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2. L'aristotelismo di Tommaso e i rapporti tra ragione e fede

La filosofia di Tommaso d'Aquino è il frutto di un pensiero straordinariamente critico e al tempo stesso sistematico, che convoglia nell'unità della nozione di "actus essendi" l'intera produzione speculativa dei secoli precedenti, dando origine all'edificio più armonico e completo della storia del pensiero umano. Nell'opera di Tommaso d'Aquino, infatti, confluiscono tutti i sistemi di pensiero sia classici che cristiani, tutti gli sforzi dell'umana ragione manifestati attraverso le civiltà anteriori: greca, romana, alessandrina, patristica, musulmana e scolastica. Tale confluenza non costituisce una sorta di eclettismo e meno ancora di sincretismo, ma è l'oasi feconda ove la filosofia si rigenera, immergendosi in un lavacro di luce e di vita; luce e vita che Tommaso esprime con l'armonia e l'equilibrio del suo genio sistematizzatore e, nello stesso tempo, innovatore.

Ma l'opera dell'Aquinate non è tutta qui, e ciò appare evidente se si esamina con serena obiettività la dottrina limpida e poliedrica del suo genio; in essa infatti non è difficile riconoscere germi e premesse del pensiero metafisico, logico, antropologico, etico, politico, pedagogico ed estetico delle epoche successive. La rivendicazione di valori umani che emerge dal travaglio umanistico-rinascimentale italiano, l'esaltazione della ragione nel razionalismo illuministico europeo instaurato da Cartesio, lo stesso criticismo kantiano, il lirismo pseudo-logico dell'idealismo tedesco, lo spiritualismo italiano, la concretezza vitale dell'esistenzialismo contemporaneo, sono tutti motivi estratti, talvolta inconsapevolmente, dall'opera di Tommaso d'Aquino, e sviluppati soggettivamente, quindi spesso negativamente, secondo le esigenze storiche e psicologiche dei pensatori che le espressero. Ciò fu possibile perché san Tommaso non intese costruire un sistema chiuso, limitato a un complesso di dottrine e di principi, condizionati a determinati schemi, o legati a particolari esigenze storiche. E per questo che la sua opera non può essere considerata l'ingenua e forzata "cristianizzazione di Aristotele", quale sviluppo e approfondimento di quella del suo maestro sant'Alberto Magno, come spesso e da molti critici si afferma. San Tommaso non intende cristianizzare Aristotele, né tanto meno provare le verità della Rivelazione con l'autorità delle dottrine aristoteliche; ciò sarebbe stato assurdo per il genio delle distinzioni. E' elementare per san Tommaso rilevare che in tal caso l'effetto sarebbe sproporzionato alla causa, o meglio che il mezzo non sarebbe atto al fine, in quanto l'infinito o la sopra-natura non può essere contenuto né compreso dal finito o dalla natura. Ma allora perché san Tommaso tributa il culto massimo allo Stagirita, esaltandolo come l'autorità più grande nel campo del pensiero? Inoltre perché si serve tanto spesso degli argomenti aristotelici per difendere le verità della dottrina cattolica? Rispondere con la maggior esattezza possibile a questi interrogativi significa avvicinarsi allo spirito del grande pensatore, nella sua chiarezza e semplicità. San Tommaso infatti è nemico di ogni confusione, superficialità, unilateralismo, soggettivismo, settarismo polemico e sentimentalismo istintivo: le sue caratteristiche sono il rigore logico, l'obiettività critico-costruttiva, la chiarezza argomentativa e l'evidenza delle conclusioni in cui la mente riposa, per poi ricondurre tutto alla verità suprema di Dio.

All'analisi critica che l'Aquinate conduce intorno alla logica e alla storia del pensiero, appare fondamentale una distinzione di carattere sia teoretico che pratico: la distinzione tra "recta ratio" e "fides" E perché tale distinzione sia storicamente inequivocabile, distingue la produzione filosofica precristiana da quella che segue l'avvento del cristianesimo, in quanto la prima è frutto esclusivo della libera attività della ragione, la seconda è opera della ragione illuminata dalla Rivelazione e sopra-elevata dalla grazia. Con questa distinzione san Tommaso si inoltra nell'esplorazione critica del pensiero precristiano sintetizzando le tappe più importanti che la ragione ha raggiunto con i pensatori classici. Attraverso l'esame comparato di questi luminari del pensiero antico, vede nell'opera di Aristotele lo sforzo massimo e il risultato più alto che la ragione abbia mai raggiunto; il sistema aristotelico gli si presenta come il più omogeneo e il più perfetto, in quanto la filosofia dopo Aristotele (ellenismo, neoplatonismo, pensiero romano e pensiero islamico), pur avendo avuto grandi pensatori, non ha espresso verità di un genio capace di superarlo. E' comprensibile dunque che san Tommaso, impegnato a individuare criticamente la natura, il valore e la funzione della ragione, consideri Aristotele la fonte più autorevole, l'argomento più probante del valore critico della ragione umana.

