Scoperta nel 1840, la tomba, uno dei più importanti monumenti dell’Etruria, fa parte della più vasta necropoli, detta del Palazzone.
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L’Ipogeo, scavato in profondità nel terreno e al quale si accede da una ripida scalinata, ripropone la struttura architettonica di una casa romana. Il nome della famiglia Velimna (Volumni in latino) è desumibile dalle iscrizioni poste sulle urne cinerarie e da quella sullo stipite della porta di accesso, che ricorda i fratelli Velimna, fondatori della tomba. |
Articolata in più ambienti, con il soffitto di quello centrale che imita un tetto in legname a due spioventi e altri a cassettoni con teste di Medusa scolpite, la tomba custodisce magnifiche urne cinerarie con teste di Medusa; quella di Arunte, notevolissima, consiste in un letto adorno di drappi, sul quale riposa il defunto nella tipica posizione recumbente. Ai lati del basamento, due demoni alati, dall'aspetto giovanile, vigilano la porta di accesso all'Ade raffigurata in pittura. La datazione del sepolcro è situabile tra la seconda metà del II e la metà del I sec. a. C.
Nell’ atrio di accesso all’ipogeo sono raccolte urne cinerarie provenienti dalla necropoli circostante. Tra gli altri ipogei perugini ricordiamo: la tomba etrusca di S. Manno (III sec. a.C.) in loc. Ferro di Cavallo; l’Ipogeo di Villa Sperandio (II sec.a.C). |
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