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Recensione del libro
"'I testimoni di Geova furono sempre i
più coraggiosi'
Persecuzione e resistenza dei Testimoni di Geova
durante il Nazionalsocialismo" di Hans Hesse
Pubblichiamo con l'autorizzazione dell' prof. Michael Krenzer, la sua
recensione al libro.
Fonte originale in tedesco: http://hsozkult.geschichte.hu-berlin.de/rezensio/buecher/1999/krmi0399.htm
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Recensione sul libro di Hans Hesse
"'Am mutigsten waren immer wieder die Zeugen Jehovas': Verfolgung und Widerstand der Zeugen Jehovas im
Nationalsozialismus" ["'I Testimoni di Geova furono sempre i più coraggiosi':
Persecuzione e resistenza dei Testimoni di Geova durante il Nazionalsocialismo"];
Bremen: Edition Temmen 1998, 450 S., ISBN: 3-86108- 724-3;
DM 48. (48.000 lire)
Recensione del Dottor Michael Krenzer
14.03.99
"I Testimoni di Geova furono sempre i più coraggiosi" - con queste parole la prigioniera comunista Gertrud Keen descrisse il comportamento delle "Bibelforscherinnen"(1) nel campo di concentramento di Moringen. L'autore Hans Hesse ha scelto questa citazione come titolo per la sua documentazione sulle persecuzioni e la resistenza dei testimoni di Geova. Ciò si adatta doppiamente, in quanto si collega a due principali filoni contenuti nel volume:
Innanzitutto molte vittime dei Campi di Concentramento trovarono il comportamento dei Testimoni di Geova imprigionati evidente e inusuale. Le testimonianze ammirano unanimemente la forza nella fede e l'equilibrio interiore, il coraggio e la resistenza, nonché la solidarietà e disponibilità di aiutare da parte dei Testimoni prigionieri. Talvolta, questa ammirazione si mescola alla incapacità di comprendere le ragioni di questa indomabile forza. Hanns Lillje vescovo della Chiesa Evangelica-Luterana di Hannover constatò nel 1947 che nessun'altra comunità cristiana ebbe un numero di vittime paragonabile.
D'altra parte, in maniera sorprendente, per lungo tempo nella ricerca storica(2) questo riconoscimento rimase per lungo tempo assente: i Testimoni di Geova divennero "vittime dimenticate". Nell'autunno del 1997 per la prima volta in Germania vi fu un convegno scientifico per illuminare meglio la singolarità di questa persecuzione. Al desiderio di documentazione corrisponde ora questa raccolta di documenti di Hesse. La molteplicità dei singoli aspetti rappresentati comunica al lettore di questo volume un quadro completo dello stato attuale della ricerca. Il cardine della prima parte è costituito dalla storia dei Testimoni di Geova nei campi di concentramento nazisti. La parte B ha come tema la controversia sulla documentazione Video della "Società Torre di Guardia" dal titolo "Saldi malgrado la persecuzione - testimoni di Geova sotto il regime nazionalsocialista".
I Testimoni di Geova furono perseguitati, perché a seguito delle loro convinzioni religiose,non si lasciarono "omologare" dal Sistema: ad esempio rifiutavano di fare il saluto "Heil Hitler", non si iscrivevano nelle Organizzazioni di partito, non accettavano il pensiero popolare e l'antisemitismo e non prestavano servizio nella Wehrmacht (forze armate). Hubert Roser vede il decisivo fattore di conflittualità in questa disponibilità dimostrativa a "resistere" ai canoni di comportamento della comunità popolare. Anche se questo succedeva soltanto per desiderio di libero esercizio della propria religione, ciò contrastava con le pretese totalitarie del Regime e rappresentava un pericolo per lo Stato nazista. Malgrado divieti e ondate di arresti, i testimoni di Geova riuscirono a riorganizzare la loro vita di comunità in clandestinità, a continuare l'attività missionaria e a informare la popolazione sulle caratteristiche criminali del regime con azioni di volantinaggio in tutto il Reich. Dei circa 25.000 Testimoni di Geova dell'anno 1933, circa 10.000 furono imprigionati per periodi di varia durata.Circa 2.000 Testimoni tedeschi e 1.000 stranieri furono mandati nei Campi di Concentramento. Morirono in circa 1200, di cui 250 furono uccisi perché rifiutavano il servizio militare.
La persecuzione dei testimoni di Geova ebbe alcune caratteristiche particolari:
Furono tra i primi gruppi perseguitati
Come gruppo resistettero compatti e incrollabili al Nazionalsocialismo
Nei campi di concentramento furono identificati con un particolare simbolo (triangolo viola)
Furono il gruppo più numeroso tra coloro che furono condannati per il rifiuto del servizio militare
Nei campi femminili talvolta le donne testimoni erano il gruppo più numeroso
Formavano nei campi una delle comunità più solidali.
Secondo Henry Friedlander, fino al 1939 la percentuale di Testimoni nei campi di concentramento era del 10%, in molti campi veniva superato tale valore (3). Per spezzare la volontà dei testimoni, le SS offrivano, spesso invano, la liberazione dal Campo di Concentramento se firmavano una dichiarazione di rinuncia alla propria fede e di voler denunciare i loro fratelli. Quindi la permanenza "volontaria" nei Campi è un'altra singolarità.
