Nomi: |
Ahmose,
Nebpehtira |
Dinastia: |
XVIII (1548-1292 a.C.) |
Anni di regno: |
[1548-1526 a.C.] |
Collocazione storica: |
Nuovo Regno 1567-1080 a.C. |
Ahmose è conosciuto soprattutto per le sue imprese contro gli Hyksos (un
testo ci ha raccontato a grandi linee le vicende della presa di Avaris), mentre
della sua politica interna non sappiamo nulla se non che costruì numerosi
santuari.
La religione penetra sempre più nella storia politica egiziana; in Egitto
non è il re che sconfigge i nemici, ma è il dio che permette al re di vincere.
Si vedrà in seguito che questo non è un semplice modo di dire: il potere
egiziano diverrà sempre più teocratico, fino al momento in cui saranno i
grandi sacerdoti di Amon i veri padroni del paese.
Dopo che, con la presa di Sharuhen, in Palestina, il pericolo asiatico era
stato liquidato, Ahmose terminò la sua opera di unificazione riconquistando la
Nubia, che si era emancipata nel corso del Secondo Periodo Intermedio, e che,
forse, si era alleata agli Hyksos. Durante tutto il suo regno ci furono diverse
ribellioni nel regno di Kush, ed egli dovette condurvi tre campagne, giungendo,
sembra, fino all'isola di Sai, tra la seconda e la terza cataratta; pare inoltre
che, prima della fine del suo regno abbia inviato anche una spedizione in
Fenicia.
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Amenofi I, figlio di Ahmose, continuò l'opera di suo padre, costruendo
numerosi templi e facendo delle campagne in Nubia, dove insediò la sua
roccaforte a Wadi Halfa. Non si sa nulla della sua azione in Asia, anche se
dovette farvi molte spedizioni militari, dato che il suo successore dichiara,
una volta salito sul trono, che il regno d'Egitto si estende fino all'Eufrate, e
Ahmose certo non si era spinto cosi lontano.
Nomi: |
Akheperkara, Dhutmose |
Dinastia: |
XVIII
(1548-1292 a.C.) |
Anni di regno: |
[1505-1501 a.C.] |
Collocazione storica: |
Nuovo Regno 1567-1080 a.C. |
Tuthmosi I era figlio illegittimo di Amenofi , che aveva avuto dalla moglie
soltanto delle figlie, e di una donna di sangue non regale di nome Senisonb. Le
donne in Egitto potevano regnare, ma non da sole. Fu quindi il figlio naturale
di Amenofi, Tuthmosi, che salì al trono e, per rafforzare il suo potere, sposò
la sua sorellastra Ahmose, la legittima erede al trono.
Il primo atto ufficiale di Tuthmosi I fu quello di mandare a Turi, viceré
della Nubia, uno scritto per annunciargli la propria assunzione al trono; nel
documento esponeva per esteso tutti i titoli con i quali voleva essere
riconosciuto e che si dovevano usare in occasione delle offerte agli dei e nei
giuramenti prestati in suo nome. Proseguendo la politica dei suoi predecessori
in Nubia, Tuthmosi I giunse fino alla quarta cataratta; una grande epigrafe del
suo secondo anno di regno è incisa su una roccia di fronte all'isola di Tombos
a monte della terza cateratta, ma è più ricca di frasi magniloquenti che di
notizie concrete. Un fatto d'armi più importante fu la spedizione che
attraverso l'Eufrate penetrò nell'interno di Nahrin, territorio del re dei
Mitanni, dove fu collocata una stele commemorativa e dove avvenne una
carneficina di nemici e furono fatti molti prigionieri. Nel viaggio di ritorno
il re festeggiò la vittoria con una caccia all'elefante nella regione paludosa
di Niy, vicino alla città che si chiamò poi Apamea, in Siria. Per molti secoli
solo un'altra volta, e precisamente sotto Tuthmosi III, un esercito egizio si
spinse cosi lontano in direzione nord-est.
Non si sa quanto a lungo sia durato il suo regno, forse non più di dieci
anni; l'ultima data certa registrata si riferisce al quarto anno. Una grande
stele, che ricorda i lavori da lui fatti eseguire nel tempio di Osiride ad Abido,
ha perso la data, se mai ne ebbe una. Se la mummia trovata a Deir el-Bahri è
davvero la sua, la morte lo colse sui cinquant'anni. Nella disposizione del suo
monumento funebre egli segui l'innovazione introdotta da Amenofi I, lasciando un
grande spazio fra il tempio funerario e la tomba vera e propria, innovazione che
fu copiata da tutti i successori. In realtà il tempio non è stato ritrovato, a
meno che non fosse incorporato in quello della figlia, Hatshepsut. La
tomba è la più antica di quelle trovate nella remota valle di Biban el-Muluk
("Tombe dei Re"), e consiste in una ripida scala d'ingresso che scende
in un'anticamera adiacente alla sala sepolcrale dalla quale si diparte un
piccolo ripostiglio, una cosa assai modesta confrontata ai grandi sepolcri che
dovevano seguire. Il sarcofago di quarzite gialla trovato all'interno (ora al
museo del Cairo) vi fu, a quanto pare, collocato più tardi dal nipote Tuthmosi
III.
