GIUGURTA

 

Nipote di Massinissa (160 circa a.C. Roma l04 a.C)  e re di Numidia dal 118 a.C. Distintosi per il suo valore nell'assedio di Numazia sotto Scipione Emiliano, venne adottato dallo zio Micipsa, che lo designò erede del regno insieme con i suoi figli Aderbale e lempsale.

Alla morte di Micipsa (118 a.C.), spinto dalla brama di avere il dominio di tutta la Numidia, uccise lempsale impadronendosi del suo territorio e, mossa guerra ad Aderbale e lo sconfisse. Questi si recò allora a Roma a chiedere aiuto e ottenne dal senato l'invio in Africa di una commissione, che procedette a una ridistribuzione del regno, Ma Giugurta, insoddisfatto della parte a lui assegnata, attaccò di nuovo il cugino e lo uccise dopo aver preso Cirta e averne massacrati i difensori, fra i quali erano numerosi Italici (112).

Dinanzi alla viva indignazione popolare e alle pressioni del tribuno Caio Memmio, il senato dichiarò guerra a Giugurta: il reclutamento dei soldati fu facilitato dalla Lex Agraria, le cui larghe concessioni costituivano uno stimolo per i futuri coloni in Africa. Tuttavia, dopo le prime operazioni i consoli Calpurnio e Scauro conclusero un accordo a miti condizioni (111).

Ma Giugurta dovette venire a Roma a dar spiegazioni su una pace che pareva ottenuta a troppo buon prezzo. Quivi si macchiò di un nuovo delitto facendo uccidere il cugino Massiva, suo presunto competitore. Fu perciò costretto da un ordine del senato a tornare in Africa, dove riprese le ostilità.

I Romani, sconfitti a Suthal (109), riportarono, sotto il comando di Cecilio Metello, detto Numidico, una notevole vittoria sui fiume Muthul (108), avanzando fino a Thala. Ma poiché la guerra sembrava procedere troppo lentamente, i cavalieri, accostatisi al partito popolare, fecero eleggere console per il 107 Mario e ottennero che, insieme con la provincia d'Africa, gli fosse affidato il comando delle operazioni in Numidia. La guerra assunse allora un ritmo spedito ed energico.

Mario dopo aver conquistato parecchie città, tra cui Capsa (od. Gafsa), si spinse fino ai confini della Mauritania e a Cirta inflisse una grave sconfitta alle forze congiunte dl Giugurta e di Hocco I, suo suocero e alleato. Questi poi, preoccupato di acquistare benemerenze presso il vincitore, si lasciò indurre dal giovane Silla, allora questore di Mario, a consegnare il genero ai Romani (105).

Finiva così con un tradimento la fortuna di Giugurta che, trasportato a Roma, dopo aver ornato il trionfo di Mario fu gettato nel carcere tulliano e quivi lasciato morir di fame se non addirittura strozzato. La storia della guerra giugurtina è stata narrata con ampiezza e vivacità da Sallustio nel Bellum lugurtinum.


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