La Riforma cattolica

 

 

Il problema terminologico

 

Innanzitutto, notiamo come la grande azione della Chiesa cattolica nel periodo storico della Riforma venga il più delle volte, in molti testi, semplicemente catalogata come «Controriforma». Questo termine starebbe ad indicate il fatto che la Chiesa cattolica, a fronte della Riforma protestante, mette in atto una serie di misure per combatterla e limitarne l’influenza.

Tuttavia, l‘opera della Chiesa cattolica nel periodo contemporaneo e seguente la Riforma protestante può essere definito «Controriforma» solo in maniera limitativa e parziale, ed è per questo che a partire soprattutto dagli studi di Hubert Jedin (1900-1980) è stata proposta la categoria sostitutiva o — almeno — complementare di «Riforma cattolica».

La scelta, ovviamente, non è di tipo meramente stilistico, in quanto la terminologia veicola la reale comprensione di buona parte dell’opera delta Chiesa cattolica in almeno tre secoli, perché in effetti, la lettura dello stesso Concilio di Trento (1545-1563) nella sola ottica di riaffermazione della fede cattolica contro il protestantesimo è di fatto riduttiva, in quanto tale Concilio è — prima e innanzitutto — un profondo momento di rinnovamento ecclesiale e di rielaborazione teologica della dottrina cattolica in seno alla stessa Chiesa.

 

Inoltre, il considerare unicamente l’azione di opposizione alla Riforma protestante non rende adeguata ragione di tutta la portata e il valore, anche dal punto di vista prettamente spirituale, di alcuni grandi eventi, quali ad esempio la fondazione di vane congregazioni di chierici regolari, come quella dei Chierici regolari di San Paolo decollato (detti più tardi Barnabiti) nata nel 1530 ad opera di sant’Antonio Maria Zaccaria (1502-1539), dell’ordine dei Cappuccini ad opera di Matteo da Bascio (1495-1552) e di alcuni frati staccatisi dai Francescani osservanti nel 1525 con l’intento di tornare all’osservanza integrale della Regola di San Francesco d’Assisi (1181-1226), e della Compagnia di Gesù per iniziativa di sant’Ignazio di Loyola (1491-1556).

 

Il parlare semplicemente di «Controriforma» non rende poi conto dell’ampio anelito al rinnovamento interno alla Chiesa cattolica e presente già a partire dal tardo Medioevo. Tale anelito ha condotto, verso la fine del XIV secolo — e quindi prima della Riforma di Lutero — alla nascita di movimenti laicali come quello della Devotio moderna, nel cui ambiente è nato quel capolavoro di spiritualità cattolica che è l’Imitazione di Cristo.

 

 

La Riforma cattolica

 

Col termine "riforma cattolica" s’intendono gli sforzi compiuti dalla Chiesa cattolica al suo interno per rendere trasparente la sua dottrina, per assumere la struttura temporale adeguata alla sua missione, per stabilire un contatto con la cultura umanistica trionfante nel secolo XVI.

 

Va affermato che la Chiesa si trova in una situazione di perenne riforma, perché vive nel tempo, cercando di comunicare un messaggio che supera il tempo. Vi sono periodi nei quali la sintesi tra cultura e fede appare adeguata, come avvenne nel secolo XIII, l'epoca di san Tommaso, di Dante, delle cattedrali gotiche, della nascita delle università. È il programma espresso da san Tommaso "fides quaerens intellectum", che rileva come la fede teologale, dono gratuito di Dio, trovi nella ragione umana l'organo che scopre un fecondo accordo tra la rivelazione divina e la ricerca umana. Tuttavia ogni sintesi è precaria perché sorgono continuamente fatti nuovi che pongono in discussione le idee ricevute dal passato.

 

Ma alla Chiesa occorre soprattutto la santità dei suoi membri. Nei secoli XIV e XV, invece, di santi ce ne furono pochi e i grandi Ordini religiosi, specialmente i più antichi, attraversarono un periodo di profondo malessere dovuto a molteplici fattori. La Chiesa assecondò, finché le fu possibile, la nuova cultura umanistica, cercò anzi di catturarla per metterla al servizio della fede, commissionando agli artisti più famosi i nuovi edifici coi loro arredi. I papi, da Pio II a Leone X, furono splendidi mecenati e talvolta umanisti essi stessi, ma così facendo persero il contatto con la religiosità popolare, con le vecchie forme del culto e, alla fine, furono traditi dagli umanisti passati al servizio delle monarchie rafforzatesi sul finire del XV secolo. Il sacco di Roma del 1527 è stato l'evento che ha troncato l'illusione di poter mettere al servizio della Chiesa la nuova cultura. Gli anni tra il 1527 e il 1545, data d’inizio del concilio di Trento, furono spesi nella faticosa ricerca di una strada da imboccare per la riforma cattolica.

 

All'interno della Chiesa cattolica molti, nel XVI secolo, erano desiderosi di attuare una profonda riforma morale e disciplinare. Certamente c'erano abusi in seno al clero cattolico e non erano poche le persone che, nella Chiesa, cercavano una carriera o la sicurezza personale in luogo della santità. Molti pastori avevano finito per trascurare il dovere fondamentale della predicazione.

Da circa un millennio, la riforma dei costumi ecclesiastici era stata il compito precipuo degli Ordini religiosi. Era naturale che i problemi emersi nel secolo XVI conducessero alla formazione di nuovi Ordini che portassero nell'Europa rimasta cattolica una dottrina religiosa rinnovata, preparando il possibile ritorno di coloro che avevano aderito al protestantesimo.

Inoltre c'erano i continenti d'America, Asia e Africa raggiunti allora per la prima volta da una colonizzazione stabile che apriva una promettente prospettiva missionaria, a patto che i membri dei nuovi Ordini sapessero eseguire compiti completamente nuovi.