Due suoi figli sono raffigurati nella tomba di Paheri, sindaco di El-Kab, il
cui padre è presentato come loro "aio" o "precettore".
Sopra una stele spezzata, dell'anno quarto, Amenmose, forse il maggiore dei due
fratelli, è descritto mentre caccia nel deserto presso la Grande Sfinge, e se
è vero che allora era già generale dell'esercito di suo padre, questi doveva
essersi sposato molto prima di salire sul trono. L'altro figlio, Wadjmose, è un
personaggio misterioso e interessante, perché dopo la sua morte gli fu reso
l'insolito onore di una cappelletta, eretta immediatamente a sud del Ramesseum.
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Anche Tuthmosi II ebbe dalla moglie soltanto figlie femmine e un figlio
maschio nato da una concubina. Alla sua morte questi fu proclamato re con il
nome di Tuthmosi III, ma, essendo ancora molto giovane, fu Hatshepsut a tenere
la reggenza. Questa reggenza si trasformò in un vero e proprio regno e
Hatshepsut, relegando suo nipote non si sa bene dove, rimase sul trono per
ventidue anni.
Mentre era vivo Tuthmosi II, Hatshepsut portava i titoli di "figlia del
re, sorella del re, sposa del dio e grande moglie del re". In quel tempo
essa non era che una regina di primo rango come le altre che l'avevano
preceduta, e non era neppure immaginabile per lei l'onore di una tomba nella
valle solitaria e maestosa che proprio allora incominciava a essere riservata ai
faraoni. Una sua tomba con la data di questo periodo, contenente un sarcofago
intatto, fu trovata a una vertiginosa altezza su di un dirupo circa due
chilometri a sud di Deir el-Bahri. Nei primi anni di governo ella dovette
accontentarsi della semplice condizione di regina, ed esiste persino
un'iscrizione datata nel secondo anno di regno del nipote, che però potrebbe
anche non essere contemporanea. In seguito tutti e due contarono i propri anni
di regno indipendentemente iniziando entrambi dal principio della correggenza.
Ma l'ambizione della regina non era appagata e dopo non molti anni la spinse
all'importante decisione di cingere lei stessa la Doppia Corona. Già due volte
nella storia dell'Egitto una regina aveva usurpato il trono, ma era un fatto del
tutto nuovo che una donna assumesse vesti e atteggiamenti mascolini. Il
cambiamento non avvenne all'improvviso e senza esitazioni, perché esiste per lo
meno un bassorilievo in cui ella compare come re dell'Alto e Basso Egitto, ma
ancora in abbigliamento femminile. Però, in altri luoghi, particolarmente a
Karnak, Hatshepsut è raffigurata in abiti maschili e precede Tuthmosi III, a
sua volta, invero, rappresentato come sovrano, ma solo correggente. In molte
iscrizioni ella ostenta tutti i titoli faraonici, benché sui suoi monumenti e
su quelli dei suoi cortigiani si usino talvolta per lei pronomi femminili o nomi
con la terminazione femminile.
Sarebbe interessante sapere quale fu l'atteggiamento del clero del dio Amon
durante questo periodo, visto che era stato lui a proclamare re Tuthmosi III, ma
è noto che, in seguito, il gran sacerdote di Amon fu un fedele della regina, e
lei stessa si dichiarò figlia del dio. Sembra dunque che il clero abbia giocato
un ruolo importante. Il regno di Hatshepsut fu tranquillo dal punto di vista
militare, o perché la regina non aveva fiducia nell'esercito, o perché non
avrebbe comunque potuto comandarlo, e le spedizioni militari furono rimpiazzate
da quelle commerciali nei paesi del Punt. Questo periodo è anche molto
importante sul piano artistico: il tempio funerario della regina, a
Deir-el-Bahri, costruito dal suo architetto favorito, Senmut, è un capolavoro
d'audacia e di misura.
A quanto pare, Senmut doveva essere di umile nascita, perché nella tomba dei
suoi genitori il padre non porta che il vago epiteto di "il Degno",
mentre la madre è semplicemente detta "Signora di una Casa";
tuttavia, nel corso della sua breve carriera, egli si accaparrò non meno di
venti cariche diverse, molte delle quali, senza dubbio, altamente remunerative.
Il suo titolo principale, "Cerimoniere di Amon", gli dava,
probabilmente, il controllo delle vaste ricchezze del tempio di Karnak. Il
grande favore goduto presso la regale padrona è attestato dal fatto che gli fu
affidata la tutela della principessa Ranofru, seconda erede al trono per il
matrimonio della madre con Tuthmosi II, ma pur se Ranofru visse certo ancora a
lungo dopo l'inizio della costruzione del magnifico tempio di Hatshepsut a Deir
el-Bahri, non si sa più niente di lei a partire dall'anno 11. Il tempio
funerario di Hatshepsut a Deir el-Bahri, situato entro il grande anfiteatro di
scoscesi dirupi, si ispirò in gran parte all'assai più modesto monumento di
Menthotpe I , che si erge al suo fianco verso sud.
