Formazione e insegnamento









In campo pedagogico, il privilegiamento accordato di fatto alla F come attività dei formatori é collegabile anche alla omologazione spesso realizzata tra F e insegnamento, con la sola particolarità costituita da adeguamenti metodologici. La F diventa l'insegnamento che ha come destinatari adulti (al di là delle situazioni professionali ed extraprofessionali).
Il concetto di insegnamento è uno dei luoghi centrali della teorizzazione pedagogica e ne costituisce un buon indicatore di evoluzione interna: dall'accezione "magistrale" (solo colui che sa può insegnare a chi non sa) alle odierne teorie dell'insegnamento/apprendimento, centrale sul processo attivo del discente. Nonostante l' "insufficienza paradigmatica" rilevata da qualche Autore negli studi attuali sull'insegnamento (Erdas, 1984), questo concetto presenta una tradizione meno controversa o generica del concetto di educazione (cfr. Flores d'Arcais, 1982), pur comunicando con esso (Gil, 1981).
Storicamente, l'insegnamento ha come problema fondamentale la trasmissione di conoscenze: le questioni poste dagli oggetti, dai soggetti, dai modi, di tale trasmissione ne sono le articolazioni fondamentali, in funzione dello sviluppo e delle forme di classificazione del sapere e in particolare delle scienze. Ciò ha portato a privilegiare il riferimento al cognitivo, declassando di fatto la corporeità, l'affettività, l'immaginazione, o l'abilità tecnica.
Alla specializzazione delle conoscenze ha corrisposto una specializzazione della cognizione, un suo spezzettamento: ciò ha portato ad interrogarsi sul rapporto tra struttura psichiche "naturali" e strutture della scienza, e dunque ai prerequisiti e ai modi dell'apprendimento (cfr. Andreani, 1979). E' nella conoscenza e nel controllo razionale di questi processi - insieme "naturali" e "artificiali" - che si fonda il progetto moderno di insegnamento, aperto da Comenio. Con lui l'insegnabilità viene estesa a tutto e a tutti, si risolve in un metodo universale, in "didattica"; metodo che tuttavia deve fare presto i conti con i limiti della "malleabilità" delle competenze conoscitive degli individui e delle culture. Questi limiti dell'apprendimento mettono in discussione le possibilità di istituire la medesima razionalità tra i fruitori dell'insegnamento, soprattutto nel passaggio dal modello didattico dialogico (acromatico) a quello essoterico, che istituzionalizza la "lezione" frontale sul piano metodologico (9).
Vengono così in discussione le relazioni tra "attitudini", "sviluppo" e condizionamenti sociali, anche al di là delle opposizioni metodologiche tra direttività e non direttività.
Nonostante la varietà delle soluzioni adottate fino all' età contemporanea, l'insegnamento tende a dipendere sempre di più dalla organizzazione del sapere e a riflettere le specializzazioni dei curricula.
Con i processi di scolarizzazione "obbligatoria", esso vede aumentare la distanza tra insegnanti e allievi per l'inserzione del dispositivo "oggettivo" delle conoscenze, che tende a relativizzare gli aspetti affettivi, transferali, della presenza (tra cui l'oralità viva), attraverso una tecnicizzazione graduale. Si introduce così un "terzo" tecnologico, teoricamente neutro, ma in realtà riducente lo spazio dell'identificazione maestro/allievo, in nome dell'efficienza.( U.M.)








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