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I
Testimoni di Geova durante il regime fascista
di Paolo
Piccioli
Riproduciamo con l'autorizzazione della Fondazione
Istituto
Gramsci una ricerca di Paolo Piccioli pubblicata in Studi
Storici n.1/2000
La ricerca rappresenta uno studio
completo e complesso dedicato alla situazione dei testimoni di Geova durante il
nazismo. Rappresenta la più completa ricerca documentale
sui testimoni di Geova ed il fascismo frutto di 20 anni di ricerche negli
archivi storici dello Stato Italiano e della Torre di Guardia.
Per
visualizzare la ricerca nel formato originale cliccare qui..(file tdgfasc.pdf).
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I testimoni di Geova ebbero origine verso il 1870 in Pennsylvania, negli Stati Uniti e si propagarono in Europa verso la fine del XIX secolo. In Italia la
prima comunità di studenti biblici, nome con cui i testimoni si identificarono fino al 1931, si formò a Pinerolo in provincia di Torino all'inizio del XX
secolo 1 . Verso il 1910 si uní ad essi Remigio Cuminetti, che, essendosi rifiu-
1 Gli studenti biblici adottarono il nome testimoni di Geova nel 1931 all'assemblea di
Columbus (Ohio). «Studenti biblici» e «testimoni di Geova» sono qui in pratica sinonimi,
dato che le vicende ricordate riguardano per lo piú gli anni Venti-Trenta. Per una piú
ampia storia si rinvia alle seguenti pubblicazioni dei testimoni di Geova: «Annuario dei
testimoni
di Geova» del 1976, Roma, 1975, e del 1983, Roma, 1982; I testimoni di Geova,
proclamatori del Regno di Dio, Roma, 1993; I testimoni di Geova in Italia: Dossier, Roma,
1998. Si veda anche Intolleranza religiosa alle soglie del Duemila, a cura
dell'Associazione europea dei testimoni di Geova per la tutela della libertà religiosa, Roma, Fusa, 1990.
Per la storia dei testimoni relativa al periodo fascista e nazista si rinvia anche a G.
Roc h a t , Regime fascista e Chiese evangeliche. Direttive e articolazioni del controllo e della
rep
r e s s i o n e, Torino, Claudiana, 1990, pp. 275301, 317329; S. Graffard, L.
Tristan, I Bibelforscher
e il nazismo (19331945), Paris, Tiresias, 1994; D. Garbe, Zwischen Widerstand
und Martyrium. Die Zeugen Jehovas im «Dritten Reich», 3ª ed., München,
Oldenbourg,1997; G. Canonici, Les Témoins de Jéhovah face à Hitler, Paris, Albin
Michel, 1998. Nell'archivio della Congregazione cristiana dei testimoni di Geova, si trovano soprattutto
documenti
successivi alla seconda guerra mondiale. La documentazione precedente è rara ed è stata recuperata con difficoltà da qualche superstite del periodo fascista, attingendo
anche ai pochi documenti presso la sede mondiale di Brooklyn. La scarsità di
documenti del periodo fascista dipende dal limitato numero di testimoni di quel periodo,
dall'assenza
di una vera struttura organizzativa e dalle perquisizioni del regime presso i singoli. Ai fini del presente articolo, inoltre, si adottano le seguenti abbreviazioni principali: ACC
= Archivio della Congregazione cristiana dei testimoni di Geova; ACS = Archivio
centrale dello Stato; A 1 = Ministero dell'Interno, Direzione generale della pubblica sicurezza,
Divisione affari generali e riservati, cat. A1; A 5 = Ministero dell'Interno, Direzione
generale
della pubblica sicurezza, Divisione affari generali e riservati, cat. A5 (fascicoli
annuali);
C P = Ministero dell'Interno, Direzione generale della pubblica sicurezza, Confinati
poli t i c i; C P C = Ministero dell'Interno, Direzione generale della pubblica sicurezza, D i v i s i o n e
affari generali e riservati, Casellario politico centrale; D G P S = Ministero dell'Interno, Direzione generale della pubblica sicurezza, Divisione affari generali e riservati (fascicoli
an-
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tato di svolgere il servizio militare, nel 1916 venne condannato dal Tribunale militare di Alessandria a tre anni e due mesi di reclusione: fu
probabilmente
il primo obiettore di coscienza condannato da un tribunale del nostro paese 2 . Dopo la prima guerra mondiale alcuni emigranti che avevano
conosciuto
la nuova fede negli Stati Uniti, in Canada, in Francia e in Belgio, ritornarono in Italia per diffonderla fra parenti e conoscenti: tra il 1919 e il
1935 si formarono piccoli gruppi di testimoni di Geova nelle province di
Sondrio, Trento, Vicenza, L'Aquila, Teramo, Pescara e Benevento; altri gruppi
sorsero nelle province di Aosta, Ravenna e Foggia. La loro crescita, per i molteplici ostacoli opposti, fu quasi irrilevante se si
pensa che al tempo della seconda guerra mondiale i testimoni di Geova erano soltanto 150 circa in tutto il paese. Malgrado questa presenza
numericamente
scarsa, i testimoni hanno lasciato traccia di sé in una consistente
documentazione di archivio. Tra quelli rintracciati presso l'Archivio centrale
dello Stato, il primo documento in ordine cronologico circa le indagini di
polizia sui testimoni di Geova risale al 1924. Si tratta di una nota della
prefettura
di Napoli, indirizzata al ministero dell'Interno e datata 22 marzo, relativa al volantino Proclamazione: Una sfida ai capi del mondo (edito dalla
Watch
Tower Bible and Tract Society of Pennsylvania, l'ente statunitense rappresentativo dei testimoni di Geova), intercettato dall'ufficio postale del
porto 3 . Nel settembre del 1925 il prefetto di Venezia segnalò al ministero
dell'Interno il sequestro di un altro volantino,L'Ecclesiasticismo in istato
d'ac-
192 Paolo Piccioli
nuali); DP = Ministero di Grazia e giustizia, Direzione generale istituti di prevenzione e di pena, Detenuti politici; F1 =
Ministero dell'Interno, Direzione Generale della pubblica sicurezza,
Divisione affari generali e riservati, cat. F1, Stampa italiana sovversiva; F4 =
Ministero
dell'Interno, Direzione generale della pubblica sicurezza, Divisione affari generali e
riservati,
cat. F4, Stampa estera sovversiva; G1 = Ministero dell'Interno, Direzione generale della pubblica sicurezza, Divisione affari generali e riservati, cat. G1
19201945; PCM = Presidenza del Consiglio dei ministri; PPOL
= Ministero dell'Interno, Direzione generale della
pubblica sicurezza, Divisione polizia politica; TS = Tribunale speciale per la difesa dello
Stato;
AS = Archivio di Stato (con l'indicazione della provincia); ASMAE = Archivio storico del ministero degli Affari esteri, Affari politici (il fondo è identificato dal nome dello
Stato
estero a cui si riferisce la documentazione); SS = Santa Sede, fondo della serie Affari
politici.
2 La sentenza n. 309 del 18 agosto 1916 è nel fascicolo intestato a Remigio Cuminetti,
conservato
attualmente presso l'archivio del Tribunale militare di Torino. Da essa risultano chiari i motivi di coscienza addotti da Cuminetti: «Si rifiutò dicendo che la fede di Cristo
ha per fondamento la pace fra gli uomini, la fratellanza universale, che egli quale
convinto credente in quella fede non poteva né voleva indossare una divisa che è il simbolo
della
guerra e cioè dell'uccisione dei fratelli (cosí egli chiamava i nemici della patria)». La
decisione fu confermata dal Tribunale supremo di guerra e marina con sentenza del 7
dicembre
1916 conservata presso il medesimo archivio. 3 ACS, F4, b. 74.
2 Pagina 3
4
cusa, ritenuto offensivo nei confronti del «sommo Pontefice» e dell'« attuale regime» 4 . Dall'organo ufficiale dei testimoni, il periodico «La Torre di
guardia»,
si apprende che Remigio Cuminetti, il responsabile italiano allora in carica, «presentò» quel volantino «alle autorità governative che lo
esaminarono
e prontamente gli diedero l'autorizzazione per stamparlo e distribuirlo» (fra la documentazione fascista non è stata trovata traccia
dell'autorizzazione).
Sulla campagna di distribuzione del volantino la rivista precisava: «I nostri fratelli italiani hanno distribuito 100.000 copie dell'" Accusa"; e si sono
assicurati che il papa e gli alti funzionari del Vaticano ne ricevessero
ciascuno una copia» 5 . Quando le gerarchie ecclesiastiche denunciarono in quel
tempo
l'intensificarsi della propaganda evangelica è possibile che si riferissero
anche a questa campagna?
Da un'annotazione a mano sulla comunicazione della prefettura di Torino del 12 ottobre 1927 alla Direzione della pubblica sicurezza del ministero
dell'Interno
si evince che nell'aprile di quell'anno era stata chiesta l'autorizzazione alla distribuzione di un altro volantino, Un appello alle potenze del
mondo,
che però fu sequestrato perché contenente «apprezzamenti contrari
all'ordine nazionale» 6 . Probabilmente il telegramma dell'8 ottobre 1927 diretto
al prefetto di Torino dal capo della polizia Arturo Bocchini, che aveva
«rilevato in questi ultimi tempi sensibile risveglio attività evangelica», si riferiva
agli studenti biblici 7 . E da un'altra annotazione a mano apposta su una copia dello stesso volantino allegato a un telespresso del 5 dicembre 1929, inviato
dal ministero degli Affari esteri a quello dell'Interno, si apprende che ne
furono sequestrate 90.000 copie 8 .
Il controllo, il sequestro e quindi il divieto di introduzione delle
pubblicazioni dei testimoni di Geova fu un problema per il regime, essendo il loro
proselitismo supportato da una notevole distribuzione di volantini, opuscoli, libri e Bibbie. Nel maggio del 1928 il ministero degli Esteri aveva
comunicato a quello dell'Interno le notizie raccolte dall'ambasciata di Washington e cioè che negli Stati Uniti l'Associazione degli studenti biblici, pur non
essendo
favorevolmente conosciuta «negli ambienti protestanti», non mirava, «a quanto pare, a fomentare direttamente una opera sovversiva dell'ordine
politicosociale» 9 . Eppure, pochi mesi dopo, la stessa ambasciata suggeriva di
193 I testimoni di Geova durante il regime fascista
4 Ivi, F1, b. 42, nota del 17 settembre 1925.
5 «La Torre di guardia» (ed. inglese) del 1° dicembre 1924 e 1° dicembre 1925. Questo
periodico soltanto raramente riportava notizie del piccolo nucleo di testimoni di Geova italiani. Tutti gli accenni di qualche rilievo storico sono stati qui citati o utilizzati.
6 ACS, G1, b. 5.
7 Ivi, G1, b. 193.
8 Ivi, G1, b. 5.
9 Ibidem.
3 Pagina 4
5
«vietare l'ingresso nel Regno alla pubblicazione "Torre di Guardia" e
consimili» 10 . Dalla nota apposta alla comunicazione con cui la prefettura di
Bologna
in data 13 novembre 1928 chiedeva se la diffusione della «Torre di guardia» doveva essere vietata nel paese si rileva che il ministero dell'Interno dal
20 novembre aveva incluso la rivista nell'elenco n. 32 delle pubblicazioni
vietate 11 . Subito dopo questo provvedimento, la stessa prefettura di Bologna
segnalò
53 nominativi che avevano ricevuto copie della «Torre di guardia» alle prefetture competenti per territorio, le quali disposero
un'indagine su
ciascuno
di loro 12 . La maggioranza dei nominativi risultarono non essere studenti biblici, ma persone a cui forse parenti e conoscenti avevano voluto far
pervenire la rivista. Da allora il sequestro delle pubblicazioni dei testimoni, le procedure e le segnalazioni necessarie a vietarne l'introduzione nel paese
crebbero di continuo. Il 21 settembre 1929 il ministero dell'Interno inviò ai prefetti interessati l'elenco di 59 abbonati alla «Torre di guardia», affinché
fossero assunte informazioni sul loro conto 13 . Dalle segnalazioni delle
prefetture si può già trovare conferma dell'esistenza di piccoli gruppi di studenti
biblici sparsi in alcune parti del paese. L'Alto Commissariato per la città e provincia di Napoli, con nota del 30
luglio
1931, segnalò al ministero dell'Interno: «Il servizio di revisione sulle stampe provenienti dall'estero dà
occasione di osservare l'intensificata
campagna
che conducono stampati d'indole protestantesovversiva, principalmente editi dall'Associazione Studenti della Bibbia, con sede a
Brooklyn, e
scritti dal noto giudice F. Rutherford» 14 . Il meccanismo realizzato nel corso del tempo per proibire le pubblicazioni considerate contrarie al regime era il
seguente: il ministero (già sottosegretariato di Stato) per la Stampa e la
propaganda prima 15 , e il ministero della Cultura popolare poi 16 , dovevano
segnalare
al ministero dell'Interno le pubblicazioni di cui proibire l'introduzione e la circolazione. A sua volta il ministero dell'Interno comunicava il
di
194 Paolo Piccioli
10 Ivi, F4, b. 91, telespresso del ministero degli Affari esteri n. 5543/ 1635 del 9 ottobre
1928.
11 Ivi, F4, b. 91.
12 Ibidem, comunicazione del 1° dicembre 1928 al ministero dell'Interno.
13 Ivi, G1, b. 25.
14 Ivi, F4, b. 105.
15 Ivi, F4, b. 21, 23 ottobre 1934; b. 78, 4 dicembre 1934; b. 2, 11 gennaio 1935; b. 18, 18
settembre 1935; F1, b. 42, 3 e 28 novembre 1936. 16 Ivi, F4, b. 20, 20 maggio 1938; b. 105, 3 ottobre 1938; b. 20, 9 ottobre 1939;
ASMAE,
Usa 1940, b. 69, 31 agosto e 13 settembre 1939. Il ministro della Cultura popolare con un
«Appunto per il Duce» del 22 agosto 1938 propose un insieme di istruzioni per
controllare «l'importazione dei libri stranieri» raccomandando «l'intensificazione» del controllo
già attuato presso gli uffici postali (ASMAE, Ministero della Cultura popolare, b. 292). La serie F4, relativa alla stampa estera sovversiva, contiene numerosi documenti, solo in
parte
citati, circa il divieto di introduzione della stampa dei testimoni.
4
4 Pagina 5
6
vieto a tutti i prefetti del paese 17 . Negli Elenchi di opere la cui pubblicazione, diffusione o ristampa nel Regno è stata vietata dal ministero della cultura
popolare,
pubblicati dal ministero dell'Educazione nazionale, sono inclusi molti libri e opuscoli a cura di Joseph F. Rutherford, l'allora presidente della
Watch Tower Society, e dell'Associazione degli studenti biblici 18 . Il nome di Rutherford fu incluso anche nell'Elenco degli autori le cui opere non sono
gradite
in Italia 19 .
Indagini all'estero . Almeno sin dal 1928 le autorità fasciste raccolsero
informazioni sui testimoni di Geova all'estero tramite la loro rete di
rappresentanze
diplomatiche 20 . Nell'ambito di queste indagini, sia la sede mondiale a Brooklyn che la filiale di Berna la quale soprintendeva, fino a poco dopo la
seconda guerra mondiale, all'opera dei testimoni in Italia, furono visitate da emissari della polizia fascista 21 . Nel rapporto della legazione di Berna su
un'ispezione
effettuata nel 1930 alla sede svizzera dei testimoni, che contiene alcune notizie positive, sebbene in un contesto critico e
burocratico, si legge:
«Il personale tecnico e amministrativo Ð la famiglia svizzera Ð è costituito da 35 membri della
"Bibelforscher Vereinigung" [Associazione degli studenti
biblici] mediocremente retribuiti ed evidentemente animati da certo spirito di sacrificio [...] L'impresa costituisce una specie di comunità che vive per lo
piú di propri mezzi [...] Il principio essenziale dell'Assoc. non è di
conseguire degli utili finanziari. I deficit sono coperti da elargizioni volontarie» 22 .
Nel fare indagini sulle persone che ricevevano in Italia le pubblicazioni
proibite, le autorità inviarono telespressi a varie rappresentanze diplomatiche per
avere indicazioni anche su chi le spediva dall'estero, mentre diverse
rappresentanze fornivano notizie riguardo a pubblicazioni, congressi e attività varie
svolte dai testimoni nel loro paese, come è testimoniato dalle informazioni
195 I testimoni di Geova durante il regime fascista
17 ACS, F4, b. 21, 11 ottobre 1934; b. 21, 27 ottobre 1934; b. 78, 10 dicembre 1934; b.
105, 5 settembre 1939.
18 ASMAE, Ministero della Cultura popolare, b. 201.
19 Ivi, b. 294, 11 aprile 1942. Sull'inclusione di Rutherford in tale Elenco si rinvia a G.
Fabre,
L'elenco. Censura fascista, editoria e autori ebrei, Torino, Zamorani, 1998, pp. 3,
360
361.
20 Il primo documento rintracciato è datato 30 maggio 1928. Si tratta della copia di un
telespresso
del 21 maggio 1928 inviato dalla legazione di Berna al ministero dell'Interno (ACS, G1, b. 5).
21 Sulle visite a Brooklyn si veda ACS, G1, b. 5, annotazione a mano sul trattato Un
Appello
alle Potenze del Mondo allegato al telespresso in data 5 dicembre 1929 del ministero
degli Affari esteri; ministero degli Affari esteri, 23 novembre 1931. Dal 1920 la sede di
Berna funzionò da ufficio per l'Europa centrale e sovrintese all'opera di diversi paesi,
compresa
l'Italia. Dal 1946 l'attività dei testimoni italiani fu diretta da una sede in Italia.