Le ultime notizie di Senmut sono dell'anno 16, ma Hatshepsut visse certo per
altri cinque o sei anni. Una volta proclamatasi "re" niente impediva
che anche lei avesse una tomba a Biban el-Muluk, e questa fu infatti ritrovata
da Howard Carter negli scavi del 1903. Evidentemente una galleria sotterranea
avrebbe dovuto correre sotto la collina in modo che la camera sepolcrale
risultasse proprio sotto al tempio, ma la roccia friabile impedì di effettuare
il progetto. Furono trovati due sarcofagi, uno dei quali modificato in un
secondo tempo allo scopo di accogliere il corpo di Tuthmosi I, che la regina
evidentemente voleva togliere dalla sua tomba e trasportare nella propria per
poter stare insieme nel Mondo dei Morti.
Non si sa se il desiderio di Hatshepsut sia mai stato realizzato, e neppure
in che modo ella sia morta, certo non molto tempo prima che Tuthmosi III
incominciasse a cancellarne il nome dovunque lo trovasse. Lasciò dietro di sé
numerosi monumenti, ma nessuno nell'Egitto settentrionale tranne che nel Sinai.
Secondo una lunga iscrizione da lei fatta collocare sulla facciata di un
tempietto provinciale, detto Speos Artemidos dai Greci, Hatshepsut si gloriava
in special modo di aver restaurato i santuari del Medio Egitto fino allora
negletti.
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Tuthmosi III prese il potere dopo la morte di Hatshepsut , ma il suo
risentimento verso la regina lo portò a una vera e propria persecuzione
postuma, una damnatio memoriae; il suo nome venne cancellato da tutti i
monumenti e sostituito con quello del re, di suo padre o di suo nonno. Ma,
fortunatamente, il faraone non si accontentò di essere un distruttore e continuò
la tradizione di famiglia, costruendo, soprattutto a Tebe, molti monumenti.
Tuthmosi III dovette la sua importanza alle sue imprese militari, poiché fu
certamente il faraone che estese maggiormente i possedimenti del suo paese.
La politica nubiana dei suoi predecessori gli aveva assicurato la tranquillità
a sud, ed egli potè cosi rivolgersi verso oriente, da dove venivano i maggiori
pericoli. Approfittando infatti dell'inazione di Hatshepsut, i Mitanni avevano
creato una coalizione ostile all'Egitto, con a capo il re di Qadesh e ci vollero
ben diciassette spedizioni per venirne a capo e ristabilire l'egemonia egiziana
nel Levante. E' vero che non tutte le spedizioni ebbero la medesima importanza,
alcune furono solo ispezioni armate, altre raids punitivi. Sembra che Tuthmosi
seguisse un piano strategico prestabilito, anche se non è possibile valutare
bene la reale situazione.
In effetti egli non attaccò subito il regno di Mitanni, il suo vero nemico,
quello che fomentava le rivolte contro l'Egitto, ma cominciò con il porre delle
basi solide e poi sferrò l'attacco decisivo. Nella sua prima campagna annuale,
Tuthmosi III riconquistò la Siria e la Palestina e poi passò tre anni a
organizzare questi paesi, dopodiché cominciò a preoccuparsi delle vie di
comunicazione. Nel corso della quinta campagna si impossessò di un porto
fenicio, cosi da non essere più costretto a usare la lunga strada che passava
nel deserto.
Partì quindi via mare per la sua sesta campagna, durante la quale conquistò
Qadesh, sul fiume Oronte, la roccaforte dei suoi nemici, ma le basi che pose non
erano ancora abbastanza salde e una rivolta in Fenicia ne mise in evidenza la
fragilità; così egli consacrò la sua settima campagna alla conquista di una
serie di porti fenici. A quel punto fu abbastanza forte da lanciare una grande
offensiva, la sua ottava campagna. Partì via mare, sbarcò in Fenicia,
attraversò la Siria, raggiunse l'Eufrate e lo attraversò con barche fatte
costruire a Biblo e trasportate nel deserto. Lì incontrò i Mitanni, li
sconfisse e li inseguì sulle montagne, anche se non raggiunse il punto di
massima espansione egizia stabilito da suo nonno Tuthmosi I ; l'eco di questa
impresa fu molto vasta, e anche i popoli vicini, che non si erano battuti con
l'Egitto (gli assiri, i babilonesi, gli ittiti), giudicarono prudente inviare
tributi al vincitore. Grazie alla vittoria sui Mitanni, gran parte dell'Asia
anteriore, a questo punto, era sottomessa all'Egitto, perciò le nove campagne
successive furono delle campagne di mantenimento. È chiaro che i paesi
conquistati non erano occupati; gli egiziani si accontentavano di portare in
patria i figli dei principi o dei capi vinti, crescerli, educarli e poi
rimandarli nel loro paese come rappresentanti della civiltà egiziana.
