PERUGIA

       

 

La Storia

La denominazione etrusca di Perugia non è nota, quantunque, probabilmente, non dovrebbe essere stata troppo lontana dal nome latino, Perusia, come sembra indicare un gentilizio ex etnico etrusco attestato a Chiusi: Perstie. L'idea di un etr. Per(u)s- significante 'passaggio' (verso il territorio degli Umbri) potrebbe essere sostenuta dal recente riconoscimento di una radice verbale etr. per- 'attraversare', proprio nel testo del famoso "cippo di Perugia", ampliata con un altrimenti noto suffisso -us- (>-s-), forse impiegato per intensificare il significato o aggiungervi un'idea di movimento (cfr. ar-us- 'portar(si)'; ut-us- 'condurre' fel-us- 'andare in vendita'; mler-us- '<andare a bene>'). 

  Domcomplex      Kathedraal

 

La tradizione etrusca, trasmessaci da Servio nel suo commento all'Eneide, indicava il mitico fondatore di Perugia in Aulestes, padre o fratello di quell'Ocnus, preteso autore, a sua volta, delle fondazioni di Bologna e di Mantova. La figura di Ocno, collegata ad Auleste, può celare un nocciolo di verità nella vaga memoria dei nomi di personaggi che ebbero un ruolo importante nella grande colonizzazione etrusca della Valle Padana, cui dovettero certamente contribuire in modo diretto (anche se non esclusivo) i centri maggiori dell'Etruria settentrionale interna. La fonna neoetrusca *Aulste o *Auluste è ricavabile dai gentilizi Aul(u)stna / Aul(u)stni, portati da famiglie chiusine che probabilmente riconoscevano proprio nel re Auleste di Perugia il loro mitico progenitore. Un cenno di Giustino nella sua epitome delle Storie Filippiche di Pompeo Trogo pone addirittura degli Achei all'origine di Perugia (ma forse si tratta solo di un riferimento a presunti antenati greci di Auleste). Più compatibile con la realtà storica è la notizia, sempre di Servio, relativa a una fase di occupazione del centro da parte degli Umbri Sarsinates, poi (ri)cacciati dagli Etruschi. L'eventualità di penetrazioni storiche umbre o di espansioni etrusche in queste zone di confine è indiziata anche dalle possibili connessioni fra la tribù umbra dei Camertes e "l'altro nome" di Chiusi: Camarte (lat. Camars).

Nelle fonti letterarie, però, le prime indicazioni storiche attendibili circa Perugia risalgono solo alla fine del IV secolo a.C. Livio (Storia di Roma, 9,32), riferendosi al 311 a.C., afferma che «tutte le città dell'Etruria, eccezion fatta per gli Aretini, avevano preso le armi dando il via a una grande guerra con l'assedio di Sutri, città alleata dei Romani e, per così dire, chiave dell'Etruria». L'esito, disastroso per gli Etruschi, della fondamentale battaglia combattutasi l'anno seguente (310 a.C.), è descritto con queste parole (Livio, 9, 37): «i Romani li sbaragliarono e, quando furono allo sbando, presero ad inseguirli. (...) Quel giorno furono uccisi o catturati circa sessantamila nemici.

Secondo alcuni autori, questa gloriosa battaglia fu combattuta (invece che di fronte a Sutri) al di là della selva Ciminia, nei pressi di Perugia. Essi narrano anche che Roma fu invasa dal grande timore che l'esercito, tagliato fuori da Roma da una foresta tanto inaccessibile, fosse sopraffatto da Etruschi e Umbri, levatisi in armi da ogni parte. Ma qualunque sia stata la sede della battaglia, la potenza romana finì col prevalere. Da Perugia, da Cortona, da Arezzo, che a quel tempo erano le città che detenevano la supremazia fra gli Etruschi (ferme capita Etruriae populorum ea tempesta te erant), furono mandati ambasciatori a chiedere ai Romani pace e alleanza. Ottennero una tregua di trent'anni».

Panorama

Pare che nel 309 a.C. la tregua sia stata subito violata dagli Etruschi, le cui forze rimaste furono nuovamente e facilmente sbaragliate presso Perugia dal proconsole Quinto Fabio Massimo Rulliano che «fresco di vittoria (...) si avvicinò alle mura e avrebbe preso anche la città se non ne fossero usciti degli ambasciatori ad offrire la resa».

In quell'occasione a Perugia fu imposta una guarnigione romana. Altri scontri sono segnalati nell'anno reso famoso dalla battaglia di Sentino (295 a.C.): «negli stessi giorni il propretore Gneo Fulvio condusse la campagna sul territorio etrusco secondo i piani prestabiliti: non solo devastò i campi dei nemici causando loro ingentissimi danni, ma anche combatte con notevole successo, uccidendo più di tremila Perugini e Chiusini e catturando circa venti insegne militari». Queste battaglie, valutate come successi dagli annalisti romani, non erano comunque riuscite a piegare del tutto la resistenza etrusca, visto che poco tem po dopo, nello stesso anno, «per iniziativa dei Perugini» si riaccesero le ostilità. Quinto Fabio Massimo Rulliano, ancora a capo dei Romani, «uccise 4500 Perugini e ne catturò 1740 il cui riscatto costò 310 assi per ciascuno». Infine, nel 294, dopo un'altra battaglia sotto le mura di Volsinii (dove morirono 2800 Etruschi) e pesanti devastazioni nel territorio e nella città di Roselle, «tre fiorentissime città, capisaldi della federazione etrusca (validissimae urbes, Etruriae capita), Volsinii, Perugia e Arezzo, chiesero la pace. I loro maggiorenti pattuirono col console una certa quantità di vestiti e di rifornimenti, perchè fosse concesso di mandare a Roma degli ambasciatori i quali ottennero una tregua di quarant'anni.

