VISHNUISMO
FILOSOFIA
Senza ombra di dubbio, la
Vaishnava è la tradizione spirituale più ricca di letteratura, di filosofia,
di religione e di straordinari momenti storici.
Il vaishnavismo è la dottrina
della devozione a Vishnu, il Dio Ultimo e Assoluto. La supremazia di Vishnu su
tutti gli altri dei del pantheon vedico è proclamato dai Veda stessi; è
infatti dai pori della Sua pelle che emanano gli universi materiali, da Lui
proviene Brahma, dal quale viene poi generato Shiva, ed è da una delle Sue
espansioni che scaturiscono poi tutti gli Avatara divini. Ma il fatto che
Vishnu sia la Persona Suprema non proibisce di provare un qualsiasi sentimento
di devozione, talvolta persino superiore, per una delle tante divinità di cui
i Veda parlano. Il sentimento è soggettivo e quindi si può essere devoti di
Shiva, di Brahma, di Indra, delle Shakti, di Varuna o di Ganesha, sempre che
si sia coscienti che il Dio Supremo è Vishnu. Om tad vishnu paramam padam,
afferma il Rig-Veda: nulla è più elevato che prendere rifugio ai Suoi piedi.
La dottrina della devozione a
Vishnu, la Vishnu-bhakti, è straordinariamente variegata e complessa, in
quanto Egli ama assumere un numero praticamente illimitato di aspetti. In
altre parole, Vishnu si espande in personalità diverse con le quali svolge
particolari funzioni. Basti leggere il Primo Canto della Srimad-Bhagavatam per
rendersene conto.
Si dice che Vishnu assuma soltanto
dieci forme (Dashavatara), ma questo è vero solo parzialmente. In realtà
quelle dieci sono solo alcune, da una certa prospettiva forse le principali,
ma certamente non le uniche. Infatti nelle Scritture è detto che "le Sue
incarnazioni sono tanto numerose quanto le onde dell'oceano". Tra i
Dashavatara troviamo i celeberrimi Krishna e Buddha; il primo in India è il
più celebre tra gli Avatara.
Perciò ognuno, in accordo ai
propri gusti spirituali, può scegliere di essere un devoto di Vishnu
(diventando così un Vaishnava) venerando una qualsiasi delle personalità
divine con le quali periodicamente Egli scende in questo universo materiale.
Così abbiamo devoti di Krishna, di Rama, di Nrishinga, di Kurma, di Varaha,
di Matsya e di tanti altri. Nel corso dei millenni queste tradizioni hanno
sviluppato una letteratura propria, generalmente molto vasta, una propria
dottrina, una particolare pratica devozionale spesso anche diversa dalle
altre, pur rimanendo tutte tradizioni Vaishnava. Si può così immaginare
quale vastità abbia l'argomento che andiamo a trattare.
L'accusa di politeismo che gli
studiosi occidentali muovono alle religioni di origine vedica scaturisce dalla
profonda ignoranza di questi, i quali forse non si sono mai accorti che nessun
testo vedico ha mai celebrato l'esistenza di diversi Dei Supremi. C'è un Dio
solo, tutti gli altri Gli sono subordinati. I Vaishnava venerano e amano forme
diverse dello stesso Dio, a seconda del loro sentimento naturale.
Generalmente nelle università
occidentali il vaishnavismo storico viene presentato come diviso in due
movimenti distinti: il Bhagavata e il Pancaratra. Tale divisione viene
presentata come una sorta di scissione ideologica interna. Ma anche questo non
è esatto. Infatti le Pancaratra sono particolari scritture che indicano i
canoni di comportamento a quei Vaishnava che provano una particolare
attrazione verso la vaidhi-bhakti (cioè la devozione caratterizzata dallo
spirito di sottomissione). A chi si sente attratto all'idea di Vishnu visto
come il Creatore di tutto, il Signore immenso e opulento, la Divinità dei
pianeti Vaikuntha, studieranno le Pancaratra e praticheranno le loro regole.
I Bhagavata, invece, amano quelle
scritture che indicano i modi grazie ai quali è possibile sviluppare la
raganuga-bhakti, cioè il servizio devozionale in un sentimento diverso,
certamente più intimo, in cui si può vedere Vishnu come amico, come amante,
come parente.
Dunque i Pancaratra accettano
Vishnu come origine di tutto e studiano in modo particolare il Vishnu Purana,
mentre i Bhagavata venerano Krishna come l'origine di ogni cosa, Vishnu
compreso. Questi ultimi accettano come massima autorità filosofica la
Bhagavad-gita e la Srimad-Bhagavatam.
In realtà, dal punto di vista
dottrinale, non c'è contesa tra di loro, ma una rapporto di compenetrazione
reciproca.
Procediamo ora a discutere i punti
salienti della filosofia Vaishnava.
