Consigli per la stesura di una
relazione scientifica
semplice
ed efficace.
di Roberto
Trinchero
La comunicazione è sempre stata un momento
fondamentale nella vita di ogni essere vivente. Per gli esseri umani la
possibilità di una comunicazione complessa e multiforme ha portato allo
sviluppo di strutture sociali complesse e, attraverso la conoscenza
scientifica, ad un grado di controllo sulla natura mai visto finora. Proprio
da queste semplici considerazioni si intuisce l’importanza della
comunicazione scientifica. La verificabilità, la comparabilità, ma anche
semplicemente la possibilità di divulgare i risultati di una ricerca, passa
attraverso un uso chiaro e proprio del linguaggio. Non è intenzione di
questo saggio ripescare i tentativi neopositivisti di dare un linguaggio
unificato alla scienza. L’obiettivo di questo lavoro è dare al lettore alle
prime esperienze con la stesura di una relazione, un saggio, una tesi di
laurea, quale potrebbe essere uno studente universitario di materie
umanistiche o scientifiche, una guida per imparare a “mettere sulla carta” i
concetti che vuole esprimere in modo chiaro e scorrevole, con uno stile
sobrio ma comprensibile dal maggior numero possibile di lettori.
Lavorare con un modello dell’utente
Fare ricerca senza
un modello esplicito di attore significa lavorare con innumerevoli modelli
impliciti, spesso tra di loro contraddittori. Allo stesso modo scrivere una
relazione scientifica senza avere un modello dell’utente significa non avere
mai ben chiaro a chi ci si rivolge e con quali finalità. E’ chiaro che
scrivere un manuale di uso di un aspirapolvere è una cosa ben diversa dallo
scrivere un saggio di filosofia, ma la differenza fondamentale è il diverso
pubblico al quale ci si rivolge. Chiunque si appresti a redarre un testo
dovrebbe, prima di iniziare, crearsi un modello dei suoi utenti e questo
dovrebbe essere la sua guida durante la stesura di tutta la relazione, come
se questa fosse un discorso fatto di fronte a quella persona-tipo. Definire
un modello dell’ utente significa rispondere alle seguenti domande:
Una volta definito l’utente tipo al quale
vogliamo rivolgerci dobbiamo definire i nostri obiettivi. Cosa ci proponiamo
di spiegare nella relazione? Come lo vogliamo spiegare?
Innanzitutto bisogna dire che una relazione
scientifica non è un opera letteraria. Ciò non significa che debba essere un
testo arido e sintetico come un telegramma, significa semplicemente che la
nostra capacità di espressione letteraria deve rispettare dei vincoli, ma
deve comunque essere presente. Una relazione scientifica redatta con uno
stile da “comunicato del comitato centrale del PCUS” fa si che il lettore la
butti in un angolo dopo le prime quattro righe. E’ altresì vero però che una
relazione scientifica scritta con lo stile di Verga ne “I Malavoglia” non
avrebbe sorte migliore. Passiamo quindi a descrivere quali sono i vincoli da
rispettare per la stesura di una buona relazione scientifica.
E adesso cosa scrivo?
Per evitare di trovarsi davanti al foglio di
carta alla tastiera del computer e non sapere cosa scrivere, prima di tutto
stendete l’indice della vostra relazione. Maggior dettaglio darete
all’indice più sarà facile strutturare la relazione. Mettere giù un indice
vuol dire chiarire bene di cosa si parlerà nella relazione. Una volta
costruito un indice dettagliato sarà facile riempire i paragrafi con il
testo, che oltretutto avrà già una struttura e un suo filo logico.
Prima pensare poi scrivere
Una relazione scientifica non è un brogliaccio
dove annotare tutto ciò che ci passa per la testa in quel momento. Essa è un
testo già “raffinato” non “grezzo”. Se abbiamo tante idee in testa
scriviamole tutte su un foglio di carta (o meglio ancora su un word
processor computerizzato), cercando di dividerle in proposizioni elementari
(un soggetto, un verbo e un complemento). Quando avremo sott’occhio il
panorama completo delle nostre idee potremo ricomporlo in un discorso
sensato, proprio come un puzzle.
