PIANKHY | TAHARQA |
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Manetone, stranamente, non parla di questo grande
guerriero sudanese o cushita che verso il 730 a. C. cambiò all'improvviso
l'intero corso delle vicende egizie. Piankhy era figlio di un capotribù o re
chiamato Kashta, e fratello, pare, di Shabaka, chiamato da Manetone Sabacon.Partito
da Napata, Piankhy scese il corso del Nilo e, nel corso di una lunga campagna
militare, sconfisse il rivale di origine siriana Tefnakht (XXIV Dinastia) e
diede all'Egitto, dopo diversi decenni, una parvenza di unità. La stele di
Gebel Barkal cui il faraone Piankhy affidò il resoconto della sua difficile
lotta contro Tefnakht riporta nel dettaglio le fasi dello scontro presentandolo
come una battaglia della fede oltre che delle armi.
Gli antecedenti razziali di Piankhy sono oscuri e l'ipotesi che fosse di stirpe libica si basa su indizi assai tenui. Tuttavia la sua energica personalità, condivisa dai successori, rende altrettanto improbabile la congettura che fossero semplici discendenti di sacerdoti tebani emigrati prospettata da qualche studioso; i nomi non sono egizi, ma di origine straniera, e certo un sangue nuovo doveva avere immesso nella loro famiglia tanto vigore. E' strano che dopo la disfatta di Tefnakht, Piankhy, a quanto pare, si sia ritirato nella sua città natale di Napata non lasciando quasi traccia di sé nell'Egitto. Fu sepolto a Kuru nella prima piramide degna di questo nome fra una serie di tombe che risalgono a sei generazioni addietro.
Nomi: |
Shabaka, Sabacon, Neferkara
Wahibra Shabako |
Dinastia:
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XXV (760-656 a.C.) |
Anni di regno:
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[716-695 a.C.] |
Collocazione storica:
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Terzo Periodo Intermedio
1080-665 a.C. |
Non si ha modo di sapere se sia vero, come sostiene
Manetone, che Boccoris (XXIV Dinastia) fu fatto prigioniero da Sabacon (Shabaka)
e bruciato vivo, ma è indubbio che quest'ultimo, fratello minore di Piankhy ,
conquistò l'intero Egitto e vi si stabilì come faraone legittimo. Egli
abbandonò Napata per stabilirsi a Menfi, dove la sacerdotessa divina adoratrice
di Amon era ormai di discendenza sudanese, e successivamente si spostò a Tebe.
Shabaka regnò non meno di quattordici anni, e fu
seguito da Shebitku (Sebichos, negli elenchi di Manetone) che si suppone
sia rimasto sul trono fino all'ascesa di Taharqa (Tarcos) nel 689 a. C.,
data accertata attraverso alcune stele di Api. Considerando la durata
complessiva di questi due regni, appare strano che s'incontrino così raramente
i nomi di Shabaka e Shebitku.
A parte le piramidi di Kuru dove furono sepolti e un cimitero di cavalli nella stessa località, ben poche tracce di questi re serba la loro patria nubiana. Da certi indizi pare che Shabaka ponesse la sua capitale a Menfi, ma anche Tebe reca testimonianze della sua attività edilizia; a Karnak e Medinet Habu si trovano alcune cappelle da lui erette.
Nomi: |
Shebitku, Sebichos, Djedkaura
Menkheperra Shebitku |
Dinastia:
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XXV (760-656 a.C.) |
Anni di regno:
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[795-690 a.C.] |
Collocazione storica:
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Terzo Periodo Intermedio
1080-665 a.C. |
Shabaka regnò non meno di quattordici anni, e fu
seguito da Shebitku (Sebichos, negli elenchi di Manetone) che si suppone sia
rimasto sul trono fino all'ascesa di Taharqa (Tarcos) nel 689 a. C.. In politica
estera, Shebitku, dovette sostenere il difficile confronto con la potenza assira
che si era estesa ai danni degli Ebrei alla cui richiesta di aiuto il faraone
nero non poté sottrarsi. La vicenda della difesa di Gerusalemme è avvolta
dall'alone della leggenda: sembra infatti che Shebitku non si sia mai congiunto
con le truppe nubiane del fratello Taharqa richiamate per l'occasione.
Che cosa allora avrebbe convinto gli Assiri a desistere dall'assedio? Secondo la Bibbia fu l'intervento di un angelo sterminatore; secondo Erodoto fu l'arrivo di un esercito di topi roditori, che in una notte privò gli Asiatici dell'occorrente per la battaglia; altri propendono per i danni prodotti da un'improvvisa epidemia di peste. Certo è che Gerusalemme si salvò, ma non grazie a Shebitku che, scomparso nel nulla, fu sul trono sostituito dal fratello.
