Anguillara
Sabazia non trae il nome dall'anguilla, come comunemente fa supporre il lago
ricca di pesca, bensì, secondo l'opinione storica più accreditata da una villa
romana, la villa "Angularia" di Rutilia Polla che sorgeva sulla
riva proprio dove lo specchio d'acqua, modellato dallo sperone del promontorio,
disegna un angolo.Sui resti di questa villa fu innalzato nel Medio Evo un
castello di vigilanza e successivamente nei pressi sorse il paese, fu aggiunto
nel 1872 l'appellativo di Sabazia, in ricordo proprio dell'antica città "Sabate",
situata forse, dove oggi sorge Trevignano e il lago era detto appunto Sabatinus.
Accanto al
moderno stabilimento idrominerale dell’Acqua Claudia, alle porte di Anguillara
Sabazia, sono ancora parzialmente visibili i resti di una villa romana di
notevoli dimensioni, risalente al I secolo a. C., riportati alla luce nel 1934.
Il complesso architettonico sorge su di
un pendio e si sviluppa su tre piani distinti strettamente collegati, il più
basso dei quali è costituito da una fronte ad emiciclo (la cui corda è di 87
m.) scandita da semicolonne che inquadrano finestre e nicchie con muratura a
testata tondeggiante. Al centro di
ogni nicchia si apriva nella parete una piccola finestra e al di sotto di essa
era inserito, in un foro del pavimento, un grande vaso fittile destinato
probabilmente a ricevere un getto d’acqua, come fa supporre il rivestimento
parietale delle nicchie.
L’ampia
esedra è fiancheggiata da due ambienti, ciascuno dei quali è formato da un
unico vano quadrangolare in cui è possibile riconoscere un ninfeo su due piani.
Al centro dell’emiciclo si apre una
porta che immette nel criptoportico a pianta curvilinea che doveva essere
coperto, a giudicare dallo scarso spessore delle murature, da travature lignee
con una serie di finestrelle per l’immissione della luce. Il
muro interno dell’ambulacro sosteneva il taglio del pendio e costituiva la
fondazione e la linea di raccordo dei muri degli ambienti sovrastanti. In asse
con la porta centrale dell’esedra si colloca, ed è in parte ancora
conservato, un vano cruciforme con volta a crociera anch’esso con destinazione
a ninfeo, le cui strutture vennero in seguito utilizzate come base per la
costruzione di un casale.
Il
complesso architettonico dell’Acqua Claudia, così come le mura di Santo
Stefano, importanti ville imperiali della zona lacustre, erano dunque entrambe
connesse con il passaggio dell’antico asse viario. Sembra anzi che il nome
stesso dell’Acqua Claudia derivi dalla suddetta via, anche se secondo alcuni
è da mettere in relazione con l’imperatore Claudio, vissuto fra il 10 a.C. ed
il 54 d.C.. Tutta la costruzione, ad eccezione del cisternone, è costruita in opus
reticulatum di selce, formato da blocchetti quadrangolari irregolari, con
l’impiego del laterizio limitato ai soli ricorsi di tegole nelle semicolonne
dell’edificio, nelle testate dei pilastri cui esse sono addossate e nei pochi
resti di elementi cilindrici delle colonne rinvenute nello scavo. Questa tecnica
costruttiva permette una datazione certa della villa che si fa risalire intorno
alla metà del I secolo a. C. (epoca tardo-repubblicana).
Dobbiamo dunque vedere nella villa di Anguillara uno dei più antichi monumenti in cui la linea curva viene impiegata in modo organico con una tale maestria e su scala così vasta da costituire l’elemento predominante del complesso architettonico, così come avverrà nei Mercati Traianei, nella Villa Adriana e nelle esedre termali. L’esedra dell’Acqua Claudia deve perciò essere considerata uno dei capisaldi nella storia dell’architettura curvilinea romana, da collocarsi cronologicamente nel periodo intermedio tra l’esedra dell’età sillana, che corona il santuario della Fortuna a Preneste, e gli emicicli che racchiudono i monumenti del Foro di Augusto a Roma.
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