Il Paese
Le prime testimonianze relative al centro abitato risalgono
al periodo medievale come dimostra la cartografia più antica
che indica il paese nei pressi della Via Turresa e nelle vicinanze dell'antica
città di Sorra. Le origini medievali di Torralba sono ancora
ben leggibili nella morfologia urbanistica del centro storico, adattatosi
alle esigenze orografiche e di esposizione. Il paese conserva ancora
qualche esempio tipico di abitazione rurale dalla caratteristica facciata
bicroma per via dell' utilizzo della pietra pomice (pedra fumiga ) dalle
tonalità di colore che vanno dal violaceo al nero ed il bianco
calcare.
Le case del centro storico si affacciano su viuzze più o meno
tortuose che continuano poi in slarghi e punti di sosta. E' facilmente
intuibile come questi spazi esterni siano stati una ricchezza per gli
abitanti, costituivano infatti sia propaggini delle abitazioni o luoghi
di lavoro, ma assolvevano anche all' importante funzione di ritrovo
comunitario.
Davanti all'uscio delle case scalini e appositi sedili in pietra (sas
pezzas) costituivano le sedute per trascorrere la pausa pomeridiana
e delle prime ore della sera, durante la bella stagione, in compagnia
dei vicini di casa (sos carrelarzos o sos bighinos). Per secoli questi
spazi esterni hanno rappresentato uno dei principali contesti in cui
si trasmetteva la cultura orale.
Torralba è un paese di passaggio, si sviluppa infatti lungo il
tracciato della vecchia Carlo Felice.
Benché posto a un'altitudine di media collina, l'abitato di Torralba
è adagiato in una valle quasi perfettamente pianeggiante, tutta
solcata da torrentelli e così ricca di sorgenti da aver ricevuto
nel Medioevo, e da portare tuttora, il nome di Caputàbbas (o
Cabu Àbbas, in logudorese s'abba è l'acqua). Fu certo
questo uno dei fattori che determinarono, in epoca nuragica, una densità
di insediamenti che ha pochi termini di paragone in tutta l'isola: ribattezzato
Valle dei Nuraghi, il territorio di Torralba comprende, su una superficie
di poco più di trentacinque chilometri quadrati, non meno di
una trentina di nuraghi e di una decina di altre emergenze archeologiche
dello stesso periodo. Questa eccezionale concentrazione di edifici preistorici
può essere contemplata, con un colpo d'occhio davvero superbo,
dalla "Reggia" di Santu Antine, il più imponente complesso
nuragico di tutta la Sardegna dopo quello di Barumini, nel cagliaritano.
In tutta quest'area che fiancheggia la Carlo Felice, da millenni principale
via di comunicazione fra il nord e il sud dell'isola, furono intense
dapprima la presenza fenicio-punica, poi la colonizzazione romana, che
stimolò la spiccata vocazione agricola del territorio. Le vicende
di Torralba nel Medioevo non si discostano da quelle dei centri vicini:
parte, in età giudicale, della curatoria di Caputàbbas,
divenne dopo la conquista aragonese sede di marchesato. Negli ultimi
decenni, seguendo un destino comune a quasi tutto il Meilogu, la popolazione
ha abbandonato le tradizionali attività agricole a favore dell'allevamento.
Al visitatore si consiglia, dopo aver visitato il Museo e la chiesa
di Santa Croce, di addentrarsi verso l'antico centro sino ad arrivare
alla parrocchia di San Pietro Apostolo risalente al XVII sec., per poi
proseguire verso la fonte e il lavatoio situati in prossimità
della campagna vicino alla strada panoramica che conduce alla chiesa
di Sant'Antonio, è l'interessante Museo della Valle dei Nuraghi,
aperto nel 1988 per valorizzare lo straordinario patrimonio archeologico
del comune. Nel territorio la bella chiesa romanica di Nostra Signora
di Cabu Àbbas e quella secentesca di Sant'Antonio Abate.
La storia
l territorio del Comune di Torralba è una tipica
area di media collina formata da ampie vallate circondate da modesti
rilievi di natura vulcanica. Nelle zone basse scorrono alcuni corsi
d'acqua alimentati da ricche sorgenti. L'abbondanza d'acqua, il clima
mite e la fertilità del terreno hanno favorito l'antropizzazione
nel luogo sin dalla Preistoria. Varie culture si sono avvicendate, nel
corso dei secoli, in questo territorio. Le prime testimonianze risalgono,
secondo le ricerche sinora condotte, al Neolitico Recente (3.500-2.700
a. C.) come dimostrano gli ipogei (o domus de janas: case delle fate,
nell' immaginario popolare) di Su Siddadu e di Santu Jorzi, scavati
in un costone calcareo nei pressi della S.S. Carlo Felice e quelli di
Nughedu situati sotto l'altipiano di San Pietro di Sorres. Dello stesso
periodo è anche il Dolmen Su Crastu Coveccadu nelle vicinanze
del Rio Tilchiddesu.
Le testimonianze più prestigiose sono tuttavia quelle del Periodo
Nuragico che si collocano dall'Età del Bronzo Medio fino agli
inizi dell'Età del Ferro (XVII-VIII/VII sec. a.C.). In un1area
di 36.75 Kmq., denominata appunto Valle dei Nuraghi, sono presenti i
resti di circa 30 nuraghi e 10 tombe dei giganti. Questa eccezionale
concentrazione di testimonianze preistoriche può essere contemplata
dalla Reggia Nuragica di Santu Antine che costituisce uno dei monumenti
megalitici più importanti del Mediterraneo Occidentale.
Durante il periodo fenicio-punico il luogo doveva avere una frequentazione
commerciale piuttosto che abitativa, mentre numerose sono le testimonianze
relative all'età romanica, sia di epoca repubblicana che imperiale.
In periodo romano la zona era interessata da due importanti direttrici
viarie che univano Karales (Cagliari) al sud della Sardegna con Turris
Libisonis (Porto Torres) e Terranova (Olbia) rispettivamente a Nord-Ovest
e a Nord-Est.
Ne sono testimonianza 16 pietre miliari attualmente collocate nel "giardino
dei miliari" del Locale Museo della Valle dei Nuraghi. In età
giudicale Torralba apparteneva alla curatoria di Cabu Abbas facente
capo alla diocesi di Torres; dopo la conquista aragonese divenne sede
di marchesato.