Kroton
Crotone venne fondata tra il 740 a.C. ed il 718 a.C., nel primo periodo della prima guerra Messenica, in una località posta tra la foce del fiume Esaro ed il promontorio Lacinio, sul quale più tardi fu eretto il tempio di Hera Lacinia, che fungeva da santuario, banca, agenzia di informazioni, centro di ristoro e riposo per i naviganti.. A fondare la città furono gli Achei, attratti da un sito incantevole e la sicurezza di potervi fare buona fortune. E' da ritenersi inesatta la notizia secondo la quale Kroton fosse stata fondata dagli Spartani, sotto il regno di Polidoro, e tanto meno dai Corinzi.
Circa la sua fondazione vi sono diverse leggende.
E' interessante ricordare, comunque, che codeste leggende ebbero, in gran parte, la loro consacrazione sulle monete della città, che sono sempre tra le più concrete e dirette testimonianze per la conoscenza del mondo antico.
Crotone, fondata dagli Achei, divenne una Polis, nella perfetta organizzazione di tutte le altre Polis greche, seguendo, in tutto, l'ordinamento e la tradizione delle istituzioni elleniche.
Il luogo di fondazione era costituito da un capo, che formava un doppio porto, pessimo indubbiamente, ma unico ricovero per le navi che viaggiavano da Taranto a Reggio e viceversa.La città nel VI sec. era molto nota per il clima salubre, per le fertili campagne, per la bellezza delle sue donne, per i suoi eccezionali medici, tra cui ricordiamo Democede , divenuto anche medico presso l'imperatore persiano Dario, e per i suoi fortissimi atleti, dei quali fu simbolo il pluri
-olimpionico Milone .Quando Pitagora vi pose piede, Crotone era una città-stato fra le più potenti della Magna Grecia. Il suo dominio si estendeva su tutta la fascia costiera che va da punta Alice sino al fiume Sagra (forse l’odierna fiumara del Torbido, nei pressi di Marina di Gioiosa Jonica), a nord del quale, a 15 km circa di distanza, fu dedotta la colonia di Caulonia, sembra ad opera di polìtai crotoniati; e forse provenivano da Crotone i fondatori della pòlis di Terina , situata sulla costa del mar Tirreno, a nord di Vibo Valentia.
La tendenza propria di tutte le poleis magno-greche all'espansione territoriale creava tra loro tensioni e rivalità. La città di Miscello viveva, perciò, in un stato permanente di guerra non dichiarata: a nord con la potente ed opulenta Sibari, a sud con la bellicosa Locri; proprio i Locresi, alcuni decenni prima dell'arrivo di Pitagora, avevano posto fine all'espansione crotoniate verso sud, sbaragliando sorprendentemente un numeroso esercito crotoniate in una epica battaglia presso il fiume Sagra .
Verso nord, Crotone si era unita a Sibari e Metaponto, nella guerra della Siritide per allontanare influenze greche dall'Italia meridionale. Da tale guerra ne uscì piuttosto rafforzata Sibari. Fu così che, verso il 520 a.C., sotto la spinta di Pitagora, Crotone mosse guerra alla città bagnata dal fiume Crati, per contrastarne l'espansione economica, distruggendola completamente e costringendone gli abitanti alla fuga nelle vicine colonie di Laos e di Scidro.
La venuta di Pitagora ha giovato alla prosperità dell'atletismo di Crotone. La dottrina del grande filosofo, per sé stessa, dovette dargli nuovo e vigoroso impulso, sia per la consistenza della sue filosofia, sia per la predicate armonia di essa, sia per l'impronta morale che la distingueva, diventando, per questo, apporto e fattore non trascurabile per la perfetta sanità del corpo e norma precise alla formazione dell'uomo tipico pitagorico " sano di mente e sano ai corpo ". In questa epoca, sorsero palestre per i pugilatori, tiratori della lancia e del disco e si ebbero appositi campi.
