di Yves LACOSTE
TEORIA - Che cos'è la Geopolitica
(II)
Questioni teoriche e semantiche
È ora necessario affrontare alcuni
problemi teorici che sono, in verità,
molto importanti, anche se il più
delle volte ad essi non si presta attenzione:
si riferiscono ai rapporti abbastanza
sorprendenti tra questo significante -
«geopolitica» - e tutta una
gamma di significati. Nelle diversissime
accezioni già evocate, si tratta
pur sempre di rivalità tra differenti
tipi di poteri su territori più
o meno vasti. Constatare questa territorialità
della «geopolitica» conferma
il riferimento alla geografia, ciò
che l'abbreviazione iniziale indica in
modo quasi evidente.
Ora, tali conflitti territoriali fra
gli Stati esistono da secoli e da altrettanto
tempo le frontiere sono state tracciate
e poi modificate; tutto ciò veniva
riferito alla storia e non si parlava
di geopolitica né di un termine
equivalente. Perché si è
dovuto attendere l'inizio del XX secolo
affinché questo termine apparisse,
ed essenzialmente, a quel tempo, in un
solo Stato, la Germania? E perché
dobbiamo attendere la fine del secolo
perché improvvisamente l'uso di
questa parola si generalizzi e diventi
un'idea-forza? Che cosa porta essa di
nuovo in rapporto alla storia, cioè
a quello che scrivono gli storici?
Finiremo per definire retrospettivamente
«geopolitici» tutti i conflitti
territoriali di una volta, come fa qualcuno?
Il problema è meno semplice di
quanto non appaia, non fosse che per la
proscrizione del termine «geopolitica»
dopo la seconda guerra mondiale. Per quasi
quarant'anni questa parola non è
stata più usata (nemmeno come aggettivo),
né nei media né nelle università,
quando tutta una serie di fenomeni (la
divisione dell'Europa e del mondo in due
blocchi e le rivalità delle due
«superpotenze») si riferivano
palesemente a quella che noi oggi definiamo
correntemente geopolitica. Il rapporto
signficante-significato non è dunque
affatto semplice, non più di quanto
sono chiare le cause di questo tabù,
né le ragioni per cui esso è
stato progressivamente superato nel corso
degli anni Ottanta.
Per definire a posteriori alcuni tipi
di problemi è sufficiente notare
che il termine «geopolitica»
è relativamente recente e impiegarlo
semplicemente come una novità o
come una comodità linguistica?
Gli specialisti che hanno riferimento
hanno un modo nuovo di inquadrare e di
spiegare le rivalità territoriali
di un tempo e quelle di oggi? La sua apparizione
all'inizio del secolo e la sua riapparizione
- inizialmente timida, verso il 1980,
e poi clamorosa dopo la frantumazione
dei regimi comunisti e dell'Unione Sovietica
- sono solo il riflesso dell'evoluzione
delle idee negli ambienti intellettuali
o universitari? O non anche la conseguenza
di cambiamenti politici importanti nell'ambito
di numerosi Stati? Tutto dipende da che
cosa si intende con geopolitica.
Il termine, nelle sue molteplici accezioni
attuali, è usato il più
delle volte come aggettivo. Curiosamente,
i dizionari nemmeno lo citano in quanto
aggettivo e lo prendono in considerazione
solo come sostantivo, ma senza indicare
i tre significati differenti di questa
parola. Il primo significato è
quello dato dai grandi dizionari, il Larousse
e il Robert, dove il termine non figura
d'altronde che in modo furtivo: la geopolitica
vi è considerata solo come una
scienza o una particolare materia di studio.
Il secondo, sempre più frequente
per quanto assente nei dizionari potrebbe
essere, trasponendo la definizione che
il Robert dà in secondo luogo della
geografia: «La realtà oggetto
di questa scienza». Sarebbe d'altra
parte preferibile dire «le realtà
che sono considerate essere oggetto di
questa scienza» e che è dunque,
per conseguenza, legittimo definire geopolitiche.
