Il problema del modello


Il problema del modello e della costruzione di un modello è un momento importante nello studio della Fisica. Costruire un modello implica, infatti, la capacità di semplificazione del problema, l'individuazione di ipotesi essenziali e la capacità di rappresentazioni simboliche, oltrechè l'acquisizione di capacità logiche di analisi e di sintesi.
L'uso del modello ha a che vedere contemporaneamente sia con il problema della visualizzabilità della realtà fisica indagata, sia, in veste più significativa, col prospettare ipotesi sulla realtà fisica investigata. E' opinione largamente diffusa che il compito del modello in Fisica non è tanto il tentativo di costruirsi una rappresentazione intuitiva del contenuto fisico di una teoria, o quello di soddisfare all'esigenza di conferire intuitività al formalismo delle teorie. Nè la funzione del modello può essere ridotta a visualizzare una teoria astratta o, peggio, a una schematizzazione concettuale rigida che ci aiuti a raffigurarci l'andamento dei fenomeni. Sostanzialmente la funzione è quella di valere come "ipotesi euristica preliminare" nello studio di nuovi fatti. Si è completamente d'accordo con la posizione che riconduce il modello semplicemente ad essere «[...] un insieme coerente di "ipotesi" sulla realtà fisica che si studia, appoggiate ad una rappresentazione intuitiva di grande valore euristico, per permettere di procedere alla costruzione di una struttura che goda di certe proprietà formali».[6]
La Fisica, in quanto teoria, opera su dei sistemi di nozioni chiamati 'modelli' teorici, nozioni 'astratte' che sono legate attraverso proposizioni e avente natura di tipo matematico. «Un simile modello teorico è costruito in modo da poter essere messo in corrispondenza con una 'situazione fisica, vale a dire con un certo insieme di oggetti reali su cui possiamo operare con le nostre mani delle determinate trasformazioni sperimentali. Certo, deve essere chiaro che esiste una profonda differenza tra il modello e la situazione. Così il modello non fornisce mai una rappresentazione esatta e completa della situazione. Presto o tardi appaiono delle divergenze vuoi perchè si consegue una precisione più elevata nelle operazioni sperimentali, vuoi perchè si estende la situazione a dei fenomeni nuovi connessi con gli antichi. Allorché compaiono queste differenze appare necessario costruire un nuovo modello più esteso che inglobi il modello precedente e renda conto del suo adeguamento relativo alla situazione ma che rappresenti anche i fenomeni aberranti.»[7]
«Un modello, quindi, non è qualcosa che pretende di fare affermazioni sulla effettiva natura del sistema cui si riferisce, ma che si limita, più semplicemente, a stabilire analogie tra il sistema S a cui viene applicato e un altro sistema S' il cui comportamento è noto, o prevedibile, con un certo margine di sicurezza. Un modello, in altri termini, non si riferisce necessariamente alla realtà :lo studio di un modello, tuttavia, è spesso più utile, nell'analisi della realtà, di quanto lo sia lo studio diretto della realtà stessa».[8]
Qui si introduce, in prima approssimazione, il modello più semplice di sistema oscillante, cioè un oscillatore armonico lineare che caratterizza in maniera chiara e semplice il modo di oscillare di un punto materiale sottoposto all'azione di una forza esterna non equilibrata e variabile con dipendenza lineare di tipo «elastico», senza tenere conto, in prima approssimazione, delle forze di attrito che agiscono comunque. All'interno di questo modello viene considerata una prima situazione, in cui è trascurabile la dipendenza dall'ampiezza di oscillazione del pendolo semplice, perchè lo si considera oscillare su un piano verticale con angolo di oscillazione che non superi i (10÷15)°. In questa situazione si introducono le grandezze cinematiche elongazione X, velocità V e accelerazione a; se ne studiano i valori assunti in un caso specifico di moto unidimensionale periodico-oscillatorio, e il loro modo di variare, inferendo la legge oraria, nota come equazione oraria del pendolo semplice.
In un successivo momento si estende il modello al caso in cui non siano più trascurabili le resistenze passive dovute alla presenza di attriti e resistenze del mezzo. Sotto queste condizioni si inferisce la nuova legge, molto più generale, sottolineando il fatto che la legge precedente, nel modello ideale, presenta dei limiti di validità dovuti alle premesse iniziali inerenti alla semplificazione del modello ideale. «La teoria fisica apparirà così come costituita da un sistema di modelli incastrati tra loro. Del resto è frequente che un modello 'superiore' inglobi non uno ma più modelli inferiori».[9]
Questa nuova e più generale legge permette poi di discutere le condizioni di validità del modello iniziale, creando le premesse di carattere epistemologico che permetteranno di pervenire all'importante conclusione della provvisorietà del sapere scientifico, ai suoi presupposti, al carattere distintivo delle scienze empiriche e ad approfondire alcune nozioni strutturali del discorso scientifico.
In sintesi, quanto detto in precedenza significa che partendo da «osservazioni/ si perviene ad una ipotesi sul fenomeno osservato. Da essa poi si elabora un modello teorico che si cerca di confermare o meno. Se la verifica è coerente con le previsioni si arriva alla legge e, quindi, alla sistemazione delle conoscenze complete in una teoria.
Da questo punto di vista l'esperimento in questione che riguarda il pendolo semplice è forse uno dei più semplici che si possono riproporre, essendo il pendolo semplice un sistema fisico costituito da una apparecchiatura riproducibile e accessibile a tutti. Però la sua semplicità e la facile reperibilità in qualunque laboratorio non devono trarre in inganno, perchè tramite l'uso di questo semplice sistema dinamico si arriva a determinare un insieme di conoscenze sui fenomeni oscillatori, e anche su altri, di enorme importanza. Basti pensare che nel 1851 il fisico francese Leon Foucault si servì di questo semplice dispositivo per dimostrare il moto di rotazione della Terra che apparentemente non ha assolutamente niente in comune.


[6] E.AGAZZI, Op. cit.; pp.289-311;

[7] F.HALBWACHS, Storia della spiegazione in Fisica, in «La spiegazione nelle scienze/ di L. APOSTEL et Altri, Roma, Armando, 1976;

[8] R.CERIANI-B.SANGIORGIO, Modelli e realtà, CASALE MONFERRATO, Marietti, 1991,  Vol.2°, pag.134;

[9] F.HALBWACHS, Op. Cit., pag. 87;

 


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