Recensione

 

La mente colorata. Ulisse e l'Odissea

Pietro Citati

Mondadori, 2002, p. 322, Euro 17,60

 

Ulisse, "l'uomo dalla mente dai mille colori", variegato, multiforme, metamorfico, fatto di mille frammenti e di mille volti che si volgono da tutte le parti come il polpo a cui assomiglia. L'eroe più conosciuto dell'epica occidentale diventa, in questo libro di Pietro Citati, un universo da scoprire. L'archetipo di Ulisse è Ermes: le sue qualità sono quasi tutte ermetiche. Ama il viaggio, la fuga, la curiosità, la magia, la recitazione, l'inganno, l'artigianato, le frontiere; e, come Ermes, frequenta l'Ade. Nessuno è più mobile di lui: persino i suoi capelli cambiano, ora biondi ora scuri come il giacinto. La sua natura è la più vasta, intricata e inestricabile che abbiamo mai conosciuto. Per avvicinarla, occorre la 'scienza dei grandi segni' di Penelope: la scienza di quel 'signore delle connessioni' che è Omero, o meglio il 'secondo Omero', che ha scritto l'"Odissea". Nell'"Odissea" non traspare mai, o quasi mai, una struttura semplice o lineare: un motivo viene proposto, poi un altro motivo occupa la superficie, finché a distanza di centinaia di versi il primo motivo riappare, quindi riaffiora il secondo, e un terzo, un quarto, obbedendo a un sottilissimo principio sinfonico: un'arte che i romanzieri dell'Ottocento, da Goethe a Tolstoj a Proust, hanno appreso senza saperlo dagli inizi della letteratura occidentale. A questo principio sinfonico risponde anche il libro di Citati. Facendo proprio il gioco di rinvii del 'secondoOmero', egli attraversa temi, luoghi, personaggi ascoltandone gli echi, i rimandi, le lunghe vibrazioni, e svelando le selve di enigmi dietro ogni immagine e parola: dalla venerabile Calipso, regina del centro e dea antichissima, che conserva nella voce il suono terrificante delle divinità titaniche, ai 'doppi' Feaci, abitanti di un mondo intermedio tra l'età dell'oro e quella moderna; da Polifemo, esponente di una civiltà bestiale-umana per sempre defunta, alle Sirene, nelle cui seduzioni irresistibili sono celati i poli dell'"Odissea", la memoria e l'oblio. Un tempo, ricorda Citati, i Greci, gli dei, gli eroi e gli uomini vivevano insieme. Ma nell'"Odissea" questa condizione beata è giunta al tramonto: Ulisse non appartiene più al tempo eroico dell'"Iliade", ma al nostro. Sebbene la sua vita non sia concepibile senza l'intervento divino, gli dei sono ormai lontani. Ulisse è soltanto un uomo. Mentre gli altri guerrieri sognano di ripetere le gesta e il destino tragico di Achille, Ulisse si adatta, si piega, accetta i limiti e impara a superarli. Ritornato a ltaca, insegna a Telemaco la sua arte del vivere: la sopportazione e le parole di miele, che trasformano la nostra miseria, l'ombra del nostro sogno, in una costruzione armoniosa. Nata sotto il segno di Ermes, l'"Odissea" si conclude sotto il segno di Apollo. Nella molteplicità delle rifrazioni e dei rispecchiamenti, Pietro Citati si muove con gli occhi precisi e acuti del suo personaggio, sottintendendo con affabile sapienza l'infinito mosaico delle interpretazioni. Alla fine, con l'onda di quel mare dove Ulisse ha tanto viaggiato e sofferto e amato, ci porta un nuovo eroe e un nuovo mito, così prossimi a noi. Con uno scritto di Marcel Detienne.

 


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