1893, olio, tempera e pastello su cartone 91 x 73.5 cm.
Oslo, Nasjonalgalleriet.
L'opera più famosa di Edvard Munch ha guadagnato molta popolarità,
specialmente durante il periodo in cui si andavano ad affermare i regimi
totalitari. Forse la paura esistenziale resa qui
dall' artista è divenuta più diffusa nelle decadi recenti?
In primo piano, su una strada con un parapetto, si vede una figura: le mani portate alla testa, occhi
fissi, bocca spalancata. Più avanti due
gentiluomini eleganti e dietro di loro un panorama di fiordi e colline: la prima
volta che Munch descrive l'esperienza che diede vita a questo dipinto fu nel
suo diario, il 22 gennaio 1892: "Camminavo lungo la strada con due amici.
Quando il sole tramontò il cielo si tinse all'improvviso di rosso sangue. Mi fermai, mi appoggiai stanco morto a un recinto.
Sul fiordo nerazzurro e sulla città c'erano sangue e lingue di fuoco. I miei amici continuavano a camminare e
io tremavo ancora di paura e sentivo che un grande urlo infinito pervadeva la natura."
Il paesaggio serale è distillato attraverso un ritmo astratto di linee
ondulate. L'opera è ricca di significati simbolici: il ponte, che tende all'
infinito rappresenta le innumerevoli difficoltà che presenta la vita umana e
contemporaneamente crea un potente aggancio prospettico intensificando l'ossessività dell'
atmosfera; i due amici, incuranti del dramma che sta vivendo
la figura in primo piano, rappresentano la falsità e la superficialità,
caratteristiche che sempre più si vanno ad affermare nella società di massa
dove colui che vuole uscire da tale condizione alienante, vive un vero dramma
esistenziale dovuto all'impossibilità di essere diversi e di uscire dalla
solitudine; tale dramma è descritto
dall'urlante in primo piano, che esprime la crisi dell'umanità intera
con le sue nere labbra putrescenti che ricordano quelle di un morto, la testa
ridotta ad un teschio, gli occhi sbarrati e le narici ridotte a due fori; il suo
grido disperato e selvaggio si propaga attraverso la natura circostante: vediamo
infatti che il fiordo oleoso e il cielo infuocato riprendono il movimento
serpentinante della figura, sono pervasi dalla stessa angoscia diffusasi nell'ambiente. L'opera comunque non ritrae
né un fatto né un paesaggio ma uno
stato della mente: il dramma è interno, eppure il soggetto è strettamente
ancorato alla topografia di Oslo - la vista è quella che si vede da Nordstrand
guardando verso le due baie di Oslofjord, con Holmenkollen sullo sfondo.
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