Sistemi atei come il Karma-mimamsa
e il Sankhya-nirishvara considerano gli dei come esseri generati dal karma e
ritengono che il cosmo sia retto da una legge impersonale. I Vaishnava,
invece, in perfetta sintonia con il Vedanta, affermano che l'Essere Supremo
non può essere soggetto a nessuna legge.
Dio esiste, ed è Vishnu, o
Krishna. Per quanto riguarda la precisa identificazione di questo Essere
Supremo, se è l'uno o l'altro, alcuni sostengono che Krishna sia una delle
incarnazioni di Vishnu, mentre altri affermano il contrario, e cioè che il
Supremo sia Krishna e che Vishnu è una delle Sue espansioni plenarie. Dopo
discussioni che per la verità non sembrano ancora esaurite, pare certo che
tutte le scritture accettate come autentiche siano concordi nel sostenere la
seconda ipotesi (krsnas tu bhagavan svayam, isvara paramah krsna). Krishna è
dunque l'origine di tutto ciò che esiste, sia del mondo materiale che del
mondo spirituale. Una delle ragioni del suo "espandersi" in forme
secondarie (come per l'appunto Vishnu), è che Egli non vuole mai venire in
contatto con la Sua creazione materiale, per cui preferisce far assolvere ai
Suoi diversi e numerosi Avatara i compiti necessari al mantenimento degli
universi e alla salvezza delle anime cadute.
In accordo al Bhagavatam ci sono
sei tipi di Avatara.
Ora, cosa è Dio? E' personale o
impersonale? I Vaishnava si considerano i veri rappresentanti della filosofia
Vedanta, e non quella falsata di Shankara, bensì quella insegnata da Vyasa,
l'autore del Brahma-sutra (chiamato anche Vedanta-sutra).
Dio non è affatto impersonale,
bensì è una eterna Persona Trascendentale. L'energia impersonale (brahma-jyoti)
è una delle Sue tante energie e caratteristiche. Affermare che Krishna sia
una persona non significa affatto porgli dei limiti, al contrario lo
comporterebbe la negazione. L'idea dell'impersonalismo è alla base della
mayavada (o advaita-vada), teoria aspramente combattuta dai maestri Vaishnava
come Ramanuja, Madhva, Nimbarka, Caitanya, Bhaktivedanta Svami Prabhupada e da
tutti gli altri.
Quando i Veda dicono che Krishna
è una Individualità Unica, un Uno-Tutto, non vogliono intendere che Egli sia
un monolito energetico: al contrario la Sua personalità divina è
eccezionalmente variegata. Il Supremo Vishnu possiede numerose energie. Le tre
principali sono l'energia spirituale (con i quali crea il mondo spirituale),
l'energia materiale (con la quale genera il cosmo) e l'energia marginale (le
anime individuali).
Questa energia marginale è la
nostra culla. Noi siamo jiva, parti di Dio, della Sua energia. Come tali, la
nostra uguaglianza con il Supremo consiste in qualità, ma certamente non in
quantità. Poiché siamo fatti di natura divina, senza tuttavia essere Dio,
possiamo cadere vittime di maya, dell'energia inferiore; ciò a causa
dell'attrazione che subiamo nei confronti delle idee di potenza e di
indipendenza. Per questa ragione entriamo in diversi corpi materiali, nei
quali ci identifichiamo.
Il contatto con quegli elementi di
natura tanto diversa dalla nostra ci inebria di sensazioni, che proviamo
grazie ai sensi che continuamente "toccano" i rispettivi oggetti. E
l'anima tende a sprofondare sempre più nell'avidya, nell'ignoranza
esistenziale che ci porta a dimenticare chi veramente siamo e da dove
realmente veniamo.
Tutta quella pirotecnica serie di
azioni causa karma, cioè delle reazioni che generano ulteriori azioni, e così
via, in una ruota viziosa che sembra non poter avere mai fine. Tutto ciò fa sì
che vediamo costruirsi attorno a noi una coscienza di un certo tipo, che è
del tutto simile a una seconda personalità. Questo "falso senso di
essere" ci conduce in corpi sempre diversi, in accordo allo stato di
coscienza che abbiamo al momento della morte di un particolare corpo. Ci
ritroviamo di nuovo in un altro anello della ruota chiamata samsara, il ciclo
delle nascite e delle morti, per cui mai cessiamo di prendere nuovi involucri
fisici nelle numerose specie viventi.
La sofferenza che si prova in una
vita fatta di dimenticanza di Dio e a contatto con una natura opposta alla
nostra, è difficilmente descrivibile. E, per la maggior parte dei casi, è
proprio questo disagio che, a un certo momento, ci porta a desiderare di
conoscere ciò che è sempre stato nostro ma che abbiamo dimenticato. Questo
anelito è percepito da Paramatma, una delle forme di Vishnu presente nel
nostro cuore, che ci ha accompagnato nel tragico viaggio lungo le vie del
mondo materiale. Lui ci suggerisce di andare alla ricerca della Verità.
