L'impatto delle basi militari sul territorio italiano

Dalla base di Aviano ai casi di tumore nella popolazione sarda di Quirra. I terribili effetti dell'uranio impoverito.

Un'ambiente usa-e-getta? L'impatto delle basi militari sul territorio

Giorgio Nebbia
professore emerito, Università di Bari

La manifestazione contro l'ampliamento della base USAF di Aviano offre l'occasione per varie considerazioni, alcune politiche., altre riguardanti la sicurezza delle popolazioni, altre di carattere ambientale e territoriale, altre, infine, più generali.

Che cosa è successo fra la base e l'ambiente?

L'impatto ambientale della presenza della base di Aviano, la cui esistenza, va ricordato, risale alla prima guerra mondiale, ma che si è fatta veramente pesante con la cessione dell'aeroporto all'aviazione americana, ha vari aspetti: uno è legato al grande traffico aereo, alla movimentazione di carburanti, alle emissioni di gas nell'atmosfera e al rumore.

L'altro impatto è associato alla presenza e al collaudo di armi nella base stessa.

Certamente nella base vi sono state (e vi sono ancora) armi nucleari e vanno considerati gli effetti della relativa movimentazione, montaggio, collaudo. Il segreto militare impedisce di sapere quante e quali armi siano state e siano utilizzate.

Il Partito radicale pubblicò, nel 1983, un prezioso e ormai rarissimo libretto intitolato: "Quello che i russi già sanno e gli italiani non devono sapere", Istituto di ricerche per il disarmo, lo sviluppo, e la pace, 96 pagine, con una dettagliata carta geografica delle installazioni militari italiane e americane, fra cui quella di Aviano, nel nostro paese e della presenza di armi nucleari.

Nel luglio 1986, il Dipartimento della difesa degli Stati uniti ha reso "involontariamente" noto un elenco di 20 basi aeree in Europa ed estremo Oriente dove sono tenuti in stato di allarme aerei militari Usa dotati di armi nucleari. Fra queste basi quelle di Aviano, Ghedi (Brescia) e Rimini, in Italia. Le altre sono in Germania, Turchia, Gran Bretagna, Belgio, Olanda, Grecia.

L'elenco è stato fornito in risposta ad una richiesta di una sottocommissione della Camera dei rappresentanti americana sugli impianti militari. Una volta messi in stato di allerta, gli aerei dell'aviazione statunitense erano considerati in grado di decollare in 15 minuti. Del documento ha dato notizia il Washington Post del 10 luglio 1986, limitandosi a dire il paese in cui le venti basi sono dislocate (tre in Italia).

Il Washington Post ha scritto che informazioni di questo genere sono normalmente segrete e ha aggiunto che normalmente gli aerei hanno già le bombe nucleari a bordo, ma che esse possono venire innescate solo per ordine del presidente degli Stati uniti. Decollati i primi velivoli, altre bombe dovevano venir predisposte per i successivi velivoli, ed è a questo punto che ne era previsto il prelevamento dai nuovi magazzini di massima sicurezza situati di norma ad una certa distanza dagli aeroporti.

Possibile che si debba ad una smagliatura delle informazioni segrete americane la conoscenza di come viene utilizzato il nostro territorio? Comunque immediatamente dopo tale notizia gli enti locali ebbero cura di minimizzarne l'importanza, di mettere in evidenza che la presenza della base ad Aviano assicurava lavoro a molti italiani ed era fonte di benessere economico.

Adesso, a dieci anni di distanza, la situazione è mutata solo quantitativamente: il sempre informato Bulletin of Atomic Scientists (vol. 53, n. 5, September/October 1997, p. 62) riferisce che "Bombs for U.S. and/or NATO aircrafts continue to be deployed in Germany, Great Britain, Italy, Turkey, Belgium, Netherlands, and Greece.... The reductions (of nuclear weapons) in Europe are dramatic, with more than 6.000 warheads of almost a dozen types deployed in 1985 and only some 150 B61 tactical bombs today". Nella pagina successiva lo stesso articolo specifica che le 150 bombe tattiche dislocate in Europa sono del tipo B61-3, B61-4, B61-10.