22 ACS, F4, b. 35, ministero degli Affari esteri, 1° aprile 1930.
5
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7
provenienti da numerose sedi diplomatiche italiane 23 . Sono stati trovati anche rapporti su marinai e passeggeri imbarcati su piroscafi nazionali, che
possedevano
o distribuivano pubblicazioni dei testimoni di Geova 24 , nonché su singoli predicatori all'estero 25 . Pure la corrispondenza, sia in Italia che con
l'estero,
era sotto sorveglianza e i nominativi dei mittenti e dei destinatari venivano controllati 26 . Numerose pubblicazioni e altra corrispondenza furono
sequestrate e vennero avviate indagini sul conto degli interessati 27 . Neanche i
196 Paolo Piccioli
23 Addis Abeba: ACS, A1, 1937, b. 19, ministero dell'Interno, 20 agosto 1937. Berna: ivi,G1, b. 5, ministero dell'Interno, 30 maggio 1928; ivi, F4, b. 91, ministero dell'Interno, 20
aprile 1938; ivi, G1, b. 314, ministero degli Affari esteri, 11 dicembre 1940. Boston: ivi, F4, b. 26, prefettura di Benevento, 24 agosto 1939, e consolato generale d'Italia,
Boston, 10 novembre 1939 e 17 gennaio 1940. Buenos Aires: ivi, F4, b. 91, prefettura di
Chieti, 6 maggio 1929, e ministero degli Affari esteri, 18 novembre 1929. Helsinki:
ASMAE, Finlandia
193133, b. 1, legazione d'Italia in Finlandia, 23 maggio 1933. Innsbruck:
ACS, G1, b. 313, prefettura di Bolzano, 22 aprile 1942. Locarno: ASMAE, Svizzera 194143, b. 27,
ministero degli Affari esteri, 28 settembre 1941. Lucerna: ACS, G1, b. 5, consolato
generale di S. M. il re d'Italia, Zurigo, 7 novembre 1936. Lugano: ivi, F4, b. 65, Divisione
polizia
politica, 19 febbraio 1931; ivi, F4, b. 35, ministero dell'Interno, 22 giugno 1937; ivi, G1, b. 5, ministero degli Affari esteri, 19 ottobre 1941. New York: ivi, F4, b. 91,
consolato
generale d'Italia, New York, 28 giugno 1929; ivi, G1, b. 5, ministero degli Affari est
eri, 23 novembre 1931; ivi, F 4, b. 100, consolato generale d'Italia, New York, 27 luglio 1936.Ottawa: ivi, G 1, b. 5, consolato generale d'Italia, New York, 26 ottobre 1929. Parigi: ivi, F 4, b. 2, sottosegretariato di Stato per la Stampa e la propaganda, 11 gennaio 1935.
Resistencia:
ivi, F 4, b. 91, ministero degli Affari esteri, 18 novembre 1929. Seattle: ivi, F 4, b. 20, ministero dell'Interno, copia del telespresso n. 3548/ 763 in data 20 aprile 1939, pervenuto
dall'ambasciata d'Italia a Washington. Sydney: ivi, G 1, b. 5, ministero degli Affari esteri, 7 marzo 1932. Washington: ivi, F 4, b. 35, ministero degli Affari esteri, 29 ottobre 1930.
Zurigo:
ivi, G 1, b. 5, ministero degli Affari esteri, 4 dicembre 1936, e Divisione polizia
politica, 4 e 9 febbraio 1942.
24 ASMAE, Usa 1930, b. 1610, ministero degli Affari esteri, 21 ottobre 1930;
ACS, F4, b.23, ministero dell'Interno, copia della lettera del commissariato dello scalo marittimo di Trieste, 6 marzo 1931; ivi, G1, b. 5, ministero degli Affari esteri, 28 febbraio 1932.
25 ACS, F4, b. 91, ministero degli Affari esteri, 29 luglio 1929; ivi, G1, b. 190, ministero
dell'Africa italiana, 15 febbraio 1938. Uno dei predicatori, Paolina Tognetti, risiedeva a Ponte Tresa, vicino al confine con l'Italia. Le venne sequestrato «circa mezzo quintale» di
pubblicazioni (ivi, F4, bb. 35 e 91, ministero dell'Interno, Direzione generale della
pubblica sicurezza, 22 giugno, 17 luglio e 14 settembre 1937, e 15 giugno 1938; ivi, G1, b. 318,
legazione d'Italia di Berna, 8 aprile 1938). 26 Soprattutto venivano controllate le lettere spedite a Remigio Cuminetti e inviate da lui
e dalla sede di Brooklyn della Watch Tower Society: ACS, G1, b. 5, prefettura di Ascoli Piceno, 24 settembre 1929; prefettura di Foggia, 18 novembre 1929; prefettura di
Avellino,
19 novembre 1929; prefettura di Ascoli Piceno, 5 marzo 1930; prefettura di Torino, 23 agosto 1930; ivi, G1, b. 315, prefettura di Udine, 16 gennaio 1940; ivi, G1, b. 315,
prefettura
di Ragusa, 10 luglio 1940; ivi, G1, b. 314, prefettura di Cremona, 28 marzo 1942. 27 Si veda la segnalazione dell'Alto Commissariato per la città e provincia di Napoli, già
citata
nella nota 14.
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dispacci aerei in transito all'aeroporto di Roma sfuggirono a questo controllo postale. Nel 1941 furono sequestrate lettere spedite dalla Svizzera e dirette a
Rutherford in buste indirizzate, per cautela, ad altri nominativi. Queste
lettere, a una delle quali erano allegati i rapporti sulla situazione dei testimoni di
Geova in Francia e Olanda, non sono state mai recapitate e si trovano presso l'Archivio centrale dello Stato 28 .
Piccoli gruppi.
Il gruppo di Pinerolo, come si è accennato, fu il primo a
formarsi. Oltre ai coniugi Cuminetti, altri di questa comunità furono
perseguitati
dal regime 29 . Passarono degli anni prima che sorgessero altri nuclei di
studenti biblici, in seguito soprattutto al rientro ai paesi d'origine di emigranti
che all'estero avevano conosciuto la nuova fede. Anche nei documenti di archivio c'è traccia di questi gruppi, come di quelli in Valle d'Aosta 30 e nella
Valtellina 31 . Due colportori tedeschi, ai primi del 1926, si recarono in Alto Adige. La loro
opera di evangelizzazione fu duramente avversata dal clero locale, come risulta da una loro relazione dell'8 febbraio alla sede mondiale di Brooklyn 32 .
I due erano riusciti in poco tempo a predicare in tutta la zona di lingua
tedesca eccetto qualche piccola località. Quando poi iniziarono a percorrere
l'area di lingua italiana, furono arrestati a Caldaro da due carabinieri
accompagnati da due sacerdoti. Dopo essere stati in prigione diversi giorni,
vennero
condannati dal locale pretore a pagare una multa per «aver distribuito dei libri nella plaga di Caldaro senza aver prima chiesto il permesso
dall'Autorità
di Pubblica Sicurezza» 33 , e furono quindi obbligati a lasciare subi -
197 I testimoni di Geova durante il regime fascista
28 ACS, G1, b. 5, ministero dell'Interno, 12 settembre e 31 dicembre 1941; Divisione
polizia
politica, 4 febbraio 1942. 29 Tra questi, Giosuè Vittorio Paschetto, traduttore delle pubblicazioni dopo la morte del
pastore valdese Giuseppe Banchetti, fu condannato dal Tribunale speciale (ACS, TS, verbale di interrogatorio, 8 febbraio 1940; ivi, CPC, b. 3750, rapporto della IV zona
Ovra,Avezzano, 1° agosto 1940). Aldo Fornerone venne invece confinato (ivi, G1, b. 426,
questura di Torino, 9 febbraio 1940).
30 ACS, G 1, b. 314, rapporto Andriani, 3 gennaio 1940, pp. 253-254 (Girolina e Dina
Bionaz).
31 Su Marcello Martinelli, che aveva conosciuto gli studenti biblici negli Stati Uniti ed era
rimpatriato nel 1919 a Castione Andevenno (Sondrio), si veda ACS, G1, b. 314, rapporto
Andriani, 3 gennaio 1940, pp. 147148, 205. Altri del gruppo erano Celeste Balestra,
Giovanni Bucellari, Celeste, Domenico ed Emilio Negri, Domenico Dante Rioggi e Taddeo Valena (ivi, CPC, b. 707, questura di Sondrio, 30 settembre 1939, e prefettura di Sondrio,24 novembre 1939; ivi, b. 4338, prefettura di Sondrio, 18 marzo 1940; ivi, CP, b. 1040, prefettura di Sondrio, 20 giugno 1941; ivi, G1, b. 313, rapporto della I zona
Ovra, Milano,12 dicembre 1939). Sull'Ovra, si veda M. Franzinelli, I tentacoli dell'OVRA, Torino, Bollati
Boringhieri, 1999.
32 Si trattava di Oskar Böttcher e Kurt Neidhart (ACC).
33 ACC, sentenza n. 6 del 5 febbraio 1926 della pretura di Caldaro.
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to l'Italia. Anche Giacomo Stampfer operò in Alto Adige negli anni Trenta. Venne assassinato nel 1935, pare per una gelosia immotivata. Era un
pioniere,
cioè un evangelizzatore a tempo pieno, che sembra avesse conosciuto la nuova fede in Austria. Di lui l'« Annuario dei testimoni di Geova» scriveva
nel 1936:
Un pioniere è stato assassinato. La Gerarchia cattolica ha dimostrato il suo malanimo contro i servitori del Signore interferendo persino nella decorosa sepoltura di questo
pioniere, che dava testimonianza al Regno [...] Gli ecclesiastici hanno vietato di far portare nella camera mortuaria il cadavere del fratello, che è stato lasciato in una
vecchia
capanna senza alcun riguardo. La gente, saputo di questo trattamento offensivo, si è risentita, e questo ha permesso di dare loro testimonianza riguardo alla verità 34 .
Altri testimoni ancora operarono in Alto Adige 35 e in provincia di Trento 36 . A Zortea (Trento), ad esempio, si formò un piccolo gruppo che fu subito
198 Paolo Piccioli
34 «Annuario dei testimoni di Geova» (ed. inglese) del 1936, p. 155. Questo brano dell'«
Annuario»
fu citato in una nota del ministero per la Stampa e la propaganda al ministero
dell'Interno, datata 28 settembre 1936 (ACS, F 4, b. 100). Da un esame del rapporto
dell'Ovra
di Milano del 12 dicembre 1939 sembra che Stampfer avesse parlato della sua fede alla
proprietaria del suo appartamento, Francesca Fallmerayer. Costei, quando alla fine del 1939
cadde in una retata della polizia, dichiarò «di essersi lasciata trascinare esclusivamente
dalla curiosità». Questo rapporto (citato nella nota 32), chea p. 7 menziona Giacomo
Stampfer
e la sua residenza a San Paolo di Appiano, ha consentito di ricostruire la sua scarna storia. La Fallmerayer in seguito divenne una testimone.
35 Severino Oberosler, nativo di Roncegno (Trento), nel 1935 abitava a Marlengo, vicino a
Merano. Il 26 novembre 1935 la sede di Berna gli inviò una lettera in lingua tedesca con allegato l'invito a diventare pioniere. La polizia intercettò la lettera, tradotta dalle stesse
autorità, con cui gli doveva essere comunicato che «svolgere ora in Italia tale attività di pioniere è
impossibilissimo, però tu potrai svolgerla benissimo in Francia» (ACS, A5, 1935,b. 1/ Q, prefettura di Bolzano, 2 dicembre 1935). Di Oberosler si interessò l'Ovra di
Milano nei rapporti del 12 e 21 dicembre 1939 (ivi, G1, b. 313). Luigi (Alois)
Hochrainer, di
Campo di Trèns (Bolzano), conobbe la nuova fede nel 1936 in Austria, dove i testimoni di Geova erano duramente perseguitati. Cosí anche
l'Hochrainer scontò 10 mesi di carcere
per essere uno dei cosiddetti Bibelforscher. Dopo la sua liberazione tornò in Italia dove la polizia fascista lo sottopose ad «assidua
vigilanza» (ivi, G1, b. 313, prefettura di
Bolzano,
22 aprile 1942). Sua moglie Helene Delacher, un'austriaca, poté raggiungerlo per poco tempo solo nel 1942. Quando Helene tornò in Austria, al confine fu perquisita dalla
polizia
che le trovò alcune pubblicazioni proibite. Arrestata, passò da un campo di
concentramento all'altro, finché venne condannata a morte e decapitata a Berlino nel 1943.
Qualche
ora prima dell'esecuzione, Helene potè scrivere a suo marito una breve e
commovente lettera da cui traspare una fede profonda (ACC, lettera da
BerlinoPlötzensee, 12
novembre 1943). 36 Narciso Stefenon ritornò nel 1933 dal Belgio a Zortea, frazione di Canal S. Bovo
(Trento)
(ACS, G1, b. 314, rapporto Andriani, 3 gennaio 1940, p. 42). Albino Battisti conobbe i testimoni di Geova in Francia e tornò nel 1935 in Italia stabilendosi a
Calliano, vicino a
Trento (ivi, G1, b. 197, prefettura di Trento, 30 settembre 1936; ivi, CP, b. 76, Legione territoriale dei carabinieri reali di Bolzano, Compagnia di Rovereto, 10 settembre 1936;
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10
preso di mira dal clero locale e da questo denunciato alle autorità fasciste. Per evitare la persecuzione i testimoni, strettamente sorvegliati dalla polizia,
si riunivano nei fienili e nelle stalle, come rilevava sprezzantemente un
rapporto del prefetto di Trento alla Direzione generale della pubblica sicurezza:
«Non hanno un proprio locale per le loro riunioni, ma ogni loro casa, ogni loro stalla e talvolta anche l'aperta campagna si presta per i loro segreti
conciliaboli
[...] Mediante un'accurata revisione postale si è potuto impedire l'arrivo ai componenti di detta setta [...] degli stampati di propaganda [...] Ciò
nondimeno continua l'attività della setta, la quale trova modo di procurarsi e scambiarsi libercoli ed opuscoli»
37 . Per tentare di evitare guai si riunivano anche «in ore notturne» 38 . Tra i primi a unirsi a questo gruppo ci fu Francesco Zortea 39 , che,
nell'aprile
1934, si recò a piedi a Fonzaso (Belluno) per diffondere la sua fede. Fu fermato dai carabinieri e accompagnato in caserma dove gli sequestrarono
alcune
pubblicazioni, dopo di che lo rinchiusero in camera di sicurezza e lí rimase fino all'indomani mattina 40 . Quando poi
Zortea fu richiamato nel 1935 per essere inviato nell'Africa orientale, decise di mantenere una posizione neutrale e non imbracciare le armi. Nel corso di uno dei numerosi
interrogatori
a cui fu sottoposto disse: «Tutte le creature umane sono figlie di Dio e quindi non impugnerò mai le armi [...] perché Iddio ha detto di non
uccidere»
41 . Fu posto sotto osservazione presso l'ospedale militare di Firenze e
mandato in convalescenza per un anno perché «affetto da mania religiosa» 42 . Nel 1936 venne condannato a cinque anni di confino a Muro Lucano
(Potenza)
dato che, nonostante i richiami delle autorità fasciste, aveva continuato a predicare 43 . Liberato nel 1937 in seguito a un atto di clemenza del
governo,
tornò a casa in tempo per assistere a un nuovo episodio di intolleranza da parte del clero. Una testimone era morta e il prete del posto non voleva
farla seppellire nel cimitero di proprietà della parrocchia per non profanare un luogo sacro. Passarono tre giorni e la salma non era stata ancora sepolta.
199 I testimoni di Geova durante il regime fascista
prefettura di Potenza, 16 giugno 1938; prefettura di Trento, 29 novembre 1938; AS
Matera, questura di Littoria, 1° dicembre 1939).
37 ACS, G1, b. 197, 30 settembre 1936.
38 Ivi, CP, b. 1099, Legione territoriale dei carabinieri reali di Bolzano, Compagnia di
Rovereto,
2 settembre 1936.
39 L'impegno dello Zortea nell'evangelizzazione è confermato dalla documentazione
(ACS,
CP, b. 1099, prefettura di Trento, 1° marzo 1939).
40
Il pretore di Feltre, con decreto penale del 4 maggio 1935 (ACC), condannò Zortea a pagare un'ammenda «per avere distribuito in luogo pubblico degli opuscoli di carattere
religioso senza la preventiva licenza dell'Autorità di P. S.». 41 ACS, TS, verbale di interrogatorio, 20 febbraio 1940.
42 Ivi, G1, b. 314, ministero dell'Interno, 13 marzo 1940.
43 Ivi, CP, b. 76, questura di Trento, 10 ottobre 1936.
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11
Finalmente si riunirono i parroci di Zortea e di Prade, il podestà e il
segretario comunale, e decisero che la salma doveva essere tumulata a Prade. La
questura di Trento rilevò che la salma non poteva portarsi al cimitero locale «per non acuire il sentimento della popolazione che minacciava di impedire
la profanazione del luogo sacro. Fu tumulata in luogo appartato del vicino cimitero di
Prade, quasi di nascosto, col pretesto che non era stato ancora
consacrato» 44 . Alle difficoltà causate dal clero si aggiunse la dura reazione
delle autorità fasciste 45 .
A Malo (Vicenza) il nuovo credo fu introdotto subito dopo la prima guerra mondiale da un emigrante tornato dagli Stati Uniti 46 . Dalla Svizzera fu
invece
introdotto a Marradi (Firenze) 47 , e da lí a Faenza (Ravenna) 48 . Un altro
pic-
200 Paolo Piccioli
44 La testimone defunta si chiamava Angela Simoni (AS Trento, 6 novembre 1937).
45 I quattro che avevano portato la bara furono tutti condannati al confino, mentre
Domenica
Marina Romagna, che si interessò del messaggio biblico per poco tempo, fu
condannata al confino soltanto perché «si incaricò dell'annuncio del decesso e dei funerali
nonché della tumulazione della salma» (ACS, CP, b. 876, Legione territoriale dei
carabinieri reali di Bolzano, Sezione di Borgo Valsugana, 17 settembre 1937, e prefettura di
Trento,
5 febbraio 1938; ivi, G1, b. 197, prefettura di Trento, 16 agosto 1937). Caterina
Romagna, sorella di Domenica Marina, che divenne invece una testimone, fu condannata al
confino perché lei insieme ad altri non avevano «affatto desistito dal propagandare le loro idee» (ivi, CP, b. 876, questura di Trento, 6 novembre 1937).