Ora, che si tratti dei media o di ricerche
degli specialisti queste «realtà»
sono prese in considerazione sia in quadri
spaziali più o meno vasti (per
esempio, geopolitica dell'Africa, geopolitica
di Beirut), sia in funzione di certi attori
politici che conducono o si ritiene conducano
un certo tipo di azioni che si definiscono
anch'esse geopolitiche. Siccome questi
attori sono spesso assimilati a Stati,
si parlava per esempio correntemente,
almeno fino al 1991, di geopolitica dell'Unione
Sovietica; in un tale caso, c'è
confusione tra i dati i problemi geopolitici
considerati nel quadro di questo Stato,
e le azioni e i progetti attuati dai suoi
dirigenti dentro o fuori le frontiere
statuali. Sicché si parla oggi
correntemente della geopolitica americana
in questa o quella parte del mondo.
L'idea che la geopolitica è anche
e soprattutto strategia è ancora
più evidente quando si evoca, per
esempio, la geopolitica di Reagan o quella
di Gorbacev, cioè i differenti
tipi di azione condotti, o più
precisamente decisi da questo o quell'attore
politico per modificare una situazione
definita geopolitica. Siamo così
arrivati al terzo senso del termine geopolitica.
Negli scritti dei giornalisti come nei
lavori di diversi specialisti è
chiaro che la geopolitica non è
oggi considerata tanto come scienza o
conoscenza (non fosse che per le difficoltà
di definirla) quanto come azione, progetto
e strategia. E questa evoluzione, lungi
dall'essere una deriva mediatica (checché
ne pensi qualcuno), è assolutamente
fondata, perché in questo campo
le analisi concrete si fondano su rivalità
territoriali tra poteri i cui attori e
soprattutto i cui capi hanno logicamente
dei progetti e delle strategie. Questi
dirigenti si servono d'altronde delle
informazioni geopolitiche fornite da diversi
specialisti per stabilire e modificare
questi progetti e queste strategie. Eppure,
nei dizionari la geopolitica non è
assolutamente considerata come azione
e strategia, ma definita solo come scienza
o disciplina di un genere particolare.
Le definizioni dei dizionari sono di fatto
dello stesso tipo di quelle che essi danno
della geografia.
Questo sostantivo ha anch'esso due significati
troppo spesso confusi. Secondo il Robert,
è 1) «la scienza che ha per
oggetto lo studio dei fenomeni fisici
biologici umani localizzati sulla superficie
del globo terrestre» e 2) «la
realtà fisica, biologica, umana
che è oggetto di studio della scienza
geografica». Ora, se il termine
stesso di «geografia» fa esplicito
riferimento a una tecnica scientifica
(geo-grafia, disegnare, rappresentare
la Terra, cioè anzitutto costruire
delle carte), non è questo il caso
del termine geopolitica giacché,
in primo luogo, la politica non è
definita nel Robert come scienza ma come
1) ciò che è «relativo
alla città, al governo dello Stato»
e 2) «arte e pratica del governo
delle società umane». Il
terzo senso di «geopolitica»
- azione, progetto, strategia - è
dunque semanticamente legittimo. Queste
considerazioni permettono di prendere
coscienza di un certo numero di ambiguità
semantiche, ma non per questo definiscono
che cosa è la geopolitica. Coloro
che - procedendo in modo inverso rispetto
al nostro - vogliono partire dai principi
e non dalla realtà, così
come essa è percepibile, diranno
che sono geopolitici i fenomeni che si
riferiscono alla geopolitica. Ma come
l'hanno definita, fino ad oggi la geopolitica?
Alcune definizioni correnti ma parziali
e contraddittorie della geopolitica
Per il Robert (1965), la geopolitica
è «lo studio dei rapporti
tra i dati naturali della geografia e
la politica degli Stati». Il Grand
Larousse Universel (1962) è ancora
più esplicito, giacché per
esso la geopolitica è «lo
studio dei rapporti che uniscono gli Stati
le loro politiche e le leggi di natura,
queste ultime determinando le altre».
