti a deposito, furono seriamente danneggiati da un incendio
scoppiato e numerosi marmi ridotti in calce.
Dopo la conquista della regione da parte dei Selciuchidi e dei
Mongoli, il tempio venne abbandonato del tutto. Un viaggiatore
italiano che visitò Didima nel 1446 riferisce che era
ancora in piedi l'intero tempio che però alla fine del XV
sec. crollò interamente dopo un terremoto riducendosi, in
un ammasso di marmi.
Numerosi frammenti del tempio, successivamente trasformato in
una cava di pietra, furono utilizzati come materiale edilizio
nella costruzione di case e di altri edifici dalla gente
insediatasi nella regione.
TEMPIO ARCAICO DI APOLLO (DIDYMAION ARCAICO)
Del tempio arcaico, distrutto e saccheggiato dai Persiani nel
494 a.C. (dopo la Guerra di Lade) non restano attualmente che
pochi reperti. Il Tempio di Apollo Didimeo, crebbe d'importanza,
soprattutto nella prima metà del VI sec a.C. quando tutte
le città ioniche ed in particolare Mileto erano all'apogeo
dei loro splendore. La ricostruzione del tempio, in dimensioni
maggiori, avviene negli anni 560-550 a.C. Nel Tempio di Apollo
Didimeo arcaico si nota l'influsso dei templi di Era a Samo e di
Artemide in Efeso. Il tempio eretto su una piattaforma, a due
gradini, era un dittero delle dimensioni di m.87,65 x 40,89
(cioè circondato da un doppio colonnato). Il tempio che
era dotato, su ognuno dei lati maggiori, di doppie file di 21
colonne, all'est di 8, all'ovest di 9, nel pronao di 8 colonne
disposte in due file raggiungeva la cifra di 112 colonne in tutto
assieme a quelle dell'interno della peristasi. Gli zoccoli ed i
capitelli delle colonne hanno le caratteristiche di quelle del
tempio di Artemide di Efeso.
TEMPIO DI APOLLO DIDIMEO ELLENISTICO -- CARATTERISTICHE
GENERALI DEL TEMPIO
Il Tempio di Apollo Didimeo, oltre ad essere per secoli un
importantissimo centro di oracolo, era noto anche per la sua
acqua sacra, per il suo boschetto sacro, per altri elementi sacri
che conteneva e per la sua ricchezza costituita da doni ed
oggetti votivi consacrati in vari modi tra cui occupavano un
posto di rilievo le offerte d'inestimabile valore del faraone
d'Egitto Neco, del re di Lidia Creso e del re di Pergamo Seleuco
II
Sono da citare tra i doni interessanti mille animali diversi e
12 montoni da immolare inviati al tempio da parte di Lisimaco
(successore di Alessandro Magno).
Il fatto che Mileto abbia cercato di costruirsi una flotta, alla
vigilia della Battaglia di Lade, con il tesoro del Tempio,
è sufficiente per dimostrare quanto ricco esso fosse.
Un'altra caratteristica di rilievo del Santuario di Apollo
Didimeo era quella di avere il diritto d'asilo che significava
l'immunità per i rifugiati nel tempio ma che creò
molti problemi e fu oggetto di tante discussioni. Ciononostante i
confini di tale diritto, portati a 3 km da parte dell'imperatore
Augusto (44 a.C.), furono ancora di più ampliati
dall'imperatore Traiano che li volle estesi fino all'inizio della
Via Sacra.
Viene desunto dalle iscrizioni che le feste e le cerimonie
organizzate annualmente nei mesi primaverili continuarono
nonostante la distruzione totale del tempio nel 494 a.C. Si
andava da Mileto al Tempio di Apollo di Didima per mare o per Via
Sacra. I gruppi battezzati da Apollo e salutati dai delfini nel
corso delle cerimonie iniziate al Tempio Delfico di Mileto
andavano dal Porto dei Leoni a quello di Panarmos e da qui
raggiungevano a piedi il Tempio di Apollo di Didima. Venivano
prima offerti sacrifici di animali e oggetti votivi; dopo la
cerimonia accompagnata da musica e dal coro i personaggi
passavano all'interno del tempio dove venivano date le risposte
degli oracoli ai loro quesiti. Le cerimonie erano amministrate
dagli stefanofori. Dalle iscrizioni è stato accertato che
anche gli imperatori Augusto e Traiano presero tale titolo ed
amministrarono cerimonie.
