MEDIA USA in GUERRA

Più della metà degli americani è convinta che Saddam Hussein sia stato direttamente coinvolto negli attacchi terroristici dell’11 settembre.

 

[Media e societa`] 27-04-2003

* Walt Brasch è un pluripremiato giornalista, docente di giornalismo alla Bloomsburg University, autore di 13 libri, l’ultimo edito negli USA: The Joy of Sax: America Douring the Clinton Era.

http://www.walterbrasch.com

Più della metà degli americani è convinta che Saddam Hussein sia stato direttamente coinvolto negli attacchi terroristici dell’11 settembre. Secondo un sondaggio dell’Associated Press, condotto poco dopo il successo dell’invasione dell’Iraq, il 53% del paese incolpava Saddam degli assassini del 9/11, cosa che la CIA e gran parte dei servizi segreti mondiali hanno decisamente escluso.
Il fatto che così tanti americani abbiano questa convinzione rivela il successo del martellare dell’amministrazione Bush e il fallimento del Congresso e dei media nel interrogare adeguatamente il presidente sulle motivazioni e nel mettere in discussione le dichiarazioni provenienti dalla casa bianca e dal Pentagono. Il presidente Bush e la sua orda di consiglieri hanno costantemente affermato di non aver mai e poi mai detto che Saddam era la mente dietro gli attacchi. Ma, se il presidente potesse dire “subliminale”, è esattamente questo che lui, il vicepresidente e la loro amministrazione hanno fatto agli americani, con la complicità dei media che hanno abrogato la propria responsabilità e hanno trasmesso l’idea che mettere in discussione qualunque cosa il presidente dica sarebbe tradimento.
Messaggio dopo messaggio, il presidente ha richiamato l’11 settembre e la lotta al terrorismo. Poi, come nei film, faceva uno stacco sulle malefatte di Saddam, facendo così credere alla gente che ci fosse un passaggio fluido tra le due cose, mentre inculcava quei significati “nascosti”.
Un mese dopo l’11 settembre gli americani credevano che i responsabili fossero Osama bin Laden e Al-Quaeda. Su quella base, il presidente ha ordinato l’attacco dell’Afghanistan, uno dei molti paesi che ha dato ospitalità a Bin Ladine ai suoi terroristi, e ha rovesciato il regime talebano. A quel tempo trovare qualcuno che pensasse che Saddam fosse personalmente coinvolto nel 9/11 era difficile come trovare un dirigente di multinazionale che creda nei sindacati.
Gli americani sono presto venuti a conoscenza che 15 dei 19 dirottatori suicidi dell’11 settembre erano sauditi. Scavando ancora un po’ nelle notizie ormai sepolte, avrebbero scoperto anche che 26 dei leader du Al_Quaeda al tempo dell’11 settembre, compreso Bin Laden, erano egiziani sauditi o yemeniti. Solo uno, un amministratore di terzo livello, era iracheno. Avrebbero imparato inoltre che 8 dei 10 sostenitori finanziari di Al-Quaeda sono sauditi. Avrebbero saputo che Saddam e Al-Quaeda non sono mai stati vicini, che per quanto spietato Saddam era relativamente un moderato nel mondo terroristico, eccetto che rispetto al suo stesso popolo.
Un anno di martellamento e bombardamento cerebrale ha convinto cirac un terzo degli americani.Un mese prima dell’invasione il 45% degli americani (dati AP), credeva che il dittatore iracheno fosse personalmente coinvolto. L’aumento dell’8% nel mese successivo all’invasione può essere attribuito non solo alla retorica trionfalistica di guerra, ma al fatto che il paese cercava di giustificare il fattodi aver spedito 200 mila dei suoi figli e figlie, madri, padri, sorelle, fratelli, zii e cugini in guerra.
All’inizio della guerra il messaggio non era che c’era l’Iraq dietro gli attacchi dell’11 settembre, ma che era un potenziale nemico perché possedeva mezzi di distruzione di massa.