Il National Defence Research Council (Email proinfo@nrdc.org) informa che le bombe tattiche B61-3 sono disponibili con potenze di 0,3,. 1,5, 60 e 170 kt; quelle B61-4 hanno potenza di 0,3, 1,5, 10 e 45 kt; quelle B61-10 hanno potenza di 0,3, 5, 10 e 80 kt. Non c'è bisogno di ricordare, a titolo di confronto, che le bombe di Hiroshima e Nagasaki avevano una potenza distruttiva di circa 15 kt, pari a quella di 15.000 tonnellate di tritolo.

Dove e quante di queste bombe sono ancora ad Aviano, a Ghedi, a Rimini? La loro presenza e movimentazione ha provocato inquinamento radioattivo? Che fine ha fatto la denuncia, nel 1988, di elevate concentrazioni di radon nell'aria di Aviano? quali effetti ambientali hanno le armi e munizioni costruite con uranio impoverito (il durissimo metallo uranio-238 che residua dalla separazione dell'uranio fissile 235?).

Quale è infine la situazione delle armi chimiche? Un articolo di Eliot Marshall, "Nerve gas in Afghanistan?", pubblicato sulla autorevole rivista scientifica americana Science, vol. 208, p. 1016-1017, 30 May 1980, è corredato da una fotografia in cui si vedono dei soldati con maschere antigas e la dicitura: "Americàs NATO troops carry defensive chemical warfare equipment, as in this recent exercise at Aviano Air Base in Italy (DOD photo)". La fotografia, di fonte del Dipartimento della difesa degli Usa, mostra soldati che portano maschere difensive contro agenti di guerra chimica durante una "recente" esercitazione nella base aeronautica di Aviano.

Quando, in quale quantità, ci sono stati gas di guerra chimici, e di quale tipo, ad Aviano? quando si sono svolte esercitazioni con armi chimiche? come e dove si sono dispersi glioagenti di guerra chimica nel suolo e nel sottosuolo?

La maestà della legge

Le proposte di ampliamento della base di Aviano prevedono che le nuove installazioni si estendano in un vasto territorio ecologicamente fragile e di grande interesse, nel bacino idrografico del Livenza.

Tutto quanto è avvenuto e avverrà dentro la base influenza, direttamente o indirettamente le acque superficiali e sotterranee dell'intero bacino idrografico. La legge prescrive che ogni intervento in un bacino idrografico avvenga in accordo con un "piano di bacino" predisposto da una autorità di bacino la cui costituzione e le cui azioni sono stabilite dalla legge stessa (la legge 183 del 1989).

Ebbene a otto anni di distanza sembra che la autorità di bacino del complesso Brenta-Bacchiglione, Piave, Livenza, Tagliamento, Isonzo (Alto Adriatico) esista, ma non risulta che sia stato elaborato nessun piano di bacino. Non risulta costituita la autorità di bacino interregionale del fiume Lemene, le cui acque del subalveo interagiscono con quelle dei vicini bacini del Livenza e Piave. Non risulta che l'autorità di bacino dei bacini di interesse nazionale dell'Alto Adriatico abbia predisposto neanche il quadro delle presenze umane, degli inquinamenti e degli interventi, pure previsto dalla legge. In queste condizini il pesante intervento dell'ampliamento della base di Aviano avverrebbe in assenza di adeguate informazioni idrogeologiche e di un piano di bacino, e, più in generale, in assenza di qualsiasi piano territoriale derivante dalla legge 183.

La situazione è simile per le altre autorità di bacino italiane: anche dove esistono, dove sono state costituite le segreterie tecniche, siamo ben.lontani dall'adempimento delle disposizioni previste dalla legge: indagini territoriali sull'intero bacino idrografico e piani di bacino. è per lo meno sbalorditivo che sia lo stato a violare le proprie leggi e che poi si parli, della "maestà della legge"! Tanto più quando la mancanza degli adempimenti previsti dalla legge sulla difesa del suolo e sui bacini idrografici rende più facile la realizzazione di opere, come Aviano 2000, che possono arrecare danni alla salute umana e ecologica di un territorio.

http://www.fvg.peacelink.it/aviano2000/gnebbia.html

 

 

QUIRRA

Molte cose accadono a Quirra, piccolo splendido angolo della costa sud-orientale della Sardegna. Non sono molti a conoscerlo e le cartine spesso non lo riportano.

