Attività

 

La durezza del territorio abitato costringeva i sanniti a sviluppare attività abbastanza ridotte ed essenziali, tutte finalizzate alla sopravvivenza.

Quelle principali erano costitute dalla pastorizia e dalla caccia. La prima in particolare spinse ad un’attività di transumanza lungo i tratturi: piste prestabilite che attraversavano il sud dell’Italia. I sanniti vivevano molto anche sulle razzie che compivano ai danni dei villaggi dei popoli vicini.

Molto semplici nel vestire e nel mangiare, lavoravano la pietra e qualche metallo: ne sono un esempio le numerosissime fibulae ed i monili trovati nelle varie tombe. Non coniarono monete, ma basavano le attività di compravendita sul baratto. Solo sotto la dominazione romana iniziarono a forgiare delle monete, anche a scopo puramente di ribellione, rappresentando l’effigie di qualche repubblicano o anti-romano.

L’attività industriale era ridotta al minimo ed era abbastanza semplice. Anche l’agricoltura non ebbe molto sviluppo, basti pensare alla tipologia del territorio sannita. Famosi erano comunque i cavoli sabelli. Il tasso di mortalità era abbastanza elevato ed i sanniti venivano seppelliti nelle tombe a tumulo, importate dalla cultura indoeuropea.

Amavano molto la lotta e praticavano dei giochi gladiatori in occasione dei funerali. Famosi furono i gladiatori sanniti, al pari dei Marsi, e sembra che i romani importarono da loro e non dagli etruschi tale arte ludica.

Dal punto di vista militare, erano organizzati in coorti, come i romani ed avevano un equipaggiamento leggero, perché non disponevano di molto metallo. In battaglia impiegavano l’astuzia ed erano accompagnati da una buona dose di vigore. Le loro armi erano: le lance, il giavellotto, gli scudi tondi e rettangolari. Alcune di essere furono impiegate anche dai romani. Tipici erano i gambali ed i pennacchi sull’elmo, comuni a tutti i popoli italici.

Per quanto riguarda l’arte, ci è pervenuto pochissimo, sia perché non ne possedevano molta, sia perché quel poco che era stato realizzato venne preso dai romani. Pochissime sono le pitture, molto semplici, mentre più numerose sono le lavorazioni in marmo ed in bronzo. I santuari di Pietrabbondante e Schiavi d’Abruzzo hanno rappresentato una miniera in tal senso.
 

I templi, realizzati in pietra, erano imponenti ed orientati lungo l’asse est-ovest, secondo la tradizione orientale. Le città erano tutte arroccate in alto sulle rocce, per scopi difensivi, e circondate da palizzate (il termine carseoli è legato alla parola roccia). 

Le case erano molto semplici ed essenziali, come le tombe del resto. Il numero maggiore di reperti che ci è pervenuto è rappresentato dalle tombe. Di grande interesse risultano essere anche i templi di Sepino    

e di Pietrabbondante .

           

 Bisogna aggiungere che lo stile vita e la cultura dei sanniti subì notevoli influenze dai greci e dai romani. In particolare i Caudini furono sottoposti ad un processo di ellenizzazione, considerata la loro vicinanza con Napoli. I romani, infatti, una volta vinta la guerra, non trovarono molte difficoltà a fare apprendere a tale tribù il concetto di civitas, che aveva radici nel mondo greco, completamente ignorato dal resto dei sanniti.

L’influenza romana si basava su scopi politici. Venne attuata una strategia che si proponeva di separare fisicamente le quattro tribù sannite tra loro, creando delle regioni "cuscinetto". Inoltre, con un costante processo di romanizzazione, si mirava ad affievolire lo spirito ribelle di queste popolazioni. Questo ebbe dei riflessi anche sulla lingua osca, molto semplice da apprendere, che venne sistematicamente cancellata, per lasciare posto al latino.

La conferma di tutto ciò si ha quando Annibale scese in Italia e non riuscì a portare dalla sua parte tutte le tribù sannite, ormai romanizzate. Da un certo punto di vista la storia sannita e quella etrusca si assomigliano, soprattutto nell’epilogo.

 

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