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Sul piano culturale ci fu l’affermazione della nuova mentalità del positivismo che introduceva elementi di pensiero nuovi. Il grande sviluppo scientifico e tecnologico, che si stava svolgendo in quegli anni, produsse una nuova fiducia nei mezzi del progresso, della scienza e della razionalità umana. Fu una novità che diede un duro colpo a quella mentalità tipicamente romantica che prediligeva una forma di pensiero basata sull’emozione, sul sentimento, sulla religione e, in alcuni casi, anche sull’irrazionalità.
Nel 1848 ci furono nuove tensioni politiche in Francia e, dopo nuovi moti rivoluzionari, fu deposta la monarchia e proclamata la seconda repubblica. È in questo clima che iniziarono a sorgere le prime teorie artistiche del realismo nelle arti figurative. Ed avvenne con l’affermazione, sempre in Francia, del naturalismo letterario di Baudelaire, Flaubert e Zola. Di una corrente che preferiva raccontare i dramma e le passioni delle persone comuni, non dei grandi eroi, descrivendo la realtà del proprio tempo in maniera cruda ed impietosa per mostrarne tutta la vera realtà.
L’attenzione per le classi piccolo borghesi e del proletariato fu comune, quindi, a più campi del sapere. In campo filosofico il positivismo di Auguste Comte portò alla nascita della sociologia; in campo politico ed economico le analisi e gli scritti di Marx ed Engels portarono alla nascita del socialismo; in campo letterario si sviluppò il naturalismo di Zola e Flaubert; nel campo artistico nacque il realismo di alcuni pittori francesi della metà del secolo: Coubert, Millet, Daumier.
Il termine realismo è molto generico ed indica, in genere, ogni movimento artistico che sceglie la rappresentazione fedele della realtà. Il realismo francese della seconda metà dell’Ottocento non si discosta da altri tipi di correnti realiste. In questo caso la scelta ha però un preciso significato culturale e ideologico: rappresentare la vera condizione di vita delle classi lavoratrici senza nessuna trasfigurazione che mascherasse i reali problemi sociali.
Protagonista principale del realismo pittorico francese fu soprattutto Gustave Courbet. La sua pittura produsse un grande impatto su quel panorama artistico francese che considerava ancora l’arte il luogo nobile di fatti epici e grandiosi. Courbet propose invece quadri i cui soggetti erano gente povera, semplice, brutta. Questa scelta di Courbet ebbe un effetto provocatorio e polemico proprio perché aveva l’obiettivo di imporre al pubblico dell’arte, fatta di grandi borghesi, la descrizione di quelle sofferenze delle classi inferiori, la cui colpa era socialmente imputabile proprio agli interessi della grande borghesia. Inutile dire che l’arte di Courbet non ricevette una accettazione entusiastica. Analoga sorte fu riservata a Daumier, la cui spietata critica sociale e politica, realizzata con litografie caricaturali, gli procurò notevoli problemi. Maggior accettazione ebbe invece il realismo di Millet, la cui rappresentazione di un mondo rurale, dai caratteri ancora idilliaci e romantici, non infastidiva gli interessi della grande borghesia del tempo.
Nel fenomeno del realismo va anche considerata l’esperienza pittorica della scuola di Barbizon. Con tale termine si intende un gruppo di pittori, di cui il principale è Theodore Rousseau, che dal 1835 in poi si riunirono in un paesino chiamato Barbizon, nei pressi di Fontainebleau. Questa scuola pittorica produsse soprattutto paesaggi e contribuì a superare il vedutismo settecentesco in nome di una maggiore sincerità di rappresentazione. E tra i pittori francesi che più hanno rinnovato la pittura di paesaggio deve essere considerato soprattutto Camille Corot, la cui capacità di cogliere il vero nella visione di paesaggio ne fa uno dei più grandi vedutisti di tutti i tempi. La pittura di paesaggio di Corot fu molto conosciuta in Italia, anche per via dei numerosi viaggi che il pittore fece nella nostra penisola, influenzando la maggior parte dei pittori italiani dell’Ottocento.
Il realismo fu la premessa per la pittura di Manet e degli impressionisti, la cui grande carica innovativa, sul piano del linguaggio pittorico, non deve far dimenticare che anche l’impressionismo fu soprattutto un movimento di rappresentazione del vero. In realtà l’adesione alla realtà quotidiana e alla storia del presente fu una caratteristica che attraversa tutta l’arte francese dell’Ottocento. Dal tardo neoclassicismo di David e Gros il realismo attraversa il romanticismo di Gericault e Delacroix passa per la pittura di Courbet e degli impressionisti e arriva fino a Cezanne.
Ma ciò che porta a definire più delle altre realista la pittura di Courbet fu proprio il diverso contenuto ideologico della sua arte: la rappresentazione della realtà come denuncia della società. E da questo momento qualsiasi arte di forte contenuto ideologico portata sul piano della denuncia sociale ha scelto il realismo come stile documentario, vero ed inoppugnabile, che rappresenta la reale condizione sociale delle classi povere ed emarginate. Il realismo ebbe infatti una eredità nel realismo socialista che si è sviluppato nel XX secolo presso quegli stati, come la Russia e la Cina, che hanno scelto il socialismo reale come forma di governo.
Il Realismo in Italia: i Macchiaioli
In Italia non esiste un movimento realista come quello sorto in Francia. Tuttavia, dopo il 1850 si iniziarono a manifestare fermenti vari, in concomitanza con la diffusione del positivismo, che produssero una maggiore attenzione alla descrizione scientifica ed obiettiva della realtà. Tra queste varie tendenze più o meno embrionali di realismo la più omogenea e definita appare quella dei pittori Macchiaioli.
Tra il 1855 e il 1867 si andò costituendo a Firenze un gruppo di artisti che tendono a superare il romanticismo proprio con una riscoperta della realtà quotidiana rappresentata senza sentimentalismi eccessivi. Questo gruppo fu definito «Macchiaioli» in senso denigratorio, per via della particolarità stilistica che li accomunava: dipingere per macchie di colore nette, senza velature e effetti chiaroscurali.
Il movimento nacque da un gruppo di artisti che si riuniva nel Caffè Michelangelo di Firenze. Di esso facevano parte gli artisti Adriano Cecioni, Giovanni Fattori, Telemaco Signorini, Silvestro Lega, ed altri. Sono artisti accomunati da una comune militanza nelle campagne militari risorgimentali del 1848 e del 1859. E il tema militaristico ritorna soprattutto nella pittura di Giovanni Fattori, che fu l’illustratore principale dell’aspetto militare della unificazione risorgimentale.
Da un punto di vista stilistico, quello dei Macchiaioli fu il gruppo più avanzato della scena pittorica italiana. Il loro fu il movimento che più può essere avvicinato a quello degli impressionisti. Nei macchiaioli è però assente la vivacità cromatica e il tocco a virgole tipico degli impressionisti. La loro pittura può essere maggiormente accostata a quella del primo Manet o del primo Pissarro, con la differenza che i pittori francesi prediligono sempre colori puri, mentre nella pittura dei macchiaioli vi sono anche colori terrosi e spenti. I macchiaioli non perdono mai la forma salda tracciata dal disegno. Ciò che aboliscono del tutto è solo e soltanto il chiaroscuro, cercando una pittura che distingue le varie forme in base al contrasto di luce o di colore. Ottennero una pittura dall’aspetto più vero e realistico che, unendosi ai temi di vita quotidiana, permettono di considerare questo come un movimento fondamentalmente realista.
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