Questo sistema però non era sufficiente, e la posizione dell'Egitto in Asia,
benché forte, avrà sempre bisogno di essere consolidata tramite nuove
incursioni militari. Nel 1439, ancora vivo Tuthmosi III, il regno di Mitanni,
sostenuto dai principi di Qadesh e Tunip (una forte città siriana situata
vicino all'Oronte), costituì un'altra coalizione, ma gli egiziani riuscirono ad
averne ragione e ipresero le due città; da allora la situazione restò
tranquilla almeno fino alla morte del re. Alla fine del suo regno, approfittando
di una rivolta locale, Tuthmosi III rinforzò la sua presenza anche in Nubia,
fino alla quarta cataratta. Così, nel 1425, il regno egiziano si estendeva da
Napata, sul Nilo meridionale, fino all'Eufrate; questo fu il culmine della sua
potenza, che, da allora, decrebbe soltanto. Ma l'opera di Tuthmosi era stata
tale che questa situazione si mantenne ancora per un secolo.
Un'iscrizione posteriore nel tempio di Karnak racconta in fiorito linguaggio
la storia dell'assunzione del giovane Tuthmosi al trono. Pare che Tuthmosi fosse
solo adolescente che serviva nel tempio di Amon a Karnak, non ancora promosso al
rango di "profeta" (servitore del dio). Un giorno, mentre il
sovrano regnante sacrificava ad Amon il dio percorse tutto il colonnato alla
ricerca del principe. Non appena l'ebbe trovato, Amon si fermò davanti a lui e,
rialzatolo da terra dove stava genuflesso, lo portò di fronte al sovrano e gli
fece prendere il posto da questi solitamente occupato.
I pronomi usati in questo brano presentano qualche difficoltà
d'interpretazione, ma sembra chiaro che l'intento fosse quello di dimostrare che
Tuthmosi III era stato designato re da un oracolo divino quando il padre era
ancora vivo. Poiché la storia fu probabilmente scritta quarantadue anni dopo,
sorgono legittimi dubbi sulla sua completa veridicità, Quel che è certo, ad
ogni modo, è ch'egli sali sul trono sotto la tutela della moglie di suo padre,
Hatshepsut, la quale lo tenne nell'ombra per molti anni.
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Amenophis II, correggente con il padre da due anni, alla notizia della morte
di questi mosse verso Tebe via fiume: lo trasportava una solenne barca
cerimoniale salpata da Menfi dove il giovane aveva fin qui risieduto. Il re
aveva allora diciotto anni, era abilissimo nel tiro con l'arco, nella corsa, nel
cavalcare: unite all'indole guerriera, queste passioni sportive ne avevano fatto
un giovane risoluto, forte nel fisico e nei propositi. Una leggenda racconta che
in visita, un giorno, alle piramidi di Giza, si era riproposto di far rivivere i
tempi splendidi degli antichi sovrani e che, appena salito al trono, ordinò che
in quella zona fosse eretta una stele commemorativa delle imprese del padre.
Amenophis II rese ancora più illustre la XVIII dinastia grazie al coraggio
con cui seppe affrontare le rivolte scoppiate in quella parte dell'Asia che i
suoi predecessori avevano sottomesso. Nel corso di tali campagne il faraone si
distinse per il generoso contributo personale offerto in battaglia; crudele e
combattivo si costruì cosi negli anni l'immagine del sovrano invincibile e
possente, energico e atletica che volle tratteggiata nei documenti ufficiali. Il
più noto tra questi, la grande 'stele della sfinge', è un elenco
dettagliato delle sue virtù personali e dei suoi meriti agonistici. Tra le
altre sue doti qui si magnifica l'abilità nello scagliare le frecce dal carro
in corsa e da un arco che solo lui era capace di tendere.
Passato alla storta per la crudeltà del trattamento riservato ai vinti,
Amenophis II dovette sostenere tre importanti campagne militari in Siria, le
vinse tutte e vi fece seguire terribili rappresaglie. Si racconta che i cadaveri
dei capi battuti furono trascinati fino in Egitto dopo essere stati legati alla
prua della sua nave per essere infine esposti sulle mura di Tebe. A maggior
sfortuna il re andò incontro quando decise di risparmiare la vita al vinto.
Un'altra leggenda rievoca infatti come uno dei principi da lui deportati
nell'Alta Nubia avrebbe lì generato la dinastia dei cosiddetti 'faraoni
neri', futuri conquistatori dell'Egitto.
Intanto la situazione in Asia si evolvette, e il regno di Mitanni, fino ad
allora predominante, cominciando a temere gli ittiti (che abitavano in
Anatolia), si avvicinò agli egiziani. Il vincitore di Qadesh e di Mitanni,
il 'toro possente dal grande valore', intimidiva anche solo con lo
sguardo gli avversari che in lui riconoscevano la potenza distruttrice del dio
Seth. Sotto il suo regno si diffuse in Egitto il culto di Astarte, la dea
fenicia guerriera e vendicativa. Il nipote di Tuthmosi I e figlio di Tuthmosi
III è ricordato da monumentali costruzioni, come il tempio giubilare a Karnak
preceduto da una solenne gradinata e seguito da un bacino sacro per i lavacri.