È abbastanza curioso che questo
genere di definizioni che non si trovano
solo nei dizionari ometta ogni riferimento
alla storia, per quanto l'invocazione
dei «diritti storici» sia
uno dei maggiori argomenti in geopolitica.
Ad ogni modo, simili definizioni avrebbero
dovuto essere respinte per la loro evidente
illogicità, che rasenta l'assurdità
(ma certi geopolitici vi si riferiscono
senza vergogna, per le necessità
della causa che essi sostengono). In effetti
se «le leggi di natura determinano
la politica degli Stati», come spiegare
che essi possano operare cambiamenti spettacolari
e durevoli della loro politica, ciò
che la storia permette di constatare,
e non solo durante le rivoluzioni? I «dati
naturali della geografia» purtuttavia
non cambiano affatto, e «le leggi
di natura» sono comunque eterne.
Queste definizioni quanto meno sommarie
(due righe ciascuna) sono anteriori al
successo attuale della geopolitica, ma
si continua spesso a farvi riferimento,
specialmente negli ambienti universitari.
Queste definizioni classiche, che si
limitano a indicare l'esistenza di rapporti
tra la geopolitica e la geografia, ma
senza specificare di quali rapporti si
tratti comportano inoltre il grande inconveniente
di ridurre quest'ultima ai soli fenomeni
naturali - concezione assai diffusa nell'opinione
comune, ma che non ha alcuna giustificazione
epistemologica. Perché queste pretese
definizioni della geopolitica non fanno
menzione dei rapporti tra la «politica
degli Stati» e i dati purtuttavia
fondamentali della geografia umana, non
fosse che, per esempio, l'importanza della
densità di popolazione in rapporto
alla superficie utilizzabile di uno Stato?
Mistero, o forse questo rischierebbe di
richiamare la questione dello «spazio
vitale» che Hitler ha sviluppato
nel Mein Kampf?
Il Grand Larousse Universel (1989) definisce
la geopolitica come «una scienza
che studia i rapporti tra la geografia
degli Stati e la loro politica. (...)
La geopolitica esprime la volontà
di guidare l'azione dei governi in funzione
delle lezioni della geografia. (...)».
La volontà di chi? Si potrebbe
credere che questo proposito rifletta
le ambizioni dei maestri della geografia
accademica. Uno dei più celebri
in questo campo non fu forse il britannico
sir Halford Mackinder (1861-1947) che
acquisì dopo il 1900, una grande
notorietà nei circoli dirigenti
anglosassoni? Egli è spesso considerato
uno dei più celebri geopolitici.
Eppure, non ha mai fatto esplicito riferimento
alla geopolitica nei suoi scritti, e il
più celebre tra essi intorno a
questo tema (The Geographical Pivot of
History), si inquadra piuttosto in quella
che sarà poi definita geostoria.
La corporazione dei geografi accademici
in senso generale ma in modo peculiare
in Francia e oggi anche in Germania, è
tuttavia, paradossalmente, quella che,
assai più delle altre, tuttora
respinge la geopolitica in nome della
scienza e con il pretesto che si tratterebbe
di un residuo o di una rinascita del nazismo.
Questa corporazione disapprova coloro
tra i suoi membri che se ne occupano e
promuove invece la pratica della geografia
politica.
Ma questo settore della geografia accademica,
malgrado l'importanza riconosciuta del
volume Politische Geographie nell'opera
del grande geografo tedesco Friedrich
Ratzel (1844-1904), negli ultimi decenni
era stato completamente abbandonato, a
parte un certo risveglio in questi ultimi
anni nell'intento di far concorrenza alla
geopolitica. Al punto che la geografia
politica è dimenticata nel Dictionnaire
de la géographie diretto da Pierre
George (1979), che indica come «la
geopolitica è lo studio dei rapporti
tra i fattori geografici e le azioni o
le situazioni politiche», prima
di menzionare che essa è stata
«uno degli strumenti di propaganda
politica dei teorici dei Terzo Reich».