Nel dicembre 2000 il clima prenatalizio italiano è turbato da una nuova inquietante parola portata dai reduci dalle "missioni di pace" nei balcani: Uranio impoverito. Quarantotto militari si ammalano, alcuni di loro, una decina circa, muoiono, altri no. L'ematologo Franco Mandelli, incaricato dal ministro della Difesa di guidare una commissione scientifica che cercasse di far luce sulla ribattezzata Sindrome dei Balcani, non si sbilancia e mantiene toni rassicuranti. Secondo la Commissione Mandelli infatti, i casi di linfoma di Hodgkin e di leucemia linfatica tra i militari italiani sono certamente al di sopra della media - 9 contro quattro attesi - ma si tratta di un eccesso statisticamente non significativo.

Le cause, le origini del male che ha colpito i soldati italiani oggetto dell'indagine di Mandelli rimangono ignote. L'ipotesi che possano essere collegabili all'Uranio impoverito non è dimostrabile ma non è scartabile!
Ma già una prima stranezza viene notata: di questi 48 ragazzi molti erano sardi o avevano prestato servizio nella basi NATO dislocate in Sardegna. Infatti concentrando l'attenzione sul numero di sardi colpiti in percentuale anomala da queste malattie, e partendo dal presupposto che la popolazione militare sia in proporzione a quella totale del paese, emerge un dato inquietante: la percentuale dei militari ammalatisi è inspiegabilmente e terribilmente al di sopra di qualunque media. Per i sardi è un'incidenza statisticamente non significativa o la statistica è un'opinione?.
E gli altri, le strane morti già da qualche tempo segnalate, gli esclusi dalla commissione Mandelli?
"Ancora non è dato sapere dove abbiano prestato servizio i militari morti di leucemia o di linfoma di Hodgkin esclusi dall'esame", dice il comitato Gettiamo le basi in un comunicato diffuso dalla stampa locale sarda nel dicembre 2000. Sempre l'associazione Gettiamo le basi, da tempo attiva nel segnalare il rischio nucleare connesso alla presenza di ingenti armamenti nucleari nell'isola chiede che "le disposizioni e i controlli previsti per i militari impegnati in Kosovo siano estesi al personale civile e militare operante nei poligoni".
"E' necessario un monitoraggio ambientale e la bonifica dei grandi spazi terrestri e marittimi, militarmente asserviti che opprimono la nostra isola" insiste Gettiamo le Basi.
Nei primi giorni del febbraio 2001 arriva la denuncia dall'Associazione nazionale assistenza vittime arruolate nelle forze armate: un altro morto tra i militari che hanno prestato servizio nei poligoni della Sardegna. Ancora una volta la vittima era operativa nella base di Perdasdefogu (NU).
La denuncia arriva da una voce eminente: Falco Accame, ex presidente della commissione Difesa della Camera e ora alla guida dell'Associazione nazionale assistenza delle vittime delle Forze Armate, che ha pubblicato la lettera della madre del giovane. Si legge sul quotidiano l'Unione Sarda:
Madre accusa i test segreti a San Lorenzo -- 06 febbraio 2001
NAPOLI Roberto Buonincontro è morto a 23 anni, consumato dal linfoma di Hodgkin. È deceduto un anno dopo aver prestato il servizio di leva nel poligono sperimentale di addestramento interforze di Salto di Quirra, a capo San Lorenzo. Ora la madre accusa: "Lo Stato ha ucciso mio figlio". Non è mai andato in ex Jugoslavia - spiega la madre - non ha mai lasciato l'Italia. Roberto è morto nel '96. "Allora - spiegano la madre e il fratello Luigi - nessuno sapeva dell'uranio impoverito, ma Roberto ci raccontava spesso di test di armi segrete, di incontri con militari di altre nazioni, della pericolosità di tale materiale". Falco Accame vede una sorta di deprecabile continuità tra la "Sindrome dei Balcani" e quanto accade nel Sarrabus. "L'Italia ha strenuamente negato l'uso di Uranio impoverito in Bosnia nonostante gli americani ne ammettessero l'impiego. Smentiva il ministro, smentivano i generali. Poi hanno dovuto ammettere. Ora si fa altrettanto per il Salto di Quirra. Ma come si fa a non usare munizionamenti all'Uranio impoverito in un Poligono sperimentale? Se vogliamo verificare la resistenza dei nostri carri armati a questo tipo di proiettili dobbiamo per forza impiegarli. L'Inghilterra ha ammesso senza problemi di usarli nei suoi poligoni e la cosa non crea problemi se si prendono le necessarie misure di prevenzione.

