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Le
Chiese di Uras
Anticamente Uras aveva cinque
chiese: San Salvatore, Santa Maria Odighitria, San Teodoro, Sant'Antonio,
Santa Maria Maddalena.
La chiesa campestre di
San
Salvatore è situata nel luogo dove Leonardo Alagon riportò la vittoria
contro gli Aragonesi del vicerè
Carroz il 14 aprile 1470.
La chiesa di San Salvatore.
Delle chiese di
Santa
Maria di Odighitria e di San Teodoro non si ha più traccia ma,
secondo alcune testimonianze, la prima
sorgeva a
nord del paese, mentre la seconda era situata a sud, lungo il rio Thamis.
Fino al 1648 gli adulti
venivano seppelliti nel cimitero adiacente alla chiesa di Santa Maria
Maddalena e i bambini in quello
contiguo alla chiesa di San
Teodoro. Da quella data il cimitero fu trasferito presso la Chiesa di Sant'Antonio (edificata intorno al
secolo XVI) e vi rimase fino al 31 Marzo 1931 quando il rettore Angelo Ghiani
inaugurò l’attuale camposanto.
Due immagini della chiesa di
Sant'Antonio.
Secondo l'Angius (Op. cit.
III,p.1052)però, da parte dei preti del tempo non vennero subito
applicate le leggi sui nuovi camposanti: « Il cimitero contiguo alla
parrocchiale, che trovasi nel termini dell'abitato, serve da camposanto. Anche
qui, come in altri luoghi, se non si ottemperò alla legge che ordinava la
formazione di campisanti a certa distanza dell'abitato, ciò fu per la
ripugnanza dei preti a far tre o quattrocento passi fuori del paese per
accompagnare il defunto». Sempre secondo le notizie desunte dall'Angius in quel
periodo il parroco era
coadiuvato da ben tre vice-parroci. La chiesa parrocchiale di Santa Maria Maddalena fu
costruita in stile romanico-barocco, e in più grandi proporzioni, sui
quella preesistente, nell'anno 1664.
Dalla Relazione storico-artistica , acclusa al progetto di restauro e
ricavata dalle Memorie e statistiche della diocesi di Ales, manoscritte, compilate
in occasione del giubileo del vescovo Emanueli nel 1936, veniamo a sapere che
tali lavori furono eseguiti dai muratori Angelo Rublu e Sebastiano Mascia di
Samatzai, ed erano ancora in corso nel 1672 quando lo stesso Sebastiamo Mascia
riceveva il 25 Settembre 426 lire sarde «in acconto di
quanto gli si deve
dare per la fabbrica della chiesa secondo i patti». Anche il canonico Tomasi
riporta molti particolari interessanti
nelle Memorie del passato (“Nuovo Cammino”, 19 marzo 1961): apprendiamo da
lui che il 12 giugno 1682
fu stipulato in Uras un altro contratto con il mastro Giuseppe Landiri di
Cagliari che prevedeva la Costruzione dell'ultimo tratto della chiesa
parrocchiale, a ponente, e l'ultimazione della facciata con «tre finestre, come
quella di Cagliari».
L'opera costo 500 lire in denaro, 60
starelli di grano e sei mallorus, vitelli di due anni. L'accordo fu
firmato davanti al notaio Pietro Gintilla, al rettore Taris e al procuratore
Gian Gavino Marchias. I testimoni, ambedue di Uras, furono Giovanni Concas e
Geremia Batò.
Nel 1715 si realizzò la facciata con mastro Antonio
Onida di Uras e mastro Pietro Onnis, che si servirono delle pietre fornite da
certi Salvatore Pilloni di Cagliari e Sisinnio Uras di Sardara. Il falegname
mastr'Antioco Pala preparò la macchina che doveva sollevare le pietre lavorate
sino all'impalcatura. La porta maggiore fu eseguita per 163
lire e 9 soldi con legname di Aritzo dai falegnami Sebastiano Frau,
Giuseppe Cocco e Diego Meloni, anch'essi di Aritzo. I ferrami vennero forniti
dai fabbri Pietro Zachello e Demetrio Fanari.