In epoca romana, in seguito all'interramento dei porti con i
detriti delle alluvioni che resero impraticabile il trasporto via
mare, la Via Sacra divenne ancor più importante.
Il fatto che il tempio oltremodo suggestivo ed imponente non
fosse considerato tra le meraviglie del mondo antico sarebbe
dovuto, secondo gli studiosi, alla sua mancata ultimazione.
IL PERIODO ELLENISTICO
Appartiene all'epoca ellenistica la maggior parte dei resti,
giunti ai giorni nostri, del tempio, sottoposto per secoli a
terremoti, distruzioni e saccheggi. In alcune sue parti si notano
le caratteristiche del periodo romano.
La costruzione del tempio dell'epoca ellenistica su quello
arcaico distrutto nel 494 a.C. fu iniziata nel 313 a.C. E'
notevole, nei lavori di ricostruzione, la parte avuta dai doni e
dagli aiuti di Alessandro Magno nonchè quella del re di
Siria, Seleuco I che fece inoltre riportare da Ecbatana la statua
cultuale di Apollo (nel 300 a.C.) per farla rimettere al suo
posto.
La pianta del tempio fu realizzata da Paionio d'Efeso e da Dafni
di Mileto, due famosi architetti, che avevano progettato i templi
ritenuti più grandiosi e sontuosi dell'epoca ellenistica e
cioè il Tempio di Artemide ad Efeso (una delle sette
meraviglie del mondo) e l'Era a Samo. Il Tempio di Apollo di
Didima ci si presenta dopo di essi come la terza grande
costruzione dell'epoca.
La pianta doveva essere concepita per esigenze cultuali in modo
da comprendere la fontana sacra, l'altare, il boschetto
all'aperto di allori ( considerati alberi sacri ad Apollo) e da
proteggere la statua cultuale. Tutti questi elementi dovevano
essere sistemati in maniera da non creare problemi per le zone
coperte. Gli architetti, valutando molto bene le caratteristiche
locali dell'oracolo nel tempio, i dislivelli di certi ambienti,
escogitarono un esempio architettonico fastoso.
Al centro della facciata anteriore di questo tempio che poggia su
una piattaforma, alta 3,5 m. e a 7 gradini, prende posto una
scala, a 14 gradini, delimitata ai due lati, la cui larghezza
è uguale a quella delle costruzioni interne. Questa
è una caratteristica che si vede nel Tempio di Artemide
classico in Efeso. Il tempio, delle dimensioni di m. 109,34 x
51,13 era dittero (e cioè circondato da un doppio
colonnato). Era dotato di 21 colonne su ognuno dei lati maggiori
e di 10 su ognuna dei lati minori raggiungendo in totale la cifra
di 112 colonne con quelle che si trovavano all'interno della
peristasi, del pronao e dell'atrio dell'oracolo.
Il numero di colonne,di cui attualmente soltanto tre sono in
piedi, era lo stesso di quelle del tempio arcaico ma ben maggiori
erano le dimensioni ed astronomico,anche per l'epoca, il costo.
Durante gli scavi sono state rinvenute numerose iscrizioni,
relative ai calcoli di costo fatti nel corso della costruzione
del tempio, dalle quali risulta che una colonna veniva a costare
40.000 dracme mentre la paga giornaliera di un operaio era di
solo due dracme.
Sappiamo anche che a partire dal 250 a.C. nel tempio lavorarono 8
architetti e 20 imprese appaltatrici. Un edificio di questa mole
e di costo così alto non poteva certo essere costruito in
breve tempo. Risulta che la costruzione proseguì durante
il III ed il II sec. a.C. e che una parte fu portata a termine in
epoca romana.
Mentre una buona parte delle colonne era stata approntata e
collocata al suo posto, quelle del colonnato esterno della
peristasi ed in particolare della facciata posteriore non
poterono mai essere completate. L'altezza delle colonne fu per la
prima volta determinata, nel 1877, da A.Thomas, in m 19,71.
L'esattezza di tale calcolo è stata dimostrata anche da
studi recenti. I diametri inferiori delle colonne variano tra
1,96-2 m e ciò concorda con la norma per cui nello stile
ionico i diametri inferiori delle colonne dovevano essere 1:10
delle loro altezze. A.von Gerkan calcolò in m 29,40
l'altezza complessiva del tempio compresa quelle delle colonne
alte m 19,71, dell'infra-struttura a gradini e della
sovrastruttura. Tale misura ci dà un'idea dell'imponenza
del tempio prima del crollo.
