LA QUARTA GUERRA SANNITICA

 

In realtà il conflitto coinvolse più popolazioni ed è stato ricordato come Guerra di Pirro . E’ opportuno precisare che i sanniti aprirono le ostilità per primi e per 5 anni impegnarono da soli i romani con azioni di guerriglia, fino al 280 a.C., anno dell’arrivo di Pirro.

 

Incursioni di Pirro in Italia

La città di Taranto, vedendosi minacciata dai romani, invitò il re dell’Epiro in Italia, che, anche se poco interessato si alleò con le popolazioni locali. Insieme vinsero ad Heraclea (280 a.C.) ed Ausculum (279 a.C.), lasciando sul posto molte perdite, da cui il termine "vittorie di Pirro ".

Pirro, affamato di conquiste e di tesori, abbandonò l’Italia e si diresse in Sicilia, lasciando i sanniti da soli a fronteggiare la rappresaglia romana che fu terribile. In seguito, il re dell’Epiro, respinto dai cartaginesi a Lilibeo, tornò nella penisola, si riunì ai sanniti e venne sconfitto a Maleventum (275 a.C.). I sanniti si arresero nel 269 a.C. con un’ultima rivolta, capeggiata da un certo Lollio, che venne annientata nel territorio carecino. Del territorio sannita sopravviveva solo quelli degli irpini e dei pentri, separati fisicamente tra loro, dall’Ager Taurasinus . I caudini vennero completamente fagocitati nel territorio romano. E’ in questa fase che gli Irpini perdono la loro identificazione con il resto dei sanniti ed ebbero la nuova capitale nella città di Compsa.

Vennero fondate colonie romane come Telesia, Paestum, Beneventum (268 a.C.) che prese il posto di Maleventum, Aesernia.

Dal 270 a.C. al 220 a.C. la supremazia di Roma in Italia non venne messa in discussione. La strategia della romanizzazione dei sanniti diede i propri frutti quando Annibale, intorno al 220 a.C., venne in Italia e non riuscì a portare dalla propria parte le popolazioni meridionali. Per rappresaglia compì enormi devastazioni in territorio sannita, apportandone povertà e disordine.

Solo dopo la vittoria di Canne, alcune fazioni dei Sanniti (Irpini e Caudini), Lucani, Bruzi    ed Apuli andarono dalla parte del generale punico. L’adesione non fu totale perché i popoli avevano imparato la lezione di Pirro ed erano convinti che, aderendo all’invasore, avrebbero contribuito a sostituire al dominio romano un altro.

Sin dal 215 a.C. iniziarono le azioni di rappresaglia romana contro i sanniti. Annibale, da parte sua, distruggeva le città che non poteva più difendere e così fece per diversi villaggi dell’Italia meridionale. I sanniti rappresentarono parte integrante dell’esercito punico fino al 207 a.C., anno della loro ennesima resa. Il risultato della loro partecipazione alla seconda guerra punica fu un ulteriore indebolimento e una crescita della povertà e miseria.

La maggior parte dei territori sanniti fu trasformata in ager ed i diversi proprietari terrieri detenevano il potere e rappresentavano presso Roma i diritti dei propri sudditi (clientes). Nel corso del tempo i sanniti entrarono a fare parte del tessuto sociale romano, anche se occupavano le posizioni più marginali: non potevano essere celebrati matrimoni misti, non era possibile per un sannita partecipare alla vita politica, non potevano opporsi ad un desiderio espresso da un romano, erano costretti a fare parte dell’esercito al posto dei cittadini romani, intorno al 100 a.C. abbandoneranno l’osco per il latino. Nel 180 a.C. 47.000 Apuani vennero portati al sud, per colonizzare il Sannio, in particolare l’ Ager Taurasinus, come era già successo ai Piceni nel 268 a.C.. Venne attuata, dunque, una politica di migrazione su vasta scala che vide lo spostamento di tante popolazioni sotto il controllo romano. Mentre però ai latini era consentito migrare a Roma, i sanniti potevano occupare le città lasciate dai primi.

Tutto questo venne attuato dai romani attraverso la politica del "divide et impera", in modo da tenere sotto controllo qualsiasi avversario. Questo sistema andò in crisi nel 91 a.C., con lo scoppio della guerra sociale.

 

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