Palazzo dei Priori

Ogni città dovette pagare, subito e in una sola rata, un'ammenda di cinquecentomila assi». Circa ottant'anni dopo, durante la guerra annibalica, Perugia è ormai un fedele alleato di Roma. Livio tramanda qualche particolare circa una coorte di 460 Perugini che nel 216 a.C. (poco dopo la battaglia di Canne) si unì al presidio romano di Casilino. Si sa che nel 205 a.C. Perugia si impegnò, con altre città etrusche, a procurare quantità di grano e di legname per la flotta di Scipione.

Successivamente (comunque non prima dell'89 a.C.) la città diventò municipio romano e fu integrata nella tribù Tromentina. Per sua sfortuna Perugia si trovò implicata nella guerra civile tra Marco Antonio e Ottaviano. Essendosi Lucio Antonio, fratello del triumviro Marco, rifugiato tra le mura dell'antica città, le truppe di Ottaviano posero l'assedio (41-40 a.C.). Lo storico Dione Cassio (Storia romana, 48, 14) descrive le fasi del bellum Perusinum fino all'espugnazione della città (40 a.C.): «intanto Lucio era partito da Roma e si era diretto verso la Gallia Cisalpina. Bloccato nel suo cammino, piegò verso la città etrusca di Perugia, ove fu assediato dapprima dai generali di Ottaviano e poi da Ottaviano stesso. L'assedio durò a lungo: la città aveva ottime difese naturali e inoltre erano state accumulate grosse provviste di viveri; (...) I soldati di Ottaviano ebbero coi nemici mol. te scaramucce isolate e molti scontri davanti alle mura; alla fine l'esercito di Lucio, benche molto superiore a quello di Ottaviano, dovette arrendersi per fame. Lo stesso Lucio e alcuni dei suoi sostenitori si salvarono, ma dei senatori e dei cavalieri la maggior parte furono uccisi. (...) La maggior parte degli uomini, perugini e di altri luoghi, colà catturati, furono uccisi e la città fu data alle fiamme, eccettuati il tempio di Vulcano e una statua di Giunone. (...) Per essa fu concesso, a coloro che lo avessero voluto, di ricostruire la città; ma non furono dati loro più di sette stadi e mezzo». Nei dintorni di Perugia sono stati trovati alcuni dei proiettili catapultati durante quel terribile assedio recanti scritte ingiuriose e oscene sia contro Lucio Antonio sia contro Ottaviano, i capi delle opposte schiere.

Porta Marzia       

Porta Marzia – veduta generale e particolare

 

Dopo la ricostruzione pare che la città abbia assunto la denominazione di Augusta Perusia, che ancora oggi si trova scritta sulle due porte più antiche e meglio conservate (l'Arco Etrusco e la Porta Marzia). La Perugia romana si estese al di là della cinta murarla etrusca. Nel 251 d.C., dopo che l'imperatore Decio fu sconfitto e ucciso in battaglia con il figlio Quinto Erennio Etrusco dai Goti, presso Abritto, i soldati sollevarono all'impero il generale Gaio Vibio Afinio Treboniano Gallo. Costui, già console nel 245 e governatore della Mesia Superiore e Inferiore nel 250, apparteneva a un'antica famiglia etrusca di Perugia, i Vibii (il gentilizio etr. Vipi si trova infatti ampiamente attestato nelle iscrizioni funerarie perugine). Forse in occasione della concessione di speciali privilegi alla città natale, questa accrebbe il suo nome con nuovi appellativi, che onoravano l'augusto concittadino: Colonia Vibia Augusta Perusia, che è poi la scritta completa leggibile sulla Porta Marzia. Treboniano Gallo fu comunque uno dei tanti effimeri imperatori di questo travagliato periodo della storia romana, noto come "dell'anarchia militare".

Infatti, non molto tempo dopo, nell'estate del 253, il generale Marco Emilio Emiliano, ottenuta una vittoria sul fronte gotico e acclamato imperatore dalle truppe, entrò in Italia, dove Treboniano Gallo e suo figlio Gaio Vibio Volusiano, nel frattempo associato all'impero, colti di sorpresa e non avendo un esercito sufficientemente grande per difendersi, furono uccisi dai loro stessi soldati, che subito giurarono fedeltà a Emiliano. Nel 547, durante la guerra gotico-bizantina, Perugia fu assediata e conquistata dal re goto Totila. Gregorio Magno (Dialoghi, 3, 13) asserisce che il vescovo Ercolano fu decapitato sulle mura della città e che tutto il popolo trovato entro la cinta venne passato a fil di spada.  

 

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