Il doppio colonnato che c'era attorno gli conferiva oltre che un
aspetto oltremodo suggestivo anche un senso di profondità.
Delle 108 colonne della peristasi circa 80 sono ancora in loco.
Le lettere che si notano sui fusti in alto ed in basso sono
incise dagli scalpellini per evitare eventuali errori durante la
posa in opera delle colonne. Esse indicano inoltre che nelle
colonne c'era l'entasi (rigonfiamento dato alla colonna
soprattutto nella parte centrale del fusto). Delle tre colonne,
ancora in piedi, del periodo ellenistico, è completata la
lavorazione delle due che reggono la sovrastruttura. Il fusto dell'altra
colonna col capitello è sprovvisto di scanalature. Secondo
le caratteristiche dei capitelli risultano scolpite nella prima
metà del II sec. a.C.
Gli zoccoli delle colonne della peristasi presentano differenti
caratteristiche; mentre alcuni sono costituiti da plinto, toro e
doppio trochilo, in quelli delle colonne poste al centro del
colonnato esterno si vedono caratteristiche del periodo
protoromano. Uno di questi zoccoli è suddiviso in 12
pannelli rettangolari ed è decorato con figure di animali
marini, motivi di palmette e di altre piante. Un altro zoccolo
è decorato con doppio meandro e motivi di palmette. Essi
furono fatti scolpire negli anni 37-41 d.C. dall'imperatore
Caligola che voleva essere venerato al pari di Apollo. Presentano
caratteristiche barocche del II sec.d.C. i capitelli posti agli
angoli del colonnato esterno della peristasi, decorati con volti
di divinità o bucrani e teste di Gorgoni poste
sull'architrave.
Fu completata la lavorazione delle colonne del lato nord che
sono tutte in loco mentre quelle del lato ovest, messe ai loro
posti senza che fosse ultimata la loro lavorazione, crollarono in
seguito ai terremoti e giacciono a terra. Mancano numerose
colonne del lato sud che risultano mai completate. Davanti alla
facciata del tempio, dopo il doppio colonnato, si passa al
pronao, noto nei testi archeologici anche come "atrio
dodecastilo" in cui si trovano, in tre file di 4 colonne
ciascuna, in totale 12 colonne su cui poggia il tetto. Sulle
colonne e sulle pareti delle ante si notano le tracce
dell'incendo scoppiato nel Medio Evo. Gli zoccoli delle colonne
sono in stile attico mentre le parti superiori del toro sono
decorate con motivi di conchiglie. Le parti inferiori delle
pareti dell'anta sono profilate allo stesso modo. Tale
caratteristica, di cui si ha l'esempio tipico nel Partenone,
è presente per la prima volta in un tempio ionico.
Sul muro posteriore del pronao ci sono tre porte di cui quella
centrale di parvenza monumentale, larga 5.63 m.e alta 14, la cui
soglia elevata rispetto al pavimento del pronao dimostra che essa
non costituiva l'ingresso nell'atrio dell'oracolo. Gli oracoli di
Apollo venivano riferiti alla gente, per mezzo di sacerdoti,
attraverso questa porta detta pertanto "Porta dell'Oracolo".
Ognuno dei blocchi di marmo che si trovavano ai due lati di essa
pesavano 70 tonnellate ed erano noti come gli elementi edilizi
più pesanti dell'antichità
Altre due porte larghe 1.20 m. e alte 2,25 m. che ci sono a
destra e a sinistra della Porta monumentale e che permettono
l'accesso all'interno del tempio sono collegate col cortile sacro
mediante stretti corridoi, in pendenza, a volta, dei quali nella
parte inferiore che immetteva nell' Adyton (l'inaccessibile) si
trovava un piccolo settore dal tetto a cassettoni. Sulle pareti
si vedono elementi dorici le cui caratteristiche ricordano il
propileo dell'Acropoli di Atene. All'interno del tempio potevano
accedere soltanto i sacerdoti e le persone incaricate i quali
attraverso passaggi bui e mistici raggiungevano l'Adyton.
