SNOFRUCHEOPEDIDUFRI |
CHEFRENMICERINO |
Nomi:
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Snofru, Soris, Horo Nebmae |
Dinastia:
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IV (2630-2510 a.C.) |
Anni di regno:
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29 (Manetone); 24(Canone
di Torino) [2630-2606 a.C. (Torino)] |
Collocazione storica:
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Antico Regno 2700-2200 a.C. |
Nella versione di Manetone, il nome del fondatore della
IV dinastia figura come Soris, evidente corruzione di Snofru. Poiché sua moglie
portava il titolo di "figlia del dio", si pensa che Huny (l'ultimo
faraone della precedente dinastia) fosse il padre di lei e che Snofru dovesse il
trono al suo matrimonio.
Lo stesso Snofru fu comunque in seguito deificato nelle
miniere di turchese del Sinai. La Pietra di Palermo conserva documenti di sei
dei suoi ventiquattro e più anni di regno; oltre la costruzione di varie navi,
di portali e statue per il proprio palazzo, si ricordano di lui due campagne
militari, l'una contro un territorio nubiano dove si afferma abbia catturato
settemila prigionieri e duecentomila capi di bestiame, l'altra contro i Tjehnyu
libici dalla quale riportò un ricco, seppur minore, bottino. Anche più
interessante l'arrivo da Biblo, città ai piedi del Libano, di quaranta navi
cariche di legno di cedro. Ma tutte queste imprese impallidiscono di fronte ai
monumenti innalzati a proprio ricordo a Dahshur, quattro miglia a sud di Saqqara.
In quel sito il monarca fece innalzare per sé ben due piramidi di vaste
dimensioni non molto lontane l'una dall'altra.
Entrambe superano i 94 metri d'altezza e l'interno
presenta un altro punto in comune, cioè una camera sepolcrale imponente col
soffitto molto alto e sostenuto da modiglioni. Alcuni archeologi gli
attribuiscono anche la piramide di Maidum, mentre altri la attribuiscono a Huny,
anche se a terminarla può essere stato Snofru. Snofru lasciò di sé un
immagine di monarca
ideale, generoso e buono.
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Il nome di Cheope, nella forma tramandata da Erodoto,
appartiene al bagaglio storico del mondo intero. Il suo monumento funebre, la
grande piramide di Giza, fu considerata una delle sette meraviglie del mondo
antico, ed è tutt'oggi al centro di innumerevoli misurazioni, ipotesi,
congetture le più diverse. Poco ci è noto della vita del costruttore della
grande piramide, salvo qualche testimonianza materiale del suo autocratico
potere. Il cartiglio che racchiude il nome di Khufwey ( il vero nome di Cheope)
è stato trovato in varie cave di pietra, nelle tombe dei famigliari e dei
cortigiani e in alcune iscrizioni di data posteriore.
Ma nessun documento contemporaneo al faraone può vantare un genuino valore storico, eccetto la narrazione dei funerali della madre, Hetephras, moglie di Snofru, la cui tomba fu scoperta nei pressi della piramide da Reisner nel 1925. Non esiste alcun serio fondamento critico per stabilire la durata del regno di Khufwey: il Canone di Torino dà ventitré anni, mentre Manetone, basandosi forse solo su congetture, gliene assegna non meno di sessantatré.
Nomi:
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Radjedef, Didufri, Horo Kheper |
Dinastia: |
IV (2630-2510 a.C.) |
Anni di regno:
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8 (Canone di Torino) [2583-2575
a.C.] |
Collocazione storica:
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Antico Regno 2700-2200 a.C. |
Si tratta di un faraone che, per la breve durata del
suo regno, non dovrebbe aver avuto una parte importante nella storia della
dinastia, ma la scelta del luogo dove fece erigere la sua piramide, Abu Roash,
fa pensare che vi siano state complicazioni dinastiche legate al suo nome.
Sembra che Radjedef, figlio di Cheope e di una sposa libica, avesse, per
questa ragione, minori diritti al trono di altri principi.
Dopo la morte di Cheope si ritiene che Radjedef abbia
fatto assassinare il fratello primogenito Kanab, che era nato da una sposa
egiziana del faraone defunto e quindi aveva maggiori diritti al trono. La scelta
di una località distante da Giza per la sua piramide, sarebbe stata dettata dal
calcolo, per non forzare la mano nel voler apparire a tutti i costi il
successore legittimo, come avrebbe significato farsi preparare una tomba accanto
a quella di Cheope. Dopo otto anni di regno Radjedef sarebbe morto, forse
assassinato per ordine di Chefren, che in tal modo ricondusse la dinastia
nell'ambito egiziano della famiglia. Conferma dell'illegittimità al trono di
Radjedef sembra data dal ritrovamento di alcune sue statue fatte a pezzi
intenzionalmente e dall'abrasione del suo nome operata su alcuni monumenti.