Questa voce interiore ci conduce a cercare qualcuno in grado di illuminarci,
di dirci come stanno veramente le cose. Chi è sincero e determinato nella sua
ricerca trova un vero Vaishnava, un maestro spirituale autentico (un guru), il
quale ci dà tutte le istruzioni necessarie per percorrere la strada che
conduce alla perfezione.
Due sono i doni fondamentali che
il guru offre: diksha e shiksha. Il primo è l'iniziazione formale, in cui il
discepolo viene ufficialmente ammesso nella tradizione spirituale (sampradaya).
Il secondo è la conoscenza, l'educazione alla teoria, che non è solo
strumentale ma anche un elemento di purificazione sostanziale.
I principi basilari della
disciplina Vaishnava possono essere divisi in ciò che deve essere fatto (le
ingiunzioni positive, le vidhi) e ciò che non deve essere fatto (le
proibizioni, le nisheda). I primi riguardano elementi come la recitazione dei
mantra, l'adorazione delle Murti, la venerazione e l'obbedienza al maestro
spirituale, il vivere in luoghi sacri (siano essi in India, come Vrindavana o
Mayapura, ma anche dovunque si svolgano attività di natura spirituale). Un
verso importante della Srimad-Bhagavatam (7.5.23 e 24) afferma:
"Prahlada Maharaja disse: (1)
Ascoltare e (2) cantare del Santo Nome, della forma, delle qualità, di tutto
ciò che Lo circonda, dei divertimenti trascendentali del Signore Vishnu, (3)
ricordarli, (4) servire i piedi di loto, (5) offrire al Signore adorazione
rispettosa usando sedici tipi di strumenti, (6) offrire preghiere al signore,
(7) diventare i Suoi servitori, (8) considerarlo come il proprio migliore
amico e (9) sottomettere ogni cosa a Lui (e cioè servirlo con tutto il
proprio corpo, la mente e le parole), questi nove processi sono accettati come
puro servizio devozionale.
Chi ha dedicato la sua vita al
servizio di Krishna e che sempre si impegna in queste nove discipline
devozionali è la persona più erudita, perché (grazie ad esse) acquisisce
conoscenza completa."
Per quanto riguarda le
proibizioni, anche queste sono numerose. Le principali riguardano il mangiare
la carne (il pesce compreso), le uova, le sostanze intossicanti e la vita
sessuale sregolata. Si dovrebbe anche evitare di intrattenere stretta compagni
con persone materialistiche, parlare di futilità, mangiare cibo non offerto
in sacrificio a Vishnu. Ma fra le tante discipline spirituali spicca la
meditazione sul Santo Nome di Krishna (il famoso mantra Hare Krishna). Secondo
Sri Caitanya nulla è tanto importante quanto cantare il mantra.
In questo modo, il devoto purifica
il proprio cuore da ogni attaccamento alla materia e ricomincia ad avvertire
il fascino così naturale nei confronti del Signore Supremo, Sri Krishna. A
seconda del tipo di relazione (rasa) che fa parte della sua natura, riprende a
servire il Signore nel modo che gli è eternamente congeniale e spontaneo.
Alla fine della vita ritorna nei pianeti spirituali, dove per l'eternità gode
di una vita eterna, caratterizzata da una piena conoscenza e beatitudine (sat-cit-ananda).
Siamo coscienti che queste poche
parole certamente non rendono piena giustizia alla vastità e alla bellezza
della filosofia Vaishnava, ma siamo fiduciosi che tutti ne avranno compreso la
profondità e la purezza.
LE BASI
Bhagavad-gita e Srimad-Bhagavatam
Le basi scritturali del vaishnavismo sono la Bhagavad-gita e la
Srimad-Bhagavatam, ma certamente ce ne sono di altrettanto importanti. Per
cominciare menzioniamo i Purana, molti dei quali parlano in modo completo di
Krishna e di Vishnu. Tra questi, il Padma Purana e il Vishnu Purana sono
probabilmente i più importanti. Il primo descrive maggiormente la personalità
e le attività di Krishna, mentre nel secondo si mette in maggiore rilievo
l'importanza e la personalità di Vishnu.
Vanno ricordate anche la
Brahma-samhita, il Maha-bharata (di cui la Bhagavad-gita è un capitolo) e il
Ramayana. Ma i testi Vaishnava sono così numerosi che è difficile poterli
qui ricordare tutti. Della Bhagavad-gita abbiamo già parlato nel capitolo
dedicato al Vedanta, per cui qui ora tratteremo della Srimad-Bhagavatam.