Le scarne informazioni storiografiche fanno supporre che Crotone, al pari di tutte le poleis del mondo ellenico, vivesse alla fine del VI sec. a.C. una vita politica intensa, caratterizzata da una endemica lotta di classe tra una oligarchia di grossi proprietari, detentori di una ricchezza sfacciata,ed una massa enorme di piccoli contadini poveri e di miserabili proletari, vittime di ineguaglianze ed ingiustizie alle quali tentavano di rimediare alcuni capi rivoluzionari chiamati spregiativamente 'demagogòi ', e cioè capipopolo.
Pitagora venne successivamente allontanato dalla città da Cilone e si rifugiò a Metaponto. Verso la metà del V secolo a.C. i pitagorici vennero annientati nella città. Crotone, poi, conobbe il dominio dei Brutii . Nel 277 a.C. divenne dominio romano e nel 203 a.C. passò ad Annibale, diventando un importante porto di collegamento con Cartagine.
COSA VISITARE
CROTONE
Centro storico
Fino agli inizi di questo secolo Crotone era ridotta a quello che è ora il
centro storico, cioè a quella parte della città che è compresa all'interno
delle mura, costruite nel XVI sec. per volere del Vicerè Don Pedro di Toledo.
Delle mura ora rimane qualche visibile testimonianza (il tratto meglio
conservato è a piazza Mercato).
L'acropoli era situata dove ora sorge il castello che domina il porto.
La città comunicava con la campagna circostante attraverso un ponte levatoio,
clic la sera veniva alzato con due grosse catene e la porta rimaneva chiusa
tutta la notte. Davanti c'era un largo e profondo fosso. Nel 1867 il sindaco
Raffaele Lucente fece demolire la porta centrale e il ponte di accesso e il
fossato fu riempito. La porta era larga circa due metri, vicino stavano
l'esattoria dei dazi comunali e il corpo di guardia nazionale (piazza Vittoria).
- Cattedrale di S. Dionigi: l'impianto originario risale con molta probabilità al IX secolo, ma i vari rifacimenti non consentono di datarla in modo certo. Oggi è comunque visibile una struttura del XV secolo. La facciata è in stile neoclassico con tre portali e campanile sulla destra. L'interno in stile neoclassico presenta tre navate asimmetriche. Dell'impianto originario rimane - nella navata destra - una conca battesimale in pietra con motivi zoomorfi medievali. Nella navata sinistra vi è la Cappella di S. Dionigi con la statua lignea del XVIII sec., a mezzo busto e testa recisa nelle proprie mani. La cattedrale conserva un quadro di grande valore artistico del XVIII sec. del pittore crotonese Nicola Lapiccola, che rappresenta Gesù di ritorno dalla visita ai dottori. Il pulpito monumentale in marmi policromi e bronzo, opera dell'architetto Farinelli, è del 1898. Nella navata destra vi è la Cappella della Madonna di Capocolonna, progettata dall'architetto Pier Paolo Farinelli nel 1898, e affrescata dal Severini. Ha una cancellata in bronzo dorato di stile barocco. In fondo alla cappella c'è il quadro della Madonna, la tavola bizantineggiante è l'unico esemplare in Calabria dove predomina il tipo della Madonna in trono o a mezzo busto. Famoso è il pellegrinaggio della Madonna da Crotone a Capocolonna che si svolge ogni anno nella seconda domenica di maggio e ogni sette anni è la festa grande (molti fedeli percorrono a piedi la strada fino al santuario di Capocolonna, ripetendo l'antica tradizione dei pellegrini che si recavano in pellegrinaggio a rendere omaggio alla dea Hera sul promontorio Lacinio). All'inizio della navata destra vi è un dipinto su tela di stile romano del secolo XVII che raffigura il martirio di S. Dionigi.
- Cinta muraria: aveva inizialmente cinque spontoni o baluardi ad angolo acuto che in onore del vicerè presero il nome di: Toledo (o dell'Immacolata dalla chiesa che sorge vicino), Don Pedro (o di S. Giuseppe dalla chiesa omonima), Marchese, Villafranca e Pedro Nigro. Furono aggiunti in seguito altri due spontoni, per rinforzare le mura della città: lo spontone "de Miranda", costruito durante il viceregno di Giovanni de Zuriga conte di Miranda (1586-1595), e bastione del fosso (1550), dove attualmente vi sorge la villa comunale. I bastioni furono demoliti in seguito alla costruzione della sottostante via Regina Margherita.
