Le figure femminili

 

Caratteristica comune delle donne della Commedia è quella di rappresentare dei prototipi, pur conservando una precisa e inalterabile individualità. Questo in virtù della potenza straordinaria della poesia dantesca che sa connotare un personaggio e nel contempo frane una figura universale.

Troviamo quindi le regine e le borghesi, le nobildonne adultere e le fanciulle che riparano in convento, le vedove disamorate e quelle che perseguono un migliore status sociale.

Dante spesso mette in evidenza con drammatico realismo la figura della donna come vittima di violenze operate in famiglia.

 

Francesca da Rimini (If V 88 - 142) è relegata nel secondo cerchio dell'Inferno, tra i lussuriosi, perché, innamorata del cognato Paolo, ha tradito il marito Gianciotto Malatesta. Il suo atteggiamento nei confronti di Dante rivela un animo sensibile e gentile, ma dimostra di sapere benissimo la colpa e la gravità del peccato commesso.

 

Pia dei Tolomei (Pg V 130 - 136) è uccisa dal marito Nello dei Pannocchieschi, che la scaraventa giù dalla torre del suo castello in MAremma, non si sa bene per quale causa.Pia si trova fra i negligenti (nell'Antipurgatorio), morti di morte violenta, Non vuole vendetta e rappresenta l'innocente colpita da violenza cieca e disumana.

 

Piccarda Donati (Pd III 49 - 108) è vittima della violenza del fratello Corso. Infatti, per rafforzare la fazione, l'arrogante capo dei Guelfi neri di Firenze la fa rapire dal convento di Santa Chiara dove la fanciulla si è volontariamente rinchiusa nella speranza di evitare il matrimonio. Costretta a sposare Rossellino della Tosa, muore poco dopo le nozze.

 

Il prototipo della buona moglie è Nella (Pg XXIII 87 - 96), che il marito, Forese Donati, incontrato da Dante tra i golosi, gratifica di appellativi affettuosi. La povera donna non si consola della perdita del consorte, ma piange e prega per la sua anima, al punto da evitargli, con tutti quei suffragi, gli anni di antipurgatorio che si meriterebbe come peccatore impenitente sino all'ultima ora della sua vita.

 

In non pochi passi della Divina Commedia Dante non esita a mostrare una certa misoginìa, che rientra a pieno nella sua volontà di stigmatizzare la corruzione dei buoni costumi di un tempo, che si manifesta nel portamento e nel comportamento proprio delle donne.

 

Beatrice è la santa, una figura sublimata, ricordata da Virgilio già nel canto II dell'Inferno per aver impostato tutto il processo esistenziale e narrativo che porterà Dante alla salvezza dopo aver visto e 'vissuto' l'intero mondo ultraterreno.

 

       Io era tra color che son sospesi, 
e donna mi chiamò beata e bella, 
tal che di comandare io la richiesi. 
       Lucevan li occhi suoi più che la stella; 
e cominciommi a dir soave e piana, 
con angelica voce, in sua favella: 
       "O anima cortese mantoana, 
di cui la fama ancor nel mondo dura, 
e durerà quanto ’l mondo lontana, 
       l’amico mio, e non de la ventura, 
ne la diserta piaggia è impedito 
sì nel cammin, che volt’è per paura; 
       e temo che non sia già sì smarrito, 
ch’io mi sia tardi al soccorso levata, 
per quel ch’i’ ho di lui nel cielo udito. 
       Or movi, e con la tua parola ornata 
e con ciò c’ha mestieri al suo campare 
l’aiuta, sì ch’i’ ne sia consolata. 
       I’ son Beatrice che ti faccio andare; 
vegno del loco ove tornar disio; 
amor mi mosse, che mi fa parlare. 
       Quando sarò dinanzi al segnor mio, 
di te mi loderò sovente a lui". 
Tacette allora, e poi comincia’ io: 
       "O donna di virtù, sola per cui 
l’umana spezie eccede ogne contento 
di quel ciel c’ha minor li cerchi sui, 
       tanto m’aggrada il tuo comandamento, 
che l’ubidir, se già fosse, m’è tardi; 
più non t’è uopo aprirmi il tuo talento. 
       Ma dimmi la cagion che non ti guardi 
de lo scender qua giuso in questo centro 
de l’ampio loco ove tornar tu ardi". 
       "Da che tu vuo’ saver cotanto a dentro, 
dirotti brievemente", mi rispuose, 
"perch’io non temo di venir qua entro. 
       Temer si dee di sole quelle cose 
c’hanno potenza di fare altrui male; 
de l’altre no, ché non son paurose. 
       I’ son fatta da Dio, sua mercé, tale, 
che la vostra miseria non mi tange, 
né fiamma d’esto incendio non m’assale. 
       Donna è gentil nel ciel che si compiange 
di questo ’mpedimento ov’io ti mando, 
sì che duro giudicio là sù frange. 
       Questa chiese Lucia in suo dimando 
e disse: - Or ha bisogno il tuo fedele 
di te, e io a te lo raccomando -. 
       Lucia, nimica di ciascun crudele, 
si mosse, e venne al loco dov’i’ era, 
che mi sedea con l’antica Rachele. 
       Disse: - Beatrice, loda di Dio vera, 
che‚ non soccorri quei che t’amò tanto, 
ch’uscì per te de la volgare schiera? 
       non odi tu la pieta del suo pianto? 
non vedi tu la morte che ’l combatte 
su la fiumana ove ’l mar non ha vanto? - 
       Al mondo non fur mai persone ratte 
a far lor pro o a fuggir lor danno, 
com’io, dopo cotai parole fatte, 
       venni qua giù del mio beato scanno, 
fidandomi del tuo parlare onesto, 
ch’onora te e quei ch’udito l’hanno". 
       Poscia che m’ebbe ragionato questo, 
li occhi lucenti lagrimando volse; 
per che mi fece del venir più presto; 
       e venni a te così com’ella volse; 
d’inanzi a quella fiera ti levai 
che del bel monte il corto andar ti tolse. 

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A livello narrativo compare sulla cima del Purgatorio e, dopo aver sostituito Virgilio come guida di Dante, lo accompagna lungo tutto il Paradiso proprio impersonando una figura materna paziente e attenta, quale simbolo della fede (Pg XXX 28 - 145).

Nonostante il ruolo simbolico viene rappresentata come una creatura vera, affascinante, dal carattere forte, consapevole della missione che deve compiere. Naturale che Dante provi per lei nuovamente quell'amore appassionato che l'ha scosso in gioventù, ma che ora si traduce in sentimento di venerazione.

 

La sublimazione della femminilità la ritroviamo in Maria, la donna per eccellenza, che viene presentata in tutto il suo splendore, legato alla sua umiltà, nella preghiera di S. Bernardo nel XXXIII del Paradiso.

 


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