Bisogna ricordare poi che la lingua parlata e
quella scritta sono profondamente differenti. Se riportate sulla carta le
frasi così come le dite otterrete un pasticcio di parole degno del miglior
Joyce. La frase scritta, come vedremo, va strutturata in proposizioni
elementari ben formate (grammaticalmente e logicamente corrette) e queste
costituiscono i “ mattoni” del discorso.
Le soluzioni semplici sono le migliori
Perché esprimere un concetto in dieci parole se
ne bastano cinque? L’abbandonarsi a lunghi giri di parole è tipico di chi
non sa cosa scrivere e cosa vuole scrivere. Eliminare tutte le ridondanze,
per arrivare subito al “nocciolo” della questione non è indice di povertà
intellettuale, ma di rispetto verso il lettore che dei nostri “voli” non
saprebbe che farsene (altrimenti avrebbe preso in mano un romanzo o un libro
di poesie, non vi pare?).
Il lessico adeguato
L’abuso di tecnicismi è una delle cose che il
lettore medio trova più odiose e che distinguono un “prodotto” per tutti da
un “prodotto” per pochi intimi. Se io devo spiegare come si installa il
Paint Shop Pro al mio amico appassionato di computer gli posso
tranquillamente dire: “metti il floppy nel drive a:, dopo che hai fatto il
boot, poi lancia il setup e specifica la directory dove vuoi che il program
manager metta i file eseguibili e la directory dove vuoi le DLL”. Se devo
spiegare la stessa cosa al fotografo (Paint Shop Pro è un programma di
fotoritocco, N.d.A.) alle prime armi nell’informatica, cercherò, se ho
rispetto per lui, di spiegarglielo in un altro modo, senza usare parolacce
come floppy, boot, setup, DLL e così via. Tali termini potranno essere
vantaggiosamente sostituiti da dischetto removibile, accensione del
computer, doppio click con il mouse sulla voce setup.exe, libreria di
sottoprogrammi usati dai programmi Windows. E’ chiaro che non si può
spiegare tutto partendo dall’invenzione della ruota, ma è proprio per questo
che serve un modello dell’utente: devo sapere quali termini tecnici posso
usare e quali no, oltre al livello di dettaglio in cui devo scendere nelle
spiegazioni. Occorre ricordarsi che le cose che noi diamo per scontate non
sono necessariamente le cose che danno per scontate anche gli altri e che un
discorso non è “scientifico” solo perché ci sono dentro dei “paroloni
difficili” (anzi semmai è proprio il contrario!).
Non lasciare “buchi” nel discorso
Quante volte ci è capitato di leggere un testo,
di capire tutto fino ad un certo punto e da lì in poi più nulla? Quando
succede una cosa del genere vuol dire che in quel punto del discorso c’è un
“ buco”, ad esempio un concetto utilizzato ma non definito (e quindi
probabilmente dato per scontato) oppure un repentino cambiamento di
argomento o di stile. Questi “buchi” nel discorso danno origine a veri e
propri buchi cognitivi in chi legge, la cui tentazione naturale è dire “
questa cosa non si capisce, lasciamo perdere lo guarderò dopo”. Se i “buchi”
sono frequenti, il lettore, inevitabilmente frustrato, butta da parte la
relazione dicendo “non si capisce niente”. Se il lettore è uno studente ed è
obbligato ad imparare la relazione perché deve portarla ad un esame,
rimanderà finché è ; possibile, poi imparerà tutto in fretta e a memoria
negli ultimi giorni (o nelle ultime ore) facendo una grande confusione e non
nutrendo sicuramente sentimenti di stima verso l’autore del testo. Il
discorso deve quindi essere fluido, deve scorrere come scorre un tranquillo
fiume senza salti né cascate. Tutti i termini che potenzialmente potrebbero
non essere compresi devono essere definiti, se necessario anche in nota. La
funzione delle note è appunto quella di dare un percorso di lettura
alternativo: chi è in grado di comprendere tutti i concetti del testo
leggerà solo questo e non le note di spiegazione, gli altri colmeranno le
loro lacune con le spiegazioni (o i rimandi) in nota. Un eventuale salto di
argomento dovrà essere sottolineato, ad esempio con un “punto e a capo”, un
nuovo paragrafo, un’interlinea bianca, un titolo, un nuovo capitolo, a
seconda di quanto è “forte” lo stacco tra argomenti. Un sistema
particolarmente efficace è dare una struttura al testo con tanti capitoletti
e sottoparagrafi di poche pagine ciascuno; in tal modo scorrendo i titoli il
lettore saprà subito di cosa si parla in quel paragrafo ed avrà a
disposizione, in modo esplicito, la “struttura logica” di tutto il discorso
e questo lo faciliterà non poco in sede di studio.
