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Novalis (il cui vero nome era Friedrich von Hardenberg) nacque nel 1772 e morì, appena ventinovenne, nel 1801, consunto dalla tubercolosi. Fu considerato la voce poetica più pura del Romanticismo e, insieme, fu anche pensatore (sebbene sotto questo aspetto fosse di gran lunga inferiore).
Il pensiero di Novalis, quale si esprime soprattutto nei Frammenti, ha il suo fulcro di novità nel cosiddetto "Idealismo magico" (Fichte oppone al Realismo l'Idealismo gnoseologico-metafisico). Il realista fa dell'oggetto il prius e da esso cerca di derivare il soggetto; l'idealista, invece fa dell'Io e del soggetto il prius e cerca di derivare da esso l'oggetto. Analogamente, per Novalis, che accolse Fichte, trasformandolo secondo le sue esigenze, il Realismo magico era l'antico naturalismo occultistico, ossia quello che vedeva la magia prevalentemente nell'oggetto; l'Idealismo magico è, invece, la nuova concezione che vede nell'inconscia attività produttrice dell'Io che genere il non-io la vera magia. La nuova concezione idealistica della realtà è dunque la vera concezione magica, perché mostra come tutto derivi dallo spirito e quindi come lo spirito domini su tutto e sia potere sovrano assoluto. "Io = non-io: tesi suprema di ogni scienza": ecco il principio che sta alla base dell'"Idealismo magico".
Si comprende, pertanto, la massima che compendia il significato del romanzo I discepoli di Sais: "Arrise ad uno di sollevare il velo della dea di Sais. E bene, che vide? Vide - meraviglia delle meraviglie - se stesso".
Nella natura e nella Divinità, così nell'Io, c'è l'identica forza, l'identico spirito.
La filosofia è magia; ma ancor più lo è l'arte. La poesia coglie veramente l'assoluto: "La poesia è il reale veramente assoluto. Questo è il nocciolo della mia filosofia".
Su questo concetto è costituito il romanzo (incompiuto) Enrico di Ofterdingen in cui sogno e realtà si mescolano, così come la prosa e la poesia. Si tratta di un "romanzo di formazione" o "pedagogico", in cui il portagonista si forma attraverso varie esperienze e incontri, e in cui il sostrato magico del reale, la fiaba, il sogno e la poesia risultano essere la verità.
Già dalla prima pagina appare in sogno al protagonista il "fiore azzurro", che gli sfugge proprio quando sembra essergli più vicino, che è simbolo di quel "non so che" sempre agognato e sognato e mai raggiunto: il "fiore azzurro" è la raffigurazione visiva della romantica Sehnsucht (struggimento), che in questo romanzo raggiunge espressioni paradigmatiche.
Novalis passò, però, dall'Idealismo magico ad una visione ispirata al Cristianesimo e diede inizio ad una rivalutazione radicale del Medioevo cattolico (nel saggio La Cristianità o L'Europa) in cui vedeva realizzata quella felice unità distrutta di Lutero, considerato in un certo senso precursore dell'aborrito, aridissimo e sterile intellettualismo illuministico. "Erano belli, splendidi tempi quelli in cui l'Europa era una terra cristiana", così inizia il saggio, che colse di sorpresa gli stessi Schlegel e che era destinato a dare un grande impulso alla rivalutazione romantica del Medioevo.
Al cristianesimo egli piegò quindi lo stesso messaggio greco, che pure riteneva altissimo messaggio di serenità e di armonia. Quell'armonia, però secondo Novalis, senza il messaggio cristiano, che solo sa spiegare il senso della morte, non basterebbe. In uno degli Inni alla Notte egli fa quindi venire dall'Ellade un cantore (che simboleggia lui stesso) a venerare il Cristo venuto al mondo: "Da una costa lontana nato sotto il sereno cielo dell'Ellade, venne un cantore in Palestina e offerse tutto il suo cuore al fanciullo miracoloso", a quel fanciullo che dava nuovo senso alla morte palesandoci la "vita eterna".
La "notte" degli Inni è un importante simbolo: è l'antitesi di quella gretta "luce" dell'intelletto illuministico, che illumina parvenze, mentre la Notte è l'Assoluto (si tratta di una ripresa della celebre metafora della "notte" cara ai mistici). E in questi Inni la croce di Cristo si erge trionfalmente, simbolo di vittoria sulla morte: "Incombustibile sta la croce di Cristo si erge trionfalmente, della nostra stirpe": simbolo trionfale, perché sola sa dare il giusto aiuto nel dolore e nell'angoscia, e perché sola, come già si è detto, sa spiegare il senso della morte.
Testi di Novalis: