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non c’è una teorizzazione originale del problema, ma divulgano dottrine antiche; importanza dell’Ars poetica di Orazio e del suo adagio miscere utile dulci, cioè contemperare finalità edonistiche e pedagogiche;
si afferma il principio di imitazione nei confronti degli antichi, cioè « ricerca dell’originalità attraverso l’imitazione-emulazione degli antichi » (Guglielmino). Si stempera il principio di autorità medievale;
dagli artisti la natura non è più considerata entità allusiva di Dio, ma è vista come oggetto di indagini e di esperimenti. L’uomo è considerato all’interno della Natura e come suo dominatore; si riscontra una universale « simpatia » fra l’Uomo e il Mondo;
infatti proprio a partire dalla bellezza delle realtà sensibili l’uomo può innalzarsi a Dio: la Natura contiene « impressioni » dell’armonia divina (ma cfr. anche S. Tommaso che vive nell'epoca precedente e arriva a conclusioni simili);
compito dell’artista è farle emergere; diviene così un sacerdote del divino, capace così di far vedere nella Bellezza naturale la Bellezza di Dio. Da ciò deriva la costante ricerca della misura, della proporzione, dell’equilibrio armonico, ...
ne è segno evidente la (ri-)scoperta della prospettiva come ri-creazione del dominio dell’uomo sul mondo;
dal principio di imitazione deriva lo sperimentalismo all’interno dei generi letterari. Si rielaborano quelli tradizionali, se ne inventano di nuovi: i cantari sono rinnovati nel poema epico-cavalleresco. Sannazzaro inventa il romanzo pastorale. Rinnovati anche i sonetti burleschi;
predominano il dialogo ( Galilei ), l’epistola, l’ orazione, il trattato (Machiavelli e Guicciardini). Nella poesia lirica resta dominante il modello petrarchesco;
nel ‘400 prevale l’uso del latino sul volgare, riservato alla vita pratica e civile (tribunali ) e nelle opere destinate al largo pubblico ( prediche, cantàri, ...) . Dalla metà del ‘400 si diffonde a livello nazionale la lingua cortigiana, fondata su un volgare depurato dal dialetto e influenzato dal latino.