46 Si tratta di Giuseppe Bortolotto (ACS, G1, b. 314, rapporto Andriani, 3 gennaio 1940,
pp. 45, 205). Uno dei primi a seguire il Bortolotto fu Girolamo Sbalchiero. Nel 1932
Sbalchiero venne arrestato a Vicenza per aver distribuito copie di un opuscolo religioso (ivi,
TS, verbale di interrogatorio del 21 febbraio 1940). Sbalchiero collocò l'avvenimento nel
1929, ma l'opuscolo fu stampato solo nel 1932, anno confermato probabilmente dal
Casellario giudiziale da cui risulta la seguente annotazione: «17 dicembre 1932, pretore di
Vicenza,
non dov[ ersi] proc[ edere] per amnistia per distribuzione abusiva di scritti e
esercizio abusivo di mestiere girovago». Fra i primi ad unirsi allo Sbalchiero ci furono, oltre a
suo figlio Giuseppe, anche Carlo Quintin e Luigi Zattere (ivi, G1, b. 313, rapporto della I zona
Ovra, Milano, 12 dicembre 1939). Sullo Sbalchiero il rapporto di Pasquale
Andriani,
ispettore generale della IV zona Ovra, Avezzano, riferiva: «Persino all'atto del fermo, egli ha cercato di dimostrare la bontà di detti principi [biblici]
agli stessi agenti operanti e,
subito
dopo, agli agenti di custodia delle carceri, in cui è stato rinchiuso» (ivi, G1, b. 314, rapporto
Andriani, 3 gennaio 1940, p. 42).
47 Alcuni membri della famiglia Protti, in un periodo compreso fra il 1921 e il 1924,
tornarono
a Marradi e alcuni loro parenti ne accettarono la nuova fede. Fra questi c'era
Teresa Benericetti, vedova Visani, che un rapporto dell'Ovra definí «infervorata» nel
praticare
la sua fede (ACS, G1, b. 313, rapporto della IV zona Ovra, Avezzano, 21 dicembre 1939).
48 Domenico Taroni accettò l'insegnamento degli studenti biblici e la sua casa divenne un
luogo di riunioni religiose (ACS, TS, verbale di interrogatorio, 16 novembre 1939).
Taroni trasmise la nuova fede a Vincenzo Artusi, che nel novembre 1939 fu arrestato e
interrogato
dalla polizia, e in seguito condannato al confino. La sua colpa? «Da tre anni»
professava la religione dei testimoni di Geova «e ne era un convinto assertore» (ivi, CP, b. 41,
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colo gruppo di testimoni sorse a Pratola Peligna (L'Aquila) 49 . A Roseto degli Abruzzi (Teramo) il messaggio degli studenti biblici giunse da emigrati che
rientrarono dagli Stati Uniti, raccogliendo, come risulta da un rapporto del prefetto di Teramo del 14 gennaio 1926, almeno «una trentina di persone» 50 .
La sera del 7 gennaio una riunione di quel gruppo fu interrotta dai carabinieri che diffidarono dal tenere «altri simili convegni». Il rapporto
assicurava
che era stata disposta «l'opportuna vigilanza per impedire altre riunioni del genere» 51 . Il proselitismo dei primi studenti biblici rosetani dovette
preoccupare
le autorità ecclesiastiche se è vero che il vescovo di Teramo, secondo una fonte, «eresse una parrocchia» nella zona di Cologna Marina anche «per
salvare il gregge dei fedeli dall'azione che in luogo andavano svolgendo i
"testimoni di Jehova"» 52 . Nel maggio 1936 alcuni testimoni rosetani furono
ar-
201 I testimoni di Geova durante il regime fascista
questura di Ravenna, 26 gennaio 1940). Vincenzo Artusi fu seguito da Emilio e Antonio
Babini, e da Maria Angelini. I tre furono arrestati e colpiti dal regime con provvedimenti
disciplinari come l'ammonizione e la diffida. Altri faentini che accettarono il messaggio
furono Renato Mantellini, pure lui diffidato dal regime, Luigi Venturelli, arrestato e
interrogato
per aver frequentato casa Taroni, Lazzaro Bentivogli e Angelo Baruzzi (ivi, G1, b. 313, rapporti della II zona
Ovra, Bologna, 17, 21, 23 e 25 novembre 1939). Tra il 1937 e
il 1938 Cuminetti visitò a casa loro Domenico Taroni e sua sorella Anna; insieme a loro c'erano Vincenzo Artusi ed Emilio Babini (ivi, G1, b. 314, rapporto
Andriani, 3 gennaio 1940, p. 251; ivi, TS, lettera di Marcello Martinelli, 1° febbraio 1938).
49 Dagli Stati Uniti rientrò Vincenzo Pizzoferrato
(ACS, G1, b. 314, rapporto Andriani, 3
gennaio 1940, pp. 37-38, 180).
50 Il primo studente biblico a Roseto fu Caterina Di Marco
(ACS, CP, b. 360, rapporto della
questura di Teramo, 30 maggio 1936).
51 ACS, G1, b. 190, prefettura di Teramo, 14 gennaio 1926. Quella riunione era
presieduta
da Domenico Mazzoni, uno studente biblico di Porto S. Elpidio (Ascoli Piceno), che aveva conosciuto il nuovo credo in Canada (ivi, F4, b. 91, prefettura di Ascoli Piceno, 31
dicembre 1928; ivi, CPC, b. 3188, prefettura di Ascoli Piceno, 20 maggio 1929, e
ministero dell'Interno, Direzione generale della pubblica sicurezza, 25 novembre 1929; ivi, F4, b.5, ministero degli Affari esteri, 18 novembre 1929).
52 R. D'Ilario, I primi cento anni di Roseto degli
Abruzzi, Pescara, Arte della stampa, 1967,
p. 24. Tra i primi testimoni rosetani si ricordano Domenico Cimorosi, Guerino Castronà e Domenico Giorgini
(ACS, CP, b. 254, Legione territoriale dei carabinieri reali di Ancona,
Compagnia di Giulianova, 27 gennaio 1940, e questura di Teramo, 4 febbraio 1940; ivi, G1, b. 220, Legione territoriale dei carabinieri reali di Ancona, Compagnia di
Giulianova, 27 gennaio 1940). Dall'interrogatorio di Domenico Giorgini davanti ai carabinieri della
Compagnia di Teramo in data 7 ottobre 1939, risulta che fu Guerino Castronà a
dargli
l'opuscolo biblico Il Regno, la speranza del mondo (ivi, G1, b. 315; ivi, CP, b. 486,
questura di Teramo, 3 febbraio 1940); ivi, CPC, b. 2429, prefettura di Teramo, 27 febbraio
1940). A Sardinara, frazione di Teramo, la famiglia Flagella si era convertita da poco,
quando fu individuata dalle autorità fasciste. La casa venne perquisita dai carabinieri di
Teramo
che interrogarono alcuni della famiglia e confiscarono delle pubblicazioni (ivi, G1, b. 315, prefettura di Teramo, 27 maggio 1940). Anche Alfonso D'Ambrosio, di Mosciano
Sant'Angelo (Teramo), ascoltò Domenico Giorgini e fu indagato dalla polizia (ivi, G1, b.
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restati 53 . Nel giugno dello stesso anno il comandante dei carabinieri della Compagnia esterna di Teramo, in un rapporto alla locale questura, precisò
che l'attività dei testimoni era «attentamente e in vari modi seguita», tanto che il comandante in persona aveva presenziato «perfino Ð non veduto Ð ad
una di tali riunioni» 54 . Quando alla fine del 1939 ci fu la «grande retata» di testimoni di Geova, tutti i membri del gruppo furono arrestati e
condannati
55 .
La presenza dei testimoni di Geova nella provincia di Pescara iniziò col
ritorno a Spoltore nel 1933 di un emigrante, certo Luigi D'Angelo 56 , il cui
impegno
portò alla costituzione di gruppi a Città S. Angelo, Montesilvano, Pianella e Spoltore 57 . La prefettura di Pescara, in un rapporto alla Direzione
generale
della pubblica sicurezza del 2 gennaio 1935, scrisse che D'Angelo, malgrado fosse stato sottoposto ai vincoli dell'ammonizione, continuò «la sua
perniciosa attività pseudo evangelica [...] prendendo parte ad abusive riu-
202 Paolo Piccioli
190, prefettura di Teramo, 20 maggio 1936). L'impegno del Giorgini nel proselitismo fu definito «proterva ostinazione» in un rapporto del prefetto di Teramo del 26 ottobre 1939,che proponeva «un piú severo ed esemplare provvedimento di polizia» a suo carico a
motivo della sua «perniciosa attività» (ivi, G1, b. 315).
53 Caterina Di Marco, dopo essere stata arrestata e detenuta, fu destinata al confino;
venne
tuttavia prosciolta condizionalmente usufruendo di un provvedimento di clemenza «in occasione della nascita di S. A. R. il Principe di Napoli»
(ACS, CP, b. 360, Legione territoriale
dei carabinieri reali di Ancona, Compagnia esterna di Teramo, 3 giugno 1936; ivi, CPC, b. 1798, prefettura di Teramo, 27 febbraio 1940). Francesco Cimorosi fu invece
assegnato al confino (ivi, CP, b. 254, Legione territoriale dei carabinieri reali di Ancona, Compagnia esterna di Teramo, 3 giugno 1936, e prefettura di Teramo, 5 giugno 1936).
54 ACS, CP, b. 360, Legione territoriale dei carabinieri reali di Ancona, Compagnia
esterna di Teramo, 3 giugno 1936. 55 Caterina Di Marco, ritenuta la «fondatrice», venne processata dal Tribunale speciale;
Guerino Castronà, Domenico Cimorosi, Giovanni Fioravanti, Domenico Giorgini e
Umberto Palazzese vennero arrestati, imprigionati e condannati al confino. Santina
Cimorosi, figlia di Domenico, venne arrestata, imprigionata e ammonita, mentre Antonio Conocchioli e Francesco Cimorosi furono diffidati:
ACS, CP, b. 360, questura di Teramo, 30 maggio1936; ivi, G1, b. 220, questura di Teramo, 3 febbraio 1940, e Direzione della colonia di confino politico di
Pisticci, 12 febbraio 1940; ivi, CP, b. 254, prefettura di Teramo, 12
febbraio
1940; ivi, CPC, b. 2074, prefettura di Teramo, 9 marzo 1940; ivi, CPC, b. 2429,
prefettura di Teramo, 27 febbraio 1940; ivi, CP, b. 738, questura di Teramo, 3 febbraio 1940,
e prefettura di Teramo, 12 febbraio 1940; ivi, CP, b. 103, prefettura di Teramo, 3 luglio 1941; ivi, G1, b. 313, rapporto della IV zona
Ovra, Avezzano, 17 dicembre 1939.
56 ACS, G1, b. 148, prefettura di Bologna, 2 giugno 1936, e prefettura di Pescara, 6 luglio
1936.
57 Ivi, G1, b. 148, prefettura di Pescara, 29 ottobre 1936; ivi, CP, b. 313, questura di
Pescara,11 novembre 1936; ivi, CPC, b. 1611, prefettura di Pescara, 30 novembre 1936; ivi, CP, b. 313, prefettura di Pescara, 25 gennaio 1937, e Legione territoriale dei carabinieri
reali di Ancona, 11 febbraio 1937; ivi, G1, b. 148, prefettura di Pescara, 29 dicembre 1938; ivi, CP, b. 314, questura di Pescara, 24 gennaio 1944.
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nioni di proseliti di tali principi in case private». Nell'ottobre 1934 era stato condannato a tre mesi di reclusione 58 e due anni dopo venne inviato al
confino
a Colobraro (Matera), dove rimase alcuni mesi, perché si era dedicato «intensamente alla propaganda di precetti biblici procurando neofiti
specialmente
fra la classe dei contadini» e aveva fatto «anche larga distribuzione di opuscoli e pubblicazioni che gli giungevano, per posta e per ferrovia, dai suoi
corrispondenti di Francia» 59 . Nella zona fra i primi a divenire testimoni di Geova ci furono vari membri della famiglia Di Censo di
Montesilvano, fortemente
impegnata nel proselitismo, tanto che la polizia fascista la definí, per accusarla, la «famiglia che in Montesilvano dirigeva tutto il movimento della
setta in questa provincia» 60 . La loro casa fu il principale luogo di incontri per lo studio della Bibbia. Le autorità in alcuni rapporti scrissero che la famiglia
Di Censo era come un «focolaio di infezione» 61 . Piú volte diffidati a non
predicare piú, e anche percossi, rimasero fermi nella loro posizione 62 . Un altro
203 I testimoni di Geova durante il regime fascista
58 ACS, G1, b. 148. Secondo una relazione di testimoni che lo conoscevano, Luigi
D'Angelo
«molte volte partiva in bicicletta e faceva chilometri e chilometri per visitare fratelli lontani, sfidando le innumerevoli difficoltà che il viaggio presentava». Del viaggio in
bicicletta
di circa 600 chilometri durante il quale valicò le montagne dell'Appennino per
recarsi da qualche confratello parla l'« Annuario dei testimoni di Geova» del 1983, pp.
147 -148. (Il racconto di tale viaggio è solo parzialmente corretto e completato dal rapporto
della prefettura di Pescara, 7 febbraio 1935 [ivi, G1, b. 148], e da un'intervista a Mariantonia
Di Censo, 9 settembre 1985 [ACC]). Era il mese di agosto del 1934. Luigi D'Angelo era accompagnato da Francescopaolo Di Censo, che aveva da lui accettato il messaggio.
Furono
fermati dai carabinieri. Il rapporto del prefetto di Pescara riferí che D'Angelo,
insieme a Di Censo, «fu fermato il 22/ 8/ 1934 a Morra Irpina [ora Morra De
Sanctis] dove si
erano recati per predicare la loro religione e rimpatriati con foglio di via obbligatorio».
59
ACS, CP, b. 313, proposta di confino compilata dalla Compagnia dei carabinieri di
Pescara,
10 gennaio 1936.
60 Ivi, G1, b. 5, prefettura di Pescara, 5 gennaio 1941; ivi, CP, b. 355, prefettura di
Pescara,21 febbraio 1943; AS Matera, ministero dell'Interno, Direzione generale della
pubblica sicurezza, 28 febbraio 1943. Dei Di Censo divennero testimoni
Francescopaolo, sua moglie
Laura, due dei loro quattro figli, Mariantonia ed Elisabetta, e due fratelli di
Francescopaolo, Nicola e Angelo. Laura era analfabeta, eppure il questore di Pescara
(ACS, CP,b. 418, questura di Pescara, 18 gennaio 1941) la definí «donna pericolosissima» riferendo: «La sua tracotanza giunge al punto da dichiarare che non abbandonerà mai la nuova fede,a costo della vita». Gli altri sapevano a malapena leggere e scrivere, salvo Mariantonia che faceva da scrivana per tutti. Furono tutti condannati, qualcuno anche quattro volte.
Mariantonia
fu condannata dal Tribunale speciale, ed Elisabetta, quando venne condannata al confino, aveva appena 20 anni. Come si deduce da G.
Rochat, Regime fascista e Chiese
evangeliche, cit., pp. 323-325, i Di Censo furono complessivamente condannati, fra
carcere
e confino, a decine d'anni di pena, e scontarono oltre venti anni.
61 ACS, CPC, b. 2094, prefettura di Pescara, 11 aprile 1941.
62 Ivi, CP, b. 355, lettera del 4 luglio 1936, indirizzata dalla famiglia a Nicola Di Censo e
sequestrata dalle autorità, allegata al rapporto della prefettura di Catanzaro, 11 luglio 1936. Francescopaolo Di Censo, diffidato dal commissario di pubblica sicurezza, dichiarò:
13 Pagina 14
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episodio, accaduto a Montesilvano nell'ottobre 1935, è stato narrato da
Francesco Di Giampaolo: «Un giorno mentre ero intento al mio lavoro una banda
di teppisti, istigata dal prete, lanciò una fitta pioggia di dure zolle contro la mia abitazione. Gli inquilini e i vicini uscirono immediatamente dalle loro
case gridando: "Noi non siamo protestanti!" Essi furono colpiti, mentre io ne uscii indenne» 63 . Dai documenti di archivio risulta che si sarebbe trattato
di una riunione di «circa 20 persone» disturbata «da un gruppo di giovani cattolici». Per le autorità il colpevole dell'incidente fu Di Giampaolo Ð che
fu condannato a cinque anni di confino Ð perché aveva tenuto la riunione senza averne dato avviso alle autorità e aveva «provocato il risentimento di
quei giovani fascisti e cattolici» 64 . Gerardo Di Felice, pure lui di
Montesilvano, dovette affrontare varie difficoltà.
Una domanda che la polizia faceva immancabilmente ai testimoni, sicura che con la loro risposta si sarebbero procurati una condanna certa, era
questa: «Accetta di difendere la patria con le armi?». La stragrande
maggioranza di loro rispondeva in base ai principi biblici. Alla domanda, postagli in
204 Paolo Piccioli
«Non posso fare a meno di andare predicando il Vangelo» (ivi, G 1, b. 148, prefettura di Pescara, 28 febbraio 1935, allegata relazione del commissario di pubblica sicurezza; ivi,C P, b. 355, Compagnia dei carabinieri di Pescara, 22 ottobre 1935). Nicola Di Censo
secondo un rapporto dei carabinieri «si mostrava il piú accanito e convinto evangelico
della zona». Fu fermato e condotto in carcere perché lui e un suo compagno
«catechizzavano
taluni pescatori di Silvi». Inviato al confino nel comune di Badolato (Catanzaro),
continuò a diffondere la sua fede fra gli abitanti del posto: secondo il rapporto delle autorità
svolse «attiva propaganda evangelista» (ivi, C P, b. 355, Compagnia dei carabinieri di
Pescara, 15 maggio 1936, e questura di Catanzaro, 28 gennaio 1938; ivi, G 1, b. 60, verbale
di interrogatorio di Vincenzo Nisticò, questura di Catanzaro, 11 luglio 1939). Circa
Mariantonia Di Censo il coordinatore Andriani disse: «Non si stanca mai di proclamare la
legge di Dio» (ivi, G 1, b. 314, rapporto Andriani, 3 gennaio 1940, p. 24).
Francescopaolo spiegò alle autorità che i cristiani, «anche se richiamati, non devono andare sotto le
armi», mentre suo fratello Nicola, riferiva un rapporto, «si rifiuterebbe di combattere a costo della vita» (ivi, C P, b. 355, questura di Pescara, 1° novembre 1935; ivi, C P C, b.
1775, prefettura di Pescara, 5 marzo 1940). Elisabetta, per aver «rifiutata la tessera di
giovane fascista», perse il posto di lavoro presso un negoziante di stracci all'ingrosso di
Montesilvano.
Pur avendo appena vent'anni, anche lei venne considerata «elemento
pericolosissimo» (ivi, G 1, b. 148, prefettura di Pescara, 28 giugno 1939; ivi, C P, b. 355, Legione
territoriale dei carabinieri reali di Ancona, Compagnia di Pescara, 25 gennaio 1941).