- Chiesa dell'immacolata: in stile barocco, presenta un'unica navata. Fu eretta nel 1738 sopra un modesto tempietto con una cripta sottostante, attualmente visitabile, dove sono ben conservati i teschi della confraternita. Posto a destra della navata si può ammirare un prezioso crocifisso ligneo del Seicento, proveniente dalla chiesa di S. Giuseppe. Il crocifisso presenta una singolare caratteristica: lo sguardo di Cristo è rivolto verso l'alto, a Dio, mentre generalmente i crocifissi ritraggono Cristo col capo chino, sofferente, ormai senza vita. Le pareti inoltre sono adornate con dipinti che ritraggono la vita della vergine (XVIII e XIX sec.).
- Chiesa di S. Giuseppe: edificio barocco con portale in arenaria locale, decorato a lesene e vari motivi ornamentali, con iscrizione del 1719.
- Chiesa di S. Chiara: È di fondazione cinquecentesca con decorazioni barocche del 1700. Fu sede delle monache Clarisse, poi il monastero fu occupato dai frati Domenicani e infine dai Padri minori Francescani. Nel 1971, durante i lavori di restauro fu scoperta una costruzione originalissima: una grande cisterna sotterranea a forma di cupola, destinata probabilmente a contenere l'acqua piovana che risalirebbe o all'VIII - IX sec., o all'epoca della costruzione del convento. La cisterna fu poi chiusa e adattata ad una suggestiva cappella in onore di S. Massimiliano Maria Kolbe, ucciso dai nazisti ad Auschwits in un bunker. Nella parte superiore della chiesa ci sono delle costruzioni in legno dette "matronei", balconcini dove le suore partecipavano alle funzioni religiose senza essere viste. Originale è l'organo a canne con ante dipinte e con intagli in legno, di scuola napoletana della fine del 1700.
Resti archeologici:
- Il castello di Carlo V domina l'acropoli. Come tutti i castelli medievali era
provvisto di un ponte levatoio, poi sostituito da uno in muratura. I lavori di
ammodernamento furono voluti da Carlo V, e poi realizzati concretamente nel 1541
da Don Pedro di Toledo, marchese di Villafranca, che cinse la città di una
poderosa cerchia di mura per difenderla dagli attacchi dei Turchi. Le mura e i
bastioni speronati ad angolo acuto consentivano di deviare i colpi dei cannoni
degli assalti nemici.
- Resti della cinta muraria sulla collina a sinistra dell'Esaro.
- Località Vigna Nuova: edificio a pianta rettangolare che potrebbe essere
identificato come un Heraion, per il rinvenimento di numerose catene e da piedi,
che riportano al ruolo di liberatrice assunto da Hera lacinia.
CAPOCOLONNA
EVIDENZE ARCHEOLOGICHE
Del tempio classico
(edificio A) rimane una colonna di ordine dorico, la penultima verso nord della
fronte orientale, alta circa 8,30 metri; il profilo del capitello è stato
attribuito dal Mertens al filone siceliota della prima metà del V sec. a.C., e
in particolare al tempio di Athena a Siracusa.
Resti di un poderoso muro o peribolo in opera quadrata e reticolata, di età
romano - repubblicana, delimitano l'area sacra (temenos).
Nel peribolo, sul lato ovest del tempio, vi era "la Grande Porta", che
costituiva l'unico accesso al santuario per via di terra (la via sacra).
Nell'edificio B, poco distante dal tempio classico, è stato rinvenuto un
basamento quadrato, probabile base di sostegno per il simulacro di Hera, o il
supporto di una "tavola per le offerte". Cli scavi hanno restituito
abbondante materiale votivo: vasetti miniaturistici, fasci di chiavi votive in
ferro, una piccola sfinge di bronzo.