Usare correttamente la punteggiatura
I segni di interpunzione non si mettono per
bellezza. Già ce lo spiegava la maestra alle elementari. Tra il dire e il
fare però c’è di mezzo il mare e quante volte abbiamo pensato “e adesso la
virgola dove la metto?”, “a cosa serve il punto e virgola?”, “sarà ; meglio
metterci un punto?”. Innanzitutto bisogna dire che anche i segni di
interpunzione sono degli “stacchi” logici e fonetici, quindi le virgole
servono per separare le proposizioni semplici (quelle formate da soggetto,
verbo e complemento), i punti e virgola sono degli stacchi simili alle
virgole ma più “forti”, e i punti sono stacchi ancora più forti. Un esempio
di uso corretto della punteggiatura può essere “La riforma della scuola
media superiore, attesa da anni, è ormai alle porte. Migliaia di insegnanti
precari hanno finalmente una prospettiva di un impiego meno saltuario e
variabile, speranza questa ribadita in un intervista dal segretario della
maggiore federazione sindacale di base. Sono ormai lontani (venti anni
circa) i tempi in cui la scuola superiore era un serbatoio per laureati
disoccupati; ora, con le nuove competenze professionali dei laureati moderni
(maggiore attenzione all’aspetto formativo, preparazione di base
interdisciplinare) e le accresciute motivazioni (stipendi più alti, ambiente
di lavoro efficiente e stimolante) è possibile finalmente gettare le basi
per una scuola efficacemente integrata con il mondo del lavoro e, più in
generale, con la società odierna. Il Ministro è pienamente soddisfatto dei
lavori della commissione: undici esperti che hanno lavorato tre mesi a pieno
ritmo per preparare il testo del disegno di legge che verrà discusso martedì
alla camera.”
Come si vede dal testo dell’esempio i due punti
possono essere usati, oltre che per introdurre degli elenchi, anche per
formare delle giustapposizioni, cioè strutture in cui la seconda frase è
subordinata (“ha solo significato con...”) alla prima. Le parentesi servono
per introdurre delle “note all’interno del testo”, allo scopo di spiegare un
concetto o dare una precisazione senza ricorrere ad una nota fuori testo.
Dov’è il soggetto?
Se ci si impegola in frasi troppo lunghe e
contorte con tante proposizioni coordinate e subordinate è fatale perdere il
filo del discorso, ma comunemente prima del filo del discorso si perde il
soggetto. Il testo parla di qualcosa ma non si capisce di cosa stia
parlando. E’ chiaro che noi mentre lo scriviamo sappiamo di cosa stiamo
parlando, ma chi legge no! E’ importante quindi evitare per quanto possibile
i soggetti sottointesi (sottointesi per chi? Per chi scrive!) ed usare i
pronomi solo quando si è sicuri che non generino confusione in chi legge. E’
meglio rischiare di tediare il lettore ripetendo il soggetto una volta in
più che confonderlo con un pronome ambiguo. In frasi del tipo “L’
informatica ha ormai pesantemente modificato la nostra vita quotidiana. La
sua evoluzione è così frenetica da farci rimpiangere i bei tempi andati
quando vivevamo in povertà e semplicità.” a chi si riferisce quel “sua”?
All’informatica o alla vita quotidiana?