Veniamo ora alla seconda domanda: perché cioè san Tommaso per provare la razionalità della fede ricorre agli argomenti aristotelici; ciò infatti potrebbe apparire come un'assurdità, poiché Aristotele, per quanto appaia il pensatore più razionalmente perfetto, nulla può aver congetturato della Rivelazione cristiana. Quindi il suo pensiero, pur essendo particolarmente valido nel campo della ragione, non potrebbe servire a provare anche verità che superano le possibilità di conoscenza (diretta o indiretta) della natura, perché patrimonio della fede rivelata, proposta dalla Chiesa nei suoi dogmi e studiata dalla teologia. Ma questa argomentazione cade nel vuoto quando si comprende che la verità cristiana, super-razionale per sua natura, è stata rivelata concretamente all'uomo razionale, a quella stessa ragione cioè di cui si è sempre valso l'uomo per fare filosofia: e i geni dell'antichità e lo stesso Aristotele, che da san Tommaso non a torto è considerato il più grande, fanno parte di quella specie, di quella identica natura. Ora si deve tenere presente che la super-razionalità è qualcosa di ben distinto e diverso dalla irrazionalità; infatti la sopra-natura non esclude la natura, ma la presuppone come elemento essenziale, come condizione necessaria all'efficacia della sua azione.

Perciò, se la Rivelazione presuppone necessariamente la conoscenza razionale, tale presupposto dovrà essere il valore fondamentale da cui ha inizio l'elevazione umana dalla razionalità alla super-razionalità, cioè dalla mera umanità alla partecipazione della stessa divinità. Ne consegue che tale elevazione non può attuarsi irrazionalmente, facendosi cioè guidare dai sentimenti pseudo-mistici di plotiniana memoria, spesso troppo esaltati, anche se in modo diverso, dai teologi come san Bernardo di Chiaravalle e Guglielmo di Saint-Thierry. Per l'Aquinate l'elevazione deve procedere coscientemente, cioè razionalmente e liberamente. Tale processo richiede uno sforzo da parte della ragione, con cui l'uomo giudica, con le proprie capacità intellettive, la Rivelazione in relazione alla sua natura, e da questo giudizio ne attua l'adesione con la sua libera volontà. La ragione del credente, dunque, sente tutta l'esigenza di giudicare la sua natura, non solo secondo le sue capacità, che sono limitate, ma anche con l'ausilio di quei geni del pensiero i quali, trascorrendo la loro esistenza nella ricerca del vero e del bene naturale, raggiunsero fecondissimi risultati. San Tommaso non si serve dunque dell'aristotelismo per "provare" il dogma rivelato, ma invoca l'autorità di Aristotele per dimostrare che la Rivelazione non si oppone alla ragione, non mortifica cioè le esigenze critiche del pensiero. Un procedimento analogo è seguito da Dante: Virgilio infatti è la pietra di paragone, la condizione necessaria perché il poeta possa dirigersi verso Beatrice e ricevere da lei la luce della mistica visione. Senza la ragione è impossibile l'accesso ai misteri soprannaturali. Virgilio impersona la natura razionale per Dante, così come per san Tommaso l'opera aristotelica rappresenta il frutto migliore della ragione umana. Non per provare il valore della Rivelazione Tommaso invoca Aristotele, ma per rendere comprensibile logicamente e mostrare la possibilità razionale della libera accettazione di una verità soprannaturale che, per quanto indimostrabile razionalmente, non contrasta con le leggi della ragione, anzi ne è conferma e potenziamento, come la stessa storia della filosofia dimostra con gli sviluppi speculativi determinati dalla Rivelazione.

Per comprendere i motivi intrinsecamente razionali della adozione di Aristotele da parte di san Tommaso è utile riportare qui il brano centrale di un celebre saggio di Etienne Gilson, il quale ha saputo mettere in evidenza come l'aristotelismo di Tommaso d'Aquino sia una necessità teoretica, derivante dall'intuizione metafisica dell'intelligibilità intrinseca del reale, non sufficientemente garantita dal platonismo; san Tommaso non esita per questo ad allontanarsi da sant'Agostino; egli aveva ben visto - scrive Gilson - che ci sono solo due opzioni metafisiche fondamentali:

"Da una parte c'è Platone che porta alle estreme conseguenze logiche il materialismo e lo scetticismo dei filosofi, i quali dicevano che non esistono altro che corpi e altra conoscenza che la sensazione; i corpi però sono soggetti a incessante mutamento e i sensi si contraddicono continuamente, e quindi così noi non possiamo attingere la verità; è per questo che Socrate rinuncia alla filosofia della natura e si dedica alla filosofia morale, mentre il suo discepolo Platone trasporta nel mondo intelligibile delle idee tutta la realtà e tutta l'intelligibilità delle cose; e da allora in poi tutti i platonici considereranno questo mondo di forme pure come la sorgente di ogni efficacia e di ogni verità. Dalla parte opposta c'è Aristotele che respinge lo scetticismo implicito nell'opzione platonica e porta alle estreme conseguenze questo rifiuto, pensando che ci sia un elemento di stabilità negli enti sensibili e che i sensi non si ingannano quando giudicano in condizioni normali del loro proprio oggetto; di conseguenza, le cose sono necessariamente intelligibili in sé stesse [ ... ]. Optare a favore della dottrina di Aristotele contro quella di Platone significava per san Tommaso ricostruire la filosofia cristiana su basi diverse da quelle di sant'Agostino" [Pourquoi saint Thomas a critiqué saint Augustin, in "Archives d'Histoire doctrinale et littéraire du Moyen Age", 1 (1926-1927)].

 

1. Classificazione delle opere

2. L'aristotelismo di Tommaso e i rapporti tra ragione e fede

3. La metafisica e la teologia naturale

4. L'antropologia

5. La gnoseologia

6. Morale e politica

7. La pedaoggia

8. Proiezione del tomismo nella filosofia dei secoli successivi