Considerato il diciannovesimo
Purana, è un lavoro indubbiamente notevole, essendo costituito da ben 18.000
versi sanscriti. Si comprenda quanto sia difficile per noi riassumere in poche
parole una tale vastità di argomenti filosofici, storici e di cultura
spirituale.
Posto per iscritto da Krishna
Dvaipayana Vyasa, in seguito viene ripetuto dal figlio Shukadeva sulle rive
del Gange al morituro re Parikshit. Tra il pubblico di saggi e persone pie si
trova anche il celebre Rishi Suta Gosvami, il quale poi avrebbe ripetuto lo
stesso messaggio ai saggi della foresta di Naimisha. E il racconto inizia
proprio con l'arrivo di Suta nella celebre foresta.
Dopo aver offerto rispettosi
omaggi a Krishna, che è il Dio Supremo, Vyasa spiega la natura del libro
usando queste parole:
"Questo Bhagavata Purana
propone la verità più alta, che può essere compresa solo da quei devoti che
hanno il cuore puro... questo meraviglioso Purana, compilato da Sri Vyasadeva,
può da solo conferire la realizzazione di Dio. Appena uno ascolta in modo
attento e sottomesso il messaggio contenuto nel Bhagavatam, diventa attaccato
al Signore Supremo." (Srimad-Bhagavatam 1.1.2)
Il terzo verso continua
affermando:
"Questo Srimad-Bhagavatam è
il frutto maturo dell'albero della letteratura vedica. Proviene dalla labbra
di Sri Shukadeva Gosvami e per questa ragione il frutto di già così nettareo
è gustato ancora di più dalle anime liberate."
Poi va avanti a raccontare le
circostanze che hanno portato alla narrazione di questo splendido gioiello
letterario. E' anche chiamato il Purana immacolato, in quanto non tratta di
altro che delle attività di Dio, delle Sue incarnazioni e dei Suoi devoti più
puri. Dunque, nulla che non sia perfettamente trascendentale è descritto in
questo testo.
Ma vediamo gli argomenti
principali. Secondo lo Srimad-Bhagava-tam stesso (2.10. versi 1 e 2), i
soggetti affrontati sono dieci:
1. la creazione generale, cioè la
descrizione particolareggiata degli ingredienti che compongono il cosmo e dei
meccanismi che portano alla sua genesi,
2. la creazione secondaria, quella condotta da Brahma, una volta che ne
ottiene le capacità,
3. come Vishnu mantiene l'universo
4. il favore speciale che il Signore usa nei confronti dei Suoi devoti,
5. l'impeto per la creazione,
6. i principi regolatori necessari a dare la liberazione dalla materia,
che è la perfezione dell'esistenza umana,
7. tutte le informazioni riguardanti la Suprema Personalità di Dio, le
Sue incarnazioni e le attività dei Suoi devoti,
8. la dissoluzione degli universi materiali,
9. la liberazione delle anime condizionate
10. la trascendenza, o tutto ciò che riguarda i mondi spirituali.
Prima di concludere questa sezione
purtroppo breve che riguarda la filosofia Vaishnava, ricordiamo che i devoti
di Krishna danno un'importanza del tutto particolare al Decimo Canto del
Bhagavatam, nel quale viene descritto in ogni particolare la vita e gli
insegnamenti del Signore.
Passiamo ora a vedere le teorie
dei principali Vaishnava della storia. Va premesso che mai come nel caso del
vaishnavismo le testi variano di così poco. Le differenze sono sulle enfasi e
non nei contenuti di fondo. Qualcuno può aver enfatizzato la differenziazione
della materia e dello spirito (tesi dvaita di Madhva), mentre un altro può
aver dare importanza maggiore all'a-dorazione di una particolare divinità
piuttosto che a un'altra, ma in definitiva tutti accettano Vishnu o Krishna
come Dio e che l'unico modo per realizzare la perfezione somma sta nel
servirlo con amore e devozione.
VYASADEVA
Non si può trattare di vaishnavismo e neanche di letteratura vedica se
non si parla del più fulgido intelletto che la storia dell'umanità abbia mai
avuto: Sri Vyasadeva. Figlio del saggio Parashara e di Satyavati (colei che
avrebbe poi dato due figli al celebre re Shantanu), Vyasa è una figura
fondamentale e i momenti salienti della sua vita vengono narrati in una delle
sue stesse opere, il Maha-bharata. Chi desidera conoscere meglio la figura di
questo potente saggio deve leggere questo libro.
Prima della sua venuta nessuna
scrittura veniva messa per iscritto. Fu lui a inaugurare il sistema di
assicurare la conoscenza in questo modo, osservando con occhi profetici quanto
la gente di Kali-yuga (la nostra era, quella più degradata) avrebbe perso le
sue naturali facoltà mnemoniche. Dando un ordine e una forma a una conoscenza
che discendeva da millenni prima di lui, trascrisse i quattro Veda, i Purana,
le Upanishad e compilò la sconfinata epica chiamata Maha-bharata. Ma questi
non sono i soli testi che preservò da una sicura distruzione. Vyasadeva fu un
perfetto commentatore di tutto lo scibile umano e divino. La parte filosofica
è trattata nel Vedanta-sutra, l'opera filosofica più discussa della storia
del pensiero indiano.