Frasi brevi e ben formate
La cosa migliore per la chiarezza del discorso
è quindi costruire frasi brevi, con soggetto, verbo e complemento, e
separate da punti. E’ consigliabile limitare l’uso delle proposizioni
coordinate e subordinate, a meno che non siate completamente sicuri di cosa
state scrivendo (e per essere completamente sicuri dovete mettervi nei panni
del vostro utente, cioè servirvi del suo modello). Un buon modello sono le
frasi della lingua inglese: brevi, semplici, ben formate (soggetto, verbo,
complemento). Da evitare assolutamente i manierismi che appesantiscono
inutilmente il testo e lo rendono ridicolo agli esperti della materia.
Dopo aver scritto, rileggere
Rileggete sempre quello che avete scritto come
se fosse stato scritto da un altro, da un estraneo. Non date per scontato
che sia tutto giusto. Se il vostro elaborato è già terminato fatelo leggere
a qualcuno e chiedetegli di dirvi sinceramente cosa capisce e cosa no.
Dovete scegliere un soggetto che rientri nel vostro modello dell’utente,
altrimenti i suoi consigli vi porteranno verso una strada diversa da quella
che voi avete tracciato stendendolo.
Il rischio di banalizzare
Usare frasi semplici e un lessico comprensibile
non significa banalizzare tutto ciò che scrivete. La trattazione scientifica
esige una sua serietà, ma questa non si ottiene con discorsi astrusi e pieni
di paroloni, ma con la chiarezza e la proprietà di linguaggio. Ciò che è
difficile è appunto acquisire proprietà di linguaggio parlando di un
determinato tema, e questa viene fuori con la competenza in materia e la
pratica nell’arte di scrivere. Per imparare a scrivere non c’è che un
sistema: leggere testi in buon italiano, anche non necessariamente inerenti
alla materia da trattare nella relazione, per avere dei punti di riferimento
e per imparare uno stile, e poi scrivere, rileggere, correggere.
A ciascuno il suo stile
Acquisire uno stile nello scrivere non vuol
dire copiare spudoratamente quello che trovate su altri testi. Chiunque
abbia già scritto ha acquisito un suo stile, bello o brutto che sia.
L’importante è che ciò che scrivete sia esattamente ciò che pensate di voler
dire (e non un’altra cosa) e che il lettore sappia capirlo dal testo
scritto. Quante volte capita di dire “sono stato frainteso”; questo può
anche succedere, ma se capita perché il testo non è chiaro la colpa è di chi
scrive, non di chi legge. Trattandosi poi di una relazione scientifica e non
di un romanzo la “licenza poetica” è limitata. Non vi siete mai chiesti
perché nessuna relazione scientifica partecipa al premio Strega?
Scrivete solo ciò di cui siete sicuri
Se non siete sicuri di cosa vuol dire un
termine, procuratevi un bel dizionario e andatelo a cercare. Se continuate a
non essere sicuri del suo significato in quel contesto, non usate quel
termine e se non trovate sinonimi, componete la frase in un altro modo.
Stesso discorso vale per i concetti. Se sapete solo “per sentito dire” che
quella cosa è così, informatevi, documentatevi, scrivete e poi citate le
fonti. Non è il caso di riempire il testo di citazioni ovviamente, anzi
l’abuso di citazioni può essere un indice del fatto che nella relazione non
ci sono idee vostre. Se riportate idee prese da altri la citazione è
comunque obbligatoria, meglio se corredate dalla pagina del testo da cui le
avete prese.
I bisticci di parole
“I còsi sono còsi per còsare le còse”. “La
forma di formaggio si forma lentamente nelle apposite formine”. Se ripetete
parole simili in un breve spazio, il discorso diventa noioso, pesante e a
volte anche ridicolo. Fate dunque ricorso ai sinonimi e, con attenzione, ai
pronomi (per le ragioni viste precedentemente). Se questi accorgimenti non
dovessero bastare cambiate la struttura della frase in modo che le “parole
litigiose” non stiano vicine. Un’attenta rilettura, oltre a scovare una
messe di altri errori, farà giustizia di tutti i bisticci che sono venuti
fuori durante la stesura.