La tomba di Amenofi II, fu scoperta a Biban el-Muluk da V. Loret nel 1898, e
contiene ancora il sarcofago del re e la sua mummia, sebbene questa sia stata
manomessa e spogliata dei suoi ornamenti.
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Tuthmosi VI non era il figlio maggiore di Amenofi II ; non sappiamo come
giunse al potere e se la successione fu traumatica. Come il suo predecessore
ebbe un regno tranquillo e fece due sole campagne militari, una in Sudan e
l'altra in Asia; quest'ultima fu più che altro un'ispezione, anche perché la
situazione era molto cambiata e il pericolo ittita aveva spinto gli antichi
nemici dell'Egitto, come Mitanni, a cercarne l'appoggio. Tra questi due paesi fu
stretta un'alleanza e, per suggellarla, Tuthmosi sposò una principessa mitanna
a cui suo figlio, Amenofi III , deve il suo sangue indoeuropeo.
Una stele del primo anno di regno di Tuthmosi IV riferisce che, mentre ancor
giovanetto si trovava a caccia nei pressi della Grande Sfinge di Giza, gli
apparve in sogno Harmakhe (Harmachis) il dio solare impersonante la sovranità,
che gli promise il regno; in cambio egli avrebbe dovuto liberare il dio dalle
sabbie che lo ricoprivano, e certo il resto dell'iscrizione, andato perduto,
narrava come egli portò a termine il compito. Tranne questo immaginoso
racconto, c'è poco da dire sul regno di Tuthmosi IV; non si deve, comunque,
dimenticare che fu lui a far erigere il maggiore degli obelischi egizi, alto
circa trentadue metri, che ora si trova a Roma davanti alla basilica di San
Giovanni in Laterano; questo obelisco era rimasto per anni trascurato e steso al
suolo a Karnak, finché Tuthmosi IV non ne decise l'erezione.
I templi funerari di Tuthmosi e di suo padre occupavano il loro posto
naturale ai margini del deserto occidentale presso Tebe, ma non ne rimane quasi
nulla. Nel 1903 Howard Carter scoprì la tomba di Tuthmosi IV, con il suo grande
sarcofago e una parte notevole degli arredi funerari; la mummia che si sostiene
sia la sua fu trovata, invece, nella tomba di Amenofi II, racchiusa in una bara
di data posteriore. Secondo Elliot Smith, il corpo apparteneva a un giovane di
estrema magrezza che non dimostrava più di ventotto anni.
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Amenofis III, che successe naturalmente a suo padre, è noto come il 're
Sole' dell'Egitto, appellativo che gli deriva da motivi diversi. Tra i suoi
soprannomi ci fu quello di 'disco splendente del Sole', ma
furono soprattutto lo splendore della corte di cui si circondò e la grandezza
dei suoi monumenti a suggerirne l'assimilazione con Luigi XIV il più noto 're
Sole' della storia.
In particolare la città di Tebe, dove il sovrano trasferì la sua residenza
nel ventinovesimo anno del regno, si abbellì di splendide costruzioni che ne
fecero il centro più prestigioso del Paese. Qui i numerosi palazzi reali si
affiancarono alle dimore sontuose dei funzionari, ricche di nuovi e raffinati
oggetti d'arredo, impreziosite dai fregi architettonici e ornate di verdi
giardini che, con gusto importato dall'Oriente, divennero parte essenziale delle
architetture.
La città vi accoglie degnamente la coppia reale, e Tye, la Grande
Sposa, svolgeva un ruolo complementare rispetto al marito che sempre assistette
nelle decisioni più importanti. Regina dai tratti fisici marcati, in
particolare quelli del volto, Tye era forse di origine nubiana. Fu spesso
identificata come la personificazione della dea Hathor e quasi sempre, nelle
raffigurazioni, compare a fianco del marito a sottolineare il profondo accordo
della coppia.
Il periodo del regno di Amenofi III fu improntato a grande tranquillità sia
interna sia esterna. Qualche tentativo di ribellione fu domato, ma l'Egitto
visse in pace con i potenti vicini che il sovrano, forse sottovalutandone le
potenzialità offensive, era solito definire 'fratelli'. Quasi tutte le
energie furono piuttosto impiegate nella realizzazione di opere civili, tra cui
spicca il celeberrimo tempio di Amon a Luxor, frutto dell'iniziativa congiunta
del re e del suo omonimo architetto.
Qui, una volta l'anno, assunte le sembianze di Min, Amon giungeva dopo aver
lasciato la sua sede di Karnak e aver oltrepassato il Nilo. Amenofi III fece
ricostruire l'edificio originario in finissima pietra calcarea; a lui dobbiamo
le sale posteriori e il noto cortile ipostilo caratterizzato da una selva di
colonne. Sovrano di un Paese al suo apogeo politico ed economico, Amenofi III
forse confidò eccessivamente nella diplomazia (per rafforzare il legame con il
popolo dei Mitanni prese come moglie secondaria una principessa asiatica), ma
non si rese conto che l'assenza di campagne militari indeboliva i legami di
obbedienza verso l'Egitto dei potenti vicini e non avvertì che, a causa
dell'indebolimento del controllo, l'influenza ittita si andava imponendo
sull'Asia Minore.
