SAN GIULIANO MILANESE — Una giornata della
memoria dal sapore amaro quella celebrata ieri dagli studenti
sangiulianesi, piccoli testimoni del dolore di un grande uomo: Aldo
Lotti. Protagonista dell'orrore vissuto nei campi di concentramento
nazisti.
E così per un giorno la storia di un deportato si è intrecciata con
quella dei giovani sangiulianesi, presenti al consiglio comunale dei
ragazzi. «Se capire è impossibile, ricordare è necessario»
scriveva Primo Levi, voce narrante di quella che è stata la brutalità
dei campi di sterminio; ricordare per non disperdere nel vento la
memoria di quei terribili anni. «Voi avete il dovere di ricordare —
è il messaggio portato ai ragazzi dal presidente provinciale dell'Anpi,
Elio Oggioni —, perché la memoria è sempre in divenire come la
propria coscienza. Certi ricordi si trasformano, ma non scompaiono e
formano la memoria di oggi». E oggi, più che mai, il passaggio alle
nuove generazioni di questo capitolo nero della storia è
fondamentale, per non perdere il valore degli uomini morti ammazzati
nei campi di sterminio.
Non solo Ebrei: nei campi sono stati sterminati più di 30 mila
testimoni di Geova. E con loro anche omosessuali, politici e uomini
contrari all'idea del regime.
«Questo consiglio comunale inaugura un ciclo di incontri nati
dall'esigenza dei ragazzi — spiega Giovana Bugada, assessore alle
politiche giovanili —, per approfondire i contenuti della
Convenzione per i diritti dell'infanzia di New York. E la giornata
della memoria cercherà di approfondire il rispetto dell'altro, per
vedere tutelati i diritti di tutti».
Oltre cento ragazzi hanno partecipato al consiglio comunale aperto,
provenienti da tutte le scuole sangiulianesi per ascoltare,
direttamente dai protagonisti di quei difficile giorni, la storia
dell'Olocausto. Hanno ascoltato attentamente, si sono chiesti «come
si può uccidere un uomo», «cosa provavano i nazisti a torturare le
loro vittime», ma soprattutto hanno domandando ad Aldo Lotti se i
suoi aguzzini «avevano un cuore».
Domande semplici e dirette fatte da chi vuole capire i motivi di una
storia raccontata dai grandi, che appare ai loro occhi senza ragione.
E la risposta è sempre la stessa: difficile capire, necessario
ricordare. «Avete detto che bisogna ricordare — dicono i ragazzi
—, ma chi è stato in un campo di concentramento non vuole
dimenticare?». Si, ma dimenticare non è possibile. E le lacrime di
commozione versate ieri da Aldo Lotti, ne sono la prova.
«Quello che accadeva nei campi di concentramento era così terribile
— continua Elio Oggioni — che anche le S.S. dicevano ai
prigionieri che, se lo avessero raccontato, nessuno ci avrebbe creduto».
Perché solo un pazzo può «scavare fosse per uomini e donne ancora
vivi, gettare nei forni crematori persone che si muovono ancora —
ricorda con dolore Aldo Lotti — e torturare con quella ferocia». E
i ragazzi hanno voluto sapere, con la lucida curiosità dei giovani.
Tantissime le domande pronunciate davanti ai microfoni: per capire
come è stato il rientro a casa, cosa si provava a essere schiacciati
dalla follia e perché tanta ferocia scatenata contro gli ebrei. «Le
leggi razziali in Italia non sono state migliori di quelle tedesche
— ha spiegato Oggioni —: sono state severissime, senza tenere
conto delle differenze della religione ebraica».