Lancio ANSA, Roma 21 marzo 2001
"L'indagine sull'Uranio impoverito svolta dalla commissione Mandelli non ha alcuna validità, deve essere ritirata e rifatta daccapo con nuovi criteri". A sostenerlo sono l'Anavafaf, associazione familiari vittime arruolate nelle forze armate, e il Tribunale Clark, che da anni si batte per il rispetto dei diritti civili. Il rapporto - ha detto il presidente dell'Anavafaf, Falco Accame, nel corso di una conferenza stampa - è basato su falsi dati di partenza. Per fare un esempio: sono stati presi in considerazione i militari che sono stati in Albania, dove l'Uranio non è stato usato, e non quelli in Somalia, dove invece è stato usato. Bisognava fare l'esatto contrario. Altre critiche da Giorgio Cortellessa, fisico che guida la contro commissione di esperti nominata dal Tribunale Clark. Il confronto sull'incidenza dei tumori con la popolazione civile - ha spiegato - è stato fatto in maniera scorretta. Ci si è basati sui registri dei tumori del Nord, dove l'incidenza di queste malattie è molto più alta che nel resto del Paese. La maggior parte dei militari italiani impiegati nelle missioni, invece, proviene dal Sud. Insomma, i numeri contenuti nell'indagine non hanno diritto di cittadinanza nella comunità scientifica.

giugno 2001 - Incontro a Villaputzu su uranio impoverito e servitù militari
Nel suo intervento al convegno organizzato dal comitato sardo di "Gettiamo le basi", sul tema "La presenza militare in Sardegna, sicurezza e tutela del territorio e della popolazione", il sindaco di Villaputzu Antonio Pili ha chiesto un drastico ridimensionamento delle aree soggette a servitù militari. Il comune di Villaputzu, che si estende per 18.128 ettari, è stato espropriato nel 1966 del 14 per cento del suo territorio per motivi di pubblica utilità, in zone, come gli 866 ettari del Salto Quirra, di grande pregio paesaggistico e ambientale. Durante il dibattito è stata ribadita l'impellente richiesta di un'indagine epidemiologica delle popolazioni residenti nei pressi del poligono, ricordando l'incidenza oltre la media nazionale della leucemia nella borgata nei pressi di Quirra, poligono delle forze Nato dove in passato potrebbero essere stati utilizzati proiettili all'Uranio impoverito. All'incontro ha partecipato anche l'ammiraglio Falco Accame, che ha evidenziato la necessità di rimozione del segreto militare per poter avere delle indagini credibili. Al termine dei lavori è stata ribadita anche la necessità di un monitoraggio ambientale permanente nelle zone militarizzate, e Beniamino Camba, ex sindaco di Teulada, altro comune gravato da estese servitù militari, ha chiesto un comitato permanente formato da cittadini dei comuni soggetti a servitù militari.

Ed in questo modo si arriva al novembre 2001: continuano le segnalazioni di militari morti di leucemia o linfoma di Hodgkin, filtrano negli articoli di cronaca dei quotidiani locali assieme ad un dubbio: a ben guardare il dato comune a questi giovani militari non è più solo l'essere reduci dalle guerre umanitarie ma quello di aver prestato servizio militare nel poligono sperimentale di Perdasdefogu-Salto di Quirra o alla base militare di Teulada. Finalmente nel febbraio 2002 accade un fatto che segna un punto fermo: non più un sospetto ma una certezza sancita da una sentenza ormai definitiva: di poligono si muore. La Corte dei Conti di Venezia ha riconosciuto il diritto all'indennizzo al padre di un giovane militare fulminato da una leucemia mentre prestava il servizio di leva nella base di Perdasdefogu. Il giudice ha accolto totalmente le tesi del difensore che attribuiva il decesso a causa di servizio sostenendo che la vittima era stata esposta a radiazioni durante la permanenza nel Salto di Quirra. Lorenzo Michelini, padovano, 27 anni, morì l'otto luglio del 1977.
Tre interrogazioni parlamentari sulle morti sospette dei militari sardi reduci dai Balcani e sul rischio nucleare al porto di Cagliari sono state presentate in quel periodo: cresce la preoccupazione per il possibile legame tra l'insorgere di patologie tumorali e l'uso di armi all'uranio presenti anche nei poligoni interforze della Sardegna.