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Di stato "totalitario" si cominciò a parlare in Italia verso la metà degli anni '20, per denotare le caratteristiche dello stato fascista contrapposto allo stato liberale. Il totalitarismo è una forma di dominio radicalmente nuova, perché non si limita a distruggere le capacità politiche dell'uomo, isolandolo in rapporto alla vita pubblica, come facevano le vecchie tirannie e i vecchi dispotismi; ma tende a distruggere anche i gruppi e le istituzioni che formano il tessuto delle relazioni private dell'uomo, estraniandolo così dal mondo e privandolo del proprio io attraverso la società di massa.
L'ideologia totalitaria pretende di spiegare con certezza assoluta e in modo totale il corso
della storia; diventa perciò indipendente da ogni esperienza, costruendo un modello di società fittizio e ideologico. Il terrore
totalitario, a sua volta, serve per tradurre in realtà il mondo fittizio
dell'ideologia. Il terrore totale diventa uno strumento permanente di governo, e
costituisce l'essenza stessa del totalitarismo, mentre la logica deduttiva e
coercitiva dell'ideologia ne è il principio di azione, cioè il principio che
lo fa muovere. Per capire meglio i meccanismi di tale forma di governo è di grande aiuto "1984" di George Orwell.
Le figure dei tre
massimi dittatori del '900, sono Mussolini, Hitler e Stalin, i quali attuarono
pienamente l'azione del terrore totalitario, soprattutto nel caso della Germania
Hitleriana e della Russia comunista. Qui, infatti, a partire dal 1937-38, si
riscontrano tutti i caratteri dello stato totalitario: con il pieno predominio
delle SS sulle altre organizzazioni poliziesche e sul Ministero dell'Interno, si
attuarono i "pogrom" contro gli ebrei, la loro deportazione in campi
di concentramento e di sterminio, fino alla "soluzione finale", perché
ritenuti "oziosi", "asociali", "malati di
mente", ecc… Nella Russia degli anni '30, specialmente dal 1934, e poi
ancora nel periodo postbellico, invece, l'azione del terrore totalitario si attuò
con le "grandi purghe", con la liquidazione di interi gruppi sociali e
dei quadri dirigenti del partito, le deportazioni in massa nei campi di
concentramento e di lavoro in Siberia.
L'esperienza
dell'Italia fascista fu, invece, considerata "imperfetta": relazionata
alle altre dittature, infatti, essa appariva diversa e meno totalitaria, perché
nel nostro paese il Partito Nazionale Fascista al potere fu limitato da due
caratteri fondamentali: innanzitutto, non giunse mai ad identificarsi pienamente
con lo Stato, anche se ne modificò alcune componenti, e, inoltre, incontrò dei
veri e propri limiti nella Monarchia e nella Chiesa, le quali volevano
rispettivamente mantenere intatti i loro poteri sul territorio italiano.
Adunata oceanica a Venezia in occasione della visita del duce.
Mussolini definì così la massa: "La
massa non è altro che un gregge di pecore, finchè non è organizzata. Non sono
affatto contro di essa. Soltanto nego che possa governarsi da sé. Ma se la si
conduce, bisogna reggerla con due redini: entusiasmo ed interesse. Chi si serve
solo di uno dei due, corre pericolo. Il lato mistico e il politico si
condizionano l'un l'altro..."
"Colloqui con Mussolini", Emil Ludwig, 1932.
Gli oppositori del fascismo si trovarono dunque di fronte ad un nemico grande e pericoloso: il Duce, infatti, non era solamente un leader politico, venne persino divinizzato e idolatrato dai suoi sostenitori grazie alle sua stimabile capacità oratoria. Mussolini era
dunque un grande oratore. La sua forza comunicativa si basava su frasi
brevi, pronunciate con tono oracolare e
trionfalistico: faceva un grande uso di metafore, di terminologia
militare e spiritualistica. Proclamava i suoi discorsi con brevi periodi, con
incalzante ritmo delle parole e con un continuo ricorso all'antitesi. Il suo
lessico era povero, e tuttavia ricco di enfasi, di pause sapienti, di richiami
eroici e patriottici, che avevano l'unico scopo di esaltare la folla Il particolare rapporto di Mussolini con le masse fu influenzato dalla opera di Gustave Le Bon. Così dopo la marcia su Roma del '22, il primo governo Mussolini ottenne la fiducia e i pieni poteri con una maggioranza schiacciante: 429 voti contro 116 e 7 astenuti alla Camera, e 196 voti contro 19 al Senato. All'opposizione restarono soltanto comunisti, socialisti e repubblicani.
Ma l'Italia, sotto il fascismo, rimase nel complesso
isolata dalle più vive correnti culturali e artistiche europee e mondiali,
chiusa all'interno di una mediocrità provinciale che il regime esaltava come
propria virtù. Né ciò avveniva per caso: l'abbassamento del livello culturale
faceva parte della strategia politica di un regime che aveva sospinto la
popolazione a credere nei miti piuttosto che a ragionare, a scambiare la
retorica con la realtà, a delegare ogni decisione al Duce, dal momento che egli
"aveva sempre ragione".
Parallelamente
a questo condizionamento capillare, ogni opposizione era messa a tacere. Partiti
e sindacati furono dichiarati illegali e furono soppressi, mentre i giornali che
non si adeguavano al regime chiusi d'imperio. Gli oppositori politici furono
bastonati, messi in galera o mandati al confino, a volte assassinati. Nel giro di un decennio dalla presa del potere, la ferrea dittatura fascista era compiuta.
Questa forte importanza delle masse naturalmente causò all'interno degli
ambienti culturali una profonda crisi che si manifestò sia con la riscoperta di
opere come "L'urlo" di Munch
sia con grandi scrittori come Montale
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