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L’Enciclopedia, o dizionario ragionato delle scienze, delle arti e dei mestieri, pubblicata a Parigi fra il 1751 e il 1772 in 28 volumi, fu la titanica impresa tentata da alcuni tra gli spiriti più rappresentativi dell’Illuminismo francese che catalizzò il meglio della cultura del XVIII secolo intorno all’idea di una sistemazione scientifica e razionale dell’intero sapere.
Intorno a Denis Diderot (1713-1784) e a Jean-Baptiste d’Alembert (1717-1783) si venne a radunare un coacervo di menti che prese il nome di « Società delle genti di lettere » e che al suo interno vide personaggi delle più diverse estrazioni e posizioni culturali. L’idea era comunque così forte e coinvolgente che la travagliata opera dei philosophes segnò l’intero secolo, al punto che tutto il Settecento viene sovente interpretato come il secolo dei lumi, il secolo dell’enciclopedismo.
Gli autori dell’Encyclopédie sono consapevoli che un’astratta e generica conoscenza enciclopedica degenererebbe nel vuoto dogmatismo qualora fosse ridotta ad una sistemazione statica del sapere e, per questo, pongono mano ad un’opera che pone l’intero sapere a parte subjecti, ossia dal punto di vista delle facoltà conoscitive più che da quello degli oggetti.
Al di là del valore scientifico dell’opera (gli stessi autori avranno chiare le ambiguità di fondo e le contraddizioni in cui il mastodontico materiale raccolto spesso cade), l’Encyclopédie rappresenta la grande impresa dello spirito illuminista nel tentativo di unificare il sapere e le scienze su basi esclusivamente razionali, facendo quindi convergere in un’unica sintesi lo spirito scettico e laico della cultura libertina, le aspirazioni etico-politiche della borghesia emergente e l’esigenza metodologica delle nuove scienze.
L’idea di un’enciclopedia universale e ragionata aveva permeato in vari modi l’intera Europa settecentesca. I vari lessici e dizionari di cui l’epoca è disseminata (fra cui spicca il Dictionnaire historique et critique, redatto da Pierre Bayle tra 1695 e 1697) sono altrettanti tentativi di esporre un inventario ragionato di tutte le conoscenze umane nella forma di un’enciclopedia. La mancanza fondamentale di questi consisteva però, secondo l’opinione degli stessi enciclopedisti, nell’aver sostanzialmente ignorato le scienze e, di conseguenza, nell’aver reso « insipida » l’impresa (l’espressione è di Diderot). Sebbene difatti l’impresa di Bayle riveli sostanzialmente una concezione negativa della ragione, che non è in grado di sciogliere le dispute ed evitare gli errori, allo stesso tempo con questa e altre opere si era già entrati nell’ottica di una scansione del sapere universale che non fosse frutto di una concezione teologica del sapere, ma puramente razionale. La posizione dominante di un Dio quale garante dell’unità della conoscenza cedeva sempre più il passo a princìpi razionali, ma di matrice naturale, sensistica e materialistica.
Più che un’impresa scientifica, quindi, l’Encyclopédie si innesta nella tradizione enciclopedica precedente già da subito come impresa filosofica, esclusivamente umana, e quindi esplicitamente contrapposta ad ogni forma di sapere metafisico e religioso. Assai illuminante, a questo riguardo, è il celebre excursus sulla tradizione filosofica del Discours préliminaire del d’Alembert: vi si legge l’esplicito richiamo a Bacone, l’esaltazione delle dottrine di Newton e di Locke (colui che ridusse la metafisica « a ciò che doveva essere realmente: la fisica sperimentale dell’anima »), nonché la tendenza a svalutare l’intero pensiero medievale. Nell’Encyclopédie si vengono quindi a modulare l’azione di propaganda politica contro ogni forma di conservatorismo culturale, religioso, politico e l’azione teoretico-filosofica finalizzata ad una radicale ridefinizione dell’intero scibile, in rottura ma, in un certo senso, anche in continuità con la tradizione filosofica dei secoli precedenti.
Gli sviluppi e l'interpretazione
L’enciclopedismo settecentesco, con la sua innegabile e fondamentale funzione di locus di incubazione, discussione e diffusione dell’Illuminismo europeo, rappresenta senza dubbio una delle contingenze storico-intellettuali di maggiore importanza per ricostruire il pensiero dell’epoca moderna.
In particolare, l’Encyclopédie rappresenta l’opera di volgarizzazione del sapere compilata nell’intento di definire una volta per tutte - come segnalarono M. Horkheimer e T. Adorno nella loro Dialettica dell’Illuminismo (trad. ital. del 1980) - l’ambito di dominio incontrastato della ragione, di togliere all’uomo la paura dell’ignoto, di liberare il mondo dalla magia e di rovesciare l’immaginazione in scienza, di recidere l’incommensurabile. Secondo gli autori di questa monumentale opera, in un tale ambito la fede non trova ormai più spazio. Ne ha invece Dio, ormai trasformato dalla metamorfosi deista.
Un evento inatteso sconvolge però i piani dei philosophes: mentre sono intenti a criticare polemicamente la religione positiva e ogni dogmatismo in nome del lume della ragione, un evento, quale la morte di una persona cara, un terremoto devastante, o la stessa Rivoluzione francese, apre una zona d’ombra proprio all’interno di quello che si pensava fosse il dominio incontrastato della ragione, cioè il mondo della natura, la sua spiegazione meccanica, scientifica e razionale. L’impossibilità di spiegare il male incrina quella che si rivela ora essere stata più una fede che una scienza: la fede nella ragione illuminista, nella dea Ragione. Sorto dall’esaltazione dei lumi della ragione, a causa degli accenti marcatamente sensistici e materialistici (con evidenti derive anche scettiche), l’Illuminismo finisce per togliere ai lumi dignità e autonomia, e a rivelare la contraddizione interna ad un movimento che, a fronte di una naturale esigenza di totalità, aveva concentrato tutto il vigore nel senso della rivoluzione e della negazione. La volontà d’intendere il limite (Grenze) come barriera (Schranke), termini portati agli altari della speculazione filosofica da Kant e poi da Hegel, di cui è icona la sofferenza razionale e senza sbocchi del deista Voltaire, troverà nel Romanticismo, attraverso la mediazione del criticismo trascendentale, la sua più netta confutazione.