Italo Svevo (1861 - 1928)

Italo SvevoNasce a Trieste nel 1861 da famiglia ebrea, vero nome Aron Hector Schmitz. Studia in un collegio tedesco, accostandosi alla letteratura. Nel 1878 ritorna a Trieste e continua gli studi all'Istituto Superiore di Commercio: il suo sogno però è di diventare scrittore. Nel 1880 inizia a lavorare presso la banca Union, occupazione non amata che porterà avanti per diciannove anni.

Tra il 1880 e il 1888 scrive commedie, abbozza alcune novelle e progetta il romanzo Un inetto. Del 1890 è la sua prima pubblicazione. Esce infatti il racconto L'assassinio di via Belpoggio, firmato con lo pseudonimo di Enrico Samigli. Due anni dopo però il romanzo Un inetto, completato, viene rifiutato da Treves. Svevo ne cambia il titolo in Una vita e lo pubblica a sue spese.

Nel 1896 sposa la cugina Livia Veneziani, con cui nel 1897 avrà una figlia, Letizia.

Pubblica Senilità, che, come il romanzo precedente, non riscuote particolare successo. Nel 1899 lascia la banca e diventa socio della fabbrica di vernici del suocero: pur ripromettendosi di non scrivere più, abbozza ancora qualche racconto e due commedie, che non pubblica.

Nel 1906 conosce lo scrittore irlandese James Joyce, da cui prende lezioni di inglese. Joyce legge e apprezza i suoi romanzi. Questo è anche il periodo in cui lo scrittore entra in contatto con la psicanalisi di Freud.

Durante la prima guerra mondiale rimane a Trieste mantenendo la cittadinanza austriaca ma rimanendo indipendente. Appena dopo la guerra, viene pubblicato La coscienza di Zeno che riscuoterà successo solo in un secondo momento, grazie anche alle attenzioni e agli apprezzamenti di Montale e Joyce.

Muore per un incidente d'auto nel 1928.


La cultura di Svevo

Schopenhauer oppone al sistema hegeliano un misticismo irrazionalistico, che Svevo sente evidentemente più consono ai tempi e al proprio modo di vedere il mondo. Soprattutto nelle figure di inetti dei romanzi di Svevo ritroviamo molto della riflessione del filosofo tedesco. L'inetto è colui che ha preso coscienza dell’esistenza, al di sotto della "rappresentazione" (della realtà fenomenica), della cieca "volontà", di cui si rifiuta di essere esecutore: sarebbe quindi una sorta di eroe della noluntas (o comunque un rivelatore dei limiti del vitalismo non mediato dalla riflessione) , un "contemplatore", antitetico ai "lottatori" (esecutori della voluntas ).

Più acuto il rilievo dell'influsso di Darwin (del resto sancito da due saggi dello stesso Svevo, scritti fra il 1907 e il 1909: L'uomo e la teoria darwiniana e La corruzione dell'anima ). L'uomo, dice Svevo, in quanto il più debole fra gli animali, è il vincitore dello struggle for life; gli animali adeguano necessariamente i propri organi alle necessità ambientali, l'uomo invece, in quanto colpito dalla malattia dell'anima (che è la riflessione, l'ipertrofia della coscienza) è per eccellenza malcontento, e quindi sempre insoddisfatto (sempre allo stato di «abbozzo»), mai adattato (alla lettera, "inetto" è colui che non si adatta), e quindi in grado di sopravvivere a tutti i cambiamenti di ambiente.

Adattarsi è cristallizzarsi; la corruzione dell’anima è proprio quella per cui l’anima perde il proprio malcontento, la propria inquietudine vitale, inseguendo, e raggiungendo, il successo, grande seduttore. Paradossalmente l'inettitudine è sì tormento, insoddisfazione (sconosciuti agli animali), ma anche garanzia di sopravvivenza: è rovesciato l'assunto di Darwin.

Sul piano filosofico, più che il pensiero di Nietzsche o Bergson (che pure sono significativi, perché rompono il modo tradizionale di concepire, ad esempio, la morale o il tempo), è la psicanalisi di Freud che pone in termini nuovi la questione dell’identità dell’individuo: la psicanalisi, in quanto scopre che la coscienza è spezzata fra conscio e inconscio, fra Es, Io e Super-io, spezza anche l’illusione che i comportamenti dell’individuo siano univoci e coerenti, che ci sia perfetta corrispondenza fra quel che si pensa e quel che si fa, fra quel che si fa e quel che si vorrebbe fare (la parte conscia rispetto a quella inconscia è come la punta di un iceberg rispetto al suo corpo sommerso; gli istinti, pulsioni - Trieb - sono mostri paurosi che sfuggono ad ogni controllo morale e razionale; ecc.).