Per gli ignoranti la sua vita è
pura leggenda, ma non possono esibirne le prove. Se non altro i Vaishnava
hanno dalla loro le parole delle scritture le quali, tra le altre
informazioni, dicono che egli sia ancora vivo sulle Himalaya, ancora impegnato
a mettere per iscritto un sapere che proviene dai mondi trascendentali.
Le sue tesi sono indiscutibilmente
di stampo Vaishnava: per nulla si discostano dalle tesi promosse dai devoti di
Krishna. Avvalora questa tesi il fatto che il testo basilare di questa
tradizione è lo Srimad-Bhagavatam, che Vyasadeva ha definito "il frutto
maturo dell'albero dei Veda". Infatti egli stesso non si dichiarava
soddisfatto del mastodontico lavoro che aveva fin lì svolto, organizzando i
Veda, i Purana e le Upanishad. Il suo maestro, Narada, gliene spiegò le
ragioni (ci si riferisca al libro Bhakti-yoga, dello stesso autore). A ragione
dunque i Vaishnava affermano che tutta la conoscenza vedica o, per meglio
dire, il suo siddhanta, le sue conclusioni più corrette, si possono trovare
nel Bhagavata.
Qualcuno potrebbe obiettare: se
Vyasa avesse voluto indicare Krishna come il Dio supremo, non avrebbe potuto
essere più esplicito? Perché ha poi scritto il Vedanta-sutra, dove forse si
arriva alle stesse conclusioni (come hanno dimostrato i maestri Vaishnava come
Madhva, Ramanuja e Baladeva Vidyabhushana) ma attraverso sentieri
interpretativi molto tortuosi? Il Bhagavatam e il Vedanta-sutra sembrano
provenire da autori diversi, tanto il loro stile differisce. La risposta è
che ogni maestro insegna non per se stesso ma per una platea, e il suo scopo
è condurre verso le medesime conclusioni differenti tipi di persone, che
necessitano linguaggi e tipi di approccio diversi. Questa è la ragione per la
tanta differenza esistente tra i testi vedici.
RAMANUJA
Di famiglia brahminica, visse a Kanci e a Srirangam in un periodo che
va dal 1017 al 1137 circa. La sua lingua era il tamil. Fin da piccolo visse in
un ambiente dove si respirava un'intensa atmosfera di fede per Vishnu. Imparò
un tipo di dottrina che tendeva ad unire in una sintesi il Vedanta, le
Upanishad, il Vishnu Purana e i testi Pancaratra, dove si parla dell'amore per
Vishnu secondo il sentimento di vaidhi-bhakti.
Il suo maestro spirituale fu
Yamunacarya, il quale era stato un importante imperatore indiano che poi,
disgustato dai piaceri materiali, aveva abbandonato la vita mondana per darsi
all'ascesi. Faceva parte della Sri-sampradaya. Come continuatore dell'opera
del maestro, egli si impegnò in modo particolare a combattere la filosofia
impersonalistica di Shankara e a questo scopo scrisse ottimi commenti sui
Brahma-sutra e sulla Bhagavad-gita.
La sua dottrina rispecchia appieno
la filosofia Vaishnava. Il termine tecnico con il quale veniva designata era
vishistad-vaita, cioè un monismo dal punto di vista della qualità. E' vero,
dice Ramanuja, che esiste un solo ente che è al di là di tutto, ma allo
stesso tempo c'è anche il "differente", che è Sua energia, e cioè
le anime individuali e la materia. Tutte queste ultime sono delle qualità (vishesha)
divine. Per questa ragione tutto è dipendente da Dio. Le qualità in un certo
senso sono uguali alla loro origine, ma allo stesso tempo sono distinte,
proprio perché particelle.
Dunque la molteplicità non è
affatto illusoria come dice Shankara, ma è reale, in quanto è modo o realtà
(prakara) di Dio. Questo vale sia per le anime individuali che per la natura
materiale.
Dio è sicuramente una persona ed
è attraverso le Sue energie che riesce a compenetrare tutto. La salvezza
suprema si ottiene solo grazie alla bhakti, cioè al servizio devozionale
offerto a Vishnu, riconosciuto come la Persona Suprema. Grazie a questa
pratica è possibile ritrovare il corpo spirituale originale e godere di
eterna beatitudine.