Dare un ritmo
Se nella narrativa il ritmo della frase serve a
delineare lo scenario in cui si svolge l’azione (ad esempio un episodio di
guerra o una tranquilla gita sul lago), il ritmo di una relazione
scientifica è quasi predefinito: non deve essere troppo lento per non
addormentare il lettore, ma neanche troppo veloce per non obbligarlo a
inseguirvi nel discorso. Immaginate di dover spiegare qualcosa a qualcuno,
senza avere eccessiva fretta e senza tediarlo. Il ritmo di un testo è dato
dalla punteggiatura; un uso corretto di questa per costruire proposizioni
ben formate, senza l’abuso di coordinate e subordinate, dovrebbe dare
automaticamente il ritmo giusto alla vostra relazione.
Una figura spiega più di mille parole
Usate la comunicazione visiva: schemi,
illustrazioni, schizzi, disegni, fotografie, spiegano i concetti in modo più
immediato di un lungo discorso. Ovviamente non bisogna esagerare: troppe
figure rendono incomprensibile una relazione. A tal proposito tutte le
figure devono essere presentate nel testo (“la figura 1 illustra ...”) e
commentate, in modo che il lettore non pensi “ma cosa c’entra questa figura
qui?”. La comunicazione visiva è più efficace se si avvale dei colori, ma
visto che le relazioni nascono con il destino di essere fotocopiate (e le
fotocopiatrici a colori hanno ancora costi molto elevati e quindi sono poco
diffuse), pensate già a come verrà fuori quel magnifico grafico a colori
dopo la fotocopiatura: una massa informe di macchie grigie; meglio quindi
pensarci per tempo.
La regolarità è bellezza
E’ la regolarità che fa la bellezza di un
testo. Se la stessa cosa la chiamo con mille nomi diversi, senza
preoccuparmi di appurare se tutti quei termini sono a portata dell’utente
oppure di definirli la prima volta che li uso, il testo, oltre che essere
incomprensibile, sarà anche inevitabilmente brutto. Quindi se quando devo
scrivere Fiat scrivo una volta FIAT, una volta F.I.A.T., una volta Fiat, e
così via, anche se grammaticalmente e logicamente corretto, il testo sarà
inevitabilmente brutto.
Qualità è fare le cose bene la prima volta
Non c’è niente di più penoso del rimaneggiare,
cambiare, riscrivere. Il miglior testo esce in modo naturale, quando si
pensa a cosa scrivere e poi lo si scrive. Il testo che esce “in un’unica
soluzione” conserva una sua coerenza interna e la “freschezza” dell’essere
“appena sfornato”. Una rilettura può servire a mondarlo da errori e sviste,
due sono una cautela ulteriore, tre sono troppe. Se si comincia a
rimaneggiare, cambiare un termine, ripensare una frase si perde in coerenza
del discorso e non si ha necessariamente un risultato migliore. Se
rileggendo un testo questo non vi soddisfa, meglio cancellare tutto e
riscriverlo daccapo. Attenzione però a mantenere la coerenza (logica e
terminologica) con il resto del discorso, cioè a non usare stili e lessici
diversi. Quando avrete sviluppato un vostro stile di scrittura sarà molto
più facile tornare su una porzione di testo e riscriverla coerentemente con
ciò che c’è intorno, ma allora vi accorgerete che le frasi escono dalla
penna (o dalla tastiera) già ben formate e quindi rimaneggiarle sarà
inutile.
Alcune osservazioni tipografiche
Scrivere al calcolatore è decisamente diverso
rispetto allo scrivere a mano. Quando scriviamo manualmente gli spazi che
lasciamo tra le parole e tra i segni di interpunzione non sono
particolarmente importanti, quando scriviamo al calcolatore invece sì.
Bisogna sempre mettere uno spazio dopo e nessuno spazio prima dei seguenti
caratteri: , . ; : ! ? ). Viceversa bisogna mettere sempre uno spazio prima
e mai dopo il carattere (. Le virgolette vanno attaccate al testo a cui si
riferiscono: “questo è giusto”, “ questo è sbagliato “. Se la vostra
tastiera è dotata delle lettere accentate (quelle che si usano in italiano
sono sei: à è é ì ò ù) vanno usate queste e non a’ e’ i’ o’ u’. I testi
vanno sempre giustificati, cioè allineati a destra e a sinistra. Tutti i
word processor svolgono questa operazione automaticamente. Anche per le note
è possibile usare le funzioni automatiche messe a disposizione dai word
processor: non cercate di farle a mano perché il risultato è sempre pessimo.