Mariantonia, tenendo la corrispondenza con la fratellanza, fu considerata «la fiduciaria» del
movimento nella provincia di Pescara e quindi la piú colpevole (ivi, C P C, b. 1775,
prefettura di Pescara, 12 marzo 1940). Talvolta, ben cinque Di Censo furono detenuti o
confinati contemporaneamente.
63 «Annuario dei testimoni di Geova» del 1983, p. 149.
64 ACS, G1, b. 148, prefettura di Pescara, 23 ottobre 1935; ivi, CP, b. 358, rapporto della
questura di Pescara alla Commissione provinciale per l'ammonizione ed il confino di
polizia, 1° novembre 1935; ivi, TS, rapporto della questura di Pescara al Tribunale speciale,
12 febbraio 1940.
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fase istruttoria prima del processo davanti al Tribunale speciale, Di Felice
rispose: «Non riconosco alcun dovere di difesa della Patria a mezzo delle armi
perché Iddio insegna che non si deve uccidere ed io non lo farò mai per alcun motivo e
perché dobbiamo amare il prossimo come noi stessi» 65 . In
precedenza
era stato inviato a Bari presso l'ospedale militare e poi a quello psichiatrico di
Bisceglie; quindi venne considerato inabile al servizio militare
perché affetto da «delirio religioso» 66 . Oltre a lui, altri di Montesilvano e dei paesi vicini dovettero affrontare le stesse difficoltà. Fra questi ci fu suo
fratello Nicola, condannato dal Tribunale militare di Bologna a due anni di reclusione per aver rifiutato il servizio militare «poiché tale servizio importava
l'uso della violenza contro i suoi simili, la qual cosa era troppo profondamente contraria alla sua fede» 67 . Anche Francesco Paolo Liberatore di
Spoltore,
Guido Costantini di Loreto Aprutino e Giuseppe Neviconi di Pianella rifiutarono qualsiasi coinvolgimento col servizio militare. I primi due furono
condannati dal Tribunale militare di Napoli e tutti e tre in seguito dal
Tribunale speciale 68 . Dopo aver rifiutato il servizio militare, Neviconi fu
ricoverato
all'ospedale di Chieti, probabilmente per accertarne la sanità mentale. Dai rapporti delle autorità fasciste risulta che Neviconi scrisse al Comando
del distretto militare di Teramo: «La mia pazzia è la mia fede» 69 . Anche
Domenico Pierfelice rifiutò il servizio militare e fu condannato a cinque anni di
confino, perché, come scrissero le autorità : «Non sparerà mai contro il
prossimo e si rifiuterà quindi di combattere, anche a costo della vita» 70 . La colpa
205 I testimoni di Geova durante il regime fascista
65 Ivi, TS, verbale di interrogatorio del 19 febbraio 1940 disposto dal Tribunale speciale
dal quale venne poi condannato a 4 anni di reclusione.
66 Cartella clinica della Casa della Divina Provvidenza, ospedale psichiatrico di
Bisceglie,completata il 18 marzo 1939; ospedale militare di Bari, ufficio rassegne, comunicazione del 3 marzo 1939, protocollo n. 763.
67 Tribunale militare di Bologna, sentenza n. 610 del 5 marzo 1943 giacente presso gli
archivi
del tribunale militare di La Spezia. 68 Circa le condanne di Guido Costantini e Francesco Paolo Liberatore si vedano le
sentenze
del tribunale militare di Napoli del 9 gennaio 1940, in ACS, TS; ivi, CPC, b. 1511, prefettura di Pescara, 6 marzo 1940.
69 ACS, CPC, b. 3530, prefettura di Pescara, 27 febbraio 1940; ivi, G1, b. 314, rapporto
Andriani, 3 gennaio 1940, p. 11.
70 Ivi, CPC, b. 3958, prefettura di Pescara, 26 febbraio 1940. Confratelli di Giuseppe
Neviconi
a Pianella divennero Tommaso Ricci e Veronino Giardinelli. Tommaso Ricci fu
subito preso di mira perché insieme ad altri svolgeva «in luoghi e modi non consentiti dalle
leggi vigenti, propaganda evangelica» (ivi, G1, b. 148, comunicazione della Legione
territoriale dei carabinieri reali di Ancona, Compagnia di Pescara, 14 settembre 1935, avente
oggetto «Denuncia di propagandisti evangelici»). Dal successivo rapporto dei carabinieri del 22 settembre 1935 si evince che Giuseppe Neviconi e Tommaso Ricci vennero
denunciati
perché avevano violato l'articolo 18 delle leggi di pubblica sicurezza, essendosi
radunati alcune volte in casa di Neviconi per lo studio della Bibbia (ivi, G1, b. 148). Anche
Liberato Ricci, fratello di Tommaso, si interessò del messaggio e fu condannato al
confi
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17
di questi «sovversivi» era unicamente quella di essere ferventi «geovisti», come spregiativamente venivano chiamati i testimoni dalle autorità fasciste 71 .Dalle ricerche correnti risulta che i testimoni qui ricordati, condannati per avere rifiutato il servizio o l'addestramento militare, siano stati tra i pochi
obiettori di coscienza del ventennio. Altre presenze di piccoli gruppi di testimoni di Geova nel periodo sono
segnalate
a Roccamorice (Pescara) 72 , Castiglione a Casauria (Pescara) 73 , Ortona (Chieti) 74 , Pietrelcina (Benevento) 75 e Cerignola (Foggia). Il gruppo di
Cerignola
si formò in un modo insolito. Giuseppe Banchetti, un pastore valdese,
206 Paolo Piccioli
no. In seguito divenne testimone di Geova. I Di Felice parlarono della Bibbia a Guerino D'Angelo, un contadino che le autorità chiamarono un «pericoloso imbecille». Tuttavia
dal materiale sequestratogli si rileva che era tutt'altro che uno sprovveduto (ivi, DP, b. 242, Consiglio di disciplina di Fossano [presso il cui carcere D'Angelo fu detenuto], 29 agosto
1942, e «Specchietto per liberazione condizionale», 8 gennaio 1943; ivi, TS, verbale di
interrogatorio, 20 febbraio 1940).
71 Le autorità fecero un largo uso, in senso dispregiativo, dell'espressione «geovista» o
«geovisti»
per indicare i testimoni di Geova. Si veda: ACS, G1, b. 314, rapporto
Andriani, 3 gennaio 1940, pp. 6, 16,
1819, 29, 32, 4041, 60, 69; ivi, TS, verbale di interrogatorio di
Veronino Giardinelli, 19 febbraio 1940; ivi, CPC, b. 3530, prefettura di Pescara, 27
febbraio 1940; ivi, CPC, b. 1775, rapporto della IV zona Ovra, Avezzano, 1° agosto 1940; ivi,
G1, b. 5, prefettura di Pescara, 5 gennaio 1941. Il termine «geovista» non è né di recente
adozione in italiano come si legge in alcune opere di consultazione (solo nel 1982,
secondo il Dizionario Italiano Sabatini Coletti, voce Geovista, Firenze, Giunti, 1997), né neutro,
essendo stato introdotto con una connotazione fortemente denigratoria.
72 Nel 1941 Antonio D'Alimonte fu arrestato e condannato al confino dopo che gli venne
intercettata una lettera inviatagli da Elisabetta Di Censo (ACS, G1, b. 5, prefettura di
Pescara, 5 gennaio 1941; AS Matera, questura di Pescara, 20 gennaio 1941).
73 Maria Martino aveva conosciuto la nuova fede negli Stati Uniti e, rientrata in Italia,
«si dette a propagandare con intensa fede e fervore», e «munita di grammofono e tre dischi di propaganda
geovista, la Martino era solita riunire, nella propria abitazione, i
neofiti ed i simpatizzanti». Fu condannata al confino (ACS, C P, b. 633, questura di
Pescara, 23 gennaio 1940; ivi, C P, b. 3107, prefettura di Pescara, 6 marzo 1940).
74 Alcuni giovani si interessarono del messaggio biblico in seguito alla corrispondenza di
un emigrato in Argentina: ACS, F4, b. 91, prefettura di Chieti, 29 marzo e 24 novembre 1929.
75 Dagli Stati Uniti rientrarono nella zona di Pietrelcina Michele Cavalluzzo e Francesco
Bello, ai quali in seguito si unirono altri (ACS, G1, b. 314, rapporto Andriani, 3 gennaio 1940, pp. 119, 121). Uno dei primi a seguire la nuova fede fu Donato Iadanza, nella cui
casa si tennero piccole riunioni (AS Benevento, questura di Benevento, 7 marzo 1940). Tutti i componenti del gruppo furono colpiti dal regime con provvedimenti punitivi.
Pacifico
Marenna fu condannato al confino, altri, come Rodrigo Cavalluzzo, Donato Iadanza e Antonio Paradiso, se la cavarono con l'ammonizione (ACS, G1, b. 313, prefettura di
Benevento, 25 novembre 1939, e rapporto della VII zona Ovra, Napoli, 28 novembre 1939; ivi, CP, b. 527, ministero dell'Interno, Direzione generale della pubblica sicurezza, 23
marzo 1940; ivi, CP, b. 622, questura di Benevento, 28 marzo 1940).
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18
collaborò negli anni Venti con gli studenti biblici traducendo dall'inglese le loro pubblicazioni fino alla sua morte avvenuta nel 1926 76 . Probabilmente
quando era pastore a Chieti (dal 1913 al 1919), trasmise ai membri della chiesa valdese di Cerignola, come riferí Cuminetti, alcuni insegnamenti degli
studenti
biblici che condivideva. Quando nel gennaio 1925, durante un viaggio attraverso l'Italia, Cuminetti visitò insieme a Marcello Martinelli il gruppo di
Cerignola, nella sua relazione scrisse di aver presieduto «due adunanze
frequentate da una quarantina di fratelli, sorelle e amici», riferendo che quella
«simpatica classe di Studenti della Bibbia» era «appena nata, ossia appena composta». In che modo? La relazione accenna a una scissione nella
«congregazione
evangelica»: una ventina di membri decisero di separarsi da quella congregazione e di «dichiararsi studenti della Bibbia». In quell'occasione
si battezzò il diciassettenne Salvatore Doria, il primo testimone di Cerignola, un ex valdese 77 . Come molti altri a quel tempo, Salvatore Doria ebbe una
conoscenza
molto limitata delle dottrine degli studenti biblici, non avendo che sporadici contatti con qualcuno di loro. Compí il servizio di leva, durante il
quale predicò nell'ambiente militare. Fece inoltre il possibile per diffondere il messaggio a Cerignola e nei paesi limitrofi 78 . Dopo la morte di Cuminetti,
venne incaricato dall'ufficio di Berna di curare i contatti con i confratelli del Sud, ma poco dopo venne arrestato e condannato dal Tribunale speciale. Fu
detenuto nel carcere di Civitavecchia e successivamente in quello di Sulmona da dove venne deportato in Germania, prima a Dachau e poi nel campo
di Mathausen, da dove fu liberato nel 1945 all'arrivo degli americani. La sua salute, soprattutto psichica, fu gravemente compromessa 79 .
Quando la grande persecuzione del 1939 colpí tutti i testimoni di Geova
italiani, oltre venti persone furono arrestate a Cerignola e condannate: per
alcuni
la loro unica colpa era quella di essere parenti di testimoni o di leggere
saltuariamente «La Torre di guardia» 8 0 . Del resto i primi gruppi di studenti
bi
207 I testimoni di Geova durante il regime fascista
76 G. Banchetti, Raccolta di articoli, a cura di Evelina ed Elena Vigliano, Bari, 1990, vol. I
(1905/1911), pp. 2, 3, e vol. II (19121926), pp. 694698; «L'Echo des vallées», 16 aprile 1926.
77 Dal Resoconto di un viaggio attraverso l'Italia, pubblicato sulla «Torre di guardia» del 1°
maggio 1925. Una conferma della «scissione» si può trarre dalla cartolina scritta da
Potenza il 10 gennaio 1925 alla famiglia Protti di Basilea da Remigio Cuminetti e firmata «R.e M.», cioè Remigio e Marcello: «Veniamo da Cerignola ove avemmo un buonissimo
incontro con quei fratelli [...] Prima avevano il pastore ora lo hanno licenziato preferendo
studiare con noi la Bibbia». Si veda, in proposito, ACS, G1, b. 313, rapporto della III zona Ovra, Bari, in data 24 novembre 1939 a Pasquale Andriani della IV zona. Sul battesimo
di Salvatore Doria, si veda ivi, TS, verbale di interrogatorio, 16 novembre 1939.
78 ACS, G1, b. 314, rapporto Andriani, 3 gennaio 1940, p. 27.
79 Ivi, TS; ivi, DP, b. 242, ministero del Tesoro, Direzione generale delle pensioni di
guerra, 11 febbraio 1956. 80 Il rapporto della III zona Ovra, Bari, 24 novembre 1939 (ACS, G1, b. 313) elencò i
nominativi
degli indagati dalla polizia. In base alle notizie raccolte recentemente, peraltro
in
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19
blici, non potendo ricevere, a causa del dominio clericofascista, alcuna
sistematica direttiva spirituale da un organismo centrale che non poteva essere
istituito,
furono delle aggregazioni mancanti di stabilità organizzativa e talvolta anche di una chiara comprensione in campo
dottrinale. Per completare il panorama della diffusione dei testimoni di Geova nella
penisola, vanno ricordati alcuni testimoni isolati che vissero in altre località 81 .In Sicilia ci furono piccoli gruppi di persone che vennero visitati da Cuminetti e Martinelli nel 1925 durante il loro giro in Italia. Mancando in
seguito
di qualsiasi direttiva in campo spirituale, non divennero mai testimoni di Geova, anche se alcuni furono indagati dalla polizia del regime 82 .
Direzione dell'opera, riunioni, predicazione.
Dopo il 1919 venne aperto a
Pinerolo un ufficio per estendere e organizzare la predicazione del messaggio
biblico. Era un modesto locale preso in affitto in Via Silvio Pellico 11. Nel 1922 Cuminetti ne divenne il responsabile sotto la direttiva della sede
svizzera
83 . Giovanni De Cecca era responsabile del Reparto italiano presso la sede
mondiale di Brooklyn e manteneva regolari contatti epistolari con i testimoni italiani 84 . Il suo nome figura piú volte nei documenti della polizia che
indagava
sui testimoni di Geova italiani; diverse sue lettere furono sequestrate e mai recapitate 85 . Nel 1929 venne identificato in un rapporto del console
ge-
208 Paolo Piccioli
complete a causa del tempo trascorso, questi sono alcuni nominativi che, fra i
perseguitati o indagati dal regime, divennero testimoni di Geova: Angela De Bartolo, diffidata;
Mattea
De Bartolo, diffidata; Giuseppe Doria, fratello di Salvatore, ammonito; Ripalta Doria, diffidata; Vito Pulcino, ammonito; Teresa Trecina (Russo), diffidata; Maria
Iungo, indagata.
81 A Claut (Pordenone), Guerrino De Zan (ACS, G 1, b. 313, rapporti della I zona
Ovra, Milano, 10 novembre 1939, all. III, p. 3, e 12 dicembre 1939, p. 18; ivi, G 1, b. 315, prefettura di Udine, 12 luglio 1940). A Livigno (Lucca), Bartolomeo Ferri (ivi, G 1, b. 313, rapporto
dell'VIII
zona Ovra, Firenze, 23 novembre 1939). A Gesualdo (Avellino), Alfonso Dell'Erario (ivi, C P C, b. 1693, prefettura di Avellino, 1° maggio 1940). A Montescaglioso (Matera),
Antonio
Di Grazio (ivi, C P, b. 358, Legione territoriale dei carabinieri reali di Bari, Compagnia di Matera, 21 gennaio 1940, e prefettura di Matera, 26 gennaio 1940).
82 ACS, G1, b. 313, rapporti della V zona Ovra, Palermo, in data 23 e 30 novembre 1939.
Furono fatte indagini anche in Sardegna (ivi, G1, b. 313, rapporto della VI zona
Ovra, Cagliari, 19 novembre 1939). Circa i gruppi di studenti biblici esistenti in Sicilia nel 1925,
visitati
da Cuminetti e Martinelli, si veda «La Torre di guardia», 1° maggio 1925, pp.
7478. 83 ACS, G1, b. 5, prefettura di Torino, 22 agosto 1929; ivi, F4, b. 91, prefettura di Ascoli
Piceno, 20 maggio 1929; ivi, F4, b. 656, ministero degli Affari esteri, 6 febbraio 1932; ivi, G1, b. 5, circolare del ministero dell'Interno, 13 marzo
1940, p. 3.
84 «La Torre di guardia» (inglese), 15 novembre 1920, p. 376. Cenni biografici su De
Cecca
Ð nato a Calitri (Avellino) ed emigrato negli Usa Ð nella «Torre di guardia», 15 giugno 1961, pp.
372-375, e ivi, 15 gennaio 1966, p. 64.
