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Le feste

  Il 22 luglio Uras festeggia la sua patrona, Santa Maria Maddalena. La ricorrenza è ricordata anche dall'Angius che annotava (Op. Cit., III,p.1052): «La festa principale è per la titolare, e quando si ha buona rac­colta si suol fare con molta pompa e vi si corre il palio». La festa patronale aveva inizio con i fuochi artificiali, ”sa roda”, e pro­seguiva il giorno dopo con Sa Cursa De Is Quaddus e con la serata di poesia con la chitarrina o con la poesia improvvisata de “is cantadoris”,gli improvvisatori soiltamente logudoresi. Non potevano mancare i balli sardi in piazza, le bancarelle intorno a Sa Prazza 'e Cresia e Sa Carapigna, i sorbetti tradizionali di Aritzo.  Fra i dolci tipici venduti nella piazza, oltre ai torroni degli aritzesi e tonaresi c’erano i biscotti prodotti localmente, Is Pistoccus, ben sistemati su panni bianchi dentro le corbule, venivano venduti dalle Pistoccaias, le donne che li avevano confezionati nelle loro case. Fino ai primi anni Sessanta la corsa dei cavalli, organizzata nella pia­nura de S'Isca, situata oltre la stazione ferroviaria, rimase uno dei momenti più attesi e vissuti intensamente dalla gente. Poi, col passare del tempo subentrarono altre  attrazioni. Anche l’arrivo dei camion sgangherati e impolverati dei circhi di Armandino “Bello bello” o di Zanfretta rivestiva un particolare fascino per tutti. Questi poveri circhi di provincia sistemavano la loro tenda in un campo di stoppie alla periferia del paese; per diversi anni in Su Cungiau de Sa Mitza Manna [Il chiuso della grande sorgente], a ridosso del vecchio deposito dell’acqua, o lungo il rio Thamis, accanto alla vecchia Carlo Felice, in Su Campu de Sa Mendua [Il Campo delle mandorle], oggi inserito in una zona di edilizia convenzionata. Nello spettacolo di quei circhi non mancava l’ indovino che sapeva individuare, in un suo giro d'ispezione, l’ubriacone del paese o la vecchietta senza mutande. Già dagli anni Settanta, però, anche questi circhi si avviarono verso un inesorabile tramonto. Arrivavano i giochi moderni, come l'auto­scontro, a soppiantare i divertimenti di un tempo. 0ggi la festa si articola in tre momenti essenziali: oltre ai fuochi artificiali c’è la serata dedicata a un complesso musicale o a un cantante di un certo richiamo per i giovani; c'e la giornata sportiva distribuita fra tornei di calcio, di pallavolo e di hockey su prato, e sul tardi una commedia dialettale campidanese o qualche altro spettacolo affine. Si svolge infine, vicino alla piazza della Chiesa, la gara poetica campidanese o logudorese, fra poeti estemporanei o cantadoris della zona: una manifestazione che attira ormai soltanto l'interesse degli anziani. C'è poi la festa di San Salvatore che si svolge il giorno dopo il lunedì dell'Angelo. Per tale occasione si è rispolverata da alcuni anni, come abbiamo visto, l'antica giostra equestre detta Sa Cursa de Su Pannu [La corsa del drappo]. A differenza delle feste di Sant'Antonio e di Santa Maria Maddalena, per San Salvatore non c'erano i fuochi d'artificio. Si è sempre conosciuta, invece, la tradizione del grande fuoco votivo che veniva acceso il lunedì dopo Pasqua accanto alla chiesa con la legna donata da tutte le famiglie del paese. Nel pomeriggio di quello stesso giorno i cavalieri accompagnavano il santo dalla parrocchia alla sua chiesetta rurale. Nel 1949 i frati Conventuali decisero di cambiare l'antica statua del santo, ritenuta troppo piccola e vecchia, con una nuova e moderna; ma gli uresi non furono dello stesso avviso e i cavalieri decisero di  bloccare 1'entrata di quella nuova statua, estranea al piccolo mondo racchiuso fra le bianche pareti dell'antica chiesetta. Di lì a  poco i frati furono costretti ad abbandonare il paese. In questi ultimi anni la Pro Loco ha ridato vita a un palio, Sa Cursa de Su Pannu, che ha avuto la prima edizione nel 1988; si vuole così rievocare la sanguinosa battaglia del 1470, combattuta a pochi passi dalla chiesetta. La manifestazione ha inizio il giorno della vigilia, quando un banditore annuncia nelle vie del paese l'inizio della giostra per onorare la vittoria dei Sardi. Il giorno della festa vera e propria sfilano i costumi: partono dalla Chiesa di Sant'Antonio e scendono poi in via Eleonora, per giungere sino alla chiesetta del santo. L'attenzione si concentra quindi sulla corsa vera e propria alla qua­le hanno partecipato, nelle ultime edizioni, una trentina di cavalieri provenienti da tutta la Sardegna. La gara si svolge, in una pista circolare a ridosso della chiesa, su un percorso di circa un chilometro e 300 metri, che  viene ripetuto per tre volte. Un’altra festa molto importante è quella di Sant'Antonio al quale è dedicata una chiesa situata lungo la strada che conduce alla stazione ferroviaria. La ricorrenza, celebrata la domenica successiva al 13 giugno, era molto sentita nel passato e tutti i pastori offrivano, secondo la tradizione, alcuni capi ovini che entravano a far parte di un “gregge del Santo”, che veniva gestito da un'apposita commissione eletta dagli allevatori. Anche San Salvatore e Santa Maria Maddalena avevano un proprio gregge di 80-100 pecore, amministrato da altrettante commissioni composte ciascuna da una cinquantina di allevatori. Le commissioni, che utilizzavano i guadagni del gregge e le offerte dei fedeli per organizzare la festa, furono sciolte negli anni Sessanta a causa di un certo disinteresse e disimpegno di numerosi soci e di con­trasti insorti con il parroco. Dopo di che la festa di Sant'Antonio ha perso l'importanza di un tempo, e alcune tradizioni ad essa legate sono state pian piano dimenticate. Ma alla fine degli anni Ottanta, anche per merito della Pro Loco, il Comitato organizzatore ha riportato in auge Sa Festa de is Pastoris [La Festa dei Pastori], durante la quale vengono offerti a tutti vino rosso e carne di pecora bollita.

