Articolo tratto dal MESSAGGERO
Martedì 6 marzo 2001
Allarme obesità negli USA:
tutti a dieta, via il fast food
 
Un appello del sindaco di Filadelfia: dimagrire di quattro chili in 80 giorni
"Troppo grassi in questa città, basta con le patatine fritte e i panini
all'hamburger". Un bambino su quattro pesa 10 chili oltre la norma.

NEW YORK - "Giù le mani dall'hamburger, patatine fritte nel cestino, acqua semplice invece di bollicine. Siete troppo grassi, anzi obesi. E' ora di cambiare marcia a tavola e di bruciare 80 tonnellate di adipe collettiva dichiarando guerra al fast Food". La prima bolla ufficiale di ostilità contro i simboli planetari e fagocitanti dell'alimentazione Made in Usa, è venuta qualche giorno fa nella città di Filadelfia. La culla della rivoluzione americana é entrata recentemente nella storia per un altro primato, ben meno lusinghiero: da due anni domina la classifica delle metropoli più grasse d'America, con un tasso di obesità che sfiora il trenta per cento. Daccordo con i principali ristoranti della città, il sindaco ha chiesto a 20.000 cittadini campione di dimagrire di quattro chili nell'arco di 80 giorni - per un totale di 80 tonnellate -adottando le ricette dello "slow food", di una cucina più a misura dell'uomo e del palato. Se l'iniziativa dovesse avere successo, promette l'amministrazione cittadina, la dieta anti fast food verrà estesa all'intera cittadinanza, bambini in testa, fornendo al resto degli Stati Uniti un modello da imitare, un sistema alimentare e culturale alternativo da seguire. Il suo manuale di riferimento esiste già.

E' un libro denuncia scritto dal giornalista Eric Schlosser che appena pubblicato é diventato un bestseller: s'intitola Fast Food Nation, ed é una messa in stato d'accusa puntualmente documentata e per molti versi scioccante, di un apparato industriale-alimentare-culturale che ha cambiato volto e silhouette agli Stati Uniti, che domina con le sue leggi spietate i ritmi dell'agricoltura, i temi della pubblicità, le norme sanitarie, le abitudini familiari, i consumi degli americani, la stessa struttura produttiva.

Operazione temeraria quella del signor Schlosser, perché col suo tomo é andato a prendere di petto icone nazionali che danno da mangiare al 90 per cento della popolazione, giganti come McDonalds, Burger King, Coca Cola, Kentucky Fried Chicken, Pizza Ut, le grandi catene multinazionali di ristoranti fast food. E insieme i colossi dell'agribusiness di riferimento; ConAgra, numero uno della carne da hamburger, Tyson Food titano del pollame, Lamb Weston, re planetario delle patate, International Flavors and Fragrances, industria chiave che alle porte di New York fornisce al cibo iperprocessato fragranze, aromi e sapori chimici. La Encefalopatia Bovina Spongiforme non é ancora sbarcata in Usa (?). Ma é solo questione di tempo sostengono gli esperti.

Nel suo libro Schlosser descrive i gironi di un inferno che parte dai mega allevamenti del Mid West: immensi campi di concentramento bovino dove vengono gonfiati a base di antibiotici ed ormoni della crescita fino a 150.000 capi stretti come sardine. Poi il girone dei mattatoi in presa diretta, come nel romanzo denuncia di Upton Sinclar nel 1906, La Giungla. L'autore di Fast Food Nation é andato a visitare uno dei più grandi: una micidiale macchina della morte dove vengono macellati in catena di smontaggio fino a 400 capi all'ora, un ritmo doppio rispetto ai mattatoi tradizionali.

Secondo fronte di attacco , la strategia di mercato, finalizzata ad incrementare a dismisura le vendite e profitti trascurando i problematici effetti dietetici del fast food sull'organismo: obbiettivo prioritario abbassare i costi delle materie prime ed aumentare dimensioni e peso delle porzioni. La parola d'ordine é "BIG" grande: hamburger a due o tre piani per soli 99 cents - 2000 lire circa - patate fritte extra-long, bicchierone doppio di Coca, pancetta affumicata fritta a volontà con contorno di anelli di cipolloni fritti. Una combinazione letale e vincente cui ricorrono due o tre volte la settimana oltre 200 milioni di americani, soprattutto bambini, nelle mense scolastiche e nei distributori fast food. Risultato "un impero di grasso", come recita uno dei capitoli del libro, alimentato da tonnellate e tonnellate di trigliceridi, zuccheri, calorie, acidi, aromi cosiddetti naturali, stabilizzanti, coloranti.

Gli Usa, dicono le statistiche dell'Istituto Nazionale della Sanità, hanno il tasso di obesità più alto del mondo industrializzato, la metà degli adulti statunitensi ha problemi seri di peso, 44 milioni sono le persone clinicamente obese e 6 milioni sono i cosiddetti "super obesi" con l'adipe strabordante e il corpo deformato. Un quarto dei bambini - principali destinatari della pubblicità del settore - è obeso , mangia fast food e non fa sport, una incidenza doppia rispetto al 1960. Il peso del peso in termini medico-sanitari é da allarme nazionale. L'obesità è al secondo posto dietro al fumo come causa di morte, 280.000 sono le le vittime annuali dell'adipe, con un costo per la struttura sanitariua che sfiora i 250 miliardi di dollari, quasi 500.000 miliardi di lire.

Ora, ed è questo l'avvertimento che i crociati anti fast food lanciano al resto del mondo nel terzo capitolo della denuncia, i giganti dell'alimentazione american style puntano alla conquista del pianeta. La campagna di globalizzazione per impore il "MacWorld", o "McMondo", é in corso da tempo. L'industria alimentare impiega quasi quattro milioni di persone a livello internazionale, gestisce oltre 60.000 ristoranti e punti vendita e ne apre di nuovi al ritmo di uno ogni due ore. L'ammiraglia é ovviamente la McDonalds con 15.000 ristoranti in 117 paesi e l'obbiettivo di aprirne quatro al giorno nell'immediato futuro. La prova della sua invasione, dicono le statistiche, è nelle vene e nei fianchi dei Giapponesi e dei Cinesi. Dal 1971, anno di sbarco del fast food in Giappone, ad oggi gli obesi sono diventati il trenta per cento della popolazione, mentre in Cina i teenagers sovrappeso sono triplicati in un solo decennio.

Chi ha quindi abitudini alimentari e cucine nazionali per difendersi e da difendere, intenda.