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Con l'ascesa al trono di Taharqa, fratello e successore
di Shebitku , la documentazione si fa abbondante. Alcuni scavi a Kawa fra la
terza e la quarta cateratta hanno riesumato ben cinque grandi stele per la
maggior parte in ottimo stato di conservazione che riferiscono gli avvenirnenti
dei suoi primi anni di regno e le donazioni da lui fatte ai templi in cui
vennero ritrovate. Duplicati frammentari delle più importanti di queste stele
sono stati scoperti a Mataana, Copto e Tanis, segno evidente che Taharqa non era
restio a dar pubblicità alle sue fortunate imprese. Si sa che all'età di
vent'anni egli e altri fratelli del re erano stati mandati dalla natia Nubia a
raggiungere Shebitku a Tebe, dove Taharqa non tardò a conquistarsi il
particolare affetto del sovrano. Alla morte di questi fu incoronato re a Menfi e
il suo primo atto fu di ricordare il deplorevole stato in cui aveva visto i
templi di Kawa durante il suo viaggio in Egitto; i restauri e le numerose
donazioni al dio del luogo, Amon-Ra, attestano la devozione che continuò a
nutrire per il paese d'origine.
Il sesto anno di regno fu il suo annus mirabilis: il
livello particolarmente alto del Nilo in Egitto e le abbondanti piogge nella
Nubia avevano infatti favorito i raccolti in modo eccezionale e recato grande
prosperità nei due paesi; e in quello stesso anno egli aveva ricevuto a Menfi
la visita della madre, Abar, che non rivedeva da quando aveva lasciato la Nubia.
É caratteristico di tutti questi documenti geroglifici il modo del tutto
ottimistico di rappresentare la situazione, senza neppure un accenno ai disastri
che Taharqa fu costretto in realtà ad affrontare. Del resto, le costruzioni da
lui iniziate a Karnak e a Medinet Habu dimostrano che nella lunga valle del Nilo
le opere di pace erano ancora possibili anche in un periodo in cui un pericolo
mortale minacciava l'Egitto da nord-est.
A minare la tranquillità di Taharqa era tuttavia la
minaccia assira, sempre più presente in Asia nonostante lo scacco subito dal re
Sennacherib a Gerusalemme. Il faraone si mosse in due direzioni, trasferì la
capitale del Paese a Tanis, nella zona del Delta, da sempre la più esposta agli
attacchi esterni, per organizzare meglio la difesa; quindi cercò di fomentare
ovunque fosse possibile rivolte contro gli Assiri. La strategia funzionò per
breve tempo, perché a un certo punto Esarhaddon, nuovo re assiro, mosse
direttamente contro l'Egitto.
I documenti egizi tacciono, ma stele e tavolette in
caratteri cuneiformi danno particolareggiati resoconti della campagna in cui,
dopo aver soggiogato la Siria, egli costrinse Taharqa a ripiegare a sud e
conquistò Menfi. Il faraone nero riuscì a sfuggire alla cattura e da Napata
riprese a tramare contro il nemico, che commise l'errore di lasciare l'Egitto in
tutta fretta credendolo ormai battuto e sottomesso. Invece, di lì a poco, i
principi del Delta si ribellarono all'obbligo di pagare tributi agli Assiri e fu
nuovamente guerra. Poco dopo esser partito per questa nuova campagna, però,
Esarhaddon cadde ammalato ad Harran e morì, dando modo a Taharqa di
riconquistare Menfi e occuparla, finché non ne fu di nuovo cacciato da
Ashurbanipal durante la sua prima campagna (667 a. C.). Tebe (Nè) fu occupata
per la prima volta, ma solo per essere temporaneamente abbandonata; fu
Tanuatamun, figlio di Shabako, a riconquistarla. Sopra un edificio di Tebe,
Taharqa e Tanuatamun sono nominati insieme, ma non c'è motivo di supporre una
coreggenza. Sulla fine di Taharqa non sappiamo altro se non che ritornò a
Napata e fu sepolto a Nuri, poco più a sud.
Taharqa, che Manetone descrive come un uomo assetato di potere al punto i arrivare a sbarazzarsi del fratello, è ricordato dalle fonti come un sovrano saggio, oltre che come un temibile guerriero. Sotto il suo regno imponenti costruzioni fecero di Napata, la capitale della Nubia, una nuova Karnak, mentre grazie a una piena del Nilo particolarmente favorevole l'Egitto poteva tornare a contare su raccolti consistenti. Per la prima volta gli antichi tentavano di dare una spiegazione scientifica al fenomeno ciclico e misterioso dello straripamento delle acque del fiume, attribuendolo alle abbondanti precipitazioni nella parte meridionale del suo corso.