Il più celebre di questi teorici
l'animatore della prima corrente di idee
che facesse riferimento alla geopolitica
per metterla in pratica, il geografo e
generale tedesco Karl Haushofer (1869-1946),
dichiarava verso il 1920, in modo al quanto
lirico: «La geopolitica sarà
e deve essere la coscienza geografica
dello Stato. Il suo oggetto è lo
studio delle grandi connessioni vitali
dell'uomo d'oggi nello spazio d'oggi (...)
e la sua finalità (...) è
il coordinamento dei fenomeni che legano
lo Stato allo spazio». In effetti,
l'oggetto principale di questa corrente
geopolitica erano le relazioni territoriali
degli Stati tra loro, il tracciato delle
loro frontiere, e in particolare quelle
della Germania che, in conseguenza del
Trattato di Versailles (1919), aveva appena
perso importanti territori.
Gli specialisti di relazioni internazionali
inquadrano la geopolitica ancor più
in funzione delle loro preoccupazioni.
Dopo il 1945, quando questo termine era
completamente proscritto in Europa, all'Ovest
come all'Est, certi specialisti americani
vi facevano talvolta riferimento in lavori
abbastanza riservati destinati a fornire
ai dirigenti americani una base teorica
alla politica che gli Stati Uniti, a causa
della guerra fredda e della loro potenza,
dovevano condurre su scala mondiale. «L'essenza
della geopolitica è di studiare
la relazione che esiste tra la politica
internazionale di potenza e le caratteristiche
corrispondenti della geografia (e specialmente)
quelle su cui si sviluppano le fonti della
potenza», scrive nel 1963 Saul Cohen
in Geography and Politics in a World Divided.
Per Robert E. Harkavy, in Great Power
Competition for Overseas Bases: Geopolitics
of Access Diplomacy (1983), la geopolitica
è «la rappresentazione cartografica
delle relazioni tra le potenze principali
in contrapposizione fra loro». Secondo
la Encyclopedia Britannica la geopolitica
è «l'utilizzazione della
geografia da parte dei governi che praticano
una politica di potenza», mentre
William T. Fox, in un colloquio organizzato
a Bruxelles dalla Nato nel 1983, sostiene
che in generale la geopolitica è
«l'applicazione delle conoscenze
geografiche agli affari mondiali».
Identica la concezione del generale Pierre
Gallois, autore di un'opera intitolata
Géopolitique: les voies de la puissance
(1990): «La geopolitica è
lo studio delle relazioni che esistono
tra la condotta di una politica di potenza
sviluppata sul piano internazionale e
il quadro geografico in cui essa si esercita».
Ma queste concezioni più o meno
prossime, secondo cui la geopolitica è
essenzialmente analisi di tipo geografico
delle relazioni interstatuali sul piano
planetario o su quello dei grandi spazi
non tengono conto del fatto che analisi
geopolitiche dei rapporti di forza sono
oggi condotte riguardo a territori di
dimensioni assai minori che si tratti
di Beirut o dei quartieri centrali di
Los Angeles, ad esempio.
Alcuni specialisti di scienze sociali
considerano che la geopolitica tenga anche
in conto numerosi problemi politici interni
agli Stati compresi quelli la cui unità
nazionale è forte. Queste ricerche
di geopolitica interna, anch'esse orientate
sullo studio delle rivalità territoriali
tra poteri - in particolare quelle tra
i notabili della politica - hanno mostrato
la loro efficacia in materia di analisi
dei fenomeni elettorali e delle operazioni
digestione del territorio. Già
da molti decenni in America Latina i gruppi
dirigenti e soprattutto i militari brasiliani
argentini e cileni si riferiscono alla
«geopolitica» per condurre
delle operazioni di gestione dei loro
territori o di organizzazione dello spazio.