E’ ormai universalmente accettato che le
citazioni bibliografiche nel testo vanno messe tra parentesi tonde e devono
riportare il cognome (o i cognomi) dell’autore, la data di pubblicazione e,
possibilmente, la pagina da cui si la citazione è stata tratta. Ad esempio:
Le funzioni del programma Stat-lab (Grimaldi, 1996, 12) oppure Le funzioni
del programma Stat-lab di Renato Grimaldi (1999,12). Se i cognomi sono più
di due, è conveniente riportare solo i primi due ed aggiungere la dizione “
e al.”, per non appesantire troppo il testo. Questa citazione rimanda alla
bibliografia (che non deve mai mancare in una relazione scientifica!), il
cui formato consigliato è il seguente:
per i libri
Grimaldi Renato (1996) (a cura di), Tecniche
di ricerca sociale e computer. Modelli, basi di dati e basi di conoscenza,
Torino, Omega
per i saggi all’interno di antologie
Rositi Franco (1992), La metodologia
sociologica in Italia: una nota bibliografica , in Gallino Luciano (a
cura di), Percorsi della sociologia italiana , Milano, Angeli, pp.
361-379
per gli articoli apparsi su riviste
Ricolfi L. (1995),
La struttura dello spazio elettorale in Italia. Il contributo dei modelli
qualitativi, “Quaderni di Sociologia”, n. 8, pp. 77-115
per le tesi di laurea
Trinchero Roberto (1994), Tecniche di
ricerca sociale e intelligenza artificiale: problemi, strumenti e
applicazioni , tesi di laurea in Tecniche per la ricerca sociale,
Facoltà di Scienze Politiche, Università di Torino
Per i siti internet:
Trinchero R. (1999), Corso di Teoria
dell'Informazione 1999-2000,
http://hal9000.cisi.unito.it/far
Potete scegliere se scivere solo
l'iniziale del nome puntata (Ricolfi L.) o il nome per esteso (Ricolfi
Luca). Le parole straniere inserite nel testo vanno scritte in corsivo, a
meno che non siano entrate nell’uso corrente della nostra lingua o nel
lessico specifico della disciplina della relazione. Nessuno si sognerebbe di
scrivere in corsivo week-end. In una relazione di informatica, nessuno
scriverebbe in corsivo floppy disk. Se però lo stesso termine comparisse in
una relazione di filologia romanza, l’uso del corsivo sarebbe lecito. Se il
termine in questione compare più volte nel testo, è sufficiente scriverlo in
corsivo solo la prima volta.
L’indice va sempre numerato in
numeri romani e le prime pagine di ogni capitolo non devono essere numerate.
La struttura dei titoli deve rispettare l’ordine logico degli argomenti, per
cui ad argomenti che stanno sullo stesso piano devono essere assegnati
titoli di ugual livello, e questi titoli devono essere scritti con lo stesso
carattere. Un titolo di livello superiore va scritto a caratteri più grossi,
uno di livello inferiore a caratteri più piccoli. E’ comunque da evitare
l’uso di titoli scritti interamente in lettere maiuscole.
Lui speriamo che se la cavi:
frasi viste su bozze di tesi di laurea che speriamo di non vedere mai più
In questo paragrafo riportiamo
alcune frasi lette su relazioni d’esame e su bozze di tesi di laurea di
alcuni studenti, frasi che naturalmente speriamo di non vedere mai più!
Questi ultimi non sono altro che
delle combinazioni di oggetti, dove per “ oggetto” si intende una unità
autonoma di programmazione che nasce per svolgere una determinata funzione,
al suo interno contiene tutti i dati e tutto il codice per effettuarle.
Questo è un abuso di soggetto
sottointeso. Una soluzione potrebbe essere l’inserimento di un “che” prima
di “al suo interno”, ma in questo caso la parola “che” sarebbe ripetuta tre
volte in una frase. E poi a cosa si riferisce quell’”effettuarle”? Visto che
“funzione” è singolare bisognerebbe dire “ effettuarla”. La cosa migliore è
riformulare la proposizione in questo modo:
Questi ultimi non sono altro che
delle combinazioni di oggetti, dove per “ oggetto” si intende una unità
autonoma di programmazione che nasce per svolgere una determinata funzione.