Ricordato da numerosi scarabei commemorativi, il sovrano 'Sole',
coerentemente con il suo appellativo, potenziò il culto di Aton, in ciò
probabilmente influenzando le scelte religiose del figlio e successore che della
fede in quel dio avrebbe fatto il suo unico credo. Del suo tempio funerario non
sono rimaste che le due imponenti statue originariamente poste a guardia
dell'ingresso, i celebri colossi di Memnone.
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Passato alla storia come il faraone eretico che intorno al 1300 a.C.
contrappose un culto monoteista a quello politeista che era stato in vigore in
tutto il suo regno. Akhenaton non fu l’unico faraone ribelle. Il suo
predecessore prima ed alcuni successori perseguirono una politica anti-tebana.
Ad iniziare la svolta religiosa in senso monoteista fu Amenophis
III (chiamato anche Amenhotep III ), il padre di Akhenaton, che
cominciò a combattere il potente clero tebano di Amon
contrapponendogli il dio Aton. A
testimonianza di questa nuova tendenza, Amenophis III, soprannominato "il
donnaiolo" perchè si diceva avesse 365 donne diverse all'anno, fece
costruire ai confini del deserto uno splendido palazzo circondato da un grande
parco a cui aveva dato il nome di "splendore di Aton", dove nacque
Akhenaton (o Ekhnaton), che alla sua nascita prese il nome del padre, Amenophis
IV.
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Il piccolo principe ereditario, all'età di 12
anni, fu fatto sposare con una fanciulla nubiana di nome Nefertiti
("la bella che viene da lontano"), di due o
tre anni più giovane, perché il trono avesse al più presto un erede. Alla
morte di Amenophis III la regina Tiye prese il potere in nome del figlio. |
Salito al potere, il faraone fanciullo per prima cosa si cambiò il nome, e
da Amenophis, che significa "Pace di Amon", divenne Akhenaton, cioè
"Aton è soddisfatto ".
Akhenaton si attribuisce la funzione di rivelatore di Aton agli uomini
definendosi suo figlio e cerca di convincere i propri sudditi a credere
anch'essi in un solo dio e quindi a se stesso.
Dopo 17 anni di governo, Akhenaton scompare. Tale scomparsa è ancora oggi un
mistero. Alcuni pensano vi sia stata una congiura contro di lui anche se è mal
supportata dal fatto che vi sono molte perplessità sull'identità del suo
successore. Molti studiosi ritengono che questo successore sia Smenkhara,
figlio o fratello di Akhenaton, mentre per altri dietro il nome Smenkhara si
cela la moglie Nefertiti che quindi avrebbe regnato fino alla salita al trono di
Tutankamon,
suo figliastro.
La tomba di Akhenaton fu collocata ad est di Akhetaton ed in perfetto
allineamento con il tempio di Aton. Nelle loro raffigurazioni, Akhenaton e
Nefertiti, vengono ritratti nudi, inoltre Nefertiti rappresentata in battaglia e
vestita dei simboli del faraone, mentre Akhenaton viene raffigurato da solo
quando intercede presso il dio sole Aton. Tutto ciò, finora, non era mai stato
osato da nessun faraone. Con la morte di Akhenaton vengono anche ristabiliti i
culti tradizionali. Ad Akhenaton da adesso in poi si farà riferimento come al
"nemico", il suo nome verrà cancellato dagli annali e la città di
Akhetaton distrutta come le opere realizzate in onore di Aton. Il nome del
faraone non sarà più pronunciata sino al 1917 d. C. quando venne scoperta
nella Valle dei Re una tomba, la numero 55, risalente all'epoca di
Tutankamon.
Quale è il nome del defunto è impossibile
stabilirlo poichè sia il sarcofago che le iscrizioni sulle pareti furono
cancellate a scalpellate. Gli unici indizi vennero ricavati dallo studio
dei crani di Tutankamon e dello sconosciuto.
(Akhenaton
ripreso in un momento di vita familiare) |
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Il confronto, secondo gli esperti, rivelava una parentela diretta,
probabilmente del 1º grado. Sono in molti a sostenere che quella è la tomba di
Akhenaton, il cui corpo fu trasportato nella Valle dei Re da Tutankamon, mentre
per altri il defunto sconosciuto è Smenkhare.
Durante il regno di Akhenaton l’Egitto non ebbe una buona politica estera:
non seppe contrapporsi all’ascesa dei Mitanni e degli Ittiti in
Asia Minore, perdendo così quegli stati vassalli dell'area siro-palestinese,
che apportavano ricchezza alle casse reali. Di questa situazione, infatti, seppe
approfittare molto bene il re ittita Suppiluliumas
che realizzò un potente impero.