Molto più complessa e recente
è la «proposta di definizione»
che Michel Foucher, nel suo libro Fronts
et Frontières (1991), dà
della geopolitica: essa è, secondo
lui «un metodo globale di analisi
geografica di situazioni sociopolitiche
concrete prese in esame in tanto in quanto
esse sono localizzate, e delle rappresentazioni
abituali che le descrivono». Ciò
ha il vantaggio di potersi applicare a
situazioni di ogni dimensione, compreso
il quadro di Stati di dimensioni relativamente
piccole, e di non ridurre la geopolitica
ai rapporti tra Stati o alle rivalità
planetarie, come fa qualcuno. Ma l'espressione
«situazioni sociopolitiche concrete»,
se applicata ad altre questioni oltre
a quelle concernenti le frontiere, non
indica che i fenomeni geopolitici sono
essenzialmente rivalità di potere
riferite al territorio; ciò risulta
ancor più mascherato dal fatto
che questa definizione fa stato delle
«rappresentazioni abituali»
quando si tratta, in tutte le situazioni
geopolitiche, a fortiori nei problemi
di frontiere, di rappresentazioni contraddittorie.
Malgrado le loro differenze, tutti questi
modi di inquadrare la geopolitica, compreso
l'ultimo, hanno in comune la caratteristica
di non rendere conto delle sue singolarità
storiche: né spiegano l'apparizione
molto tardiva di questo termine all'inizio
dei XX secolo, la sua eclisse trentacinquennale,
e soprattutto, da una decina d'anni la
sua utilizzazione sempre più frequente
sulla stampa e da parte di diversi specialisti
meno per effetto di una moda che in ragione
di un fenomeno obiettivo: la moltiplicazione
recente dei problemi dei conflitti gravi
o minori che vengono chiamati geopolitici.
Insomma, nel mondo accade qualcosa di
nuovo.
Era successo qualcosa del genere quando
per la prima volta, in un paese, una corrente
di opinione si è preoccupata della
geopolitica?
L'apparizione della geopolitica
Perché è solo all'inizio
dei XX secolo, nei 1918-1919, in Germania,
che la geopolitica appare come una novità
intellettuale e politica e suscita in
quel paese una poderosa corrente intellettuale,
quando i conflitti territoriali fra Stati
esistevano da secoli? Non bisogna mettere
da parte questo problema, che oggi può
apparire ben superato. Ma cercare di capire
le cause di questa apparizione, così
come quelle della proscrizione del termine
dopo il 1945, poi del suo riapparire dopo
dieci anni - cioè cercare di capire
le grandi tappe della storia della geopolitica
- permette di afferrare meglio alcune
delle caratteristiche fondamentali della
geopolitica e di avanzare nella costruzione
della sua definizione.
Non basta segnalare, come si fa la maggior
parte delle volte, che la parola «geopolitica»
è comparsa, d'altronde in modo
alquanto furtivo, per la prima volta nel
1904, per la penna di un geografo svedese,
Rudolph Kjellen (1864-1922), fortemente
influenzato dall'opera di Friedrich Ratzel
e legatissimo agli ambienti culturali
tedeschi. Per lui la geopolitica, allo
stesso modo della ecopolitica e della
demopolitica da lui proposte, era uno
dei percorsi di ricerca di cui sottolineava
l'importanza. Egli riprenderà questi
termini nel suo libro del 1916 Lo Stato
come organismo vivente. Ma è solo
dopo il 1918 e soprattutto in tutt'altro
contesto politico che debutterà,
con Haushofer; quello che si può
definire il primo movimento di idee geopolitiche.
