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Magnetismo della Terra
La Terra nel suo insieme si comporta come un enorme magnete. Il campo magnetico terrestre può essere descritto in modo semplice pensando di porre al centro del pianeta una calamita a barra, il cui asse sia inclinato di circa 11° rispetto all'asse di rotazione terrestre. Benché gli effetti del geomagnetismo fossero utilizzati già da molto tempo nelle bussole più antiche, i primi studi scientifici su questa proprietà del nostro pianeta vennero compiuti intorno al 1600 dal fisico e filosofo britannico William Gilbert.
Poli magnetici
I poli magnetici della Terra non coincidono con quelli geografici: il Polo Nord magnetico attualmente si trova al largo delle coste occidentali delle isole Bathurst, nei Territori del Nord-Ovest canadesi, quasi 1290 km a nord-ovest della baia di Hudson. Il Polo Sud magnetico si trova invece sul bordo del continente antartico, nella zona di Adélie Land, circa 1930 km a nord-est di Little America. Le posizioni dei poli magnetici non sono fisse ma si spostano in modo apprezzabile da un anno al successivo. Le variazioni del campo magnetico terrestre comprendono una variazione secolare periodica, che produce cambiamenti di direzione del campo stesso e si ripete ogni 960 anni circa, e una variazione di minore entità, che produce effetti giornalieri rilevabili solo con strumenti molto sensibili.
Teoria della dinamo
Le misure della variazione secolare mostrano che il campo magnetico complessivo tende a spostarsi verso occidente a una velocità compresa tra i 19 e i 24 km all'anno. Chiaramente il magnetismo della Terra è il prodotto di una situazione dinamica che può essere spiegata supponendo che il nucleo esterno di ferro sia liquido (eccetto che al centro, dove l'enorme pressione determinerebbe la transizione allo stato solido) e che le correnti convettive all'interno di esso si comportino come le spire di una dinamo, generando un intenso campo magnetico. La parte interna, solida, del nucleo ruoterebbe più lentamente della parte esterna, spiegando lo spostamento secolare verso ovest. La superficie irregolare del nucleo esterno spiegherebbe poi alcune delle altre variazioni minori del campo magnetico.
Intensità del campo
Lo studio dell'intensità del campo magnetico terrestre è importante per la localizzazione delle risorse minerarie. Le misure di intensità si effettuano con strumenti detti magnetometri, che possono determinare l'intensità totale del campo e anche quella delle componenti orizzontale e verticale. Le misure mostrano che l'intensità del campo è diversa in luoghi differenti della superficie terrestre; nelle zone temperate, essa è di circa 48 A/m.
Paleomagnetismo
Gli studi delle antiche rocce vulcaniche permettono di trarre informazioni sulle condizioni del campo magnetico terrestre nelle ere geologiche passate. Tali rocce, infatti, durante il processo di raffreddamento conservano una magnetizzazione propria, indotta dal campo magnetico locale presente al momento della loro formazione, e quindi contengono tracce del magnetismo del passato. Le misure in diversi luoghi della Terra evidenziano che l'orientamento del campo nelle varie ere geologiche mutò rispetto ai continenti, benché si supponga che perfino l'inclinazione dell'asse di rotazione terrestre sia rimasta la stessa. Il Polo Nord magnetico, ad esempio, 500 milioni di anni fa era situato a sud delle isole Hawaii, e per i successivi 300 milioni di anni l'equatore magnetico si trovò a passare per gli Stati Uniti. Questa migrazione dei poli magnetici costituisce una delle prove della validità della teoria della deriva dei continenti.
Inversioni del campo
Studi recenti del magnetismo residuo nelle rocce e delle anomalie magnetiche dei fondi oceanici dimostrano che negli ultimi 100 milioni di anni si verificarono almeno 170 inversioni di polarità del campo magnetico terrestre. La conoscenza di queste inversioni, che possono essere datate per mezzo degli isotopi radioattivi contenuti nelle rocce, ha una grossa influenza sulle teorie della deriva dei continenti e dell'espansione dei fondi oceanici.
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