Il Ramanujiya (il movimento
spirituale inaugurato dal maestro Ramanuja, organizzazione ancora viva e
attiva nel sud dell'India), ha due punti di vista che talvolta si compenetrano
e altre volte invece causano dei veri conflitti. I rappresentanti di queste
due opinioni si chiamano vadakalai e tenkalai. I primi (vadakalai significa
via della scimmia) affermano che per ottenere la liberazione il discepolo deve
partecipare attivamente, come la scimmietta che si aggrappa al collo della
madre ma che deve tenersi ben stretta. I secondi (tenkalai vuol dire via della
gatta) insegnano che è Dio che si prende cura dell'anima inerme, senza che
egli debba fare nulla, come la gatta prende nella sua bocca il cucciolo senza
che esso debba fare alcunché. Questo tipo di abbandono è particolarmente
consigliato per le classi inferiori della società, che non hanno capacità di
impegnarsi in complessi sacrifici vedici. A questi viene consigliata la
prapatti (l'abbandono con fede).
MADHVA
Le date della vita di Madhva (conosciuto anche coi nomi di Purnaprajna
e Anandatirtha), sono alquanto incerte. Alcuni dicono che visse dal 1199 al
1278, altri invece affermano che nacque nel 1239 e che morì nel 1319.
Noi crediamo che la seconda datazione sia quella corretta.
Visse principalmente a Udupi,
importante città del Karnataka, nel sud dell'India. Il suo maestro iniziatore
era un seguace di Shankara, per cui quando lo sentì spiegare il Bhagavatam
secondo l'ottica mayavada se ne distaccò e partì per un lungo viaggio. A
Badarikashrama incontrò Vyasadeva, dal quale ottenne le istruzioni per dare
un senso (da lui giudicato corretto) alla filosofia vedanta. Scrisse
trentasette opere, tra le quali dei commenti a varie Upanishad, al
Maha-bharata, al Bhagavata Purana e al Vedanta-sutra.
Il sistema filosofico da lui
proposto si chiama Dvaita, della dualità. In esso enfatizza in modo
particolare il concetto di divisione reale tra Dio e l'anima, tra anima e
anima, tra materia e spirito. Questo tipo di dualismo mirava a continuare
l'opera di demolizione delle teorie shankarite che prima di lui Ramanuja aveva
avviata.
Per il maestro ci sono tre entità
che agiscono per determinare il divenire cosmico: Dio, la jiva e la materia.
Tutte queste sono differenti l'una dall'altra. Ma solo Vishnu è autonomo,
mentre tutto il resto Gli è dipendente. Madhva riprende la teoria per cui ci
sono jiva liberate e non liberate e ripropone la bhakti come il processo di
purificazione più valido.
NIMBARKA
La devozione a Krishna era per Nimbarka la cosa più importante, la sua
vita stessa, tanto che si spostò dal suo paese natale nel sud dell'India (Mungera-patana)
e andò a vivere a Vrindavana. Egli fondò un importante movimento spirituale
che era il ramo autentico della Kumara-sampradaya. Ai suoi tempi si diffuse
enormemente, ma dopo la sua morte tutto cominciò a declinare. L'epoca esatta
in cui visse è incerta.
Tra i tanti lavori che scrisse, si
ricordano un breve commento ai Brahma-sutra (l'opera si chiama
Parijata-bhashya o Vedanta-parijata-saurabha-bhashya) e un poemetto in dieci
strofe, chiamato Dashashloki, che riassumeva i punti principali della sua
dottrina. I più importanti commentatori di Nimbarka sono Srinivasa (14
secolo), suo diretto discepolo e Keshava Kashmir (16 secolo), divenuto famoso
fra i Gaudiya-Vaishnava per aver incontrato direttamente Sri Caitanya ed
esserne stato sconfitto in una contesa filosofica.
La dottrina di Nimbarka è
definita Bhedabheda (differenziazione indifferenziata) o anche Dvaitadvaita
(dualità non-duale), che sta ad intendere che tutto è uguale al Signore nel
senso che tutto e tutti proviene da Lui; ma credere che ogni cosa possa
diventare uguale a Krishna è sbagliato. Lui è Brahman stesso, e non
un'incarnazione. Krishna è la Suprema Personalità di Dio in Persona. Radha
è la sua compagna eterna, anche se nel Bhagavatam non viene menzionata se non
in rare occasioni.
VISHNUSVAMI
Nasce a Pandya, nel sud dell'India. Purtroppo di lui si sa poco. Egli
era un discendente spirituale della Rudra-sampradaya e scrisse un famoso
commento al Vedanta-sutra chiamato Sarvajna-bhashya. Tra i suoi discendenti
spirituali più famosi ricordiamo Sridhara Svami, che scrisse un commento allo
Srimad-Bhagavatam tenuto in grande considerazione dai Vaishnava di tutte le
sampradaya e Bilvamangala Thakur, divenuto celebre per essere riuscito a
distaccarsi dalle gioie della materia grazie agli insegnamenti della
prostituta con la quale di tanto in tanto si accompagnava. Costui, per non
correre il rischio di rimanere ancora affascinato alle forme del mondo, si
tolse la vista. Celeberrimo è anche l'acarya Vallabha, di cui andremo a
parlare fra breve.