La chiesa di Santa Maria Maddalena.
Tomasi ha raccolto notizie
anche sui lavori degli anni successivi ("Nuovo Cammino", 18 giugno
1963):
«Nel 1722 è di nuovo tutto un fervore di attività nelle cave di
pietra, per costruire la parte di chiesa che forma il coro e la sagrestia.
L'impresario e il muratore mastro Efisio Mura di Sardara che condusse i lavori
fino alla totale sistemazione del pavimento, arricchendolo di un grande numero
di tombini per seppellimenti, e pianellandolo con lastre di pietra.
« Ciò fu eseguito nell'anno 1724
mastro Giovann'Antonio Roger furono pagati 60 scudi per gradini di marmo
e palliotto dell'altar maggiore e per la pila dell'acqua benedetta. I muratori
Antonio Barroy e Francesco Marongiu lavorarono nella chiesa e nelle fondamenta
del campanile e nei primi metri della sua muratura, la cui impresa fu affidata
a mastro Domenico Caferrò. Nel 1730 la chiesa sembra finita, dal momento che si pensa a
sistemare la scala del primo tratto del campanile e ad assicurare la parte della
sagrestia.
«Nel 1738 il falegname mastro Pietro Arca di Oristano
fabbrica per 20 scudi due artistici confessionali trasportati da Oristano.
«Nel 1739 mastro Efisio Mura rimette a nuovo la chiesa
di San Teodoro.
«Nel 1740 lo scultore Antonio Zonda rinnova tutti i
simulacri della chiesa parrocchiale. Nello stesso tempo mastro Efisio Mura e
mastro Chichu Marongiu rifanno i tetti delle cappelle e poi danno il bianco a
tutta la chiesa. L'ebanista cagliaritano Marc'Antonio De Negro fornisce tutte le
finestre e mastro Francesco Ignazio vi colloca i vetri.
«Nei tre anni 1745,1746,1747 il marmista di Cagliari Pietro Putzu lavorava
molti marmi che vennero pagati quasi interamente in grano,
tanto che appaiono versati al Putzu,
in diverse annate, circa un migliaio di starelli di grano».
La fabbrica del campanile, che utilizzò le pietre di Sardara e Villanovaforru
fu affidata ai mastri Antonio Pisci e Antonio Caboni di Oristano; l'opera fu
completata nel 17 52. Dai registri ecclesiastici del 1761 risulta che gli uresi facevano festa i1
22 aprile perchè quella era la data della benedizione della prima pietra della
chiesa ricostruita intorno al 1664. Essa fu terminata nel 1719, allo
scadere della dominazione spagnola in Sardegna. Nel 1755 il rettore di Uras, il
sacerdote cagliaritano Priamo Manca, fece compiere da mastro Francesco Cadoni di
Oristano un restauro generale della parrocchiale. In "Nuovo Cammino"
dei 26 marzo 1961 il Tomasi ha scritto a proposito di quei lavori:«Le murature dell'altare furono eseguite da mastro Agostino Oppo di
Cagliari; i marrni furono lavorati e collocati dall'artista Giuseppe Ignazio
Putzu, figlio di quel Pietro Putzu che fu il principale marmista della
Cattedrale di Ales. Questa sistemazione fu fatta nel 1759. Nel 1768 fu rifatta
anche la porta maggiore, collocata dal muratore Antioco Zacomina; ed in quella
occasione fu pure fatta la bussola da mastro Gonzalo Gozzilia e da mastro
Emiliano Cartaro, con relative dorature, e con vetri collocati da mastro
Giusuppe Zara.
