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Olocausto:Testimoni
di Geova;
RACCONTO DI MAX, UN SUPERSTITE
Ansa
17:36 13 Gennaio 2001
ZNCC0746/SXR WIN60305 R CRO SOB 841 QBXH OLOCAUSTO: TESTIMONI DI GEOVA; RACCONTO DI MAX, UN SUPERSTITE |
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(ANSA) - Milano, 13 Gen- "Le SS mi concedettero di portare
sulle spalle fino al forno crematorio il corpo del mio vecchio padre e di
adagiarlo su una montagna di cadaveri". Così ricorda Max Liebster, un
arzillo vecchietto tedesco quasi novantenne, scampato ai campi di sterminio
nazisti dove era stato rinchiuso perché ebreo e poi testimone di Geova.
Non c'è odio, ma tanta tristezza, negli occhi e nelle parole di Max mentre accanto la moglie, Simone anche lei Testimone e anche lei imprigionata appena undicenne assieme alla madre e al padre per il suo credo religioso, ricorda le sue vicende di prigioniero per questa sua doppia 'colpa', votato a morte sicura e salvato dalla fortuna o dal caso e da una ignota SS. Testimonianza raccontata nel corso di un convegno organizzato oggi a Milano per ricordare il sacrificio di 2 mila testimoni di Geova nei campi di sterminio nazisti, su 10 mila imprigionati con l'accusa di non voler prendere le armi e di non voler in alcun modo avere a che fare con il regime di Hitler e i primi a denunciarne le nefandezze. "Non molti in questa tremenda contabilità, 2 mila morti di cui 300 giustiziati perché obbiettori di coscienza - raccontano Max e Simone - ma sicuramente tra quelli trattati peggio e forse anche tra i più temuti dai nazisti proprio per la nostra incrollabile fede". "Sopravvissuti a questa tragedia sono disposti a perdonare i loro aguzzini? "Il perdono è un fatto personale, intimo - rispondono assieme - chi chiede il perdono e chi lo concede è un uomo coraggioso, ma il perdono non cancella la storia che è lì per insegnarci a non ripetere più gli stessi errori". "Appunto per non dimenticare oggi è stato organizzato questo convegno a Milano e a Washington, negli USA, i testimoni di Geova stanno lavorando ad un museo che "sia di monito ai giovani perché la storia non si ripeta e per onorare la memoria dei morti". Nei campi, Max Liebster è stato in cinque diversi, come i suoi confratelli doveva portare sulla casacca di prigioniero il triangolo viola che individuava i Testimoni di Geova distinguendoli dagli ebrei (stella gialla) dai politici (triangolo rosso), dai delinquenti (verde) e dagli omosessuali (rosa); sul braccio ha ancora tatuato il numero di matricola che mostra quasi con orgoglio, mentre la moglie ricorda come, bimba di 11 anni, fu rinchiusa in un "collegio" dove per due anni non ha potuto parlare con nessuno, quasi sempre scalza e con pochissimo cibo, al mattino a scuola e il pomeriggio a lavorare tagliando tronchi e radici. Quando la madre fu liberata e si incontrarono nessuna delle due riconobbe l'atra tanto erano deperite e stravolte. (ANSA).
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