Ad est dell'Adyton, tra le porte che c'erano alla fine dei
passaggi, si trova una scala, larga 15,24 m., costituita da 24
gradini, mediante la quale si raggiungeva un atrio
(Cresmographeion, atrio dell'oracolo). Alto 20 m., delle
dimensioni di m. 14,01 x 8,74 che non aveva l'accesso dal pronao
e che costituiva, assieme al pronao, le prime parti completate
del tempio. A questo atrio potevano accedere solo i sacerdoti e
gli indovini (pizie, sibille) ed i loro oracoli venivano
comunicati, alla gente che stava nel pronao, attraverso la porta
monumentale summenzionata. Pertanto l'atrio dell'oracolo
(Cresmographeion) ed il pronao sono considerati i settori
più importanti del Tempio di Apollo Didimeo. Due colonne
poste al centro dell'atrio dell'oracolo reggevano i capitelli ed
il tetto. Tali capitelli, scolpiti, secondo le caratteristiche
accertate, agli inizi del III sec. a.C., vengono ritenuti tra i
primi esempi di quelli corinzi.
Le porte dei lati nord e sud dell'atrio dell'oracolo si aprono ai
passaggi a scala citati nelle iscrizioni come labirinti. Si
vedono motivi di meandro del corridoio sud, meglio conservati.
Tali corridoi ebbero una parte di rilievo nel corso delle
cerimonie cultuali accompagnate dal coro.
E' sempre attraverso questi passaggi che veniva raggiunto anche
il tetto del Tempio. L'Adyton (l'inaccessibile) delle dimensioni
di m. 21.71 x 53,63 con i suoi muri alti 25 m. e con il tetto
scoperto, si presenta molto suggestivo. La parte inferiore, che
è allo stesso livello dell'atrio dell'oracolo
(Cresmographeion), dei muri dell'adyton, hanno l'aspetto di un
podio elevato il cui zoccolo è profilato mentre la parte
superiore è defimitata da serie di ovoli e di gocce. Lo
zoccolo, scolpito molto finemente, è costituito da blocchi
di marmo piatti.
Sui pilastri prendevano posto capitelli decorati con motivi di
grifoni o floreali a voluta, e nei fregi, posti tra tali
capitelli, rilievi di leoni alati, che tengono con le loro zampe
la lira di Apollo ed infine in alto la cornice delimitata da
"kymation". Conferivano un aspetto cromatico ai muri molto
elevati tutti questi elementi decorativi che, con le loro
caratteristiche dell'epoca ellenistica, ci fanno desumere che
l'adyton era stato costruito, come è stato confermato
anche da una iscrizione scoperta, nella prima metà del II
sec.a.C. Una delle scoperte più importanti fatte negli
ultimi anni nel Tempio di Apollo Didimeo sono i disegni
effettuati nella parte inferiore delle pareti dell'adyton. Tali
disegni percettibili con molta difficoltà avevano la
funzione di tracciare in scala i disegni costruttivi
Nelle piante che coprono un'area di 200 mq i tracciati sono in
parte orizzontali e in parte verticali. Generalmente sono in
scala 1:1 quelli orizzontali e 1:6 quelli verticali.
Oltre a quelli degli elementi architettonici come gli zoccoli ed
i fusti delle colonne, fu scoperto, sulla parete posteriore
dell'adyton, anche il tracciato di una parte della sovrastruttura
del "naiskos." Tali tracciati, in cui si pensa di individuare
disegnate le piante di parti del tempio, contribuiranno alla
soluzione di numerosi interrogativi rimasti insoluti circa il
Santuario di Apollo Didimeo arricchendone i dati disponibili.
Ad est dell'adyton è situato il
naiskos,dove veniva conservata la statua cultuale di Apollo,
delle dimensioni di 14,43 x 8,24 m., di cui non ci sono che i
resti delle fondazioni. E' a pianta prostila il naiskos la cui
ricostruzione è stata fatta partendo dai frammenti
rinvenuti. Esso è un tempietto a 4 colonne ioniche nella
parte anteriore le cui ante furono ricavate prolungando in avanti
i due muri laterali del naos. Gli zoccoli ricordano quelli di
Efeso. I capitelli ionici, quelli delle ante e le decorazioni
della sovrastruttuta presentano caratteristiche del periodo
protoellenistico. I basamenti, dei muri come quelli dei muri
dell'adyton, sono in stile attico. L'edificio che ricorda il
Santuario di Zeus a Priene è il primo tempio anatolico di
influsso attico costruito in epoca ellenistica. Al contrario
delle pareti lisce e senza decorazioni, la sovrastruttura
è riccamente decorata. I cassettoni del tetto dell'atrio
anteriore e le soffitte inferiori dell'architrave sono ornati con
motivi floreali variopinti. Dalle decorazioni della
sovrastruttura si desume che il naiskos fu ultimato nel 270 a.C.
e che la statua cultuale di Apollo riportata da Ecbatana nel 300
a.C. fu rimessa al suo posto nel naos.