La letteratura europea, o perché influenzata direttamente o perché respira la stessa aria, non può non risentirne: le Memorie del sottosuolo di Dostojevskij, del 1864, sono un’anticipazione clamorosa della scoperta che accanto a un "io" tranquillo e conformista esiste un "io" distruttivo ed autodistruttivo; Proust, Joyce, Kafka non sono comprensibili senza riferimenti alla scoperta dell’inconscio da parte della psicanalisi; ed opere come The Strange Case of Dr. Jekyll and Mr. Hyde di Stevenson (1886) e Heart of darkness di Conrad (1906) sono perfettamente leggibili entro queste categorie.


L’incontro con Joyce e l’interesse per la psicoanalisiJames Joyce

Nel 1896 Svevo sposa la cugina Livia Veneziani, figlia di un ricco industriale, e tre anni dopo abbandona il lavoro in banca per entrare nella ditta del suocero. È una svolta importante, che rappresenta la conquista del benessere economico e la liberazione dalle frustrazioni impiegatizie della giovinezza. Il lavoro gli offre anche l’opportunità di compiere viaggi d’affari in tutta Europa e in particolare in Inghilterra, dove la ditta aveva aperto una filiale. Proprio la necessità di migliorare la conoscenza dell’inglese lo spinge a prendere lezioni private da James Joyce, che dal 1906 fino allo scoppio della guerra mondiale insegna alla Berlitz School di Trieste. L’incontro favorisce la nascita di un’amicizia fondata soprattutto sui comuni interessi letterari: Joyce legge i due romanzi di Svevo e si dichiara entusiasta di Senilità.

Dal 1910 Svevo comincia a interessarsi alla psicoanalisi, favorito dalla presenza a Trieste di Edoardo Weiss, allievo di Freud, e dal fatto che un suo cognato viene curato a Vienna dallo stesso Freud; un interesse che porta lo scrittore a leggere buona parte dell’opera dello psicologo viennese (di cui traduce anche Il sogno, sintesi dell’Interpretazione dei sogni) e a fare della psicoanalisi il motivo conduttore della Coscienza di Zeno, che inizia a scrivere nel 1919.


Trieste crocevia di popoli e culture

Nel Profilo autobiografico redatto per l’editore Morreale nel 1928, Italo Svevo ha scritto: "Per comprendere la ragione di uno pseudonimo che sembra voler affratellare la razza italiana e quella germanica, bisogna aver presente la funzione che quasi da due secoli va compiendo Trieste alla Porta Orientale d’Italia: funzione di crogiolo assimilatore degli elementi eterogenei che il commercio e anche la dominazione straniera attirarono nella vecchia città latina". In queste parole è contenuto il senso della "triestinità" di Svevo, ovvero della sua appartenenza a una città dove da almeno due secoli la maggioranza italiana della popolazione ha convissuto con numerose minoranze etniche e religiose: tedeschi, sloveni, greci, ebrei; lui stesso, Ettore Schmitz, discendeva da una famiglia italo-tedesca di origine ebraica.

La cultura mitteleuropea nella formazione intellettuale di Svevo

Trieste, fino alla prima guerra mondiale, faceva parte dell’Impero asburgico. Le sue fortune commerciali erano legate alla sua funzione di principale porto austriaco dell’Adriatico: una realtà economica in sviluppo che richiamava un’immigrazione composita, proveniente da tutte le regioni dello stato multinazionale degli Asburgo. Tale situazione ha permesso a molti intellettuali italiani di mantenere un rapporto privilegiato con la cultura del centro Europa – la cosiddetta Mitteleuropa – e in particolare con quella di lingua tedesca, la cultura della classe dirigente dell’impero. Questa apertura verso apporti e fermenti diversi ha favorito il cosmopolitismo degli scrittori triestini, offrendo loro una vastità di orizzonti e di riferimenti del tutto originali se confrontati con tanta coeva letteratura italiana. La peculiarità di Svevo è già nella sua formazione: studia in Germania, si forma su alcuni classici tedeschi della letteratura (Jean Paul, Schiller, Goethe) e della filosofia (Schopenhauer, Nietzsche), legge molti autori fondamentali dell’Ottocento europeo (i naturalisti francesi, i romanzieri russi, Ibsen, i classici inglesi, dopo l’incontro con Joyce) ed è aperto alle suggestioni che provengono dalle scienze naturali (Darwin) e umane (Freud).


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