Per un gran numero di autori che tratteranno
più tardi di geopolitica, questa
appare, nel migliore dei casi come una
delle forme più caratteristiche
della «ragion di Stato», o
di una Realpolitik: il sovrano e i suoi
fidi non prendendo in considerazione nell'interesse
dello Stato che dati materiali considerati
come oggettivi e in primissimo luogo i
«dati geografici», e così
mettendo tra parentesi determinati principi
politici o morali. Si ripete a volontà
la frase di Napoleone I «la politica
degli Stati è nella loro geografia»,
dimenticando che era lui che sceglieva
i dati geografici in funzione dei quali
prendeva le sue decisioni per riorganizzare
la Germania e l'Europa. Nel caso peggiore,
si pensa spesso, la geopolitica copre
con argomenti speciosi le annessioni più
ciniche e brutali.
Ora, la prima apparizione della corrente
di idee geopolitiche - in Germania - si
situa al contrario in un momento in cui
l'autorità dello Stato è
singolarmente indebolita, nel 1918-'19:
dopo che il Reich ha dovuto chiedere l'armistizio,
a causa dello scoraggiamento di una grande
parte dell'esercito per la comparsa in
Europa di un nuovo avversario, l'esercito
americano, ma anche a causa delle rivolte
comuniste, in particolare a Berlino. Dopo
l'armistizio, si avvia un grande dibattito
nei quale cittadini di diverse tendenze
politiche si domandano se conviene accettare
o rifiutare - salvo riprendere la guerra
- le clausole territoriali dei trattato
di pace che la coalizione vittoriosa vuole
imporre. Coloro che sperano che il trattato
potrà essere rivisto ulteriormente
si oppongono a coloro che vogliono resistere
ad ogni costo: che cosa bisogna accettare,
a rigore? Quali sono i territori che bisogna
accettare di abbandonare e quali sono
quelli cui aggrapparsi? Di lasciare la
Prussia Orientale non si discute nemmeno!
Fino ad allora, solo i sovrani e i capi
di Stato decidevano, con i loro consiglieri
più vicini su questo genere di
problemi e non ci si sognava affatto di
riferirne al popolo. Ma nella Germania
dei dopo-sconfitta si ingaggiò
fra cittadini di differenti tendenze politiche
un vero dibattito democratico (per quanto
segnato da molte violenze) sul problema
del territorio della nazione e delle sue
frontiere. Allora era un fatto assolutamente
eccezionale. Certo, negli Stati democratici
c'erano già molti dibattiti politici
- sull'attribuzione del diritto di voto
ai poveri o alle donne, sul ruolo della
Chiesa, sul sistema di governo eccetera
- ma non c'erano mai stati dei dibattiti
geopolitici cioè imperniati sul
problema delle frontiere e sulla definizione
stessa del territorio dello Stato e della
nazione.
In questo primo dibattito geopolitico
e patriottico, i professori di storia
e di geografia dei licei e specialmente
i giovani che tornavano dal fronte, hanno
giocato un ruolo importante. Alcuni tra
loro si sono resi conto che i corsi di
geografia politica ispirati dall'opera
di Friedrich Ratzel e che essi avevano
seguito quando erano all'università
non servivano a un bel nulla quando si
trattava di provare l'ingiustizia e l'assurdità
delle frontiere che i vincitori pretendevano
di imporre alla Germania. Le «leggi
scientifiche» della geografia politica
che Ratzel invocava in un insegnamento
molto teorico e molto accademico (che
egli aveva voluto al quanto differenziare
rispetto agli articoli che scriveva in
quanto presidente della Lega pangermanista)
non permettevano di comprendere i rapporti
di forza in Europa né, in modo
concreto, la situazione politica in cui
la Germania si trovava dopo la sconfitta.
Inoltre, contrariamente a coloro che
affermano che Ratzel è in qualche
modo il fondatore della geopolitica, pare
evidente che è semmai proprio contro
l'accademismo della geografia politica
ratzeliana che si è lanciata quella
corrente di idee che avrebbe introdotto
un nuovo termine, quello di «geopolitica».