Il sistema filosofico di
Vishnusvami è detto Shuddhadvaita.
VALLABHA
Grande erudito e devoto di Bala-Krishna (Krishna-bambino), come la
maggior parte dei maestri Vaishnava, nasce nel 1479 nel sud dell'India, in un
posto chiamato Trailanga; muore all'età di 52 anni. Ma sia sulla data che sul
paese di nascita esistono differenti opinioni.
Da giovane si trasferisce a
Varanasi (Benares) e lì per undici anni frequenta una scuola. Poi prende a
viaggiare, impegnandosi sempre (e con esiti puntualmente positivi) in
discussioni riguardanti le conclusioni delle scritture. Infine si stabilisce a
Adaila, vicino Prayaga (Allahbad).
Celebri sono divenuti i suoi
incontri a Prayaga e a Jagannath Puri con Sri Caitanya, che ammirava
profondamente. Caitanya Mahaprab-hu, fondatore del Vaishnavismo Gaudiya,
teneva Vallabha in grande considerazione e lo rispettava molto, anche se in
diverse circostanze ha dovuto riprenderlo con vigore. Questi, infatti, era
diventato troppo fiero della sua erudizione, tanto che giunse a dichiarare
pubblicamente che il suo commento allo Srimad-Bhagavatam (il Subhodini-tika)
era superiore a quello di Sridhara, suo predecessore nella linea di
Vishnusvami. Ciò è contrario ai principi di umiltà e di rispetto nei
confronti dei superiori, per cui gli costò la momentanea emarginazione dalla
compagnia dei devoti. L'incidente venne appianato da Caitanya stesso, che lo
ricondusse sulla retta via dell'etica Vaishnava. E' detto nella
Caitanya-Caritamrita che, dopo quell'incidente, Vallabha accettò come maestro
spirituale Gadadhara Pandita, un seguace di Caitanya. Vallabhacarya era un
grande devoto di Krishna e fondò un movimento devozionale ancora vivo e
palpitante. Come la maggior parte dei maestri Vaishnava, scrisse molto; tra
gli altri ricordiamo il commento al Brahma-sutra chiamato Anu-bhashya. E anche
i suoi discendenti hanno lasciato un vasto tesoro di conoscenza spirituale. La
sua scuola, infatti, divenne famosa per aver lanciato un forte fervore
letterario in lingue diverse, quali il sanscrito, l'hindi e il gujarati. Il
movimento di Vallabha è nella linea di Vishnusvami e quindi è parte della
Rudra-sampradaya.
Il termine tecnico col quale viene
designata la dottrina del maestro è Shuddhadvaita-mata, cioè puro monismo,
in quanto afferma che Brahma, la Persona Trascendentale, non è mai
"toccato" da maya. Questo Brahma è Krishna, l'incarnazione divina
apparsa a Mathura. Anche per lui il mondo materiale è una trasformazione di
Dio, il quale si manifesta in tre forme, che sono Brahman (l'energia
spirituale onnipervadente e impersonale), Paramatma (il Dio che ci accompagna
in questo mondo) e Bhagavan (la Persona Suprema, origine di ogni cosa).
Tutto va messo al Suo servizio:
questa è la bhakti, il servizio devozionale, metodo che conduce alla più
alta perfezione. Questa Meta Ultima è il raggiungimento di Goloka, il pianeta
trascendentale dove Krishna vive per l'eternità. Vallabha chiamava questo
sentiero Pushti-marga, la via della devozione.
CAITANYA
Sri Krishna Caitanya nacque nel 1485 a Mayapur (una frazione di
Navadvipa) e scomparve da questo mondo nel 1533.
Il Suo paese natale, a quel tempo,
era divenuta la fucina della logica, un rimodernamento dell'antico Nyaya di
Gautama Muni. In questo ambiente di grandi dibattiti filosofici, a
ventiquattro anni accettò l'ordine di rinuncia (sannyasa) e per otto anni
viaggiò per tutta l'India, predicando la Krishna-bhakti. I rimanenti diciotto
anni li trascorre a Jagannath Puri, una delle più importanti città dell'Orissa,
nell'India orientale.
Numerosissimi furono i suoi
seguaci, che lo riconoscevano non solo come un grande maestro, ma come Dio
stesso, una delle più importanti incarnazioni di Krishna. E non solo ai Suoi
tempi, ma anche oggigiorno gli insegnamenti del Mahaprabhu hanno segnato in
modo indelebile il corso del pensiero spiritualistico dell'India e del mondo
intero. Infatti Caitanya avrebbe sempre avuto una importanza fondamentale nel
vaishnavismo di tutti i tempi.