Nomi: |
Tanuatamun, Bakara Tanuatamun |
Dinastia:
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XXV (760-656 a.C.) |
Anni di regno:
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[664-656 a.C.] |
Collocazione storica:
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Terzo Periodo Intermedio
1080-665 a.C. |
Tanuatamun era figlio di Shabaka e , quindi, nipote di
Piankhy. Ebbe il merito di riconquistare Tebe e Menfi, sottratte dal suo
predecessore ad opera degli Assiri. Il resoconto della suo campagna militare è
stato scoperto a Gebel Barkal, su di una stele, nota come Stele del Sogno.
I fatti descritti sono i medesimi del cilindro cuneiforme redatto dagli Assiri
secondo il loro punto di vista, ma sarebbe difficile immaginare un contrasto
maggiore di quello offerto dalle due versioni: entrambe narrano una storia di
trionfi, ma nel primo caso il vincitore è Ashurbanipal, nel secondo Tanuatamun.
L'etiope narra che nel suo primo anno di regno vide in sogno due serpenti, uno a
destra e l'altro a sinistra, e il sogno gli fu interpretato con queste parole:
L'Alto
Egitto ti appartiene, prendi ora possesso del Basso Egitto. Le dee
dell'Avvoltoio e dell'Ureo sono apparse sul tuo capo, e il paese ti è dato per
quanto è largo e lungo, e nessuno lo dividerà con te.
In quello stesso anno
Tanuatamun «salì sul trono di Horo e avanzò dal luogo dove si trovava, come
Horo aveva avanzato da Chemmi» e, senza trovare ostacoli, giunse a Napata, dove
indisse una gran festa in onore di Amon-Ra. Discendendo il fiume, si recò a
rendere il medesimo omaggio al dio Khnum a Elefantina e ad Amon-Ra a Tebe. Sulla
via di Menfi fu accolto ovunque con grande giubilo e, al suo arrivo nella
capitale settentrionale Tanuatamun prese Menfi e fece offerte a Ptah e alle
altre divinità del luogo, dopo di che inviò a Napata l'ordine di costruirvi un
grande portale come segno della sua gratitudine.
Dopo
di che Sua Maestà discese il fiume per combattere contro i principi del Basso
Egitto. Allora essi si ritirarono fra le loro mura, come topi che si rifugiano
nelle loro tane. E Sua Maestà passò molti giorni accanto alle mura, senza che
nessuno di essi uscisse fuori a combattere con lui.
Perciò Tanuatamun se ne tornò
a Menfi a studiare la mossa successiva. Giunse frattanto un messaggero a dire
che i principi erano pronti a servirlo. Alla sua domanda se volevano combattere
o diventare suoi vassalli, tutti accondiscesero a quest ultima proposta. Furono
allora ammessi nel palazzo dove il re li informò che la vittoria gli era stata
promessa dal suo dio, l'Amon di Napata. In risposta il principe di Pi-Sopd,
parlando per tutti, assicurò che l'avrebbero servito lealmente. Dopo un
banchetto i principi chiesero licenza di tornare alle loro città per attendere
ai lavori agricoli. Quindi, tutti si dispersero, e l'iscrizione termina qui
bruscamente.
L'occupazione di Menfi da parte di Tanuatamun e la sua
riconciliazione coi principi del delta precedette l'attacco di Ashurbanipal
verso sud e il suo ingresso a Tebe, ma questi fatti non segnarono la fine del
monarca etiope che abbandonò prima Menfi e poi Tebe, e «fuggì a Kipkipi».
Questa è l'ultima notizia sul suo conto fornita dai testi cuneiformi Assiri.
Ashurbanipal afferma di aver completamente soggiogato Tebe e aver portato a
Ninive un grosso bottino, ma pare che questa sia stata l'ultima sua comparsa in
Egitto (663 a. C.).
Tanuatamun continuò a considerarsi il faraone
legittimo ancora per molti anni dopo la frettolosa incursione di Ashurbanipal a
Tebe, dove sono state trovate alcune iscrizioni del sovrano etiope, una delle
quali registra la vendita di un terreno nel suo ottavo anno di regno. Ma già da
tempo egli doveva essersi ritirato a Napata dove morì, e fu sepolto a Kuru.
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