CAPITOLO XXXVIII

 

Questo è l'ultimo capitolo, che si può definire del trionfo del bene sul male. Tutto ha una conclusione felice, come a voler dimostrare che se le sventure e i dolori si sopportano con fede e cristiana rassegnazione, si è premiati anche in questo mondo.

Finalmente Lucia e la sua accompagnatrice arrivano a casa di Agnese, di sera. Il mattino seguente i due giovani si incontrano: Renzo ne è entusiasta; Lucia invece lo saluta con riserbo, con discrezione, " senza scomporsi". Lucia è stata sempre così: misurata nei gesti e nel parlare, e Renzo sa capirla. Egli se ne duole quando apprende che padre Cristoforo è morto. Si intrattiene a lungo a parlare con Lucia; ora tutto è cambiato: i minuti non gli sembrano ore, come quando attendeva il suo arrivo, ma al contrario, le ore gli sembrano minuti.

Adesso, finalmente, Renzo dice che andrà da don Abbondio, " a prendere i concerti per lo sposalizio". E va con un’ aria scherzosa e rispettosa nello stesso tempo, pensando che ormai, cambiata la situazione, il prete non ostacolerà il matrimonio.

Ma il Manzoni fino all’ultimo non cessa di punzecchiarlo, di mettere in evidenza la sua paura, sempre viva, presente e ossessionante.

Don Abbondio, infatti, alla richiesta di Renzo, comincia a tentennare, e lo consiglia di sposarsi altrove, col pericolo di quella cattura che ha addosso. Neppure quando Renzo gli riferisce che don Rodrigo è moribondo, che anzi ormai sarà andato, il curato riesce a liberarsi dalla paura. " Dopo qualche altra botta e risposta, " Renzo se ne va, per non perdere la pazienza, e per non rischiar di mancargli di rispetto; e si convince che è proprio meglio andare a sposare dove andranno ad abitare.

L’accompagnatrice di Lucia, ancora ospite di Agnese, anche per soddisfare la propria curiosità di conoscere quest’uomo, così sensibile alla paura, propone di andare da don Abbondio con Agnese e Lucia, e tentare loro a fargli cambiare idea.

Concertato il modo come prendere don Abbondio, le donne vanno all’assalto. Arrivate a casa sua questi le fa accomodare, e poi si dilunga a parlare di Lucia, della peste, di Agnese, al fine di evitare, di proposito il discorso sul matrimonio.

Le donne più anziane sono all’erta, attendono il momento propizio, per entrar nel discorso. Ma don Abbondio è " sordo da quell’orecchio"; non dice di no, ma volteggia, serpeggia, scivola. Ora trova il pretesto della cattura, ora consiglia di sposare altrove, visto che " hanno già intenzione di spatriarsi". Come il flusso e riflusso delle onde, don Abbondio si difende e le donne ripartono alla carica, e lui rimette altri pretesti, quando vi giunge Renzo, annunziando la morte di don Rodrigo e l’arrivo del signor marchese. Il curato ha un momento d’incertezza, e perplesso; ma quando il sagrestano conferma la morte di don Rodrigo, allora don Abbondio cambia aspetto, umore e parere.

Ora si sente rincuorato, libero dall’incubo delle minacce di morte, dall’angoscia del terrore. Egli intesse quasi un elogio funebre di don Rodrigo; dice che è stato " un gran respiro per questo povero paese". La peste, poi, se da una parte è stata un vero flagello, dall’altra è stata anche " una scopa; ha spazzato via certi soggetti " dai quali sarebbe stato alquanto difficile potercisi liberare.

Don Abbondio è diventato finalmente euforico, loquace, cordiale; è pronto a sposar presto i due giovani; ora anche lui è convinto che nessuno pensa più alla cattura di Renzo; egli stesso, che una volta adduceva pretesti per guadagnar tempo, ora accelera i tempi.

Il giorno dopo don Abbondio riceve la visita, inaspettata e gradita, del signor marchese, colui che ho sostituito don Rodrigo dopo la morte, e gli porta i saluti del cardinale.

Costui ha un aspetto cortese e dignitoso; chiede notizie di Renzo e Lucia su incarico del cardinale, ed esorta il curato ad indicargli il modo come si possa far loro del bene.

Don Abbondio assicura che presto i due saranno marito e moglie; in quanto al modo di aiutarli, suggerisce al signor marchese di acquistare lui la terra e la casa di Renzo e quella di Agnese, perché, dice don Abbondio, quando i poveri vogliono disfarsi delle proprie cose, gli altri, le comprano " per un pezzo di pane".

Il marchese apprezza il suggerimento di don Abbondio; lo invita a fissare il prezzo, ma che sia alto, e gli propone, addirittura, di andare subito a casa della sposa. Intende così compensare i due giovani dei guai procurati loro da don Rodrigo.

Anche don Abbondio, " tutto gongolante," finalmente si prodiga per il bene di Renzo; con modi garbati, camminando verso la casa di Agnese, prega il marchese, uomo di gran prestigio e autorità, di ottenere l’assolutoria di Renzo. Il marchese lo ascolta e promette il suo interessamento.

Giunti alla casa di Agnese, trovano le tre donne e Renzo, che rimangono allibiti, con il respiro sospeso. Per toglierli dal disagio, avvia lui la conversazione, parlando del cardinale; poi esorta don Abbondio a fissare il prezzo, che lui raddoppia, e conclude invitando la compagnia a desinare al suo palazzo, il giorno dopo le nozze.

Ora per i due giovani, a coronamento delle loro traversie, come premio, giunge la dispensa, giunge l’assolutoria, e giunge finalmente il giorno in cui Renzo e Lucia, in quella chiesa e per bocca di don Abbondio, si sposano.

Il giorno dopo fanno trionfalmente il loro ingresso in quel palazzo, dove, essendo in vita don Rodrigo, si tramarono tante insidie ai danni della povera Lucia; l’unico motivo di tristezza: l’assenza di padre Cristoforo.

Ora si pensa solo " a fare i fagotti e a mettersi in viaggio " per la nuova casa Tramaglino. Dopo affettuosi ringraziamenti e promessa di render visita alla vedova, dopo la tenera separazione di Renzo dall’ospite amico, dopo un caloroso saluto della famigliola a don Abbondio, verso il quale è rimasto sempre "un certo attaccamento affettuoso, " dopo un doloroso addio al paese natio, ecco il terzetto nella nuova patria.

Ora Renzo, dopo che gli avvenimenti hanno preso un corso favorevole, potrebbe essere felice; invece c’è qualcosa che turba la sua felicità.

Nel paese adottivo si era molto sentito parlare, e parlato, di Lucia. L’immaginazione popolare vedeva Lucia di una bellezza sfolgorante, dall’aspetto e dal contegno principesco, e invece, nel vedere " una contadina come le altre, " piuttosto brutta, vi è una delusione generale. Renzo, disgustato da tale atteggiamento paesano, compra, in società col cugino Bortolo, un filatoio alle porte di Bergamo, dove Lucia, non aspettata, non è soggetta a critiche, e finalmente può vivere tranquilla e felice.

Gli affari vanno a gonfie vele; non è passato ancora un anno, per di più, che viene "alla luce una bella creatura, " e poi tante altre, che costituiscono la gioia non solo di Lucia e Renzo, ma anche di Agnese, che, affaccendata, le porta " in qua e in là, l’uno dopo l’altro".

 

 

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