In prossimità del basamento quadrato è stato rinvenuto un horos, un cippo di
confine arcaico in calcarenite, che doveva delimitare una primitiva area sacra
di grande importanza. Questo potrebbe essere il primo luogo di culto risalente
alla prima metà dell'VIII sec. a.C., abbandonato poi nel V sec. a.C. quando fu
costruito il tempio classico. Vicino al cippo è stato trovato il diadema d'oro,
datato intorno alla metà del VI sec. a.C. e che con ogni probabilità doveva
incoronare il simulacro dì Hera.
La leggenda racconta che
Annibale aveva visto una colonnina votiva d'oro nei pressi dell'altare; la fece
bucare temendo che all'interno fosse cava, e constatato che si trattava di oro
massiccio, se la portò via con sé. Durante la notte la dea gli apparve in
sogno minacciandolo che avrebbe perso anche l'unico occhio vedente se non avesse
ricollocato la colonnina al proprio posto. Così Annibale la restituì alla dea
e, per espiare la colpa, con l'oro rimasto di quando aveva fatto praticare il
buco, fece modellare una statuina a forma di giovenca e la collocò sopra la
colonnina.
Nel 173 a.C. il tempio subì un danno irreparabile: il console Fulvio FIacco si
impadronì di tutte le tegole marmoree per coprire il suo tempio della Fortuna a
Roma; le tegole furono poi riportate indietro, ma nessuno fu capace di
rimetterle al proprio posto.
Negli ultimi anni sono stati scavati altri importanti edifici pertinenti al
santuario:
- Il katagogion (edificio del IV sec. a.C. destinato ad ospitare i pellegrini
che si recavano in visita al santuario) e l'Hestiatorion (edificio del IV sec.
a.C. dove si tenevano i banchetti ufficiati), situati presso la Grande Porta,
rispettivamente a nord e a sud delta via Sacra.
- Un edificio termale di età tardo repubblicana che era decorato con pavimento
a mosaico.
- Due fornaci di età imperiale utilizzate per la cottura di laterizi.
- Una villa residenziale di età imperiale.
Accanto ai resti del Tempio si erge il santuario delta Madonna di Capo Colonna
del XVI sec., ma recenti scavi hanno restituito l'abside di una chiesa più
antica, poi distrutta e incendiata nel 1519 dai Turchi, che volevano
impadronirsi del quadro della Vergine.
STRONGOLI
EVIDENZE
ARCHEOLOGICHE
Localizzazione storico - geografica: l'antica Petelia era ubicata là dove ora sorge l'attuale abitato di Strongoli in località "Pianette", dove alle preesistenti tracce di epoca ellenistica si sovrappongono quelle di età romana. Petelia occupava una posizione strategica nell'area tra Crotone, Sibari e Taranto. I romani dopo l'assedio di Annibale riuscirono ad ottenere l'amicizia della città, la ricostruirono e l'elevarono a sede municipale.
Etimologia del nome: la parola Strongylos, di origine greca (da cui Strongoli) si deve alla forma rotonda del castello (strongylos in greco vuol dire rotondo).
Resti archeologici:
- nel centro storico sono ancora visibili reperti archeologici della città
romana: colonne e are in marmo.
- cinta muraria edificata con blocchi parallelepipedi.
- il castello (probabilmente normanno con rifacimenti dal 1200 al 1700) sorge
nel sito dove si ergeva l'acropoli dell'antica Petelia.
- Duomo (sec. XVI); interno a tre navate, con altare in marmi policromi del
1783. Conserva due piedistalli di epoca romana (II sec. a.C.) provenienti dal
foro di Petelia.
- Chiesa di S. Maria delle Grazie; barocca. L'interno è decorato con stucchi,
cornici e pavimenti in maioliche, altari in marmo policromo.
ISOLA CAPO RIZZUTO
AREA URBANA EVIDENZE ARCHEOLOGICHE
Provincia: Crotone
Etimologia del nome. Esistono ipotesi diverse, il nome potrebbe derivare: dal
termine latino volgare "asyla" che significa luogo sicuro e di difesa
dalle incursioni turche, oppure dalle costruzioni romane rurali dette "insule",
costruzioni isolate, destinate come magazzini per i prodotti dei campi.