85 ACS, G1, b. 5, prefettura di Foggia, 18 novembre 1929, con allegate lettere a Michele
Chieti e Salvatore Doria. Inoltre, si vedano le lettere a Giosuè Vittorio Paschetto: 15
feb-
18 Pagina 19
20
nerale di New York quale «rappresentante italiano» della International Bible Students Association 86 . Fu visitato a Brooklyn da emissari della polizia
fascista
che svolgevano indagini per accertare la natura dell'opera dei testimoni di Geova 87 . Nel 1930 il console generale di New York lo descrisse come «un
fanatico della setta religiosa cui appartiene» 88 e, nel 1937, il comandante
della polizia italiana di Addis Abeba chiedeva informazioni «politiche» sul suo
conto 89 . Martin C. Harbeck, all'epoca responsabile della sede svizzera, riteneva che
l'opera di evangelizzazione avrebbe progredito piú rapidamente se, anziché da Pinerolo, fosse stata diretta da un ufficio a Milano. La nuova sede fu
scelta
dallo stesso Harbeck 90 e aperta nel febbraio 1932 in Corso di Porta nuova 19. Segretaria di Harbeck era Maria Pizzato, in seguito condannata dal
Tribunale speciale fascista. Per dare una veste legale al nuovo ufficio di
Milano fu costituito un organismo rappresentativo denominato Società Watch
Tower per la stampa e la diffusione di libri e trattati biblici 91 . L'attività
doveva essere avviata con una campagna di distribuzione di 500.000 copie
dell'opuscolo
Il Regno, la speranza del mondo. Prima di stamparlo ne fu richiesta la prescritta autorizzazione alla prefettura che, stranamente, la concesse 92 .La diffusione dell'opuscolo doveva essere effettuata rapidamente per anticipare il prevedibile intervento dell'Ovra. Inoltre, per non causare difficoltà ai
pochi testimoni italiani, una sessantina in tutto a quel tempo, l'ufficio di
Berna dispose di far distribuire l'opuscolo da una ventina di confratelli svizzeri
209 I testimoni di Geova durante il regime fascista
braio 1930 (ivi, F4, b. 91), 17 luglio 1934 (ivi, TS), 18 luglio 1939 (ivi, TS), 2 settembre 1939 (ivi, TS), 23 ottobre 1939 (ivi, TS). Ivi, G1, b. 5, si veda: prefettura di Avellino, 19
novembre 1929, con allegata lettera a Gennaro Simonelli; prefettura di Torino, 23 agosto 1930, e 31 ottobre 1930, con allegate lettere a Remigio Cuminetti; AS Benevento, lettera
a Donato Iadanza, in data 31 ottobre 1939. Nonostante i sequestri, molti testimoni
ricevettero sue lettere (ACC, relazione di Dina Bionaz, giugno 1993). De Cecca scrisse anche
a certo Vincenzo Nisticò di Badolato (ivi, G1, b. 60, questura di Catanzaro, 11 luglio 1939). 86 ACS, CPC, b. 3188, ministero dell'Interno, 2 dicembre 1929.
87 Ivi, G1, b. 5, annotazione a mano sul trattato Un Appello alle Potenze del Mondo allegato
al telespresso del ministero degli Affari esteri, 5 dicembre 1929.
88 Ivi, G1, b. 5, consolato generale d'Italia, New York, 28 febbraio 1930.
89 Ivi, A1, 1937, b. 19, ministero dell'Interno, 20 agosto 1937.
90 Ivi, G1, b. 313, rapporto della I zona Ovra, Milano, 10 novembre 1939, all. I, p. 3.
91 Circa questa società, Maria Pizzato scrisse che «fu iscritta per necessità alla Camera di
Commercio di Milano». Harbeck nella sua lettera del 23 maggio 1932 al capo di
Gabinetto del ministero dell'Interno, scritta in francese, riferí: «Noi siamo sul punto di far
registrare
la nostra Società a Milano, come succursale della Watch Tower Bible & Tract
Society». Si veda ACS, F4, b. 105. Al momento non sono stati rintracciati documenti per
stabilire
se e quando l'organismo fu effettivamente registrato.
92 ACS, G1, b. 313, rapporto della I zona Ovra, Milano, 10 novembre 1939, all. I, p. 4;
ACC, relazioni di Albina Protti vedova Cuminetti, 14 settembre 1956, e di Maria Pizzato, 13 luglio 1955.
19 Pagina 20
21
che si recarono nelle principali città dell'Italia centro-settentrionale, fino a
Firenze. Per accelerare la distribuzione i testimoni svizzeri ingaggiarono, dietro
pagamento di un compenso orario, uomini e donne disoccupati. Il tempo stabilito fu la metà del mese di marzo del 1932 93 .
Alle autorità e al clero questa campagna non passò evidentemente inosservata. «Il Popolo d'Italia» del 17 marzo 1932 pubblicò un articolo dal titolo Il
regno di Geova, per richiamare l'attenzione delle autorità e cosí stroncare ogni attività di predicazione. Nell'accennare alla «distribuzione clandestina» di
«centinaia di migliaia di copie» dell'opuscolo, l'articolo denunciava il fine «giudaico» e «bolscevico»
dell'organizzazione degli studenti biblici e la sua
«stretta alleanza» con «l'alta Banca giudaica germanico-americana». Lo scopo era quello di dimostrare che in Italia «non v'è impunità per tal genere di
birbanti». Siffatte falsità provocarono inevitabilmente l'intervento delle
autorità 94 . Anche la lettera pastorale del cardinale Schuster, pubblicata sul
giornale
cattolico di Milano «L'Italia» del 19 marzo 1932, biasimava «la libera propaganda libraria dei Protestanti». Maria Pizzato scrisse che due
funzionari
di polizia si recarono nell'ufficio di Milano ordinando a Harbeck e a lei di recarsi immediatamente dal capo dell'ufficio stampa della questura dove
fu loro intimata la chiusura della sede. Si calcola che delle 500.000 copie
dell'opuscolo, circa 300.000 vennero distribuite e 200.000 sequestrate. Da due
lettere di Harbeck indirizzate al capo di Gabinetto del ministero dell'Interno si desume che egli si presentò al funzionario nel mese di maggio e di
luglio
del 1932, nel tentativo di far revocare i provvedimenti governativi che vietavano di distribuire le pubblicazioni bibliche. Venne richiesto anche un
incontro, mai concesso, col capo del governo 95 . Ogni tentativo fallí. Il
ministero dell'Interno comunicò a quello degli Affari esteri: «Questo ministero
non ritiene di consentire la diffusione nel Regno delle pubblicazioni edite a cura della Watch Tower Bible and Tract Society che sono state qui
trasmes-
210 Paolo Piccioli
93 Per i particolari della campagna, si veda l'« Annuario dei testimoni di Geova» del 1983,
pp. 149-154.
94 Il clero e le autorità fasciste classificarono falsamente i testimoni di Geova quali
bolscevichi
o comunisti, ebrei sionisti, capitalisti americani, anarchici o massoni: ACS, G1, b. 5, prefettura di Torino, 27 novembre 1929; ivi, F4, b. 2, sottosegretariato di Stato per la
Stampa
e la propaganda, 11 gennaio 1935; ivi, F4, b. 35, ministero dell'Interno, 22 giugno 1937; ivi, F4, b. 91, ministero dell'Interno, 15 giugno 1938; AS Matera, questura di Vicenza, 2
febbraio 1940; ACS, G1, b. 220, questura di Teramo, 3 febbraio 1940. Sulle accuse di
comunismo rivolte dalle alte gerarchie cattoliche anche ai protestanti o evangelici, si veda L.Pestalozza, Il diritto di non tremolare. La condizione delle minoranze religiose in Italia, Milano-Roma, Avanti!, 1956, pp.
24-28.
95 ACS, F4, b. 105, lettere in data 23 maggio e 6 agosto 1932. La seconda lettera
conteneva
un appello conclusivo: «Ci permettiamo di ricordare a S. E. che qui si tratta
dell'opera di Dio e non di propaganda umana». A fianco di questa frase qualche dirigente aveva
apposto due punti esclamativi e uno interrogativo, segno di evidente rigetto.
20 Pagina 21
22
se per l'esame dal Sig. M. C. Harbeck, nella sua qualità di rappresentante per l'Europa Centrale della detta associazione internazionale» 96 . L'ufficio di
Milano
venne chiuso nel luglio 1932, dopo circa cinque mesi di attività, per ordine della prefettura locale 97 . Il giro di vite del regime si estese a tutto il
paese.
Albina Cuminetti scrisse che suo marito venne convocato dal commissario, che gli disse: «Dimentichi che io sono un commissario e ascolti un mio
consiglio. Se ha della letteratura, le do otto giorni di tempo per nasconderla, e poi la tenga in serbo per quando sarà tramontato il fascismo». «Da
allora», prosegue la sua narrazione, «cominciarono le perquisizioni, per cui ogni angolo della casa venne perquisito» 98 .Cuminetti continuò da Pinerolo la sua cauta corrispondenza con i confratelli e, quando poté, si recò da loro per incoraggiarli. Una delle visite da lui
compiute, quella che effettuò a Bologna nel 1938, risulta dal rapporto della II zona Ovra. Nel 1935 si trasferí a Torino, dove continuò a mantenere la
corrispondenza con la fratellanza italiana fino alla sua morte avvenuta nel 1939 99 . La sede svizzera fece altri tentativi per tenere i contatti con i pochi e
dispersi testimoni italiani. Nella primavera del 1939 affidò ad Adele Brun, cognata di Cuminetti, il compito di visitare in un periodo di circa tre
settimane
i testimoni dell'Italia centro-settentrionale. La Brun visitò sua sorella Albina a Torino, Maria Pizzato a Milano e i gruppi di Faenza e Roseto degli
Abruzzi 100 . Maria Pizzato riferí che «il viaggio fu limitato, per scarsità di
danaro e di tempo» 101 .Marcello Martinelli sostituí Cuminetti cercando di mantenere i contatti con la fratellanza. Nel luglio del 1939 concordò con la sede di Berna un piano
per ricevere pubblicazioni da distribuire ai confratelli. Per introdurle in
Italia furono utilizzati una trentina di mietitori non testimoni, disposti a
collaborare,
che in estate dalla Valtellina si recavano a lavorare in Svizzera. A questi venivano consegnate sul luogo di lavoro un po' di pubblicazioni da
persone
incaricate da Harbeck. Al rientro in Valtellina, essi le davano a Martinelli che cercava di recapitarle ai confratelli 102 . Ma l'espediente durò
poco. Emilio Negri, un testimone che faceva il falciatore, fu fermato al confine di Villa di Chiavenna mentre rientrava in Italia con 60 opuscoli
Avver-
211 I testimoni di Geova durante il regime fascista
96 ACS, F4, b. 105, appunto copiato il 10 settembre 1932.
97 Ivi, G1, b. 313, rapporto della I zona Ovra, Milano, 10 novembre 1939, all. I, p. 5.
98 ACC, relazione di Albina Cuminetti, 14 settembre 1956.
99 ACS, G1, b. 313, rapporto della II zona Ovra, Bologna, 17 novembre 1939.
100 Ivi, G1, b. 314, rapporto Andriani, 3 gennaio 1940, p. 189; ivi, G1, b. 313, rapporto
della I zona Ovra, Milano, 10 novembre 1939, all. I, p. 12, e rapporto della II zona Ovra, Bologna, 23 novembre 1939.
101 Ivi, G1, b. 313, rapporto della I zona Ovra, Milano, 10 novembre 1939, all. I, p. 12.
102 Ivi, G1, b. 314, rapporto Andriani, 3 gennaio 1940, pp. 147148. La cifra di duecento
mietitori che avrebbero collaborato, indicata a p. 13 del rapporto, pare eccessiva.
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23
timento e Di fronte ai fatti. Negri e Martinelli furono subito arrestati e
condannati al confino 103 . Poco tempo prima Harbeck si era incontrato
segretamente
con Maria Pizzato e Marcello Martinelli, in una domenica di fine agosto, presso la stazione di Como. Harbeck vi era giunto viaggiando su una
grossa automobile piena di pubblicazioni da inviare in varie zone della
penisola. Poco dopo, l'ufficio di Berna forní a Maria Pizzato gli indirizzi di una
settantina di testimoni e la bozza di una circolare di istruzioni da seguire per richiedere pubblicazioni bibliche usando per cautela un linguaggio
convenzionale
104 . «Iniziammo nel settembre del 1939 Ð come ha narrato Maria Pizzato
Ð con l'invio di piccoli pacchi del peso non superiore ai tre chilogrammi, per i quali, secondo le disposizioni in materia postale in vigore a quel
tempo, non esisteva l'obbligo di indicare l'indirizzo del mittente. Confezionavo i pacchi la sera, e la mattina, prima di recarmi al lavoro, andavo a
portarli
in uffici postali diversi per non dare nell'occhio» 105 . Tutte queste cautele non furono sufficienti. Le autorità fasciste impiegavano imponenti forze di
polizia per controllare i pochi testimoni. Si stava avvicinando il tempo della «grande retata». Prima di considerare questo momento culminante della
persecuzione
fascista accenneremo ad altri provvedimenti presi dal regime per reprimere l'attività dei testimoni.
Provvedimenti delle autorità di Pubblica sicurezza.
Poco piú di un anno dopo il suo insediamento al potere Ð il tempo appena necessario per istituire gli
organismi
ed approvare le prime leggi per attuare la repressione Ð il regime fascista cominciò a porre sotto controllo il materiale stampato dagli studenti
biblici 106 . L'11 febbraio 1929 fu stipulato il Concordato fra regime e Chiesa cattolica, che segnò, come è noto, l'inizio di una dura oppressione delle
minoranze
religiose: «Le persecuzioni aumentarono dopo il Concordato, che assicurava alla Chiesa cattolica l'esclusiva della propaganda religiosa in Italia».
Con quale risultato? «Non per questo i "testimoni di Geova" rinunciarono
212 Paolo Piccioli
103 Ivi, F4, b. 105, prefettura di Sondrio, 19 settembre 1939; ivi, CP, b. 632, questura di
Sondrio, 5 ottobre 1939; ivi, CP, b. 707, Legione territoriale dei carabinieri reali di
Milano, Gruppo di Sondrio, 12 dicembre 1939.
104 La polizia fascista, quando nel 1939 apprese della visita di Harbeck in Italia, in
occasione
del suo incontro a Como con Marcello Martinelli e con Maria Pizzato, impartí
disposizioni alla polizia di frontiera affinché lo arrestasse al confine mentre entrava o usciva
dal paese. Comunque, quando nel maggio 1940 Harbeck fu identificato al confine di
Domodossola, gli fu solo impedito l'ingresso in Italia (ACS, G1, b. 313, ministero
dell'Interno,11 novembre 1939; ivi, G1, b. 314, prefettura di Novara, 24 maggio 1940).
105 ACC, relazione in data 13 luglio 1955.
106 Il regime fascista incominciò subito a prendere provvedimenti per controllare la
stampa:
A. Dal Pont, A. Leonetti, M. Massara, Giornali fuori legge: la stampa clandestina
antifascista 19221943, Roma, Associazione nazionale perseguitati politici italiani antifascisti
(Anppia), 1964, pp. 71-84, 220-221.
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all'azione», poiché diffusero «clandestinamente il loro materiale di
propaganda» 107 .In quel tempo le autorità si limitavano a indagare e a sequestrare la stampa trovata nelle abitazioni, senza arrestare i testimoni di Geova. Man mano che
esse venivano in possesso di nuove pubblicazioni della Watch Tower Society, ne proibivano l'introduzione nel paese. Nel 1930 fu vietata anche
l'introduzione
della rivista «The Golden Age», l'attuale «Svegliatevi!» 108 . Per i
testimoni divenne sempre piú difficoltoso ricevere le loro pubblicazioni, che
venivano
bloccate presso gli uffici postali e sequestrate. Bastava che le autorità controllassero il mittente Ð l'ufficio di Pinerolo, la sede di Berna o la Watch
Tower Society Ð per scoprire da che fonte giungessero. Fu adottato quindi il sistema di inviare le riviste senza indicare il mittente o utilizzando l'indirizzo
di diversi confratelli. Le autorità scoprirono l'espediente, ma divenne per loro sempre piú difficile, anzi, impossibile, impedire completamente l'afflusso di
pubblicazioni da Stati Uniti e Svizzera. Per non parlare dei testimoni di
origine italiana, soprattutto residenti negli Stati Uniti, ma anche in Argentina,
Australia e Francia, i quali, una volta abbracciata la nuova fede, se non
ritornavano in Italia, cominciavano subito a scrivere ai familiari inviando loro
pubblicazioni bibliche 109 . Arrestare l'introduzione di queste pubblicazioni
inviate per posta era un vero problema, come rivela il rapporto Andriani del 3
gennaio 1940 (pp. 12-13, 18): «Bastava che un qualsiasi credente avesse
segnalato ai dirigenti il nominativo di un individuo, quale probabile simpatiz-
213 I testimoni di Geova durante il regime fascista
107 A. Dal Pont, A. Leonetti, M. Massara, Giornali fuori legge, cit., p. 221; P. Scoppola, Il
fascismo e le minoranze evangeliche, in Il fascismo e le autonomie locali, a cura di S.
Fontana,Bologna, Il Mulino, 1973, pp. 334-344.
108 ACS, F4, b. 35, telegramma ai prefetti e ad altre autorità, inviato dal ministero
dell'Interno,1° novembre 1930.
109 La documentazione di archivio circa il divieto di introduzione di letteratura della
Watch Tower Society disposto dal ministero per la Stampa e la propaganda, con le conseguenti istruzioni da parte del ministero dell'Interno ai prefetti, nonché circa i rapporti dei
prefetti stessi sul sequestro di letteratura biblica, è davvero imponente. Si veda in particolare in ACS, F1 ed F4. Si citano solo alcuni casi: ivi, F4, b. 54, Alto Commissariato per la
provincia
di Napoli, 8 giugno 1928, 30 opuscoli inviati da una persona del Nordamerica a un nipote; ivi, F4, b. 91, prefettura di Chieti, 6 maggio 1929, abbonamento inviato a Ortonadal padre emigrato in Argentina; ivi, F4, b. 18, prefettura di Milano, 31 luglio 1935,
pacco di opuscoli spediti da Berna; ivi, G1, b. 315, prefettura di Ragusa, 10 luglio 1940, un
opuscolo inviato da un emigrato in America. Il ministero della Cultura popolare
nell'Elenco degli autori le cui opere non sono gradite in Italia incluse «Rutheford J.
F.», riferendosi al secondo presidente della Watch Tower Society, Joseph Franklin Rutherford (ASMAE, Ministero della Cultura popolare, b. 294, comunicazione in data 11 aprile 1942).
Gli Elenchi di opere la cui pubblicazione, diffusione o ristampa nel regno è stata vietata dal ministero della cultura popolare, compilati dal ministero dell'Educazione nazionale,
contenevano
oltre una ventina di pubblicazioni della Watch Tower Society (ivi, b. 201,
comunicazione del 15 gennaio 1941).
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zante della setta, che a quest'ultimo piovevano da ogni parte pacchi di opuscoli e libri». Veniva quindi suggerita «un'assidua vigilanza da parte delle
Autorità
locali sui geovisti». Il fascismo considerava controproducente l'esistenza di altre religioni. Come
affermò Mussolini in un discorso del 1934: «L'unità religiosa è una delle
grandi forze di un popolo. Comprometterla od anche soltanto incrinarla è
commettere
un delitto di lesa nazione» 110 . Il proselitismo dei testimoni di Geova alla luce di simili affermazioni veniva considerato un delitto contro la
sicurezza
e l'integrità della nazione italiana: doveva essere immediatamente soppresso e gli autori puniti per aver commesso tale «gravissimo» reato. Il clero
e lo stesso papa non mancarono di utilizzare le parole del dittatore per
reclamare l'intervento del regime contro chi faceva proselitismo 111 .
