DITTATURA COSTITUZIONALE

Gli Usa schedano tutti anche in Sud America

 

 

Sabina Morandi - Qual è il segreto del successo? Un po' di disinvoltura con le norme, qualche amicizia importante e tanta tanta paranoia. Il successo è quello della ChoicePoint, compagnia che deve la sua fortuna al commercio dei dati personali, considerata "il più grande fornitore del paese di servizi di verifica delle credenziali", come recita il sito promozionale. Chi è interessato a comprare questi servizi? Inizialmente il business era rivolto soltanto alle aziende che avevano bisogno di raccogliere il maggior numero di informazioni sui propri clienti. Oggi, però, il principale committente di questo enorme network che, di acquisizione in acquisizione è arrivato a estendere la propria attività dalla ricerca di bambini smarriti all'esame del Dna, è l'amministrazione Bush. Ieri il quotidiano inglese The Guardian ha reso noto che la ChoicePoint ha ricevuto ben 11 milioni di dollari dal dipartimento di Giustizia per fornire dati - comprensivi di descrizione fisica, precedenti, posizione fiscale e gruppo sanguigno - di milioni di cittadini latino americani.


La conquista
dell'America Latina?

Perché il dipartimento di Giustizia statunitense raccoglie i dati personali dei messicani, dei brasiliani, dei colombiani, dei nicaraguensi e dei salvadoregni? A cosa serve un database dove sono elencati i precedenti dei cittadini dell'Argentina, del Venezuela, dell'Honduras e del Costa Rica? Ufficialmente serve alle autorità di frontiera per regolare il flusso migratorio. Del resto non è la crociata anti-crimine e anti-terrorismo il fiore all'occhiello della ChoicePoint? In un'orgia di decorazioni a stelle e strisce e di appelli a "sostenere i ragazzi in armi della coalizione", attraverso il suo sito la compagnia si fa paladina della sicurezza nazionale invitando i cittadini a comprare i suoi servizi per vagliare l'affidabilità di "vicini e impiegati, di fattorini e amici", cosa già abbastanza allarmante di per sé. Ma conoscendo le mire espansionistiche dell'impero sorge spontaneo il sospetto che l'amministrazione voglia vagliare a fondo il teatro delle prossime operazioni - leggi Plan Colombia - oppure fornire agli amici dei gruppi paramilitari locali le liste degli oppositori, secondo il vecchio costume della Cia.

Resta il fatto che la notizia ha scatenato un putiferio. Molti governi latino-americani hanno aperto delle inchieste per verificare se sono state violate delle leggi e per capire come abbia fatto la compagnia a ottenere i dati che poi ha venduto all'amministrazione Bush. In Messico, ad esempio, la ChoicePoint ha messo le mani sull'intera lista elettorale mentre in Colombia si è appropriata del database di identificazione dei cittadini, tutte liste che dovrebbero essere protette dal diritto alla privacy. La compagnia rischia insomma di ritrovarsi sommersa da una caterva di cause legali intentate dalle amministrazioni pubbliche di vari paesi o anche da privati cittadini, per non parlare del fatto che, essendo coinvolta l'amministrazione, si è trattato a tutti gli effetti di una violazione della sovranità nazionale su scala continentale.


Trucchi
elettorali
Se c'è una cosa che sa fare la ChoicePoint, comunque, è mettere le mani sulle liste elettorali. Nel suo best seller internazionale, Stupid white man, Michael Moore racconta con dovizia di particolari il ruolo assolutamente sostanziale che ebbe una sussidiaria della ChoicePont, la Database Technologies, nei brogli elettorali che portarono alla nomina di Bush.

Contrariamente a quanto si seppe allora, durante l'incredibile vicenda della conta dei voti, la truffa era stata preparata con cura - circa un anno prima - proprio grazie alle competenze della Database Technologies che aveva avuto l'incarico di "ripulire le liste elettorali" della Florida. Nello stato governato da suo fratello Jeb, Bush aveva un problema: l'alta percentuale di votanti neri avrebbe sicuramente dato la preferenza al candidato democratico. A meno di non "filtrare" le liste elettorali eliminando più neri possibile, George non avrebbe mai vinto.

La Database Technologies, che ricevette 4 milioni di dollari per rintracciare i precedenti penali dei votanti - notoriamente i neri hanno un tasso più alto - e utilizzarli come scusa per cancellarli dalle liste elettorali anche se la legge prescrive la perdita dei diritti civili solo per i reati più gravi. Ma il committente era così illustre che la società decise di non correre rischi e adottò la mano pesante: vennero depennati nomi di persone che avevano, come unico precedente, un posteggio in seconda fila e altri che non avevano nemmeno quello. Alla fine venne impedito di votare a 57.700 persone, il 90 per cento dei quali avrebbe votato Al Gore. Considerando che Bush vinse per 537 voti è facile capire quanto il lavoro condotto dalla Database Technologies sulle liste elettorali sia stato determinante.


Il business
della paranoia
Furono molte le denunce a carico della compagnia o del governatore della Florida Jeb Bush da parte dei cittadini esclusi dal voto e sicuramente la Database Technologies avrebbe potuto andare incontro a guai seri se non ci fosse stato l'attacco alle Towers. La paranoia che seguì all'11 settembre, oltre a sospendere qualsiasi dibattito sui brogli, fu una vera manna dal cielo per i commercianti di dati personali. In primo luogo il Patriot Act sospese moltissime norme che garantivano il diritto alla privacy dei cittadini statunitensi, diritto che fino a quel momento era notoriamente considerato intoccabile. Per far salire le azioni della ChoicePoint, infatti, fu sufficiente il semplice annuncio che la legge sarebbe stata varata.

Fino a quel momento il dibattito sulle "tecnologie invasive", come l'indiscriminato utilizzo dei test del Dna o la vendita di informazioni mediche alle assicurazioni private, era stato molto acceso. Ma dopo l'11 settembre ogni resistenza venne polverizzata e la compagnia si accreditò sul fronte patriottico grazie al lavoro della Bode Technology Group, una sussidiaria specializzata nella gestione dei campioni di Dna, che diede una mano (a pagamento) nel doloroso e complicato compito dell'identificazione delle vittime. Da allora il "mercato della paura", gentilmente alimentato dai media e generosamente foraggiato con i fondi pubblici, è l'unica attività economica statunitense in netta espansione.

http://www.liberazione.it/giornale/030506/archdef.asp