Elementi decorativi di epoca romana
Fregi con Gorgoni II sec d.C.
AFRODISIA
NOME - FONDAZIONE - STORIA
Ubicata nella regione anticamente detta Caria,
a 180 Km. di distanza da Efeso e a 100 Km. da Hierapolis (Cascata
pietrificata), Afrodisia è la città della dea
dell'amore. Però la dea in oggetto, non è quella
che conosciamo; è la dea madre che discende dai primi tempi
della storia, che abbiamo conosciuto per la prima volta nel
periodo Neolitico, è la dea che sazia e partorisce,
è Cibele che crebbe nel seno delle terre dell'Anatolia Si
trova su un altipiano a 650 m. sul livello del mare. Il
fiumicello che scorre verso ovest aggirando a sud
l'altipiano, arriva dopo 25 km al leggendario fiume Meandro.
Afrodisia risale al periodo neolitico e sonostati rinvenuti resti di insediamenti dei
periodi calcolitico, del bronzo, del rame e del ferro.
Secondo lo storico bizantino Stephanus, il primo nome di Afrodisia fu
Lelegonpoli. Più tardi fu trasformato in Megapoli e dopo
la morte di Ninos, il re Assiro, assunse il nome di Ninoi.
Proprio durante questo periodo la dea dell'amore arrivò in
Afrodisia. Gli assiri provenienti da Ninova dopo la distruzione
della loro città dai medi e dai babilonesi, portarono a
questo luogo remoto, il culto di Ishtar, la dea dell'amore in
Mesopotamia. Questo evento narrato come saga, fu confermato da
un bassorilievo portato alla luce durante gli scavi in Afrodisia.
Su questo bassorilievo ritrovato nella grande basilica, sono
raffigurati il Re Ninos e la sua leggendaria moglie Semiramis.
Afrodisia, come città esiste solo dal I° sec. a.C. Nell' 82
a.C. il generale romano Silla, spedì al tempio di Afrodite
come regalo, una corona d'oro e una scure bipenne che veniva
considerata sacra in Caria. Ciò significa che la
città assunse importanza parallela al dominio romano in Anatolia.
In seguito al ritorno di Zoilos nella sua città
nel I° secolo D.C.. cominciò l'urbanizzazione e la
costruzione del tempio e del teatro. Questi edifici, che sono
ancora in piedi oggigiorno, formano il nucleo della città
antica di Afrodisia. Successivamente la città si
sviluppò fra queste due costruzioni. Le due colline al
centro della città quali l'acropoli, alla quale si addossa
il teatro, e la collina di Pekmez ad est di essa, sono i tumuli
che accolgono le civiltà di circa 7 mila anni fa. Durante
la costruzione del teatro, il lato est del tumulo sul quale si
trova l'acropoli fu distrutto. Le mura di cinta che circondano la
città furono costruite in fretta durante le scorrerie dei
Goti avvenute nel 260 D.C.. Dato che si supponeva che il tempio
di Afrodite proteggesse la città. non si era sentito il
bisogno di una sicura cinta muraria di protezione fino a quella
data. Quando fu necessario si servirono anche dei materiali di molti
edifici e monumenti crollati. Per questo motivo, fra il materiale
di riempimento delle mura furono portate alla luce epigrafi e
pezzi architettonici. Nel periodo bizantino continuò la
religione politeista ma quando il cristianesimo prevalse del
tutto in città, le statue furono abbattute e il nome della
città fu trasformato in "Stavropolis" che significa
"città della croce".
