CAPITOLO XXV
Don Rodrigo non aveva ancora interamente gustata la gioia del trasferimento di padre Cristoforo che su di lui si abbatte la notizia della conversione dell'Innominato e della conseguente liberazione di Lucia. La gente presto ricostruisce la trafila che conduce a lui: nulla altro può fare che scappare a Milano, inseguito dalla vergogna dell'insuccesso. Si allontana dal paese la sua ombra minacciosa e vi approda in visita il cardinale, sempre festosamente accolte, tanto più perché nel miracolo da lui compiuto vi è implicata una loro paesana. L'unico uggioso in tanta festa è don Abbondio, che fa i doveri di ospite in modo inappuntabile. Però è sull'attenti; il cardinale sarà stato informato da qualcuno sulle sue responsabilità nella vicenda dei due promessi? Sembra dall'atteggiamento del cardinale di poter dedurre che nulla egli sappia. L'attenzione del vescovo ora si sposta verso Lucia: è affidata alle cure e alla protezione di certa donna Prassede, donna di consistente ricchezza e potenza, che si offre di fare del bene alla giovine. Il cardinale dà il suo assenso. E così Lucia qualche tempo dopo, deve spostarsi ancora una volta: stavolta starà in casa di donna Prassede. Le cose si schiariscono per Lucia che ancora nulla dice alla madre del voto fatto alla Madonna. Ma la tempesta si addensa sul capo di don Abbondio. Il cardinale ha saputo e al curato in un colloquio chiede conto del suo operato. Ma al curato sembra che le cose non potessero andare diversamente: egli era stato minacciato di morte da don Rodrigo e questa era per lui ragione più che mai persuasiva ad indurlo in stato di necessità. Il cardinale oppone che dovere di ogni sacerdote è di affrontare anche la morte per l'attuazione del proprio ideale. Ma don Abbondio oppone che le cose potevano andare nel verso del cardinale, solo se non si doveva fare conto alcuno della vita. Ma cosa ci si può guadagnare a fare il bravo contro gente che ha la forza e che non vuoi sentir ragioni? Ma allora, aggiunge il cardinale, dimenticate di esservi impegnato in un ministero che vi impone di stare in guerra con gli interessi dei potenti, dei peccatori? E per difendere i poveri, i diseredati, i parrocchiani che erano sotto la vostra custodia cosa avete fatto? Li avete amati fino al sacrificio o li avete abbandonati al potente, all'ingiusto, al sopraffattore?