Localizzazione storico geografica:
i ritrovamenti archeologici testimoniano la presenza di popolazioni sul
territorio di Isola Capo Rizzuto sin dal periodo neolitico.
La fondazione della città si deve ai popoli Iapigi, provenienti dall'Africa del
nord.
Tradizione mitologica: Secondo un'antica leggenda la città fu fondata da Astiochena, sorella di Priamo, scampata alla distruzione di Troia.
Resti archeologici:
- Cattedrale costruita tra il 1500 e il 1600 sulle fondamenta di un monastero
normanno dell'XI sec., fuori dalle mura. La facciata è barocca e risente degli
influssi spagnoli. L'interno a tre navate con altare maggiore in marmi policromi
del 1700.
Nella chiesa è conservata una pala d'altare di scuola bizantina databile al
XIII sec. che raffigura la Madonna greca (patrona della città). Secondo la
leggenda fu ritrovata in mare da un pastore e scampò alla distruzione
iconoclastica ordinata da Leone III.
- Chiesa di S. Marco, costruita nel 1549 dal feudatario Antonio Ricca. Ha un
portale in arenaria locale decorato con bassorilievi e motivi ornamentali.
Durante alcuni scavi sono stati rinvenuti resti di mura risalenti ad un periodo
precedente la costruzione del castello.
- Castello cinquecentesco con torri quadrilatere, angolate e speronate,
costruito da Antonio Ricca per difendere gli abitanti dalle popolazioni turche.
Capo Rizzuto/promontorio
Resti archeologici:
- Torre vecchia (XVI sec., ma il nucleo originario risale almeno due secoli
prima). È una torre cilindrica a base troncoconica e veniva utilizzata come
torre di avvistamento per le navi nemiche che frequentemente assalivano il
territorio.
- Fondazione circolare di una torre più grande e più antica di quella
esistente, costruita proprio sul luogo in cui è stata confermata l'esistenza di
un insediamento dell'età del bronzo. Il cedimento di questa torre ha portato
alla costruzione della seconda torre, distante un centinaio di metri, in una
posizione più interna e sicura del promontorio e che probabilmente ha origini
aragonesi, come il castello di Crotone.
LE CASTELLA
EVIDENZE ARCHEOLOGICHE
Localizzazione storico -
geografica: promontorio abitato fin dall'epoca protostorica.
La tradizione vuole che in questi luoghi sorgessero i famosi Castra Annibalis ma
tale ipotesi è stata dichiarata dagli studiosi priva di fondamento. Nel 1400 il
luogo era conosciuto come Torre della Castella o Castelli a Mare, e nel
Cinquecento questa località fu denominata Mura di Annibale. Il nucleo più
antico dell'edificio risale al XIII sec. fu in seguito ristrutturato dagli
Aragonesi ma l'aspetto definitivo si deve ad un intervento del 1521. Nel 1536 i
Turchi guidati dal pirata Barbarossa saccheggiarono tutta la costa da Reggio a
Terracina. Le Castella fu incendiata e molti furono i prigionieri; tra questi
Giovanni Dionigi Galeno fu venduto a Costantinopoli. Divenuto uomo di fatica del
sultano Giaser sposò sua figlia e abbracciò la fede musulmana, rinnegando il
suo paese. Da qui il nome di Ali Ulugh, detto Uccialì, che significa il
rinnegato. Nel 1562, costeggiando la Calabria Uccialì volle tornare al paese
natio ma la madre lo rifiutò e l'allontanò per sempre. Uccialì divenne
governatore di Algeri e poi di Tunisi.
Resti archeologici:
- Fortificazione greco - ellenistica e torre circolare.
- Castello aragonese (risale al XIII sec. e fu ampiamente ricostruito nel 1500,
da Andrea Carafa, conte di S. Severina e
dall'architetto Antonio Marchesi). Ha una cappella interna del 1535.
- Resti del Castra Annibalis, secondo la tradizione fatto edificare da Annibale
durante la seconda guerra punica.
- Resti della chiesa dell'Annunziata e del convento dei frati minori, soppresso
nel 1643.