L’oggetto contiene al suo interno tutti i dati e tutto il codice per
effettuare molteplici funzioni.
Anche se la parola “oggetto” è
ripetuta tre volte (due al singolare e una al plurale), l’intero discorso
non risulta appesantito perché il punto dà uno stacco preciso tra la prima e
la seconda frase, cioè sottolinea l’inizio di una nuova affermazione.
A seguito della creazione del
sistema esperto per l’identificazione dei santi e la facilità con cui questo
sistema può essere utilizzato è giusto riconoscere l’utilità dell’impiego di
tali sistemi esperti per affrontare il problema della schedatura dei beni
culturali italiani.
Questa frase, dato che non ha
virgole, né stacchi di altro genere, si legge tutta d’un fiato. A parte il
fatto che “la facilità” ; dovrebbe essere sostituita con “della facilità”
(se no perché usare “A seguito”?). E poi cosa vuol dire “A seguito della
creazione”? Cos’é “l’utilità dell’impiego”? Anche qui la cosa migliore è
riformularla così:
Data la facilità con cui il
sistema esperto per l’identificazione dei santi può essere utilizzato, come
visto precedentemente, è giusto riconoscere l’utilità di tali sistemi
esperti nell’ affrontare il problema della schedatura dei beni culturali
italiani.
Questa frase va già meglio. Ma
adesso è presente un bisticcio tra “utilizzare” e “utilità”. Quindi usiamo
un sinonimo (che specifica anche meglio come si utilizza un sistema esperto,
cioè lo si consulta) al posto di utilizzato:
Data la facilità con cui il
sistema esperto per l’identificazione dei santi può essere consultato, come
visto precedentemente, è giusto riconoscere l’utilità di tali sistemi
esperti nell’ affrontare il problema della schedatura dei beni culturali
italiani.
Come già enucleato nella
descrizione delle caratteristiche dell’ ambiente Kappa un fattore molto
importante è la disponibilità del sistema stesso ad essere interfacciato con
l’ambiente Windows, potendo così usare le possibilità offertegli
dall’ambiente quali menù, finestre multiple, pulsanti, ecc.
Nonché è da ricordare la
possibilita di interfacciare direttamente con i programmi applicativi che
supportano il DDE ed il DLL come ad esempio Word, Excel, Access, ecc.
Cosa vuol dire “enucleato”? Che
c’entra il punto e a capo? Cosa vuol dire “Nonché è da ricordare”? “La
possibilità di interfacciare” cosa? Il verbo “ interfacciare” richiede un
complemento oggetto! Questa frase andrebbe riscritta così:
Come già annunciato nella
descrizione delle caratteristiche dell’ ambiente Kappa un fattore molto
importante è la disponibilità del sistema stesso ad essere interfacciato con
l’ambiente Windows. Ciò consente di usare le possibilità tipiche di tale
ambiente quali menù, finestre multiple, pulsanti, ecc. E’ da ricordare anche
la possibilita di interfacciare l’ambiente Kappa direttamente con i
programmi applicativi che supportano il DDE ed il DLL, quali ad esempio
Word, Excel, Access, ecc.
Una parte della relazione nasce
presso il CISI (Centro di Indagine Statistico Informatico) nell’ambito delle
esercitazioni di Tecniche di ricerca e di elaborazione dati.
Se non sapete cos’è il CISI (Centro
Interdipartimentale per i Servizi Informatici) documentatevi oppure scrivete
CISI e basta, senza dare libero sfogo alla creatività!
Stat-lab si compone di diversi
moduli che permettono, per esempio, la determinazione di un campione casuale
semplice il quale stabilisce la numerosità dello stesso, oppure, (un secondo
modulo) è di notevole aiuto per i ricercatori che intendono ragionare su dei
dati senza ricorrere a complicate tavole statistiche.
