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I protagonisti sono i due promessi sposi e ricorrono ad aiutanti, quali il padre Cristoforo nella prima parte e il cardinale federigo Borromeo nella seconda.
Antagonisti (definiti anche come 'oppressori') sono don Rodrigo e, almeno in qualche capitolo, l'Innominato; anche loro hanno aiutanti, che sono prima don abbondio, poi Gertrude.
La dialettica fra Bene e Male conosce una svolta, quando l'Innominato passa dalla parte degli oppressori a quella dei protettori.
Lo schema di Fido mette in evidenza un sistema perfettamente equilibrato, basato su coppie fondate sul principio di somiglianza e su quello di opposizione.
somiglianza
vittime
Renzo e Lucia
protettori
padre Cristoforo e cardinale Borromeo
oppressori
don Rodrigo e Innominato
aiutanti
don Abbondio e Gertrude
opposizione
Renzo
<==>
don Rodrigo (don Abbondio)
Lucia
<==>
Innominato (Gertrude)
padre Cristoforo
<==>
don Rodrigo
cardinale Borromeo
<==>
don Abbondio
Facile distinguere altre coppie, sempre perfettamente equilibrate fra loro
eclesiastici | laici | |
umili | ||
nobili |
Quindi l'intero romanzo è costruito su un sistema binario di pesi e contrappesi. Serve a comunicare un chiaro messaggio, che è giocato interamente sul contrasto fra Bene e Male e che coinvolge tutti i piani del vissuto contemporaneo.
I protagonisti presentano caratteri e caratterizzazioni differenti.
Renzo
Renzo è sempre per strada, a contatto con la gente; è estroverso, impulsivo e generoso, pronto a lottare contro tutti i tipi di sopruso. È un «eroe cercatore» (definizione di Ezio Raimondi), sempre in azione per raggiungere il proprio oggetto del desiderio. Ha uno spiccato senso pratico e capacità di uscire dalle difficoltà; fondamentale è per lui l'esperienza diretta e una non profonda capacità riflessiva.
Attraverso tante peripezie, che culminano nella descensio ad Inferos che è il suo ingresso nel lazzeretto (cap. XXXV riassunto), Renzo si formerà moralmente e socialmente (da operaio diventerà imprenditore): sotto tale profilo I promessi sposi sono un Bildungsroman, cioè un romanzo di formazione.
Lucia
È, invece, un personaggio domestico, per cui il suo spazio è la casa o comunque un interno; quando è all'esterno appare timorosa e impacciata, incapace di rinunciare ad un aiuto materno. Non è però una figura debole: ha una volontà forte che sa essere coraggiosa al momento giusto (dialogo con l'Innominato - cap. XXI riassunto), ha capacità di iniziativa (astuzia delle noci con fra Galdino - cap. III riassunto); ha l'abitudine all'introspezione, che la rende capace di intuire il dramma tutto interiore dell'Innominato; non tace i suoi sentimenti, che sono però femminilmente lasciati in ombra, ma sono esistenti e forti.
In lei la dimensione esistenziale ha sempre il sopravvento su quella sociale.
È esemplare per l'atteggiamento di 'abbandono' nei confronti della volontà di Dio: non è passività davanti ai piani imperscrutabili, ma è prfonda decisione e ferma volontà per aderire a quanto Dio comanda attarverso i suoi uomini e attraverso le vicende, semplici o straordinarie che siano. Sotto quest'aspetto non è difficile ravvisare un parallelo con la figura di Piccarda Donati, nel terzo canto del Paradiso dantesco.
Padre Cristoforo
È un eroe alfieriano o foscoliano che ha ormai deposto l'astrattezza per scontrarsi con la dimensione realistica e pragmatica: l' «ideale» vuole calarsi nel «reale».
I precetti che segue e che insegna sono dettati dall'abbandono fiducioso alla volontà di Dio, mentre i gesti sono impetuosi e immediati, tipicamente romantici. Tale apperente dicotomia è, invece, perfettamente coerente con la propria vicenda personale (cap. IV): in Cristoforo restano i tratti morali migliori e le caretteristiche psicologiche di Ludovico, ora però perfettamente armonizzate e orientate al perseguimento della volontà di Dio.
L'Innominato
Le parole di Lucia sono strumento per la grazia di Dio, che stimola e porta a compimento un processopsicologico già avviato nell'interiorità del personaggio. Anche in lui, come per padre Cristoforo, rimane l'impeto romantico dell'uomo vecchio, che però è ora orientato a fare del bene: quella che era autorità nel male diventa autorità nel bene, e quindi salvezza.
C'è molto del Napoleone del Cinque maggio, la cui grandezza è insita non nel successo terreno, ma nell'aver cercato e seguito la volontà di Dio.
Don Rodrigo
Per questo stesso motivo don Rodrigo è invece un tirannello mediocre, e rimane un'anima «lasciat a metà» dall'autore, per quanto la sua salvezza eterna. Solo una volta Manzoni ne adotta la prospettiva (quando è colpito dalla peste) e di solito se ne distacca polemicamente.