Cristoph Daxelmueller dimostra, nella sua ricerca sul comportamento dei Testimoni nei campi di concentramento, che la fede e la religiosità diventarono un fattore decisivo per la sopravvivenza. Kirsten John-Stucke e Antje Zeiger confermano il ruolo particolare dei Testimoni di Geova nei campi di Niederhagen-Wewelsburg e Sachsenhausen a causa del loro atteggiamento solidale nella Comunità dei prigionieri. Per mantenere l'integrità erano fondamentali l'aiuto del Gruppo e quello reciproco. Letture collettive della Bibbia davano sostegno spirituale e consolazione. L'attività missionaria proseguita con grandi rischi personali dava in un certo senso un significato alla loro esistenza di prigionieri. La fede comune li aiutava a sviluppare strategie di sopravvivenza che offrivano occasioni di salvezza nelle situazioni estreme dei campi. Furono coinvolti anche Testimoni stranieri, il cui numero viene stimato da Thomas Rahe in 200/250 olandesi, 200 austriaci, 100 polacchi (4). Altri gruppi di prigionieri non sviluppavano strategie comuni di comportamento.
Malgrado i testimoni fossero individuati per lavori di fiducia a causa della loro onestà e ubbidienza, le SS vedevano un pericolo nel loro coraggio e nella scala di valori associata. Avanzarono presto al posto di obiettivo preferito dell'odio e del terrore delle SS. Malgrado provvedimenti restrittivi continuarono a rappresentare con radicale religiosità le loro concezioni e conservarono la loro autostima.
Le donne dei Testimoni partecipavano più di quelle di altri gruppi alle attività di resistenza. Juergen Harder e Hans Hesse elencano come motivi di internamento a Moringen tra le altre cose la produzione e distribuzione di stampa, incontri con compagni di fede, riorganizzazione di gruppi locali, rifiuto del saluto ("Heil Hitler"), rifiuto di lavorare nella produzione bellica. Nel campo di Moringen le Testimoni erano disciplinate e lavoravano diligentemente. Dal 1936 però si ribellavano collettivamente alla direzione dei Lager quando venivano richiesti lavori nei quali erano visibili sostegno diretto allo stato nazista e ai preparativi di guerra.
Martin Guse sostiene che furono colpiti anche bambini. Non subirono solo la prigionia dei genitori o la loro progressiva perdita di diritti, ma furono anche esposti a piani di studio nazionalsocialisti, la pressione delle organizzazioni giovanili del regime e la continua richiesta di manifestare lealtà allo stato nazista. Le madri che tentavano di preservarli dalle deformazioni della personalità, ovvero incoraggiavano a non fare il saluto "Heil Hitler", non agivano solo per motivi religiosi ma anche per crescere persone integre, la cui autostima non doveva essere spezzata. Secondo Ursula Krause-Schmitt i Testimoni ebbero a subire provvedimenti forzosi contro le proprie famiglie più di altri gruppi, perché in maniera conseguenziale si rifiutavano ad omologarsi al sistema. Si arrivò persino al rapimento dei bambini come forma di pressione per spezzare la resistenza dei testimoni. Fino al 1974 erano noti 860 casi di bambini affidati a famiglie nazionalsocialiste o istituti di rieducazione, ma è da presumere che il numero dei colpiti è di molto superiore.
Sybil Milton lamenta che fino ad oggi sono stati pubblicati solo pochi documenti sulla persecuzione dei Testimoni di Geova, tantomeno vi è stata una loro raccolta sistematica. Pertanto nel volume di cui si tratta,vengono presentate alcune fonti. Inanzitutto vi è un'impressionante raccolta di immagini sul campo di Buchenwald, realizzata dal Testimone Johannes Steyer dopo la sua liberazione (Johannes Wrobel). Altre fonti sono decreti nazisti e condanne alla persecuzione oltre a una documentazione pubblicata nel 1938 da Testimoni di Geova sul campo di Esterwegen (Sybil Milton). Viene pubblicata per la prima volta una raccolta di 27 commoventi lettere del testimone di Geova Hans Gaertner, morto in prigionia, scritte nei campi di Dachau e Mauthausen (Angela Nerlich, Wolfram Slupina).
Altri due contributi (Hans-Hermann Dirksen; Goeran Westphal) si occupano della ancora nuova ricerca sulle persecuzioni dei Testimoni di Geova nella DDR, dove le vittime del nazionalsocialismo dovettero sopportare una continuazione delle loro sofferenze.
La prima parte del volume si chiude con due articoli i quali, secondo il punto di vista di uno storico (Detlef Garbe) e di un Testimone (Wolfram Slupina) tentano di trovare una spiegazione ai motivi del ritardo nella ricerca storica sulle persecuzioni dei Testimoni.