SEBASTEION , che significa grande in greco, deriva dalla parola latina
Augustus. Ad oriente di Roma non esiste un altro Sebasteion
così grande e ricco specialmente dal punto di vista dei
bassorilievi. La costruzione è collocata sulla strada che
inizia dalla porta a nord e termina al teatro. La costruzione
del centro cultuale iniziò al tempo dell'imperatore
Tiberio (14-37 d.C.) e venne completata al tempo di Nerone (54-68
d.C.). Gli edifici principali dei centro cultuale che durante la
costruzione crollarono ripetutamente a causa di terremoti furono
completati nel tempo dell'Imperatore Claudio. Il tempio è
costituito da tre edifici principali. Il Propylion (porta
monumentale) che da sulla strada, ha due piani . Una strada larga
14 metri, rivestita di marmo, termina con il tempio di Nike
(Vittoria), rialzato sopra un podio. La strada è
costeggiata da porticati a tre piani
TEATRO:
Zoilos che cambiò il destino della città di Afrodisia, fu
anche il costruttore del teatro e lo testimonia l'epigrafe messa sulla facciata della
scena che fu costruita nel I°.secolo a.C. Secondo
quest'iscrizione, Giulio Zoilos dedicò questo complesso
alla dea Afrodite e al suo popolo. Sempre in riferimento a questa
epigrafe, possiamo pensare che la costruzione del teatro fosse
completata prima del 27 A.C. Il teatro fu costruito scavando la
parte est del tumulo dove fu collocata anche l'acropoli.
La parte superiore della cavea che è costituita da due parti, fu
abbattuta nel periodo bizantino durante la costruzione della
fortezza. La scena a tre piani che è una delle più
antiche dell'Anatolia, fu edificata in ordine dorico, ionico e
corinzio. Anche nelle nicchie furono collocate statue di grandi
dimensioni. Qui furono ritrovate le statue di Apollo e Melpomene
attualmente esposte nel museo. Oltre a queste, durante
gli scavi del teatro, furono portate alla luce statue di
pugilatori e mezzo busto di Afrodite.
TETRASTOON E LE TERME DEL TEATRO
A causa dei terremoti verificatesi nel 4' secolo, le agore
della città furono invase da torrenti Poichè l'uso
delle agore settentrionali causava dei problemi, la città
decise di costruire una nuova agorà. Venne quindi
costruita una nuova agorà attorniata da colonne sull'area
di fronte al teatro per usarla come mercato.
Si legge su un'epigrafe ritrovata in loco che questa piazza venne denominata
Tetrastoon, che significa area circondata da porticati a colonne
su quattro lati. Per rispondere al potenziale commerciale della
città, fu poi costruita una sala a piano di basilica
subito a sud denominata la sala degli imperatori in riferimento
alle statue degli imperatori ivi ritrovate.
IL PORTICO DI TIBERIO
La vasta area nei pressi del teatro, in
mezzo alla quale si trova una grande vasca, viene denominata
il Portico di Tiberio secondo l'epigrafe collocata sull'architrave a nord dell'area
recinta da colonne e da portici, nella quale era scritto che
l'edificio fu costruito in onore dell'imperatore Tiberio.
In mezzo al portico si trova una vasca lunga 260 m, larga 25 m e
profonda 1,20 m, costruita in seguito al terremoto
avvenuto nel 2° secolo d.C. per trattenere le acque portate dal
torrente. Allo stesso tempo la vasca serviva come riserva
d'acqua per le terme di Adriano. Le acque in eccesso venivano
incanalate nella fognatura urbana tramite i canali intorno alla
piscina stessa.
ODEON
L'Odeon che è collocato fra il tempio
di Afrodite e l'Agorà, fu costruito nel II sec. d.C. La parte
superiore dell'odierna cavea crollò a causa di un
terremoto verificatosi nel IV sec. D.C. L'odeon che può
ospitare mille persone incluso la cavea superiore, era coperto da
un tetto di legno e da tegole. Nelle nicchie della scena a tre
piani furono messe molte statue.
Anche il corridoio porticato che
dà accesso all'agora del nord collocata dietro la scena,
era decorato da statue. Nell'antichità l'odeon era il
luogo dove venivano esercitate attività come concerti,
danza, pantomima, retorica, lettura di poesie e manifestazioni
musicali; veniva anche usato come sala da convegno durante le
riunioni del Consiglio della città.
