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Studioso francese che, con "La Psicologia delle
folle" del 1895, diede un determinante contributo per la comprensione del
"carattere" delle masse e per le strategie di persuasione per
dominarle. Il Duce comprese che, nella sua epoca, le folle rappresentavano
un'immensa potenza e che dovevano, come in seguito fece, essere
"utilizzate" per ottenere quel consenso che lo avrebbe sostenuto così
a lungo. E Mussolini aveva innate le capacità di immedesimarsi nel suo popolo:
di notevole intuito e fiuto politico, egli rappresentò "l'uomo
forte", che avrebbe potuto guidare gli Italiani verso la ripresa dopo la
cosiddetta "vittoria mutilata" del primo conflitto mondiale.
Come
sosteneva Le Bon, egli sarebbe stato in grado di dare al popolo quelle risposte
che si aspettava, in quanto "vinto da un desiderio inconscio di
sottomissione ad un capo. La folla, infatti, non possiede idee proprie, in
quanto gli uomini riuniti in essa perdono la loro individualità e la loro
personalità cosciente: ciò determina un affievolimento delle capacità
critiche, mentre si sviluppa un forte senso di appartenenza ad un'identità
collettiva. Di conseguenza, la massa tende ad assimilare idee già fatte, specie
se esse hanno una forte componente ideale e una carica di profonda suggestione:
la massa è, per sua natura, dominata dall'inconscio e dall'impulsività." Le Bon delinea anche le caratteristiche del capo: egli deve essere, innanzitutto, un uomo di azione e non di pensiero, perché "la riflessione tende al dubbio e quindi all'inazione". Deve essere dotato di grande volontà e sorretto da un ideale e da una fede incrollabile, poiché ciò esercita sulle masse una grande forza di attrazione e di coinvolgimento: idee semplici, affermazioni concise, proclamate ripetutamente, sono i principali strumenti di persuasione che si basano sulla facilità di apprendimento. |