Dal punto di vista culturale, invece, l’Egitto conobbe un grande splendore:
nacque l'arte armaniana, rivoluzionaria per
il periodo, in quanto contrapponeva alla staticità classica delle figure
egiziane, una nuova dinamicità, arricchita di particolari, quali immagini
naturali importate da Micene. Inoltre, attraverso l'arte, vengono rappresentate
scene di vita reale che, per la prima volta, riguardavano anche la famiglia del
faraone. Le sfortunate vicissitudini della giovane coppia giovarono alla
figura di Eie che acquistò sempre più potere, grazie soprattutto alla mancanza
di un legittimo erede al trono. All'età di 20 anni Tutankamon morì in
circostanze ancora misteriose. Molti studiosi, oggi, ipotizzano che Tutankamon
sia stato assassinato da Eie perché intenzionato a riprendere il culto di
Akhenaton.
A sostegno di questi sospetti c'è la scoperta del celebre radiologo Harrison
che riuscì a fare una radiografia del cranio del grande faraone rivelando una
profonda frattura nella parte inferiore, probabilmente procurata con un corpo
contundente. La tomba di Tutankamon, vista la prematura ed improvvisa morte del
faraone, fu realizzata in meno di settanta giorni, e rimase famosa per il tesoro
che conteneva.
Nome dal significato egizio di "la bella che è arrivata ",
identifica la regina egiziana (XIV secolo a.C.), sposa di Amenophis IV (Akhenaton,
1364-1347 a.C.). Non si limitò ad interpretare il ruolo di grande sposa reale,
poiché il faraone l’aveva coinvolta nella gestione del potere, e la sua
influenza sulla guida politica del regno fu notevolissima. Per questo motivo
ella appare rappresentata con la corona doppia, simbolo del potere faraonico.
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Dotata di straordinaria bellezza, è stata
ritratta mentre distribuisce doni ai sudditi dal balcone del palazzo,
oppure alla guida del suo carro, nonché nell’atto di colpire con una
mazza il nemico, tutte simbologie di norma riservate al solo sovrano. Nelle lapidi confinarie Nefertiti viene
descritta come "dama piena di grazia", e "dotata
di tutte le virtù". Fu tanto oggetto di adorazione popolare da
essere stata talvolta raffigurata come una dea. |
È famosa per alcune belle opere di scultura che la raffigurano, e per dei
rilievi di epoca amarniana, in cui appare accanto allo sposo, ma soprattutto per
due busti, esposti nel Museo del Cairo ed in quello di Berlino Molto noto il
secondo busto che la raffigura, rinvenuto tra altre numerose sculture, ed ancora
incompiuto, in Akhetaton, nel laboratorio di Thutmosi: ha sul capo l’alto
copricapo blu riservato alla sovrana. È ancora priva dell’occhio sinistro,
forse a causa dell’abbandono frettoloso della città alla morte del faraone.
La tomba di Nefertiti non è stata ancora ritrovata.
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Amenofi IV , come i primi re della dinastia, ebbe soltanto figlie femmine, e
sembra che, verso la fine del suo regno, abbia associato al trono il marito
della figlia maggiore, Semenkhara. Entrambi si sarebbero riavvicinati al culto
di Amon, mentre la regina Nefertiti, rimasta a el-Amarna, sarebbe restata fedele
al culto di Aton. Amenofi IV e Semenkhara morirono a poca distanza l'uno
dall'altro, e il potere andò al marito della seconda figlia di Amenofi IV,
Tutankhaton . E' oggetto di diverse ipotesi il luogo di sepoltura di Semenkhara;
secondo alcuni la tomba 55 della Valle dei Re sarebbe stata destinata a lui e la
mummia ivi rinvenuta sarebbe proprio la sua, anche se non sono state trovate
iscrizioni o oggetti che lo provino. Secondo alcuni studiosi il meraviglioso
sarcofago in oro massiccio trovato nella tomba di Tutankhamon sarebbe stato
preparato per Semenkhara e portano a prova di ciò il fatto che il volto del
faraone sul sarcofago sia diverso da quello sulla notissima maschera funeraria
di Tutankhamon.
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Tutankhamon resta, nonostante la fama della sua tomba, un faraone molto
misterioso. La successione che lo porta sul trono è poco chiara; si sa che
Amenofi IV , come i primi re della dinastia, ebbe soltanto figlie femmine, e
sembra che, verso la fine del suo regno, abbia associato al trono il marito
della figlia maggiore, Semenkhara .
Entrambi si sarebbero riavvicinati al culto di Amon, mentre la regina
Nefertiti, rimasta a el-Amarna, sarebbe restata fedele al culto di Aton. Amenofi
IV e Semenkhara morirono a poca distanza l'uno dall'altro, e il potere andò al
marito della seconda figlia di Amenofi IV, Tutankhaton, ancora molto giovane,
che era rimasto anch'esso a el-Amarna. Tutankhamon regnò solo un decennio e morì
a un'età compresa fra i diciotto e i vent'anni, troppo poco per dare prova di
doti guerriere o amministrative. Per di più il suo governo si esercito sotto la
pesante tutela del visir Ay , futuro signore del Paese dopo la sua morte, una
sorta di eminenza grigia che spesso sostituì le proprie volontà a quelle del
sovrano e della sua giovane moglie e che qualcuno arriva persino a sospettare di
avere ordito trame ai danni del legittimo regnante. Il nuovo re salì al trono a
soli nove anni, dopo aver vissuto i primi anni di vita nell'Alto Egitto ed
essersi quindi trasferito nel Palazzo Nord di Akhetaten.