 

Le caratteristiche che ebbero i nuovi Ordini sono più o meno le seguenti. Erano formati da religiosi colti, pii, predicatori in grado di parlare a gruppi di fedeli diversi tra loro e quindi bisognosi di un messaggio offerto in modo peculiare. L'aumento della popolazione e la sua mobilità rendeva opportuno il servizio negli ospedali, negli asili di mendicità, negli alloggi dei viaggiatori. La crescente richiesta d’istruzione doveva trovare i religiosi pronti ad aprire scuole pubbliche che, di fatto, non esistevano. Date le recenti scoperte geografiche e le nuove rotte oceaniche, i nuovi Ordini dovevano essere missionari, con persone in grado di far propria la mentalità d’uomini appartenenti ad altre culture non necessariamente inferiori a quell’europea. Tutti questi sviluppi divennero urgenti quando si scoprì che anche in Italia e perfino a Roma si erano formati piccoli nuclei d’eretici.

 

La Chiesa, infine, col concilio di Trento affrontò anche sul piano politico la Riforma protestante. Appena divenuto papa Paolo III Farnese nominò alcuni tra gli ecclesiastici più propensi a tentare l'accordo dottrinale coi protestanti. Altri cardinali come Gian Pietro Carafa avrebbero preferito un'intensa azione di riforma promossa dal papato per affermare la centralità dell'ufficio del papa in seno alla Chiesa cattolica, evitando le incognite di una difficile assemblea come quella convocata a Trento.

Terminati i lavori del concilio, con l'aiuto dei nuovi Ordini religiosi, i vescovi si misero al lavoro per applicare i decreti del concilio alle loro diocesi onde riformarle. L'arcivescovo di Milano, Carlo Borromeo, fu in prima linea con una serie di realizzazioni rimaste esemplari.

 

 

Il Concilio di Trento (1545-1563)

 

Il concilio si radunò solo il 13 dicembre 1545 con pochi rappresentanti dell'episcopato: assenti i vescovi tedeschi. L'8 aprile 1546 fu pubblicato il primo decreto De canonicis Scripturis, in cui fu affermata l'autenticità di tutta la Bibbia; si riconobbe l'autorità della Vulgata, ossia la traduzione latina della Bibbia curata da san Girolamo e si riservò alla gerarchia ecclesiastica il compito di spiegare la Sacra Scrittura. Nello stesso decreto fu affermato che la tradizione ecclesiastica, comprendente l'insegnamento vivo della Chiesa, i Padri e il magistero papale, aveva un valore pari a quello della Scrittura.

Più difficile fu l'approvazione del decreto De justificatione perché qui si entrava nel vivo del luteranesimo. L'assemblea, accogliendo la dottrina di san Tommaso, affermò che se la grazia è concessa ai cristiani per effetto dei meriti di Cristo, la salvezza tuttavia non si ottiene senza le opere buone del fedele. Tale decreto fu pubblicato il 13 gennaio 1547 e suscitò la collera di Carlo V, perché vedeva allontanarsi la possibilità di accordo coi luterani. 

 

Il problema affrontato in seguito riguardava i sacramenti - battesimo, cresima, Eucaristia, penitenza, estrema unzione, ordine, matrimonio -. Si affermò che tutti i sacramenti furono istituiti da Cristo e che essi agiscono, secondo il classico insegnamento di sant'Agostino, ex opere operato, ossia indipendentemente dalla dignità del ministro o dalle disposizioni di colui che li riceve. Inoltre si condannò ogni cambiamento nelle modalità di amministrazione dei sacramenti stessi. Il decreto De sacramentis fu pubblicato il 3 marzo 1547.

 

Dopo aver ripetuto che l'Eucaristia andava distribuita sotto una sola specie (il pane), si riconfermò il carattere propriamente sacrificale della Messa, come vero e proprio sacrificio di ringraziamento e di propiziazione che può esser offerto per i vivi e per i defunti. Tra le altre norme fu stabilito l'obbligo di erigere un seminario in ogni diocesi. Infine il decreto sul matrimonio che ribadiva il suo carattere sacramentario, e non di mero contratto, da effettuarsi alla presenza del parroco e di due testimoni. Nella seduta conclusiva del 3 dicembre 1563 fu pubblicato il decreto finale sul purgatorio, le indulgenze, il culto dei santi, delle reliquie e delle immagini sacre. Poi la riforma degli Ordini religiosi e i compiti dei cardinali.

 

I decreti del concilio furono sottoposti all'approvazione del papa Pio IV che li firmò ordinandone la promulgazione e l'applicazione in tutte le diocesi. Alcuni Stati frapposero indugi ma nel complesso l'accoglienza fu favorevole. Sotto Pio V fu pubblicato il Catechismo Romano, fondato sui decreti conciliari, un manuale che ogni parroco era tenuto a commentare nelle omelie domenicali ai fedeli.

 

Importanza del concilio di Trento

I decreti conciliari hanno durevolmente caratterizzato il volto della Chiesa, la disciplina ecclesiastica, gli Ordini religiosi, la formazione del clero, il primato del papa. Le figure che sono meglio delineate sono quelle del vescovo e del parroco. Le qualità che doveva possedere il vescovo vennero, per così dire, esemplificate da Carlo Borromeo; quelle del parroco furono forgiate dal nuovo strumento di formazione deciso a Trento, il seminario, che ripete le esperienze positive fatte dai collegi dei Gesuiti. Carente risultò, invece, la configurazione dei laici: non fu possibile definire la spiritualità propria del laicato, l'importanza del lavoro umano ai fini della salvezza, un'ascetica specifica per chi vive nel mondo senza seguire gli esempi monastici che in qualche caso potrebbero essere fuorvianti.


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