Comunque, anche per il loro esiguo numero, il regime in un primo tempo non identificò bene i testimoni di Geova come una confessione a sé. Vari
documenti
di inchiesta confondevano i testimoni con altre religioni e includevano le pubblicazioni della Watch Tower Society fra la stampa protestante,evangelica, pentecostale e avventista. Nel 1935 il ministero dell'Interno,
Direzione generale dei culti, con circolare del 9 aprile, nel mettere al bando le
«associazioni pentecostali» e vietare le loro riunioni e attività, applicò le
restrizioni anche ai testimoni di Geova 112 . Gli effetti di quella circolare furono
214 Paolo Piccioli
110 B. Mussolini, Sintesi del regime, in Scritti e discorsi. Dal Gennaio 1934 al 4 Novembre
1935 (XII-XIV E. F.), Milano, Hoepli, 1935, p. 39.
111 Le parole di Mussolini furono utilizzate diffusamente dalla gerarchia ecclesiastica per invitare il regime a sopprimere il proselitismo. Si veda F. M. Cappello, Religione cattolica
e Culti «ammessi» secondo i Patti Lateranensi, in «La Civiltà cattolica», 21 luglio 1934, p.113; A. Gemelli, Il protestantesimo e l'Italia, in «Vita e pensiero», agosto 1934, pp.
469471; Propaganda protestante , in «Bollettino della Diocesi di Bologna», dicembre 1935. Si
veda anche l'opuscolo predisposto dal Vaticano per un uso riservato, Il proselitismo dei protestanti in Italia (ASMAE, SS 1934, b. 22, fasc. 8). Lo stesso papa denunciò la
«subdola
e insidiosa» opera di proselitismo protestante che approfittava «per lo piú
dell'ignoranza e dell'ingenuità, congiunte spesso alla miseria ed alla fame; e tutto ciò in presenza
d'una legge che ammette bensí acattolici all'esercizio di culti diversi dal cattolico, ma non li dice punto ammessi al proselitismo» (messaggio natalizio del papa, in «L'Osservatore
romano»,25 dicembre 1930).
112 ACS, G1, b. 26. G. Rochat, Regime fascista e Chiese evangeliche, cit., pp. 20, 278, 286,
accenna a questa «confusione che fino a tutto il 1939 le autorità facevano tra testimoni di Geova e pentecostali». Anche D. Maselli, Libertà di parola. Storia delle chiese cristiane dei
fratelli 1886-1946, Torino, Claudiana, 1978, p. 100, fa un accenno. Lo stesso Rochat, a p.257, ha pure scritto che alcuni autori (P. Scoppola e G. Peyrot) non avevano rilevato tale fraintendimento. La commistione è stata invece messa in luce da «Annuario dei testimoni
di Geova» del 1983, pp. 158164; Associazione europea dei testimoni di Geova per la
tutela della libertà religiosa, Intolleranza religiosa alle soglie del Duemila, cit., p. 19. Diversi
documenti dimostrano che le autorità confondevano tra loro vari gruppi, compreso
l'Esercito della salvezza (ACS, G1, b. 197, prefettura di Trento, 30 settembre 1936; ivi, G1,
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immediati e da allora la persecuzione divenne molto piú dura 113 . I motivi di questo inasprimento si possono desumere dalla sentenza con cui nel 1940 il
Tribunale speciale condannò 26 testimoni di Geova e nella quale l'impegno decisamente pacifico dei testimoni era considerato «attività
antinazionale
svolta, specialmente, in occasione della campagna d'Africa (manifesta ostilità all'offerta dell'oro; al nostro intervento armato; ecc.)» 114 . In quel periodo di
frenesia nazionalistica i testimoni di Geova furono quindi duramente colpiti. Iniziarono gli arresti da parte delle forze dell'ordine. I testimoni venivano
portati via immediatamente, ovunque si trovassero, a casa o nei campi,ammanettati come delinquenti, strappati all'affetto della famiglia e spesso
gettati
in carcere. Tutto ciò avvenne senza alcun processo. Rimasero in carcere o furono confinati in colonie agricole, lontani dalle loro abitazioni 115 . Ci sono
prove documentarie che Mussolini seguiva personalmente la repressione del proselitismo, soprattutto per quanto riguarda i testimoni di Geova. Su diverse
proposte di assegnazione al confino e su altre proposte punitive era infatti
215 I testimoni di Geova durante il regime fascista
b. 313, prefettura di Brindisi, 1° dicembre 1939, e prefettura di Brescia, 19 dicembre 1939). Pure l'Ovra in un primo momento cadde nell'errore (ivi, G1, b. 60, rapporti della VII zona,Napoli, del 12, 16 e 26 luglio 1939, e della IV zona, Avezzano, del 9 agosto 1939). A
questa confusione le autorità furono indotte anche dal fatto che diversi appartenenti ai
pentecostali
e ad altre chiese, nel corso di ispezioni della polizia furono trovati in possesso di letteratura della Watch Tower Society, come rivelano i documenti citati in questa nota. Si
veda anche ivi, G1, b. 313, rapporto della III zona Ovra, Bari, 24 novembre 1939;
rapporto della V zona Ovra, Palermo, 30 novembre 1939; prefettura di Catanzaro, 28
maggio
1940. Inoltre la mancanza nel paese di una vera e propria organizzazione che
rappresentasse i testimoni di Geova ne rese piú difficile l'identificazione. Un rapporto della
prefettura
di Teramo del 20 maggio 1936, pur mischiando testimoni di Geova a membri di altri movimenti, indicò che le autorità inquirenti stavano iniziando a comprendere che i
testimoni
erano «un movimento religioso» con «caratteristiche speciali» (ivi, G1, b. 190). Ma a parte questa intuizione, la mancanza di chiarezza fu tale che spesso i rapporti delle
autorità
classificavano come studenti biblici o testimoni di Geova anche pentecostali e altri, e viceversa includevano fra i pentecostali anche i testimoni. Chi pertanto esamina la
documentazione
di archivio senza conoscere la storia dei testimoni di Geova non può trarne sempre conclusioni corrette. Un esempio: il rapporto della prefettura dell'Aquila del 15
novembre 1929 (ivi, G1, b. 5) menziona fra gli studenti biblici abbonati alla «Torre di
guardia» tre nominativi che probabilmente erano quelli di pentecostali, insieme all'unico
testimone, Vincenzo Pizzoferrato.
113 Per i possibili motivi del «giro di vite» attuato dal regime contro le minoranze
religiose
a partire dal 1935, si veda G. Rochat, Regime fascista e Chiese evangeliche, cit., pp.
35-40, 245-246; G. Spini, La persecuzione contro gli evangelici in Italia, in «Il Ponte», gennaio
953, pp. 56.
114 Sentenza n. 50 del 19 aprile 1940, in Tribunale Speciale per la difesa dello Stato.
Decisioni
emesse nel 1940, a cura dell'Ufficio storico dello Stato maggiore dell'Esercito,
ministero
della Difesa, Roma, 1994, pp. 110-120.
115 Un elenco dei testimoni detenuti e confinati, peraltro incompleto per ammissione
dell'autore,si trova in G. Rochat, Regime fascista e Chiese evangeliche, cit., pp.
321-329.
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apposta col timbro una frase, «Presi gli ordini da S. E. il Capo del Governo», o «Presi gli ordini dal Duce», con la sigla del capo della polizia Bocchini in
segno di approvazione della proposta. Come ha scritto Giorgio Rochat, Mussolini «seguiva con attenzione e interventi personali la repressione di tutte le
opposizioni» 116 . La confusione che il regime continuava a fare scambiando i testimoni di
Geova
con altri gruppi religiosi, risulta chiaramente anche da una successiva
circolare del ministero dell'Interno in data 22 agosto 1939, avente per oggetto
«Sette religiose dei "Pentecostali" ed altre». La circolare precisava: «Tutti gli opuscoli finora sequestrati ai seguaci della setta dei "Pentecostali" sono
traduzioni
di pubblicazioni americane, di cui è quasi sempre autore un certo J. F. Rutherford e figurano editi dalla Watch
ToverBible an Tract societyinternational
bible studentes [sic] associationBrooklyn, N. Y. U. S. A.». Seguiva un elenco di 27 pubblicazioni, quasi tutte dei testimoni di Geova 117 . Anche
altre parti della circolare rivelavano tale confusione da parte del regime
poiché essa attribuiva ai pentecostali dottrine e prassi proprie dei testimoni. In
ogni caso è certo che a diversi pentecostali vennero sequestrate pubblicazioni dei testimoni, ricevute, a quanto risulta, da parenti o conoscenti residenti
all'estero, soprattutto negli Stati Uniti. Alcuni probabilmente le leggevano
volentieri, non disponendo di molte pubblicazioni della loro confessione 118 ; altri
le ricevevano senza essere interessati. Diversi di loro furono comunque indagati e temporaneamente messi in carcere, altri condannati, senza essere
testimoni di Geova, solo perché in possesso di letteratura proibita 119 .
216 Paolo Piccioli
116 G. Rochat, Regime fascista e Chiese evangeliche, cit., pp. 41-42, 282-285. La maggioranza
delle proposte portavano il timbro «Presi gli ordini da S. E. il Capo del Governo» col «sí» e la sigla del capo della polizia Bocchini. Si cita a titolo di esempio un solo documento:
ACS, G1, b. 148, prefettura di Pescara, 6 luglio 1936. Col timbro «Presi gli ordini dal Duce», si veda, tra l'altro: ivi, b. 313, ministero dell'Interno, telegramma al capo della
polizia,8 novembre 1939; ivi, b. 5, prefettura di Pescara, 5 gennaio 1941; ivi, CPC, b. 2135, prefettura di Torino, 17 gennaio 1942. Inoltre col timbro «Visto dal Duce», si veda ivi,
G1, b. 60, rapporto della VII zona Ovra, Napoli, 26 luglio 1939.
117 La circolare si trova in vari fascicoli, tra cui ACS, F4, b. 105. Nel concludere, essa dice che «i suddetti opuscoli danno la sensazione che esistano altre sètte simili o correnti
settarie el genere in seno alle varie religioni evangeliche riconosciute». Ciò conferma che la situazione a quel tempo era poco chiara per gli stessi indagatori.
118 ACS, G1, b. 5, circolare del ministero dell'Interno in data 13 marzo 1940, sulla «Setta
'religiosa dei "Testimoni di Gèova" o "Studenti della Bibbia" ed altre sette religiose i cui principii sono contrari alle nostre istituzioni». La circolare dice espressamente: «La
stampa
di pertinenza esclusiva dei "Pentecostali", per quanto è stato finora constatato, è
molto scarsa e si limita a pochi opuscoli e libri di preghiere, di salmi tratti dalla Bibbia e
simili».
119 Alcuni condannati come testimoni di Geova senza esserlo: ACS, G1, b. 60, Girolamo
Albanese, pentecostale, condannato al confino, rapporto della VII zona Ovra, Napoli,
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La circolare mobilitò le forze di polizia che fecero indagini a tappeto. Le
dottrine delle «sette» erano ritenute «contrarie ad ogni ordine costituito»,
diceva la circolare, e si dovevano «eseguire accurate indagini per accertare
l'esistenza nelle rispettive provincie di nuclei della setta dei "Pentecostali" o di
altre sètte simili, procedendo contro di essi a termini di legge, nel caso che i componenti siano sorpresi in riunioni per pratiche rituali o in attività
propagandistica».
«I piú pericolosi».
I fatti documentati indicano inequivocabilmente che i
testimoni di Geova furono i piú perseguitati dal regime fascista, che li
considerava «i piú pericolosi» per due motivi fondamentali: perché erano il gruppo che si impegnava sistematicamente nell'evangelizzazione pubblica, opera
duramente avversata dal Vaticano, e perché, data la loro neutralità politica e militare, denunciarono, senza peli sulla lingua, che tutti i regimi dittatoriali
erano espressioni del dominio del diavolo, cosa che fece scatenare Mussolini e il suo contorno 120 .Le varie Chiese protestanti catechizzano i fedeli all'interno dei loro templi, ma non evangelizzano all'esterno. Generalmente non fanno proselitismo con
la predicazione per le case o nei luoghi pubblici. E, soprattutto, non lo fecero in quel periodo di restrizioni 121 . Questa invece è sempre stata una
caratte-
217 I testimoni di Geova durante il regime fascista
luglio 1939; ivi, b. 313, Francesco Bannò, valdese, arrestato e poi diffidato, rapporto
della V zona Ovra, Palermo, 30 novembre 1939; ivi, b. 314, Leonardo Marone e Francesco
Testa, pentecostali, arrestati e ammoniti, rapporto Andriani, 3 gennaio 1940, pp. 278,
285-286, 295-296.
120 Le schiette denunce dei regimi dittatoriali nelle pubblicazioni della Watch Tower
Society
rappresentavano per il regime, dice G. Rochat, «una provocazione inaccettabile»
(Regime fascista e Chiese evangeliche, cit., p. 289). Per una conferma basta leggere: ACS, G1,b. 314, rapporto Andriani, 3 gennaio 1940; ivi, TS, rapporto Andriani, 12 gennaio 1940; ivi, G1, b. 5, circolare del ministero dell'Interno del 13 marzo 1940. Tali denunce non
erano
tuttavia rivolte ai regimi su un piano politico, ma esclusivamente su un piano religioso e biblico, vista la posizione apolitica dei testimoni di Geova. M. Franzinelli, in I tentacoli
dell'OVRA, cit., pp. 367-368, dice che «l'antimilitarismo di natura religiosa fu [...] uno tra
i principali motivi di preoccupazione dell'Ovra». Si veda anche in ACS, G1, b. 313, la
comunicazione di Andriani al capo della polizia di Bengasi, 17 novembre 1939.
121 Che i protestanti non abbiano fatto opera di proselitismo durante il ventennio fascista
risulta anche da diversi rapporti di questori agli organi centrali della polizia. Si veda ad esempio: ACS, DGPS 1941, b. 48, questura di Aosta, 24 dicembre 1940 (« Non mancano
in Provincia elementi protestanti: Essi non esplicano particolare attività degna di rilievo»); ivi, b. 56, questura di Roma, 24 dicembre 1940 (« Non consta che da parte dei
protestanti
sia svolta palese attività»); ivi, b. 58, questura di Udine, 23 dicembre 1940 (« I pochi
seguaci del protestantesimo conducono vita appartata e non danno luogo a rilievi. In questi
ultimi mesi sono stati identificati in provincia sette seguaci della "setta dei testimoni di Geova", i quali svolgevano propaganda a mezzo di stampe e pubblicazioni»); ivi, b. 49,questura di Bari, 26 marzo 1941 (« Limitatissima l'attività delle poche chiese evangeliche,
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ristica prevalente dei testimoni di Geova 122 . Né le religioni si mantengono
neutrali politicamente e militarmente. Anche se con una partecipazione
generalmente
meno entusiastica del clero cattolico, pastori di vari gruppi religiosi in Italia sostennero il regime e i suoi progetti, fra i quali la guerra di Etiopia e
la seconda guerra mondiale 123 .
218 Paolo Piccioli
le quali hanno anche rinunziato, nell'attuale periodo, al consueto lavoro di proselitismo»); ivi, b. 49, questura di Bologna, 26 dicembre 1941 (« Il Culto protestante, esercitato in
maniera
limitatissima e poco appariscente nei locali a ciò destinati, è seguito da un esiguo
numero di aderenti e non desta alcuna preoccupazione, in quanto non vi svolge alcuna
opera
di propaganda»); ivi, b. 49, questura di Bergamo, 27 dicembre 1941 (« Essi [i
protestanti], peraltro, non fanno propaganda religiosa»); ivi D G P S 1942, b. 74, questura di
Imperia, 31 dicembre 1942 (« Le chiese protestanti di questa Provincia non svolgono
alcuna attività»).
122 L'opuscolo predisposto dal Vaticano, Il proselitismo dei protestanti in Italia (ASMAE,SS 1934, b. 22, fasc. 8, p. 34) rilevava che «le maggiori sètte non fanno proselitismo
contro
le altre confessioni cristiane». Con ciò, si riferiva a presbiteriani, anglicani, luterani, ecc. G. Rochat, nella sua ricostruzione storica della persecuzione del regime (Regime fascista e
Chiese evangeliche, cit.), menziona diversi interventi repressivi nei confronti di vari
gruppi
religiosi, ad esempio per impedire l'apertura di templi o lo svolgimento di riunioni di culto in luoghi non autorizzati. Ma salvo qualche azione per vietare la distribuzione di
Bibbie,non riferisce di pentecostali o di appartenenti ad altri gruppi, testimoni di Geova a parte, che venissero arrestati o condannati per aver distribuito letteratura religiosa nel fare
proseliti. I testimoni di Geova, in base alla loro concezione del cristianesimo, secondo cui tutti sono evangelizzatori, hanno sempre predicato di casa in casa e pubblicamente la
Bibbia
(Matteo 28: 19, 20; Atti 5: 42). Questa storia indica che non hanno smesso di fare
proseliti per timore del regime. L'evangelizzazione è stata sostenuta non solo da un centinaio
di testimoni italiani, ma anche, com'è stato narrato, da testimoni provenienti dall'estero. Tra questi: Adolf Weber, che dalla Svizzera si recava in Italia a evangelizzare all'inizio del
secolo (« Annuario dei testimoni di Geova» del 1987, p. 269); Alfred Vogel, un altro
testimone svizzero, che fece, come scrisse nel 1970, «un viaggio missionario» in varie città
d'Italia, quali Torino, Milano, Roma e Napoli; Olimpio Rosselli, un colportore di origine
italiana che si trasferí in vari paesi. Il suo nominativo è menzionato anche nei rapporti del
regime dai quali si deduce che si recò a Pratola Peligna nel 1927 e a Pinerolo l'anno
successivo (ACS, F4, b. 91, prefettura di Aquila, 17 dicembre 1928; ivi, G1, b. 5, prefettura
di Avellino, 19 novembre 1929). Il loro impegno nel proclamare l'Evangelo li caratterizzò fin d'allora al punto che i persecutori, seppur con disprezzo, li definirono «invasi dalla
mania
di far propaganda» (ivi, TS, rapporto Andriani, 12 gennaio 1940, p. 8). Ed oggi i
testimoni conservano pienamente questa reputazione di evangelizzatori porta a porta. Il
cardinale
cattolico Godfried Danneels, arcivescovo di Bruxelles, al sinodo dei vescovi del 1990 disse: «Bisogna insegnare ai seminaristi lo spirito e le tecniche della evangelizzazione
diretta, come sono quelle delle sette e cioè in primo luogo dei testimoni di Geova. Il fatto di andare di porta in porta non dev'essere un loro monopolio» (A. Paglialunga,
I sacerdoti
«porta a porta» per evangelizzare le genti, in «Giornale di Brescia», 9 ottobre 1990).