Qui si unì ad Ankhesenpaton, sua compagna al
momento dell'incoronazione. Tra le prime decisioni del sovrano ci fu
quella di ritornare al culto di Amon, soppiantato da quello di Aton
durante il regno incontrastato del suo predecessore. |
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Amenofi IV si era alienato il consenso della potente casta sacerdotale e il
suo rivoluzionario monoteismo era stato accolto con un certo sospetto da chi
nella sua svolta aveva identificato un tentativo di rafforzamento dell'autorità
del faraone.
Tutankhaton, il suo successore, preferì ripiegare su posizioni più
concilianti e ne diede un primo segnale modificando il proprio nome appunto in
Tutankhamon, 'l'immagine vivente di Amon'. La mossa successiva fu
l'abbandono definitivo di Akhetaten; il sovrano preferì ritornare a Tebe, che
in questo modo riprese a essere il principale centro religioso d'Egitto, mentre
Menfi si confermava la sua capitale amministrativa. Una fonte importante, la
cosiddetta stele della restaurazione, ci fornisce informazioni dettagliate
sull'attività di Tutankhamon protettore delle arti. Se molte statue divine e
altrettanti monumenti erano caduti in rovina per via della noncuranza di chi
l'aveva preceduto nel regno, il giovane faraone si occupò invece personalmente
del loro restauro, propiziando ovunque l'attività degli artisti incaricati di
riportare all'antico splendore i manufatti che testimoniavano la devozione
egizia verso gli dei.
Quanto alle novità. si ricordino le decorazioni parietali degli interni del
tempio di Luxor raffiguranti la festa di Opet nel corso della quale Amon, uscito
da Karnak, si recava in visita alla sposa, e i templi a Faras e a Kawa in Nubia.
Le circostanze della morte del sovrano fanciullo, avvenuta nel 1325 a.C., hanno
a lungo alimentato sospetti tra gli storici. In passato, in particolare, ebbe
una certa fortuna la tesi secondo cui Tutankhamon sarebbe stato vittima di una
congiura di palazzo ordita ai suoi danni dal potente Ay. Il sovrano, colpito
alla testa, sarebbe morto a causa dei danni prodotti da un trauma cranico mai
superato.
Tuttavia l'accertamento di una ferita alla testa perfettamente rimarginata
sembrerebbe privare di ogni fondamento tale ipotesi. Altri sospetti sono però
alimentati dal fatto che in alcune raffigurazioni il faraone è ritratto
assistito amorevolmente dalla moglie e nell'atto di appoggiarsi a un bastone;
quale misteriosa malattia, ci si chiede, condusse a una morte prematura il
restauratore del culto di Amon? Altri dubbi sussistono infine circa la sepoltura
del re. Sembra infatti provato che la tomba in cui fu seppellito non fosse
quella che gli era stata destinata, visto che il sepolcro prescelto per
ospitarlo era, al momento della sua morte, ancora in costruzione nella valle
occidentale. Chi decise allora di destinarlo altrove? Forse il potente visir
che, all'ultimo momento, vittima dei sensi di colpa, gli destinò la sede
mortuaria che era stata predisposta per lui?
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Ay e Horemheb furono gli ultimi sovrani della gloriosa XVIII dinastia di cui
oscurarono la fama per via della pessima reputazione conquistata presso i
posteri. Indicato come assassino del sovrano fanciullo, Tutankhamon , e della
sua dolcissima moglie, Ay è infatti descritto come un uomo assetato di potere.
Ay era un vecchio funzionario di Amenofi e successe a Tutankhamon sposandone la
vedova.
Il suo regno fu molto breve e confuso e durò solo quattro anni, durante i
quali la politica estera venne condotta da Horemheb che, senza dubbio, non era
stato estraneo alla sua salita al trono.
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Horemheb è considerato l'ultimo re della XVIII dinastia, in realtà vi è
collegato solo grazie a Manetone e agli storici moderni. Infatti egli non deve
nulla a questa dinastia, alla quale non appartiene né per sangue né per
parentela; anche se probabilmente sua moglie aveva un qualche legame con Amenofi
IV, non aveva certo diritto alla corona; Horemheb prese il potere grazie a un
oracolo di Amon.
Discendente di una famiglia di nomarchi, sembra che si sia specializzato
molto presto nella carriera militare diventando capo degli arcieri sotto Amenofi
IV e poi comandante dell'esercito durante i regni di Tutankhamon e Ay. Non si
hanno molte altre informazioni su questo personaggio che, dopo essere stato
favorevole ai due re che lo hanno preceduto, una volta preso il potere si fece
notare per la sua reazione contro la famiglia di Amenofi IV. Cancellò il nome
di Tutankhamon dai monumenti sostituendolo con il suo, e fece partire la
datazione del suo regno da Amenofi III , come se i faraoni successivi non
fossero esistiti.
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