Garbe individua il motivo principale nella scarsa considerazione verso i Testimoni di Geova, accusati di essere una "setta". Ciononostante -col senno di poi- l'evidente disinteresse dei ricercatori storici deve sorprendere. Un altro motivo lo individua nella Società Torre di Guardia che a suo giudizio dimostrò per molto tempo scarsa collaborazione. Eppure Garbe non è soddisfatto neppure dell'attuale processo di apertura. Egli crede che la Società voglia solo migliorare la propria reputazione nell'attuale dibattito sulle "sette". Tuttavia lamenta pure che fino ad oggi, molti critici dei testimoni di Geova non sono interessati ad una obiettiva analisi dei fatti storici, in quanto hanno un pregiudizio anticipatamente negativo.
Secondo Slupina, la ricerca storica da parte della stessa Società Torre di Guardia, inizia prima del 1945 tramite pubblicazioni che rendevano note l'esistenza dei campi di Concentramento e delle condizioni di vita in essi. Dalla fine della Guerra furono pubblicate 250 racconti di vittime, in 128 lingue e pubblicate in 22 milioni di esemplari. Tuttavia,dato che dopo la liberazione era necessario riorganizzare le comunità e le attività missionarie, si ritenne di non avere tempo per una approfondita ricerca storico-scientifica. I sopravvissuti la ritenevano anche inutile perché si sentivano vincitori e la comunità -a differenza di altri gruppi- non doveva affrontare un processo di riabilitazione. Per motivi di fede non volevano essere considerati eroi o coltivare desideri di vendetta. In considerazione del veloce processo di dimenticanza, Slupina si pone la domanda sulle odierne esclusioni, discriminazioni e stigmatizzazioni di minoranze e porta esempi che fanno riflettere, su svantaggi e discriminazioni, fino a vie di fatto, cui sono sottoposti i testimoni di Geova in Germania negli ultimi anni.
La seconda parte del libro è introdotta e conclusa da due contributi che danno informazioni sia sui testimoni di Geova odierni (Walter Koebe) che sulla valutazione delle persecuzioni naziste dal punto di vista del regista responsabile del documentario video "SALDI NONOSTANTE LA PERSECUZIONE" James Pellechia. La domanda se tale documentario possa essere considerato come documentazione storica o semplice propaganda è affrontata in quattro contributi rispettivamente a cura di Johannes Wrobel dell'archivio storico della Società Torre di Guardia, Gabriele Yonan(5) esperta di religioni, Dietrich Hellmund e Lutz Lemhoefer, esperti di sette religiose. Queste prese di posizione controverse sono integrate da un bilancio della mostra itinerante "SALDI NONOSTANTE LA PERSECUZIONE" nell'ambito della quale spesso avviene la proiezione della documentazione video (Wolfram Slupina).
Come giudicano gli autori il significato della persecuzione dei Testimoni nel TERZO REICH?
Le ricerche arrivano alla sorprendente conclusione che ad un piccolo gruppo di persone fu possibile, appoggiandosi sulla fede e su una ferrea solidarietà, sottrarsi alla presa del Regime nazista, anche se pagando un prezzo elevato. Indipendentemente dalla valutazione dei motivi e dei comportamenti dei singoli, rimane incontrovertibile che i testimoni di Geova, a differenza della grande maggioranza della popolazione tedesca, non hanno appoggiato in nessun momento il Regime.
La storiografia non sa ancora valutare in maniera definitiva la resistenza, la reattività o la resistenza motivata da fattori religiosi da parte dei Testimoni di Geova. La loro lotta non può essere confusa con una Resistenza condizionata da motivi politici: non volevano porre un "fanale" per altri ma una "testimonianza" della propria fede. Con ciò hanno dimostrato che la fede è in grado di sprigionare forze che neppure il regime nazista coi suoi mezzi di coercizione era in grado di spezzare.Questo costringe ad una rivalutazione perché generalmente una resistenza motivata politicamente è considerata superiore ad una con motivazioni religiose.
Un'altra eredità delle vittime tra i Testimoni di Geova è espressa da Roser come segue: "per la nostra generazione nata dopo il Terzo Reich, dovrebbe essere un impegno di assicurare per il futuro che non si arriva mai più a situazioni in cui degli uomini, per restare fedeli alla propria coscienza, debbano morire. !
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Note in calce
(1) La comunità religiosa prima conosciuta col nome "Studenti Biblici" [Bibelforscher] cambiò nome nel 1931 in "Testimoni di Geova".Tuttavia i governanti nazisti continuarono a usare il vecchio nome
(2) L'opera fino ad oggi principale di Detlev Garbe,comparve solo nel 1993: Detlev Garbe "Tra resistenza e martirio -I testimoni di Geova nel Terzo Reich" edizioni Oldenburg,Monaco 1993
(3) Nel campo di concentramento femminile di Moringen in alcuni periodi la percentuale di testimoni di Geova era dell'89%
(4) Inoltre vi erano gruppi più piccoli provenienti da Belgio, Francia, Urss, Cecoslovacchia e Ungheria
(5) Questo contributo si trova all'indirizzo Internet http://209.41.46.106/archive/jhvh/zjstandhaft.htm
recensione del DR. Michael Krenzer<mkrenzer@gmx.de>,Duisburg
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