Nell’ultimo discorso sullo stato della nazione, il presidente Bush ha dichiarato con forza che l’arsenale dell’Iraq in includeva quanto meno 500 tonnellate di armi chimiche, 38.000 litri di botulino38,000, 25.000 litri di antrace, insieme ad un in quantificabile numero di missili SCUD. Ma come nel passaparola telefonico quando un semplice fatto, diffondendosi da una persona all’altra, diventa un mito metropolitano, gli americani e i loro mezzi d’informazione hanno gonfiato quei numeri senza fondamento, finché il cittadino medio non ha cominciato a credere fermamente che l’Iraq rappresentava per l’America un pericolo superiore della Corea del Nord o dell’Iran, entrambi dotati di armi nucleari in grado di colpire gli Stati Uniti, cosa che l’Iraq non possiede.
Anche se un tempo l’Iraq aveva armi di distruzione di massa, non erano armi nucleari. Tra il 1983 e il1992—rispettivamente le ere Reagan/Bush e Bush/Quayle – gli USA hanno fornito all’Iraq innumerevoli armi e almeno 2 bilioni di dollari in prestiti, la maggior parte dei quali erano impiegati per comprare altre armi dagli Stati Uniti; non ci si è mai attesi un pieno rimborso. Inoltre, le corporation americane hanno approviggionato l’Iraq dei mezzi per fabbricare armi chimiche e biologiche. L’uomo-punta che l’amministrazione Regan ha mandato per consolidare le relazioni USA-Iraq e che sapeva per personale presa visione che l’Iraq usava le armi chimiche contro l’Iran e che ha contribuito a eliminare l’etichetta “terrorista” dall’Iraq – era… Donald Rumsfeld.
Lentamente e con riluttanza, sotto il mandato dell’ONU, l’Iraq aveva cominciato a distruggere le proprie armi. Finora, 300.000 soldati anglo-americani, aiutati da numerosi infiltrate e dal miglior sistema di satellite spia mai conosciuto, non sono stati in grado di individuare alcuna arma di distruzione di massa – tranne quelle usate dalle forze della Coalizione.
Forse l’amministrazione Bush dovrebbe mandare l’ispettore colombo.
Il fatto che la coalizione dei 300 mila delle due nazioni abbia sconvolto e devastato un paese di 24 milioni così in fretta e che l’esercito iracheno abbia impiegato per difendersi solo pallottole, artiglieria leggera e missili, legali, a corto raggio, suggerisce che probabilmente che il paese sconfitto non era in possesso di quelle armi che gli Stati Uniti accusavano.
Il presidente Bush e i suoi sostenitori hanno continuato a dire che la Guerra non era per il petrolio. Ma la prima cosa che le truppe della coalizione si sono affrettati a proteggere, una volta entrati a Baghdad, non sono stati gli ospedali o i musei, ma il ministero del petrolio. Forse il ministero era in un “quartiere storico”.
Mentre il presidente Bush diceva alle Nazioni Unite ed agli americani che non era nei suoi piani fare la guerra contro l’Iraq, i suoi funzionari incontravano segretamente i giganti dell’industria e della finanza e gli amici politici dell’amministrazione per sviluppare un piano per il dopoguerra.
Uno di questi giganti è la Betchel, un conglomerato multinazionale con stretti legami finanziari con la Casa Bianca. Un altro è l’Hallibrton, la compagnia plurimiliardaria che ha avuto Dick Cheney come CEO.
In pochi mesi, gli americani potrebbero essere “scioccati” dal fatto che l’Iraq non ha appoggiato Al-Quaeda negli attacchi dell’11 settembre, che non aveva armi di distruzione di massa e che ci potrebbe essere stata una collusione tra l’amministrazione e le grandi corporation per strappare aiuti finanziari per la ricostruzione di un paese che gli Stati Uniti hanno distrutto. Dovremmo essere “scioccati” (shocked) – ma dovremmo essere anche “atterriti” (awe) per come il presidente e la sua amministrazione siano riusciti perfettamente a far passare i LORO messaggi sulla guerra e come i grandi media abbiamo timidamente e precipitosamente accettato le loro parole senza metterle in discussione.
(traduzione di Anna Marchi)

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