 

Il gruppo Fo1k

 Negli anni passati il gruppo folk di Uras ha svolto un'intensa attività. Costituitosi agli inizi degli anni Sessanta, ha avuto tra i principali ispiratori e animatori Remigio Angotzi. Composto da circa sessanta persone, ha partecipato a tutte le manifestazioni folkloristiche vincendo, alla Sagra del Redentore di Nuoro e in altre manifestazioni, numerosi premi. Soprattutto le ragazze che vestivano il costume delle vedove di Uras hanno sempre riscosso un notevole successo. In occasione della Sagra del Redentore di Nuoro del 1990 Antonio Bassu ha scritto: «Tra i costumi più prestigiosi per la ricchezza dei ricami, per la varietà dei colori, per gli ori e l'argento, quelli di Oliena, Orgosolo, Atzara, Dorgali, Desulo, Quartu, Selargius, Busachi, Florinas, Oristano ed, infine, quello tutto nero, originalissimo, di Uras (che indica la ve­dovanza di chi lo indossa)». E l'anno successivo, a commento della medesima ricorrenza: «Le vedove di Uras in abito nero, col fazzoletto di frange che copre la bocca e viene legato sotto la gola, quasi per accentuare il mistero e il dolo­re, sono state accolte da scroscianti applausi. Un costume che racconta storie perdute di tragedie di pastori e contadini». Guidato negli ultimi anni da Mario Carta, il gruppo si è però sciolto alla fine degli anni Ottanta. Il costume femminile è costituito da una gonna lunga di cotone, di colore rosso scuro; da un corpetto in broccato sul viola o verde; da una camicia bianca guarnita in pizzo; da un fazzoletto bianco di seta e dallo scialle nero ricamato; da un grembiule di raso nero a fiori viola. Sul petto si appunta una collana in argento detta Sa Ganceria. Quello da vedova è  tutto nero, con un fazzoletto che copre la bocca e uno scialle molto lungo. Il costume maschile è composto invece da una camicia in lino dalle maniche larghe e col colletto ricamato o in pizzo. I pantaloni, chiamati is crazzonis de arroda [a forma di ruota], hanno la forma di un gonnelli­no pieghettato in orbace nero. C'è poi il corpetto, anch'esso di orbace nero, quindi le ghette di panno nero con bordino verde e la berritta nera, corta, ricadente a un lato.

 

Il Teatro

 Nei primi anni '70 si era costituita a Uras anche una compagnia teatrale dialettale, guidata da Marco Tullio Piras e Tullio Pia, che rappresentava soprattutto le commedie dell'autore oristanese Antonio Garau. Questo gruppo, dopo aver recitato in vari centri della provincia, ebbe un incredibile successo di pubblico proprio ad Oristano, nel cinema Ariston, dove la commedia Pibiri Sardu venne replicata per diverse serate. Subito dopo la compagnia urese fu invitata presso alcuni circoli di emigrati sardi nel continente, e a Milano fece ottima impressione alla festa del Ticinese (un quartiere della città).Dopo lo scioglimento del gruppo alcuni componenti hanno ideato una nuova iniziativa di grande rilevanza regionale: negli anni Ottanta si e costituito il gremio culturale Su Magasinu de Su Monti [il vecchio nome dei Monte granatico] che ha organizzato nel 1987, col patroci­nio del Comune e della Provincia, un concorso per opere teatrali in lingua sarda. Ci si proponeva cosi di incentivare il teatro regionale at­traverso nuove opere che trattassero tematiche attuali e originali. Alla seconda edizione del concorso 1988, parteciparono dodici compagnie. Ma anche questa iniziativa non è riuscita ad andare oltre, a causa dei problemi finanziari.  

 

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