CAPITOLO XXXVII
Renzo ha da poco varcato l'ingresso del lazzaretto, che il tempo quasi sciogliendosi dalla gravezza da tempo imperante sulla città si risolve in un forte temporale. L'acqua veniva a secchie. Ma Renzo non si lascia frenare o distogliere: una nuova, fervida, alacre vita sembra essersi ridestata in lui e lo spinge infaticabile verso il proprio paese. Deve ordinare parecchie cose e deve ormai preparare tutto per l'arrivo di Lucia: allora si penserà al matrimonio. Cammina tutta notte e al mattino si trova in casa dell'amico che, quasi avvertendo anche lui la liberazione da un incubo, sorride al vedere Renzo ridotto così malamente. Lo fa mangiare e si fa raccontare per filo e per segno tutte le avventure degli ultimi giorni. Asciugato e riposato il giorno dopo Renzo si reca a Pasturo: vi trova Agnese e anche a lei racconta di Lucia e dello scioglimento del voto. Poi sempre a piedi ed incontenibile va a Bergamo per Bortolo e per cercare casa: sposato intende trasferirvisi. Infine torna al paese e vi trascorre alcuni giorni ora chiacchierando con Agnese ora lavorando il poderetto di lei. Renzo manifesta il proposito di vendere la sua vigna e la sua casa. Lucia, intanto, con la mercantessa ormai guarita, si trasferisce nella casa di questa. Da lei Lucia viene a sapere di Gertrude e della turpe vita che conduceva al monastero. Sa anche della morte dei suoi ospiti, donna Prassede e don Ferrante. Questi era morto come un eroe della scienza: si era convinto che la peste era dovuta ad un influsso, avverso, delle stelle e quindi non prese alcuna precauzione: un giorno si mise a letto e vi morì con un ultimo sguardo alle stelle, della cui dottrina aveva creduto di nutrirsi.