123
A. Canavero, I cattolici nella società italiana. Dalla metà dell'800 al Concilio Vaticano II, Brescia, La Scuola, 1991, pp.
212-213; G. B. Guerri, Gli italiani sotto la Chiesa. Da san Pietro a Mussolini, Milano, Mondadori, 1992, p. 304; G. Rochat, Regime fascista e Chiese
evan
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30
L'Alto Commissariato per la città e provincia di Napoli, come già menzionato, denunciò «l'intensificata campagna» per diffondere «stampati d'indole
protestante-sovversiva, principalmente editi dall'Associazione Internazionale Studenti della Bibbia, con sede a Brooklyn, e scritti dal noto giudice F.
Rutherford» 124 . Al contrario, una relazione sulle indagini condotte dalla IV zona Ovra riguardo a un gruppo di pentecostali in provincia dell'Aquila
riferí:«Essi non fanno propaganda della loro fede» 125 . La questura di Trento accertò una «minore pericolosità» dei pentecostali rispetto ai testimoni di
Geova e sottolineò che «la stampa», cioè le pubblicazioni religiose, dei
pentecostali «è molto scarsa e si limita a pochi opuscoli e libri di preghiere, di
salmi tratti dalla Bibbia e simili» 126 . E cosí, il prefetto di Benevento
nell'indagare, in seguito a una segnalazione del locale arcivescovo, su un gruppo di
pentecostali, scrisse che non aderiva al desiderio del prelato di comminare severe condanne «perché i detti individui sono evangelisti pentecostali e non
appartengono alla setta "Testimoni di Geova" o "Studenti biblici", che
apertamente dimostrano ostilità al Regime» 127 . Anche la questura di Teramo
dichiarò
che i pentecostali erano «meno pericolosi» 128 . I testimoni pagarono un caro prezzo per questa maggiore «pericolosità».
Riguardo all'Ovra, Giorgio Rochat ha scritto che «il suo intervento fu secondario nei confronti dei pentecostali e invece determinante verso i testimoni
di Geova»: portando l'esempio dei testimoni della provincia di Pescara, ha sostenuto che «nessun altro gruppo acattolico fu piú perseguitato di
questo»
129 . Rochat ha inoltre redatto un elenco, peraltro incompleto per sua stessa ammissione, di evangelici e testimoni di Geova condannati al carcere o al confino dal regime dittatoriale: su 142 condannati, 83 sono indicati come
te-
219 I testimoni di Geova durante il regime fascista
geliche, cit., pp. 147157; J.P. Viallet, La Chiesa valdese di fronte allo stato fascista, Torino,Claudiana, 1985, pp.
196-201. 124 ACS, F4, b. 105, 30 luglio 1931.
125 Ivi, G1, b. 313, 28 dicembre 1939.
126 AS Trento, 5 aprile 1940.
127 ACS, G1, b. 313, 9 febbraio 1943.
128 Ivi, CP, b. 486, 3 febbraio 1940. Che i pentecostali o gli evangelici fossero trattati con
maggiore clemenza dei testimoni si rileva da altri documenti. Se ne citano solo alcuni: ACS, G1, b. 313, questura di La Spezia, 25 novembre 1939; rapporto della VII zona
Ovra, Napoli, 30 novembre 1939; rapporto della III zona Ovra, Bari, 1° dicembre 1939; prefettura di Pescara, 16 marzo 1940; prefettura di Benevento, 22 maggio 1940. Una volta accertato
che gli indagati erano pentecostali e non testimoni di Geova, di solito venivano rilasciati. La relazione di Andriani (ivi, G1, b. 313) del 28 dicembre 1939, relativa alle indagini su
due pentecostali, riferiva: «Dalle risultanze suindicate, è da escludersi, nei riguardi dei due giovani
controscritti, un'effettiva pericolosità dal lato politico, pari a quella accertata da
questo Organismo a carico degli affiliati alla setta "studenti biblici" o "testimoni di
Geova"».
129 G. Rochat, Regime fascista e Chiese evangeliche, cit., p. 280.
29
29 Pagina 30
31
stimoni di Geova. Gli altri 59 comprendono 50 pentecostali, 3 membri
dell'Esercito della salvezza, 3 battisti, un metodista, un avventista, un membro
della Chiesa dei fratelli. Eppure i testimoni italiani e i loro simpatizzanti
erano all'incirca solo 150. Di questi, quelli che non subirono il carcere e il
confino furono comunque condannati con l'ammonizione e la diffida 130 . La Corte di Appello degli
Abruzzi L'Aquila, nella sentenza di revisione in base alla quale i testimoni precedentemente condannati dal Tribunale speciale furono assolti, sottolineò: «Fu presa di mira, specialmente, la congrega
dei "testimoni di Geova o studenti biblici" considerata come un serio pericolo per il regime allora imperante» 131 . Uno scrittore, Raffaele
Colapietra, ha detto dei testimoni: «[ In Abruzzo] nessun partito politico, neppure i
comunisti, raccolsero dinanzi al regime un gruppo cosí numeroso e tanto
duramente
colpito come questi miti ed innocui popolani della Riviera» 132 .
L'istigazione da parte del clero.
La legislazione sui cosiddetti culti ammessi, che il regime emanò subito dopo la stipulazione del Concordato era
notevolmente repressiva 133 . Le gerarchie ecclesiastiche, compreso il papa, si riferirono spesso a questa legislazione per denunciare la «propaganda
protestante»,per bloccare la quale indussero la polizia fascista a intervenire 134.
L'ambasciatore italiano presso la Santa Sede, in una nota informativa del 25
giugno 1930 diretta al ministro degli Affari esteri, comunicò che il Vaticano stava studiando «i mezzi per opporsi» alla «rinnovata attività protestante» e
«raccogliendo anche elementi che comproverebbero come tale propaganda viene alimentata ora, piú che per il passato, da fonti estere di equivoca
fina
220 Paolo Piccioli
130 Ivi, pp. 1523, 260261, 317329; Id., Le fonti della polizia fascista sulle chiese
pentecostali,
in «Bollettino della Società di studi valdesi», dicembre 1991, pp. 7374. 131 Corte di Appello degli Abruzzi, L'Aquila, sentenza n. 128 del 20 marzo 1957 (con nota
di S. Tentarelli), in «Rivista abruzzese di studi storici dal fascismo alla Resistenza», 1981, n. 1, pp.
18-3191.
132 R. Colapietra, Abruzzo. Un profilo storico, Lanciano, Carabba, 1978, p. 192.
133 Cfr. N. Colaianni, Confessioni religiose e intese. Contributo all'interpretazione dell'art. 8 della Costituzione
, Bari, Cacucci, 1990, pp. 147-148; P. Fedele, La libertà religiosa, Milano,Giuffrè, 1963, p. 47; A. C. Jemolo, Le libertà garantite dagli artt. 8, 19, 21 della
Costituzione, in «Il Diritto ecclesiastico», 1952, pp. 405-426; S. Lariccia, La libertà religiosa
nella
società italiana, in Teoria e prassi delle libertà di religione, Bologna, Il Mulino, 1975, p.333. 134 F. M. Cappello, Religione cattolica e Culti «ammessi» secondo i Patti Lateranensi, in «La
Civiltà cattolica», 21 luglio 1934, pp. 113123, 1° settembre 1934, pp. 464-474, e 2 marzo 1935, pp. 461468; A. Gemelli, Il protestantesimo e l'Italia, cit., pp.
469-471; Il proselitismo
protestante di fronte alla legge italiana, in «Bollettino della Diocesi di Bologna»,
novembre
1934, pp. 424-428; Per una crociata contro il pericolo protestante in Italia, in
«Bollettino diocesano di Aquila», maggio 1937, che citava l'allocuzione natalizia del 1930 del
papa, in «L'Osservatore romano», 25 dicembre 1930.
30 Pagina 31
32
lità» 135 . In una nota informativa del 1931 si legge che al cardinale Pacelli, il futuro papa Pio XII, stava «molto a cuore arginare la propaganda protestante
che in Italia comincia ad assumere proporzioni piuttosto inquietanti. Ora egli non si nasconde che una gran forza e un grande aiuto in questa lotta gli
potrebbe venire dallo Stato» 136 . L'11 febbraio 1932, in Vaticano, Mussolini ebbe con Pio XI un colloquio, di
cui fece un resoconto dettagliato di proprio pugno. La conversazione si
imperniò in apertura proprio sulla «propaganda protestante», che era
evidentemente al centro degli interessi del papa. Secondo il resoconto, Pio XI disse: «Sulla propaganda protestante si converge la mia attenzione, poiché essa
fa progressi, in quasi tutte le diocesi d'Italia come risulta da una inchiesta che ho fatto fare dai Vescovi. I protestanti tengono un contegno audace, e
parlano
di "missioni" da svolgere in Italia» 137 . «La Civiltà cattolica» del 19 novembre 1932, dopo aver denunciato l'«
intensificato
lavorio delle sette» Ð pochi mesi prima, a marzo, c'era stata la campagna lampo diretta da una ventina di testimoni svizzeri nell'Italia
centro-settentrionale
Ð dichiarava che «piú d'un Vescovo è riuscito [...] a far reprimere i disordini di questa falsa libertà di propaganda» 138 .
Pasquale Andriani, responsabile delle indagini sui testimoni di Geova, nel suo rapporto del 12 gennaio 1940 al procuratore generale presso il Tribunale
speciale, rilevò esplicitamente l'influenza del clero sulle autorità del regime.
Parlando della chiusura nel 1932 dell'ufficio di Milano dei testimoni, scrisse che
il provvedimento venne preso dalla questura di Milano «per l'intonazione
antifascista dei libri distribuiti ed anche per la reazione del clero cattolico» 139 .
221 I testimoni di Geova durante il regime fascista
135 ACS, PCM 192830, b. 1167, ministero degli Affari esteri, 2 luglio 1930.
136 Ivi, PPOL., b. 154, nota informativa del 9 marzo 1931.
137 Il resoconto, inizialmente pubblicato da A. Corsetti in «Annuario 1968 della Biblioteca
Civica di Massa», Lucca, 1969, è riproposto in R. De Felice, Mussolini il duce, I, Gli anni del consenso
1929-1936, Torino, Einaudi, nuova ed. 1996, pp. 272-273.
138 Il dovere dei cattolici di fronte alla propaganda protestante in Italia, editoriale di «La
Civiltà
cattolica», 19 novembre 1932, pp. 328-343. 139 ACS, TS, rapporto Andriani, 12 gennaio 1940, p. 20. Simile affermazione è contenuta
anche nel rapporto Andriani, 3 gennaio 1940, p. 34 (ivi, G1, b. 314). Come in
precedenza dimostrato, gli studenti biblici o testimoni di Geova sino alla fine degli anni Trenta non
erano stati ancora ben individuati come gruppo distinto. Perciò, l'ostilità del clero,
specialmente nell'Italia meridionale, era indirizzata soprattutto verso i pentecostali. Presso
l'AS di Ragusa è stata trovata un'interessante documentazione che riguarda il periodo
1935-1952, da cui risulta che il vescovo di Noto, l'arcivescovo di Siracusa e un parroco di
Modica
(Ragusa), richiesero interventi al prefetto di Ragusa per far cessare le riunioni religiose ed espellere un pastore americano. Molto interessante è il rapporto del commissariato di
pubblica sicurezza di Modica del 29 settembre 1952, che oltre a dichiarare infondate le
asserzioni di un parroco, rilevava: «Devesi, purtroppo, lamentare in merito alla azione
disturbatrice che qualche volta è trascesa a via di fatto (lancio di pietre attraverso una
fine
31 Pagina 32
33
Che il clero fosse l'istigatore è ulteriormente provato dalle false accuse
contenute in un articolo pubblicato sulla rivista «Fides», a cura di un organismo
del Vaticano, nel numero di febbraio del 1939. Questo articolo, sottoscritto da un anonimo «sacerdote in cura d'anime», definendo «propaganda
anarchico comunista» la predicazione dei testimoni, affermava:
Rutherford [...] mina i principi basilari, che reggono le nazioni ed i popoli,
preparando gli animi per una prossima rivoluzione mondiale, che ha lo scopo di rovesciare le
religioni tutte ed in principal modo la Chiesa Cattolico Romana ed i regni e governi tutti, per poi cosí introdurre nel mondo l'utopia comunista atea [...] Il movimento dei
testimoni di Geova è comunismo ateo e aperto attentato alla sicurezza dello Stato 140 .
Questa accusa, tanto grave quanto falsa, fu, come indicano gli avvenimenti successivi, immediatamente recepita. «La Rivista abruzzese di studi storici dal
fascismo alla Resistenza» ben sintetizza il ruolo che il clero ebbe nei
tentativi di eliminare i testimoni di Geova: «La direttiva della gerarchia e di tutto
l'establishment nazionale, militare e civile, laico ed ecclesiastico, era per
l'annientamento, mediante la condanna dei supposti capi e dei ritenuti gregari piú attivi, dei novissimi "protestanti"», cioè i testimoni di Geova 141 .
«La grande retata».
Subito dopo la circolare del 22 agosto 1939 scattarono, come già accennato, le indagini disposte dal ministero dell'Interno contro le
«sette» considerate «pericolose» dal regime. L'Ovra dispiegò tutte le sue
forze per reprimere questi gruppi. Uno dei responsabili di zona dell'Ovra,
Pasquale Andriani, venne specificamente incaricato di coordinare le indagini sui testimoni di Geova in tutto il territorio nazionale 142 . Stava per iniziare quella
che Giorgio Rochat ha chiamato la «grande caccia ai testimoni di Geova» o «la grande retata», a cui parteciparono anche i carabinieri e la polizia a
disposizione di questori e prefetti di tutto il paese 143 . Le operazioni che porta-
222 Paolo Piccioli
stra, che poi fu murata, in Vico Deodato e lancio di pietre contro la casa di abitazione
privata dei Sudano) da parte di ragazzi delle Parrocchie Cattoliche istigati dai Parroci di S.Paolo e del SS. Salvatore. Il Sacerdote B., Parroco del SS. Salvatore, si vanta, in
proposito, di avere costretto il Sudano Angelo, circa 20 anni fa, ad emigrare in America,
organizzando
turbe di ragazzi contro di lui».
140 Anonimo, I testimoni di Geova in Italia, in «Fides», a cura della Pontificia Opera per la
preservazione della fede, febbraio 1939, pp. 77-84.
141 «Rivista abruzzese di studi storici dal fascismo alla Resistenza», 1982, n. 3, p. 561. Fra
gli studiosi che hanno sottolineato la diretta influenza del clero sui provvedimenti della
polizia di regime, si vedano: G. Peyrot, Gli evangelici nei loro rapporti con lo stato dal
fascismo ad oggi, Torre Pellice, Società di studi valdesi, 1977, p. 22; G. Rochat, Le fonti della
polizia fascista sulle chiese pentecostali, cit., p. 73; P. Scoppola, Il fascismo e le minoranze
evangeliche, cit., pp. 336-366. 142
G. Rochat, Regime fascista e Chiese evangeliche, cit., pp. 264, 289-290. 143 Ivi, p. 263.
32 Pagina 33
34
rono alla «grande retata» iniziarono a fine ottobre. Era accaduto qualcosa che scatenò l'arresto in massa dei testimoni di Geova. Due pacchetti, spediti da
Maria Pizzato da Milano e diretti a Mariantonia Di Censo di Montesilvano, furono sequestrati dalla direzione provinciale delle poste di Pescara.
Contenevano
50 pubblicazioni, secondo i documenti di archivio, fra cui due copie del libro Nemici. Subito dopo, e precisamente il 29 ottobre, la Di Censo fu
arrestata, la sua casa venne perquisita e le furono sequestrate pubblicazioni e corrispondenza, tra cui alcune lettere della
Pizzato. Altri quattro testimoni
di Montesilvano furono arrestati. Sebbene sui pacchetti non fosse indicato il mittente, la polizia ne poté facilmente accertare la provenienza in base alla
corrispondenza sequestrata. Il 31 ottobre Andriani inviò da Pescara telegrammi a Roma e Milano per segnalare la notizia, nonché il nome e
l'indirizzo
di Maria Pizzato 144 . Il giorno dopo alcuni uomini dell'Ovra irruppero nell'appartamento della
Pizzato, che, secondo il suo racconto, «invasero la
stanza e brutalmente mi comandarono di alzare le mani, come fossi un pericoloso bandito. Trovarono il corpo del reato: si trattava di Bibbie, libri e
opuscoli
biblici!» 145 . Qualche settimana prima la Pizzato, accortasi che la polizia la teneva sotto controllo, aveva scritto una lettera ad Albina Cuminetti per
avvertirla con la frase «i lupi hanno avvistato la preda». Quella lettera non giunse mai a destinazione perché fu intercettata dalla polizia 146 . Fra il
materiale
sequestrato nell'appartamento della Pizzato, l'Ovra rinvenne un elenco di indirizzi di una settantina di nominativi che comprendeva confratelli,
simpatizzanti
e persone che semplicemente ricevevano la stampa dei testimoni di Geova. Scattò immediatamente la caccia ai
«pericolosi» testimoni. La
polizia
fece dei veri e propri raid nelle loro case. Con un telegramma dell'8
novembre il coordinatore nazionale delle indagini informava il capo della
polizia
che fino a quel giorno erano stati «identificati et arrestati» 19 testimoni della provincia di Pescara e 5 di quella di Teramo. La loro sorte era già
segnata.
Sulla copia del telegramma il capo della polizia Bocchini aveva apposto il timbro «Presi gli ordini dal Duce» e di suo pugno aveva annotato:
«Quando verrà il rapporto i maggiori responsabili dovranno essere denunziati al Tribunale Speciale» 147 . L'11 novembre il coordinatore nazionale
comunicò
i nominativi dell'elenco sequestrato ai comandanti delle varie zone dell'Ovra. La comunicazione tra l'altro dispose:
Quest'Organismo procede per propaganda antinazionale a carico dei componenti la
setta religiosa intesa «testimoni di Geova». Essa si differenzia da quelle dei pentecostali e
223 I testimoni di Geova durante il regime fascista
144 ACS, G1, b. 313, ministero dell'Interno, 31 ottobre 1939.
145 M. Pizzato, I testimoni di Geova al Tribunale Speciale, in Anppia, Il prezzo della libertà.Episodi di lotta antifascista,
Roma, 1958, pp. 240-241.