Egli non ha scritto praticamente
nulla, ma lo hanno fatto in modo abbondante i suoi discepoli, tra i quali i più
importanti sono Rupa, Sanatana, Jiva, Svarupa Damodara e Ramananda Raya. Ma i
Suoi studenti sono stati così tanti e tale importanza avrebbero avuto nella
storia del vaishnavismo che è un peccato non poterli nominare tutti.
La filosofia di Caitanya è
chiamata acintya bhedabheda-tattva, ed è un perfezionamento della dottrina di
Nimbarka. Nella predica contro le dottrine mayavada, buddhista e tutte quelle
correnti pseudo-Vaishnava che non seguivano strettamente i dettami degli
acarya precedenti, Egli si infervorava in modo particolare. La sua ortodossia
era strettissima.
Grandissimo erudito, si incontrò
e sconfisse in pubblici dibattiti moltissimi studiosi, fra i quali ricordiamo
Keshava Kashmiri (della Nimbarka Sampradaya) e Sarvabhuma Bhattacarya (della
Shankara-sampradaya).
Egli non si discostava per nulla
dalle basi della dottrina Vaishnava, ma il suo sentimento di adorazione per
Krishna era speciale. Il tipo e l'intensità di amore per Dio che egli provava
era eccezionalmente profondo, tecnicamente chiamato maha-bhava. Ad eccezione
di Madhavendra Puri, nessun altro maestro prima di lui aveva mai mostrato tali
sintomi di estasi, né si era avventurato ad affrontare argomenti di tale
profondità.
Va aggiunto anche che la Sua
predica era particolarmente efficace, anche grazie a un esempio di vita
perfetto, che gli valse una tale popolarità come mai era avvenuto nella
storia. Nella tradizione dei devoti di Krishna, Caitanya occupa di certo una
posizione preminente.
VAISHNAVISMO MODERNO IN OCCIDENTE
Non solo il vaishnavismo esiste ancora, ma è vivo e attivo anche in
occidente, sotto forma di organizzazioni spirituali di varia natura. Il più
celebre e autentico di tutti è il Movimento Hare Krishna, fondato da
Bhaktivedanta Svami Prabhupada, un discepolo di Bhaktisiddhanta Sarasvati.
Certamente rappresenta in modo straordinariamente fedele quel vaishnavismo
ortodosso che fu fondato da Vyasa e continuato da Ramanuja, da Madhva, da
Caitanya e da Baladeva Vidyabhushana.
I primi cenni del travaso
culturale li abbiamo nei primi anni del nostro secolo, con un testo in lingua
inglese di Bhaktivinoda Thakura, (Sri Caitanya Mahaprabhu: His Life and
Precepts). Egli era un importante magistrato originario del Bengala e grande
devoto di Krishna. Spinto dal desiderio di far conoscere il Signore e la sua
filosofia agli occidentali, spedì uno dei suoi libri all'università di
McGill, in Canada.
Suo figlio, Bhaktisiddhanta
Sarasvati, fondò la Gaudiya Math, un movimento che avrebbe aperto numerosi
centri in tutta l'India, predicando la Krishna-bhakti proprio come viene
insegnata nelle scritture vediche. Egli tentò di far aprire ai suoi discepoli
anche dei templi in Occidente. In effetti alcuni di loro tentarono l'impresa,
trasferendosi in alcune grandi città europee, come Londra e Berlino. Ma non
riuscirono nell'impresa.
Solo uno dei suoi più cari
studenti, che poi sarebbe stato conosciuto come Bhaktivedanta Svami Prabhupada,
riuscì pienamente nell'impresa. Nel 1965, anziano, da solo, e con pochi mezzi
si trasferì in America, dove fondò il Movimento Hare Krishna. Fino al giorno
della sua scomparsa, il 14 novembre 1977, egli scrisse e insegnò senza soste.
Ha compilato una settantina di libri, tra cui la traduzione e la spiegazione
della Bhagavad-gita, un commento purtroppo incompleto dei Dodici Canti che
compongono lo Srimad-Bhagavatam, i diciassette volumi del Caitanya-Caritamrita,
e altri.
Ma non soltanto ha pubblicato
libri di valore eccezionale, ma è anche riuscito a convertire al puro
vaishnavismo migliaia di giovani occidentali di tutte le nazionalità,
viaggiando per tutto il mondo. La sua filosofia è quella di Vyasa, di
Caitanya, ma allo stesso momento ha cercato di mediare con gli usi e i costumi
degli occidentale. Ma non ha compromesso sui principi di base: il suo scopo
era di creare una classe di santi ed eruditi devoti che potessero infondere
istruzioni sacre per il benessere della società.
Anche dopo la sua scomparsa, il
movimento di Prabhupada ha continuato ad esistere ed ancora oggi i suoi libri
sono studiati con grande interesse e rispetto.