Che vuol dire questa frase? A cosa
si riferisce “il quale”? Probabilmente chi l’ha scritta voleva dire che:
Stat-lab si compone di diversi
moduli, dei quali uno di essi permette la determinazione della numerosità di
un campione casuale semplice, mentre un altro è di notevole aiuto per i
ricercatori che intendono ragionare su dei dati senza ricorrere a complicate
tavole statistiche.
Con questo comando è possibile
vedere le foto che sono già state considerate, essendo queste qui elencate
per ordine di visione. E’ ulteriormente possibile sovrapporre ad un’immagine
che si sta analizzando una di quelle qui memorizzate.
Questa frase è un esempio di come
si possa banalizzare un discorso serio. I problemi sono due: il primo è la
povertà di lessico, per cui vengono usati termini generici (“considerate”, “
memorizzate”) al posto di quelli specifici, che illustrerebbero meglio il
significato della frase; il secondo è l’appiattimento del discorso scritto
su quello parlato (l’espressione “questo qui” è accettabile nella lingua
parlata, non in quella scritta). La frase potrebbe essere scritta come:
Con questo comando è possibile
vedere le foto che sono già state elaborate, dato che queste sono elencate
in ordine di visione. E’ anche possibile sovrapporre all’immagine che si sta
analizzando una di quelle elencate nella lista.
Ciò conferma l’indirizzo dato a
suo tempo, alle aziende USSL, con legge regionale n. 62, di attivare,
all’interno del proprio territorio, un’offerta in grado di erogare
prestazioni diversificate, delegando ai presidi ospedalieri gli interventi
di urgenza e gli interventi sulle gravi patologie alcol-correlate.
Qui è presente un abuso di frasi
subordinate. Il discorso diventa contorto e poco comprensibile. La frase
andrebbe snellita, nel seguente modo:
Ciò conferma l’indirizzo dato a
suo tempo alle aziende USSL (legge regionale n. 62) di attivare, all’interno
del proprio territorio, un’ offerta in grado di erogare prestazioni
diversificate, delegando ai presidi ospedalieri gli interventi di urgenza e
quelli sulle gravi patologie alcol-correlate.
Un altro esempio di gestione
banca dati può essere rappresentato inserendo nel presente documento un
foglio di lavoro eseguendo la stessa procedura precedente con la differenza
che ad eseguire lo sviluppo dei dati non è più tramite (Word) ma
direttamente dal programma Excel mediante la relativa icona presente nella
barra degli strumenti.
Qui mancano del tutto le virgole;
la frase è completamente destrutturata. In aggiunta molti termini sono usati
in modo improprio. Potrebbe essere riscritta come:
Un altro esempio di gestione
banca dati può essere rappresentato dall’inserimento nel documento Word di
un foglio di lavoro Excel. Questo viene fatto eseguendo la stessa procedura
vista precedentemente, mediante l’apposita icona presente nella barra degli
strumenti. La differenza sta nel fatto che ad effettuare l’elaborazione dei
dati non è più ; Word ma direttamente Excel.
Inoltre rappresentare la
conoscenza sotto forma di regole permette anche il controllo empirico delle
affermazioni contenute nel testo. Non solo, ma tradurre la conoscenza sotto
forma di tali regole dà anche la possibilità di fare delle inferenze fra di
esse. E anche questo è stato fatto nell’ambito del nostro lavoro.
Qui siamo di fronte a una
banalizzazione estrema del discorso, che è abbastanza comune quando “si
scrive come si parla”. Un modo corretto di riscriverla può essere:
Inoltre rappresentare la
conoscenza sotto forma di regole permette il controllo empirico delle
affermazioni contenute nel testo, e dà la possibilità di fare inferenze fra
di esse. Tutte queste possibilità sono state esplorate nell’ambito del
nostro lavoro.
... mentre il miracolato che
inizialmente potrebbe sembrare il personaggio principale, ha importanza
secondaria in quanto se dipendesse da lui l’ ex-voto non esisterebbe
neppure.
Questo è un esempio dello “scrivere
come si parla”. La frase ha un tono decisamente banale. Molto meglio sarebbe
volgerla in:
... mentre il miracolato che
inizialmente potrebbe sembrare il personaggio principale, ha importanza
secondaria dato che senza un richiedente l’ ex-voto non esisterebbe neppure. |