146 ACS, G1, b. 313, rapporto della I zona Ovra, Milano, 10 novembre 1939, all. I, p. 24.
147 Ivi, G1, b. 313, ministero dell'Interno.
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35
dei tremolanti [nome con cui sprezzantemente venivano chiamati i pentecostali], ha la sede principale a Brooklyn S. U. A., ed è costituita in associazione chiamata «Studenti
Biblici Internazionali» [...] I componenti [...] si danno ad una intensa propaganda per far proseliti [...] Per ordine superiore i propagandisti ed i maggiori responsabili della
setta debbo denunziarli al Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato, mentre per i semplici gregari si adotteranno provvedimenti di polizia.
148 Gli arresti, dopo la comunicazione dell'11 novembre, si estesero in tutto il paese. Verso la fine di dicembre l'operazione era pressoché conclusa. Circa
300 persone furono interrogate dalla polizia, inclusi individui che
semplicemente erano abbonati alla «Torre di guardia» o erano in possesso di altre
pubblicazioni della Watch Tower Society. Circa 150 fra uomini e donne furono arrestati e condannati, fra cui 26, ritenuti i maggiori responsabili, che
furono deferiti al Tribunale speciale. Quando la sede di Berna seppe
dell'arresto di Maria Pizzato, di Albina Cuminetti e di Marcello Martinelli, inviò
subito una lettera ai testimoni che si pensava fossero ancora liberi, per
incoraggiarli e dar loro istruzioni e un indirizzo a cui inviare la corrispondenza.
La maggioranza di quelle lettere venne sequestrata 149 .I rapporti del coordinatore dell'Ovra. In base alle relazioni dei vari capi zona dell'Ovra, il coordinatore Andriani redasse due rapporti, il primo in data 3
gennaio 1940 al capo della polizia, il secondo in data 12 gennaio 1940 al
procuratore generale presso il Tribunale speciale. Con quest'ultimo, un
condensato
del precedente, venivano denunciati i 26 considerati «i dirigenti ed i capi gruppo» dei testimoni di Geova, proponendone la condanna. Nel primo
rapporto
Andriani poteva dire che «con la efficacissima collaborazione di tutti gli altri Organismi dell'Ovra» le indagini si erano «concluse con la
identificazione
di tutti i dirigenti e componenti la setta sparsi nel Regno e con l'accertamento delle rispettive responsabilità». Dopo un succinto esame dei
gruppi non cattolici presenti in Italia, che definiva non «entusiasti» del
regime, il rapporto iniziava a descrivere il gruppo piú «pericoloso», cioè i
testimoni
di Geova o studenti biblici. Per dimostrare tale «pericolosità», la relazione sottolineava che nell'osservare i loro obblighi verso Dio, i testimoni, a
motivo delle loro credenze, venivano meno ai loro doveri verso il regime. Il rapporto finale del 12 gennaio 1940 denunciava i seguenti comportamenti dei
testimoni considerati illegittimi:I credenti debbono obbedire, senza alcuna eccezione o riserva alle leggi di Dio,
interpretate, s'intende, dagli oracoli di Brooklin [sic]; possono subire le leggi delle
autorità
terrene che non si trovino in contrasto con le prime.
224 Paolo Piccioli
148 Ivi, rapporto della IV zona Ovra, Avezzano.
149 Ne è stata trovata una trascrizione allegata al rapporto Andriani, 3 gennaio 1940
(ACS,G1, b. 314, all. 11, p. 117).
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36
Il comandamento di Dio «non uccidere ed amare il prossimo come se stessi» va
interpretato nel senso piú restrittivo e letterale; quindi nessun testimone di Geova per
qualsiasi motivo, può impugnare le armi contro il prossimo 150 . Tutte le creature umane, quali figlie di Dio, debbono considerarsi fratelli ed amarsi e
quindi scompare per essi ogni concetto di patria. Ogni testimone di Geova, a somiglianza degli Apostoli, deve far conoscere ovunque
ed a chiunque la legge di Dio, anche se tale opera dovesse costargli la vita.
Queste che volevano essere umilianti accuse sono oggi una prova che i testimoni furono un gruppo disposto a soffrire per coerenza con i valori
cristiani.
Il loro impegno come evangelizzatori, considerato un elemento di colpevolezza, è ulteriormente sottolineato dal documento di Andriani: «Invasi
dalla
mania di far propaganda, cominciano la loro opera tra i famigliari per estenderla poi agli altri parenti e quindi ad amici e conoscenti. Escogitano
tutti i mezzi per raggiungere lo scopo». Ma furono anche le chiare denunce contro i regimi dittatoriali a far reagire i
gerarchi del fascismo. Il libro Nemici e gli opuscoli Avvertimento, Di fronte ai fatti e Fascismo o libertà, contenevano per essi offese intollerabili. Alcune
pagine di queste pubblicazioni vennero trascritte a macchina e allegate al
rapporto del 3 gennaio come prova di reato: le espressioni piú pungenti furono
sottolineate ed evidenziate a margine con diversi segni a riprova delle reazioni suscitate. Tra queste: «" La odiosa mostruosità di oggi" è il regime
totalitario
sotto un dittatore assoluto ed arbitrario il quale [...] dopo aver soggiogato il popolo italiano ha intrapreso la guerra di conquista in Etiopia che
è costata tante vite umane». Dal libro Nemici il rapporto citava un brano che spiegava come l'ambizione di Mussolini era di «diventare un grande signore
della guerra e reggere il mondo intero mediante la forza». Per il regime era intollerabile che i testimoni di Geova dichiarassero che «il Duce ed il
Fascismo sono emanazioni del demonio» 151 . Peraltro l'opuscolo Fascismo o libertà denunciava tutte le dittature, come si legge nei dattiloscritti allegati al
rapporto:
«Il Fascismo, il Nazismo ed il Comunismo sono una stessa ed identica cosa, poiché tutti hanno adottato il regime totalitario, tutti combattono
Iddio
e Cristo, il suo Re, tutti perseguitano i fedeli seguaci del Signore Gesú Cristo». Il rapporto sottolineava inoltre che «la parola d'ordine» dei
testimoni
era: «Il regime totalitario è emanazione di Satana Ð la guerra è creazione del demonio». Perciò esso definiva l'attività dei testimoni di Geova
«politicamente
pericolosa».
225 I testimoni di Geova durante il regime fascista
150 Dal primo rapporto del 3 gennaio 1940, p. 2, si rileva che i pentecostali assumevano un
diverso atteggiamento di fronte al comandamento «non uccidere». Essi, riferiva la
relazione, «ritengono che [...] chi uccide è colui che dà l'ordine e non chi ha il dovere di
eseguirlo».
151 ACS, G1, b. 5, circolare del ministero dell'Interno, 13 marzo 1940.
35
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Il rapporto concludeva l'indagine svolta in tutto il paese proponendo la
condanna di 137 persone: 60 furono proposte per la diffida e 29 per
l'ammonizione,
dopo di che vennero sottoposte a rigida vigilanza domiciliare, 22 dimostratesi elementi «pericolosi» furono proposte per il confino e 26
denunciate
al Tribunale speciale. Queste ultime erano coloro che «con inaudita e bestiale cocciutaggine, nell'interrogatorio hanno dichiarato che non
recederanno
mai dalle loro credenze e cioè che il Fascismo è emanazione di Satana, [...] che non impugneranno mai le armi per uccidere il prossimo anche a
costo della vita e che non si stancheranno mai di propagandare la loro fede». Pochi testimoni sfuggirono alla «grande retata». Coloro che non risultarono
essere testimoni di Geova né loro simpatizzanti furono generalmente prosciolti, tra cui i pentecostali trovati in possesso di pubblicazioni della Watch
Tower Society. Alcuni vacillarono di fronte alle prove. Il rapporto accenna a
«casi, purtroppo rari, di individui che hanno dato qualche segno di
ravvedimento».
Dopo aver ricevuto il rapporto Andriani, il ministero dell'Interno diramò un'ultima circolare per sopprimere le cosiddette «sette», questa volta
identificando chiaramente i testimoni di Geova. Era la circolare del 13 marzo 1940, avente per oggetto «Setta religiosa dei "Testimoni di Gèova" o "Studenti
della
Bibbia" ed altre sette religiose i cui principii sono contrari alle nostre
istituzioni», in cui si affermava:
Dopo la diramazione della circolare di questo ministero [del] 22 agosto 1939 n.
441/ 027713, sono state intensificate le indagini per la precisa identificazione di
quelle
sette religiose, fondate su dottrine contrarie agli ordinamenti dello Stato, che si
differenziano
dalla già nota setta dei «Pentecostali».
Da tali indagini è risultato che la «Watche Tower Bible an tract Society
International
Bible studentes [sic] association Brooklyn New York U. S. A.» [...] è una setta
evangelica per se stante, detta comunemente dei «Testimoni di Gèova» o degli «Studenti
della Bibbia», la cui figura è stato possibile delineare con esattezza, attraverso
l'interrogatorio di numerosi settari arrestati e l'esame degli scritti ad essi sequestrati [...]
Interpretando nel modo piú ristretto e letterale i precetti divini «Ama il prossimo tuo
come te stesso» e «Non uccidere», insegnano, per il primo, che tutti gli uomini sono
fratelli e debbono amarsi, fino a giungere alla negazione del concetto di patria e,
quanto
al secondo, insegnano che esso non deve essere mai violato, per nessuna ragione,a costo anche della propria vita.
La circolare impartiva poi le seguenti disposizioni:
Nessun mezzo deve quindi essere trascurato per reprimere ogni conato di attività
della
setta e poiché questa si alimenta delle stampe pubblicate dalla «Watch Tower»,
pregasi di impartire rigorose disposizioni perché tali stampe ogni volta che sia
possibile
rintracciarle siano sequestrate e siano intercettate qualora venissero spedite per
posta, incaricando dell'esecuzione dei provvedimenti stessi anche i podestà e i
comandanti
delle stazioni dei CC. RR. delle località, specialmente, ove sia stato identifi-
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38
cato qualche settario, il quale poi dovrà essere sottoposto ad assidua vigilanza con
revisione della corrispondenza.
La caccia ai pochi testimoni sfuggiti alle indagini doveva dunque continuare. Ma il regime dichiarava trionfalmente che la «grande retata» aveva
«scompaginato
la setta» e che «con una vigilanza assidua» e «con la tempestiva adozione di opportuni provvedimenti» era possibile «esaurire la setta». L'opera
dei testimoni di Geova fu quasi completamente debellata. I pochi sfuggiti alla retata vennero arrestati in seguito 152 .
Un testimone italiano che ha pagato con la vita la coerenza alla sua fede è stato Narciso Riet, nato e cresciuto in Germania nella regione della Ruhr,
che, essendo figlio di emigranti friulani, aveva conservato la nazionalità
italiana. Durante la seconda guerra mondiale, collaborò per organizzare e
coordinare
l'opera clandestina in vari territori sotto il dominio nazifascista, viaggiando estesamente in Germania, Austria e Cecoslovacchia e attraversando il
confine italo-austriaco con diapositive di articoli della «Torre di guardia» che poi venivano battuti a macchina e ciclostilati per la distribuzione. I suoi
viaggi
servirono anche a sostenere l'attività di predicazione, organizzare adunanze e dare pubblicazioni bibliche e incoraggiamento ai suoi compagni di
fede 153 . Quando nel 1943 si rifugiò in Italia per sfuggire all'arresto, fu
incaricato dalla sede di Berna di coordinare i collegamenti con la fratellanza
dispersa
collaborando con Agostino Fossati 154 . Scoperto e arrestato dalla Gestapo, venne condotto in Germania dove fu detenuto in vari luoghi. Venne
processato per le sue attività in «violazione delle leggi sulla sicurezza
nazionale», riconosciuto colpevole per avere avuto una «posizione importante
nell'organizzazione
internazionale degli studenti biblici» e condannato a morte il 23 novembre 1944 155 . Secondo le testimonianze raccolte, alla fine del 1944
152 Agostino Fossati (ACS, CPC, b. 2135, prefettura di Torino, 17 gennaio 1942; ivi, CP, b.427, questura di Torino, 11 febbraio 1942, e prefettura di Torino, 6 marzo 1942), Taddeo Valena (ivi, CP, b. 1040, questura di Sondrio, 31 maggio 1941, e commissione
provinciale, 19 giugno 1941), Antonio D'Alimonte e Nicola Di Felice (ivi, G1, b. 314, prefettura di Pescara, 10 dicembre 1940; AS Matera, questura di Pescara, 20 gennaio 1941; ACS, CPC,
b. 1581, prefettura di Pescara, 28 marzo 1941; ivi, CP, b. 356, Legione territoriale dei
carabinieri reali di Ancona, Compagnia di Pescara, 25 gennaio 1941; ivi, CPC, b. 1783,
prefettura
di Pescara, 12 marzo 1941).
153 «Annuario dei testimoni di Geova» del 1989, pp.
104105; Corte popolare di giustizia,III Senato, Berlino, sentenza 23 novembre 1944, Archivi federali, III; D. Garbe, Zwischen Widerstand und Martyrium. Die Zeugen Jehovas im «Dritten Reich», cit., pp.
339340; G.
Canonici, Les témoins de Jéhovah face à Hitler, cit., p. 165; ACC, intervista a Maria
Pizzato, 22 ottobre 1980.
154 «Annuario dei testimoni di Geova» del 1983, pp. 174175; Corte popolare di giustizia,
III Senato, Berlino, sentenza 23 novembre 1944, Archivi federali, III. 155 Corte popolare di giustizia, III Senato, Berlino, sentenza 23 novembre 1944, Archivi
federali, III. Riet fu chiamato a rispondere di «violazione delle leggi sulla sicurezza
nazio-
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o all'inizio del 1945, fu tra i 90 prigionieri trasportati a Gardelegen
(distretto di Magdeburgo) per essere fucilati. Da quel momento non se ne ha piú
alcuna
notizia 156 .
Davanti al Tribunale speciale.
Era il 19 aprile 1940. Nell'austera sala, la
tristemente famosa «Aula IV» del palazzo di Giustizia di Roma in piazza
Cavour,il presidente il temuto gerarca Antonino Tringali Casanuova e gli altri sei giudici erano assisi dietro all'imponente banco semicircolare. Gli
imputati,
4 donne e 22 uomini, questi ultimi ammanettati, erano seduti a lato nel posto loro riservato, sorvegliati da alcuni carabinieri. Del processo Maria
Pizzato disse che non fu «altro che una farsa. Fu celebrato in una sola
giornata. Evidentemente le condanne erano prestabilite» 157 . Gli avvocati della
difesa
erano sette in tutto, alcuni scelti dai testimoni, la maggioranza nominati d'ufficio. Uno dei difensori era uno stimato avvocato di Roma, Domenico
D'Amico, fratello di Silvio D'Amico, che difese i testimoni gratuitamente: «Questo processo Ð disse Ð me ne rammenta un altro di 1900 anni fa,
quando
Pilato chiese "cos'è verità"», e con un gesto verso i testimoni aggiunse: «Questi dicono la verità, e volete condannarli; questa brava gente invece
dovrebbe
essere approvata per la sua fede». Il presidente replicò con sarcasmo: «Avvocato, vuol divenire anche lei geovista?». Un altro difensore disse: «Se
il regime fascista è cosí forte, perché ha paura di queste persone?». Un altro ancora ebbe il coraggio di chiamare i 26 testimoni «il fior fiore della
nazione
italiana». E infine uno dichiarò: «Sono in 26 e parlano con una sola bocca poiché hanno un solo Maestro» 158 .
Furono condannati tutti e 26, da un minimo di 2 anni di reclusione a un massimo di 11, per un totale di 186 anni e 10 mesi. La sentenza del Tribunale
speciale era definitiva, quindi inappellabile. La maggioranza dei condannati furono liberati dopo la caduta del fascismo nell'agosto del 1943. Alcuni
ri
228 Paolo Piccioli
nale». Contro di lui fu emessa la condanna a morte. Secondo la trascrizione fatta dai
giudici, in una delle ultime lettere ai suoi confratelli nella Germania hitleriana Riet avrebbe
scritto: «In nessun altro paese della terra questo spirito satanico è cosí evidente come
nell'empia nazione nazista [...] Come si spiegherebbero altrimenti le orribili atrocità e le
tremende
violenze, uniche nella storia del popolo di Dio, compiute da sadici nazisti sia
contro i testimoni di Geova che contro milioni di altre persone?».
156 ACC, intervista a Gerhard Schumann, testimone di Geova ex internato nel
penitenziario
nazista di Brandeburgo, 17 febbraio 1995, e relazione di Johannes Schindler,
testimone di Geova ex internato nella prigione nazista di Plötzensee, 1982.
157 «Annuario dei testimoni di Geova» del 1983, p. 164.
158 Il racconto del processo riportato nell'« Annuario dei testimoni di Geova» del 1983 è
stato integrato dalla successiva narrazione di Mariantonia Di Censo nel 1985 e da una
relazione del 1994 di Iolanda Paschetto, figlia di Giosuè Vittorio (in ACC), nonché da un
documento firmato dal presidente del Tribunale speciale in data 6 aprile 1940 (in ACS, TS).
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masero in carcere piú a lungo, come Giuseppe Neviconi e Guido Costantini, entrambi liberati nella primavera del 1944. Il libro Aula IV alla sentenza
n. 50 del 19 aprile 1940 riporta il seguente commento:
Sorto negli USA, si diffonde in Italia un movimento religioso denominato
«Testimoni di Geova». I suoi componenti subiscono continue persecuzioni ad opera del
fascismo, ma essi continuano a proclamare la propria avversione alla guerra, rifiutano di impugnare le armi contro chicchessia, considerano il regime fascista «emanazione di
Satana». La maggiore ondata di arresti ha luogo nell'autunno del 1939.
(Costituzione di associazione antinazionale, appartenenza alla stessa, propaganda, offese al
«duce» e al papa) 159 .
159 A. Dal Pont, A. Leonetti, P. Maiello, L. Zocchi, Aula IV. Tutti i processi del Tribunale
Speciale fascista, Milano, La Pietra, 1976, pp. 405406.
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