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Chefren è il nome tramandatoci da Erodoto. Forti della
sua autorità, gli egittologi si sono trovati in genere d'accordo nel leggere
Khafra sul cartiglio, anche se alcuni autorevoli archeologi portano seri
argomenti per dimostrare che i due elementi del nome composto vanno invertiti e
che perciò si deve leggere Rakhaef. Se questo è vero, si deve supporre che la
pronuncia esatta venne col tempo dimenticata e sostituita con quella che
riproduce l'ordine in cui erano scritti i due elementi. La grandezza di questo
faraone quale costruttore di piramidi è stata a torto eclissata dalla fama del
padre, Khufu; in realtà non vi è gran differenza nell'altezza dei due
monumenti e nella superficie occupata, e anzi il secondo situato in posizione più
elevata figura maggiore del primo.
Il sarcofago spezzato di granito levigato è ancora al
suo posto nella camera sepolcrale, ma i ladri non vi hanno lasciato traccia del
corpo che lo occupava. La più saliente caratteristica del tempio funebre di
Chefren è data dalle gigantesche dimensioni dei blocchi di calcare impiegati, i
più grossi di qualsiasi altro monumento noto dell'Antico Egitto. A nord-est
nelle immediate vicinanze del tempio sorge la Sfinge, personificazione
dell'inviolato mistero e della recondita verità nella fantasia popolare di ogni
tempo. Secondo l'ipotesi più probabile, pare esser stata ricavata, per ordine
di Chefren, da un enorme blocco di roccia che sorgeva di fianco al passaggio
soprelevato, e modellata a immagine del faraone nel doppio aspetto di leone e di
uomo. Sul regno di Chefren le notizie non sono più abbondanti che su quello di
Cheope.
La tradizione tramandata da Erodoto, che fa di questi sovrani due tiranni empi e crudeli, è forse solo un'illazione dovuta alle immani fatiche da essi imposte ai disgraziati sudditi. L'accusa di empietà è smentita dai grossi blocchi di granito provenienti da Bubastis e recanti il loro nome che facevano evidentemente parte di un tempio.
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Un faraone dal breve regno, o forse due, separerebbe
Chefren da Micerino, se è esatta la cifra di diciotto (o ventotto?) anni a
questi assegnata dal Canone di Torino. A Micerino, o Menkaura, secondo una
pronuncia che meglio si accorda alla scrittura geroglifica, appartiene la terza
delle piramidi di Giza, una costruzione di dimensioni molto minori che avrebbe,
tuttavia, gareggiato in splendore con le sue gigantesche vicine se il progetto
di rivestirla per intero di granito rosso fosse stato portato a termine. Ma
l'opera rimase incompiuta, e i mattoni grezzi impiegati in buona parte del
corridoio soprelevato e del tempio in valle denunziano l'improvvisa morte del
titolare. Come avvenne non si sa, ne è possibile dire fin dove si possa credere
a Erodoto quando afferma che Micerino all'opposto dei suoi due grandi
predecessori fu sovrano benefico e pio.
Le scrupolose ricerche condotte da Reisner e dai suoi
assistenti nella zona della terza piramide furono compensate dal ritrovamento di
numerose e splendide statue, tra le quali il pezzo più bello è forse il gruppo
in ardesia che rappresenta a grandezza naturale Micerino e la moglie e che oggi
fa parte dei tesori del museo di Boston. Dopo Micerino le fortune della dinastia
decaddero rapidamente.
Nomi:
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Shepseskaf, Horo Shepseskhe |
Dinastia: |
IV (2630-2510 a.C.) |
Anni di regno:
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? [?-2510 a.C.] |
Collocazione storica:
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Antico Regno 2700-2200 a.C. |
Ultimo re della IV dinastia. Dopo Micerino le fortune
della dinastia decaddero rapidamente. La terza piramide fu terminata
frettolosamente e arredata all'interno da Shepseskaf, il solo altro re della IV
dinastia riconosciuto legittimo dai contemporanei e dalla Tavola di Abido,
sebbene l'elenco regale di Saqqara ne aggiunga altri tre i cui nomi sono andati
perduti rendendo impossibile il confronto con quelli dati da Manetone. Che
qualcosa di grave sia accaduto verso quest'epoca si può dedurre dal fatto che
Shepseskaf scelse per la sua ultima dimora la zona a sud di Saqqara e si fece
costruire non già una piramide, ma una tomba che, a parte le pareti inclinate,
ha la forma tipica dei sarcofagi di quel periodo con copertura a spioventi e le
terminazioni verticali. Questa tomba viene chiamata dalla gente del posto
Mastabat el-Faraun. Il fatto può essere considerato la prova che Shepseskaf non
fosse di stirpe reale, ma avesse acquisito il diritto al trono sposando la
figlia di Micerino, Khantkawes.
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