«Le cappelle esistevano
in numero di otto fin dal 1761, ed erano:
l'Altar Maggiore, con la nicchia di Santa Maria Maddalena e le statue della
Madonna del Carmine, di
San Giuseppe Calasanzio e San Giuseppe da Copertino; la Cappella del
Rosario con la Madonna nella nicchia centrale e ai lati la piccola Madonna del
Rosario e la Madonna d'Itria; la Cappella di San Giuseppe con la statua del
santo e San Michele e, lateralmente, l'Arcangelo Gabriele e San Sebastiano; la
Cappella di San Francesco d'Assisi con le statue di Santa Rita e Santa Greca;
la Cappella di Santa Caterina martire con le statue di San Raimondo, San
Liberato, Santa Lucia; poi dall'altro lato della chiesa: la Cappella del
Crocifisso con le statue dei due vescovi San Nicolò e Sant'Agostino, San
Vito, Sant'Emiliano e Santa Sofia; qui c'è
anche la statua orizzontale della SS. Vergine Assunta col suo grande
diadema d'argento; la Cappella di San Francesco Saverio con le statue di San
Giorgio, San Quirico e Santa Cristina; la Cappella di Sant'Antioco con le statue
del titolare e di San Sisinnio; la Cappella delle Anime con il grande quadro del
Purgatorio e con le statue di San Pietro di Alcantara, San Francesco da Paola,
l'Angelo Custode e Sant’Isidoro Contadino».
Nel 1775 iniziarono i lavori voluti dal parroco di allora, il dottor Pietro
Addis, originario del Capo di Sopra. La chiesa di Santa Maria Maddalena, già dotata di coro, cappelle e
sagrestia con volta solida, aveva una copertura bassa in legno nella navata
centrale. Per volontà del rettore la volta
fu innalzata di alcuni metri risultando così sproporzionata nei confronti del
campanile che era stato costruito per una facciata più bassa.In tal modo la chiesa di Uras, all'interno, è due metri più alta della
volta della cattedrale di Ales, con diciotto metri di altezza, quaranta di
lunghezza e ventidue di larghezza. Si racconta che, nel giorno dell'ingresso
in parrocchia, il rettore Addis rivolgendosi più volte al capo mastro che
doveva demolire il tutto di legno e costruire la volta solida, ripeteva queste
parole: «Alta la cherzo! Prus alta la cherzo [Alta la voglio! Più alta la
voglio]». E così, a forza di volerla sempre più alta, giunse ad averla
sproporzionata.
Altri interventi si ebbero nel 1896, quando il rettore Sanna fece praticare
il passaggio tra una cappella e l'altra; nel 1965, con i lavori di pulitura
delle cappelle e della sacrestia mediante la ripresa degli intonaci e il
rifacimento dell'impianto elettrico e del manto di copertura;
nel dicembre del 1987, con il restauro dei dipinti della prima arcata centrale
del pittore oristanese Carlo Contini (1903-1970) risalenti agli anni '30
e raffiguranti alcune scene dei Vangeli. L'ultimo intervento è stato completato
nel 1991 per un importo complessivo di 30 milioni di lire. L'altare maggiore, il battistero e la balaustra del 1700, in marmo pregiato,
sono ritenuti di particolare valore artistico. Il baldacchino in legno sbalzato,
posto sopra il pulpito, risale al 1400.
I lavori di costruzione del campanile, realizzato con pietre provenienti
dalle cave di Sardara e Villanovaforru, terminarono nel 1752 quando fu eretto il
cupolino sul quale fu posta una palla in rame con una croce di
ferro.
Purtroppo, dopo oltre due secoli, ci si è dovuti confrontare con gli effetti
disastrosi di quelle lontane aspirazioni di un rettore che
non s'intendeva affatto di architettura: la chiesa è chiusa al culto
dalla primavera del 1989 in seguito a un sopralluogo che ha evidenziato numerose
lesioni nelle strutture portanti, causate dalle infiltrazioni d'acqua piovana
favorite dalla mediocre qualità del materiale utilizzato per la costruzione.
Per provvedere alle riparazioni l'Amministrazione comunale si è dovuta
scontrare a più riprese, in questi anni, con numerose difficoltà di tipo
burocratico.
Per saperne di
più sulla Fonte delle Informazioni, vai alla Sezione
RINGRAZIAMENTI
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