POPULONIA

   

 

Etruria Mineraria

 

Il litorale che si stende fra Piombino e Punta Ala è ben noto a tutti coloro che si interessano di metallurgia antica per l'ingentissima quantità di scorie, frutto di antiche lavorazioni, che è ancor oggi individuabile in più punti del territorio. Populonia in particolare e l'insenatura di Baratti, per la mole imponente delle attività che hanno ospitato, testimoniano con resti di importanza eccezionale dei processi produttivi di trasformazione dell'ematite. Le mineralizzazioni più rilevanti dell'Etruria costiera da cui tali lavorazioni trassero le materie prime si localizzano, come è noto, sull'Isola d'Elba, nel Campigliese, ed, in parte, nel Massetano: all'interno di questi limiti geografici gli Etruscologi riconoscono l''Etruria Mineraria', riferendosi in particolare all'esistenza di una vera e propria 'industria estrattiva e metallurgica in periodo etrusco'; anche altrove ovviamente vi furono lavorazioni di metalli per la fabbricazione di oggetti di vario genere, ma solo in questi comprensori è documentato l'intero ciclo produttivo.

Il ruolo di Populonia prima come emporio del rame  e poi,  a partire dal tardo Orientalizzante, come centro di produzione e commercializzazione del ferro, è indiziato dai rinvenimenti di semi lavorati ferrosi, frutto della lavorazione di ematite oligisto, rinvenuti a Phytecusa e datati all'VIII secolo a.C.. Ciò fa presumere una datazione analoga per il primo sfruttamento dei depositi minerari elbani, databile al tardo IX o agli inzi dell'VIII secolo a.C.; questo primo approccio segna l'avvio di un solido intreccio di interessi economici e commerciali fra l'isola e la città di Populonia, interessi che si andarono consolidando in particolar modo a partire dall'ultimo quarto del VII secolo a.C., in concomitanza con la fase di più intenso sviluppo del centro urbano. Oltre alle ingenti quantità di ematite elbana è ipotizzabile che giungessero alla città anche modesti quantitativi di rame e piombo estratti dalle mineralizzazioni del Massetano e del Campigliese, così come parrebbe evincersi dall'analisi delle scorie condotta su campioni prelevati dagli enormi depositi di Baratti. Questi depositi formatisi in conseguenza dello sviluppo massiccio delle attività siderurgiche nel corso del IV secolo, andarono ad interessare le aree extraurbane della città che ospitavano le necropoli e determinarono il loro spostamento verso zone più interne, mentre la fascia litoranea divenne area stabilmente deputata alla lavorazione del ferro. Tale area conobbe il massimo sviluppo fra IV e III secolo, e si estese dalla Porcareccia fino alla parte centrale del golfo di Baratti, giungendo a lambire i rilievi circostanti.

I forni  per il trattamento del minerale di ferro furono collocati sopra le collinette argillose dei più antichi tumuli della necropoli arcaica, così da sfruttare la naturale ventilazione utile al processo di produzione, oltre che per aiutare con la pendenza il flusso della scoria. Per la loro costruzione furono utilizzate le pietre in arenaria disponibili nella zona, molte delle quali presentano tracce di arrossamento per esposizione al calore; si può ritenere, anzi, che la grande disponibilità di questo materiale sia da considerare una delle cause dello spostamento della siderurgia elbana sulla costa, poichè la grande resistenza offerta dall'arenaria al calore e la sua tendenza ad una fusione superficiale la rendono ottimale per la costruzione dei piccoli impianti. Il minerale veniva disposto nei forni a strati alterni con carbone di legna, prevalentemente di quercia e pino; al termine del processo metallurgico si produceva una spugna di ferro a basso contenuto di carbonio, il 'blumo', che veniva poi trattato con processi di forgiatura per ottenere la definitiva espulsione della scoria. Per recuperare il blumo i forni venivano in gran parte distrutti al termine di ogni processo metallurgico; gli scavi alla Porcareccia del 1977-78 hanno restituito il fondo di uno di questi impianti, databile al VI secolo a.C., e costituito da un avvallamento semicircolare del terreno coperto di scorie e terra bruciata.

 

 

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