La maggior parte dei geografi accademici
tedeschi inizialmente non fu ad essa favorevole,
ed è questa la ragione per cui
i professori di liceo trovarono il sostegno
di Haushofer messo ai margini dell'università
a causa dei suoi incarichi militari e
della sua carriera diplomatica (in Giappone,
prima della guerra). Ed è per rivolgersi
all'insieme dei cittadini che il movimento
geopolitico lanciò una pubblicazione
semplicissima, illustrata da carte schematiche,
molto suggestive: Zeitschrift fur Geopolitik.
Se Haushofer non disdegnò di riprendervi
alcune «leggi» della geografia
politica, egli tuttavia proclamò
che la geopolitica era una scienza nuova:
era un mezzo di imporre le sue tesi con
un'operazione apertamente politica, apertamente
differente dal discorso accademico tenuto
da Ratzel.
In seguito, per ottenere la revisione
dei Trattato di Versailles o l'Anschluss
con l'Austria (ciò che chiedevano
anche i partiti di sinistra tedeschi e
austriaci), il movimento geopolitico sviluppò
la sua azione sul piano internazionale,
grazie alla collaborazione di geografi
o di diplomatici di diversi Stati europei
Unione Sovietica compresa, i quali non
accettavano affatto le frontiere imposte
dopo il 1918, anche coloro che erano stati
avvantaggiati volevano ancor di più.
Il partito nazista non cominciò
ad acquistare importanza che dieci anni
dopo l'esordio di questa scuola geopolitica
che non è, contrariamente a quanto
spesso si afferma, una creazione del nazismo.
I francesi avrebbero d'altronde potuto
lanciare la loro propria scuola di geopolitica
ma, all'università, i maestri di
quella che si chiamava la geografia francese
o la scuola geografica francese vi si
opposero in nome della scienza e della
geografia, pur senza esprimere ragioni
epistemologiche più precise.
In Germania, se Hitler recuperò
a proprio uso e consumo gli argomenti
patriottici della geopolitica tedesca
e la notorietà di Haushofer; i
nazisti che ebbero le loro riviste di
geopolitica, soffocarono poi ogni dibattito
intorno ai problemi dello Stato e della
nazione nei rapporti di forza europei.
Haushofer era un personaggio complesso
giacché sua moglie, che ebbe fino
all'ultimo un ruolo importante al suo
fianco, era di origine ebraica ed egli
era amico personale di Rudolf Hess il
quale volò in Inghilterra nel maggio
1941. è proprio dell'estate 1941
la rottura tra il Fuhrer e Haushofer;
che allora era al vertice del suo prestigio,
giacché egli aveva fama di essere
la mente del patto germano-sovietico dell'agosto
1939 (in nome delle tesi planetarie di
Mackinder). Ma Haushofer manifestò
il suo disaccordo quando, nel giugno 1941,
Hitler lanciò improvvisamente l'attacco
all'Unione Sovietica. La rivista Zeitschrift
fur Geopolitik cessò le pubblicazioni
poco dopo, e Haushofer fu da allora in
poi malvisto dai dirigenti nazisti giacché
Rudolf Hess non poteva più servirgli
da garante. Haushofer fu persino arrestato
quando suo figlio, egli stesso geopolitico
e diplomatico, fu implicato nei complotto
contro Hitler e assassinato dalla Gestapo.
I rapporti tra la scuola geopolitica
tedesca e il nazismo sotto dunque molto
più complicati di quanto abitualmente
non si dica. Karl Haushofer; che alcuni
avrebbero voluto vedere tradotto davanti
al tribunale di Norimberga, dove erano
giudicati i dirigenti nazisti fu risparmiato
dagli americani che cominciavano a interessarsi
molto di geopolitica. Ma nel 1946 egli
si suicidò insieme alla moglie.
(2 - continua)
(traduzione di Tancredi Rossi)
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