IL TEMPIO DI AFRODITE
L'edificio più importante della città di Afrodisia
è, senza dubbio, il tempio di Afrodite. La prima
costruzione del tempio risale ai tempi arcaici. Gli Assiri
provenienti da Ninive dopo che la loro città fu distrutta
da medi e babilonesi, portarono anche il
culto di Ishtar, la dea dell'amore e della bellezza Assiri.
Anche le raffigurazioni del Re Nino e di sua moglie
Semiramis incise su un bassorilievo ritrovato durante gli scavi
in Afrodisia, confermano la tesi che il culto di Afrodite deriva
dalla Mesopotamia.
Il tempio costruito in stile
ionico proprio dell'Anatolia, è circondato da una serie di
colonne: otto sui lati minori e tredici su quelli maggiori; le
colonne sono collocate a una distanza doppia
dell'usuale rispetto alle pareti interne, così da apparire come se fosse attorniato da una
doppia serie di colonne. (stile pseudo dipteros). Il tempio, la
cui costruzione fu iniziata nel I secolo a.C. da Zoilos, fu completato nel 130
d.C. ed assunse il suo definitivo aspetto durante il periodo dell'Imperatore
Adriano, dopo che furono costruiti i muri per delimitare l'area
sacra intorno all'edificio.
Si poteva passare per quest'area sacra tramite
un'ingresso monumentale situato nel lato orientale. Nella cella
situata nel tempio e in cui potevano entrare soltanto i
sacerdoti, si trovava il monumento cultuale della dea Afrodite.
Esso era luogo di pellegrinaggio e godeva del
diritto di asilo. Alla fine del V secolo d.C. il tempio fu
trasformato in una grande chiesa a tre navate. Furono anche
aggiunti alla chiesa, circondata da muri, un nartece ad ovest e una abside
semicircolare ad est. Dentro l'abside si trovano le gradinate dove c'era il coro della chiesa.
Sulla volta tonda dell'abside semicircolare si trovano alcuni
affreschi con le rappresentazioni di Gesù Cristo e Maria fra
gli angeli Gabriele e Michele.
La chiesa fu utilizzata fino all' XI secolo. Giorgio Tomikes,
vescovo della chiesa dì S.Giovanni ad Efeso, che nel 1156
visitò Afrodisia, scrisse: "Nella chiesa abbandonata dopo
il terremoto che trasformò la regione, ormai stanno
gridando i gufi."
STADIO: Lo stadio di Afrodisia che è
l'opera più maestosa e meglio conservata della
città, è collocato a nord di essa, e si colloca fra
le opere più importanti del mondo antico. La costruzione a
pianta ellittica, con le opposte estremità semicircolari, poteva
contenere fino a 30.000 persone. Gli stadi venivano usati
principalmente per le attività atletiche e, quando
necessario, servivano anche per votazioni pubbliche o per altre
competizioni. Si poteva accedere allo stadio tramite le gallerie
a doppia volta collocate ad est e ad ovest. In seguito al
terremoto avvenuto nel VII sec d.C., che causò al teatro
notevoli danni, la parte semicircolare ad est dello stadio, con
l'erezione di nuovi muri, fu trasformata in forma circolare e se
ne usufruì come arena. I locali sottostanti le gradinate
furono usati in quel periodo
come negozi e magazzini. I muri a nord dello stadio sono i resti
delle mura che circondavano tutta la città costruite
servendosi anche del materiale dei muri dello stadio stesso.
TETRAPILONE
Questa porta monumentale situata subito ad est del
tempio è datata verso il II° sec, d.C. Poiché
è attorniata da quattro colonne, le fu attribuito questo
nome. E' difficile dire quale fosse la sua vera funzione. Non
è opposta all'ingresso del tempio, però possiamo
rilevare che i cortei si avviavano al tempio dopo essersi
radunati accanto ad essa. Nell'opera si scorge una
molteplicità di stili architettonici con colonne lisce,
affusolate, o scanalate alcune costruite con marmi azzurri.
Sull'architrave ad ovest sono rappresentate scene di caccia che
raffigurano dei cavalli e le figure di Eros e Nike che emergono
da foglie di acanto. L'architrave ad est è a
forma di arco semicircolare di marmo. Il restauro del Tetrapilone
è il più importante realizzato fino ad ora in
Anatolia con l' 80 % delle parti originali ritrovate durante gli scavi e rimesse
nella loro posizione in modo da poter dare un'idea d'insieme dell'opera.
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