Formazione continua










Lo sviluppo diffusivo della information technology nell'organizzazione del lavoro mette in evidenza I'affermarsi di nuove opportunità offerte da software e architetture di interconnessione che, a minori costi, puntano soprattutto a obiettivi di integrazione e facilitano il definitivo avvento di forme di lavoro basate sulla comunicazione e sull'apprendimento. Anche attraverso le dinamiche tecnologiche il lavoro si sta quindi trasformando in un'attività che richiede quote crescenti di creatività e impegno individuale.
Per molti aspetti ciò rappresenta una contraddizione, in una fase in cui riemergono gravi problemi occupazionali indotti dall'arresto del ciclo economico mondiale e dal disordine monetario che schiaccia l'economia reale. Cresce la qualità del lavoro ma si chiudono ulteriormente le possibilità di occupazione ai livelli a bassa e media qualificazione (salvo che per le fasce deboli per motivi sociali o etnici). Il lavoro è destinato a diventare di sempre più difficile accesso e mantenimento in mancanza di adeguate competenze per la partecipazione ai processi produttivi. Anche per le posizioni non altamente professionali sono necessarie conoscenze tecnico-scientifiche ben più consistenti che in passato, nonché un insieme di competenze comportamentali legate alla comunicazione, all'impegno proattivo rispetto ai risultati delle proprie attività, al lavoro di gruppo, alla soluzione di problemi. Gli interventi di formazione devono puntare a nuove forme di integrazione di conoscenze e competenze, ma ciò richiede un affinamento generalizzato delle logiche di definizione degli obiettivi formativi.
La transizione tra il precedente ciclo dello sviluppo tecnologico e quello attuale potrebbe essere posta all'insegna del passaggio da obiettivi di adattamento (in rapporto all'introduzione delle tecnologie dell'informazione) a obiettivi di apprendimento (riferiti invece ai processi individuali e collettivi tipici delle attuali forme di implementazione delle tecnologie).
In questo passaggio la formazione continua occupa posizioni di rilevanza crescente, sia per l'impresa sia per gli individui. Per l'impresa l'apprendimento è un'esigenza globale che investe ogni settore e deve essere favorito soprattutto attraverso forme organizzative che rendano possibile lo sviluppo di conoscenze e competenze. Correlativamente per gli individui e per i gruppi, come mostra l'accresciuto interesse per i vari tipi di self-learning, apprendere nuove conoscenze tecniche e gestionali si pone come esigenza quotidiana di importanza proporzionale al grado di dinamicità dell'organizzazione di appartenenza e del ruolo in essa svolto. L'apprendimento tende infatti a diventare il tessuto reale dello scambio sociale nelle organizzazioni, nonché dell'identità e del valore professionale di individui e gruppi.
L'affermarsi della formazione continua, in questa prospettiva, è l'elemento più rilevante di un vasto processo di ristrutturazione del campo formativo: cresce nella società il bisogno di canali formativi di base e superiori effettivamente qualificanti sul piano culturale e professionale ma aumentano anche le necessità di spostare i confini tradizionali della formazione per soddisfare esigenze di apprendimento estese lungo tutto l'arco della vita di lavoro e connesse ai risultati e alle performances.
La formazione continua è oggetto di sempre maggiori attese e investimenti, pubblici e privati, in quanto politica essenziale per lo sviluppo, non di generiche "risorse umane" o di "forza lavoro" come fattore produttivo subalterno nei processi produttivi, ma di risorse professionali, a loro volta portatrici delle risorse cruciali negli attuali processi produttivi di beni e servizi, ossia conoscenze e competenze. La crescente connessione tra apprendimento e processi produttivi comporta tuttavia per il campo della formazione, e soprattutto per la formazione continua, una difficile sfida. Da un lato, infatti, porre attenzione all'apprendimento continuo significa esaltare gli scopi fondamentali della funzione formativa (in quanto rivolta, per definizione, a stimolare processi di apprendimento); dall'altro lato però, avendo cause ed effetti esterni alla formazione, i processi di apprendimento nelle organizzazioni rimettono in questione la formazione stessa come attività, istituzionale o quasi-istituzionale, strutturalmente basata su una separazione tra sapere e fare, nonché tra competenze tecniche e competenze comportamentali, non rispondente alle caratteristiche degli attuali processi produttivi. In questa separazione sembrano risiedere i motivi più profondi di crisi del modello di formazione mutuato dalle forme tradizionali dell'insegnamento, basato quindi esclusivamente sull'aula, sulla figura del formatore come detentore unico del sapere in posizione "frontale" rispetto ai discenti, sull'unità di tempo e di luogo degli interventi, su forme rigide di programmazione del tempo di formazione, sul carattere esterno dei contenuti formativi rispetto alle modalità con cui circolano le informazioni e le conoscenze nei contesti di lavoro. D'altro canto, rispetto all'idea emergente di apprendimento nel vivo dei processi lavorativi, risalta l'insufficienza della stessa nozione di on-the job training, riduttiva in quanto ripropone anch'essa sia l'apprendere come concettualmente separato dal fare sia la formazione come attività di istruzione circoscritta a obiettivi predefiniti in termini di mansione e qualifica (ancorché svolta nelle situazioni più appropriate per ottenere risultati), sia infine la tipica destinazione ai "nuovi venuti" come integrazione (o surrogato) dei contenuti della formazione iniziale. Rispetto alla stessa formazione continua, si stanno oggi diffondendo posizioni che ne rimettono in discussione le pratiche di sviluppo basate su gestioni troppo esternalizzate rispetto al contesto di destinazione.
La formazione aziendale, a sua volta, che rappresenta il riferimento necessario di ogni azione di formazione continua, è frequentemente oggetto di riduzioni in termini di strutture e risorse. Sempre più spesso laddove esistono vere "strategie" di formazione, legate a processi aziendali reali, si nota l'emergere di tendenze a concepire la formazione come una funzione non confinata in strutture specializzate interne o esterne ma da integrare in più complessi interventi di innovazione e all'implementazione delle metodologie gestionali finalizzate alla qualità totale, al miglioramento continuo, allo sviluppo organizzativo, etc. Sempre più frequentemente si verificano nella formazione aziendale propensioni a ridurre, se non altro nelle dimensioni, le risorse "specialistiche" della funzione e a spostarne invece gli obiettivi verso la consulenza e il supporto ai processi di apprendimento nel vivo delle attività di lavoro. Analogamente si diffonde l'orientamento a decentrare alla linea la formazione in una logica estensiva rispetto a quella dell'on-the-job training. Nelle impostazioni emergenti il capo deve saper svolgere anche un ruolo formativo costante che supera i compiti dell'istruzione rispetto allo svolgimento di specifiche mansioni e della generica socializzazione al lavoro dei neoassunti.
In generale, quindi, per essere coerente con i suoi nuovi obiettivi, la formazione deve ripensare la sua tradizionale missione di erogazione di conoscenze integrandola con una nuova missione di stimolo e supporto di processi di apprendimento che si sviluppano nelle imprese secondo modalità endogene. Per questo devono essere concepiti modelli di intervento formativo innovativi rispetto a quelli attualmente dominanti (legati alla concezione comportamentistica tipica della matrice job/skill) e più attenti invece al retroterra cognitivo dell'azione formativa.(U.M.)







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