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Cos'è la geopolitica? Y.Lacoste
di Yves LACOSTE

TEORIA - Che cos'è la Geopolitica (II)

Questioni teoriche e semantiche

È ora necessario affrontare alcuni problemi teorici che sono, in verità, molto importanti, anche se il più delle volte ad essi non si presta attenzione: si riferiscono ai rapporti abbastanza sorprendenti tra questo significante - «geopolitica» - e tutta una gamma di significati. Nelle diversissime accezioni già evocate, si tratta pur sempre di rivalità tra differenti tipi di poteri su territori più o meno vasti. Constatare questa territorialità della «geopolitica» conferma il riferimento alla geografia, ciò che l'abbreviazione iniziale indica in modo quasi evidente.

Ora, tali conflitti territoriali fra gli Stati esistono da secoli e da altrettanto tempo le frontiere sono state tracciate e poi modificate; tutto ciò veniva riferito alla storia e non si parlava di geopolitica né di un termine equivalente. Perché si è dovuto attendere l'inizio del XX secolo affinché questo termine apparisse, ed essenzialmente, a quel tempo, in un solo Stato, la Germania? E perché dobbiamo attendere la fine del secolo perché improvvisamente l'uso di questa parola si generalizzi e diventi un'idea-forza? Che cosa porta essa di nuovo in rapporto alla storia, cioè a quello che scrivono gli storici?

Finiremo per definire retrospettivamente «geopolitici» tutti i conflitti territoriali di una volta, come fa qualcuno? Il problema è meno semplice di quanto non appaia, non fosse che per la proscrizione del termine «geopolitica» dopo la seconda guerra mondiale. Per quasi quarant'anni questa parola non è stata più usata (nemmeno come aggettivo), né nei media né nelle università, quando tutta una serie di fenomeni (la divisione dell'Europa e del mondo in due blocchi e le rivalità delle due «superpotenze») si riferivano palesemente a quella che noi oggi definiamo correntemente geopolitica. Il rapporto signficante-significato non è dunque affatto semplice, non più di quanto sono chiare le cause di questo tabù, né le ragioni per cui esso è stato progressivamente superato nel corso degli anni Ottanta.

Per definire a posteriori alcuni tipi di problemi è sufficiente notare che il termine «geopolitica» è relativamente recente e impiegarlo semplicemente come una novità o come una comodità linguistica? Gli specialisti che hanno riferimento hanno un modo nuovo di inquadrare e di spiegare le rivalità territoriali di un tempo e quelle di oggi? La sua apparizione all'inizio del secolo e la sua riapparizione - inizialmente timida, verso il 1980, e poi clamorosa dopo la frantumazione dei regimi comunisti e dell'Unione Sovietica - sono solo il riflesso dell'evoluzione delle idee negli ambienti intellettuali o universitari? O non anche la conseguenza di cambiamenti politici importanti nell'ambito di numerosi Stati? Tutto dipende da che cosa si intende con geopolitica.

Il termine, nelle sue molteplici accezioni attuali, è usato il più delle volte come aggettivo. Curiosamente, i dizionari nemmeno lo citano in quanto aggettivo e lo prendono in considerazione solo come sostantivo, ma senza indicare i tre significati differenti di questa parola. Il primo significato è quello dato dai grandi dizionari, il Larousse e il Robert, dove il termine non figura d'altronde che in modo furtivo: la geopolitica vi è considerata solo come una scienza o una particolare materia di studio. Il secondo, sempre più frequente per quanto assente nei dizionari potrebbe essere, trasponendo la definizione che il Robert dà in secondo luogo della geografia: «La realtà oggetto di questa scienza». Sarebbe d'altra parte preferibile dire «le realtà che sono considerate essere oggetto di questa scienza» e che è dunque, per conseguenza, legittimo definire geopolitiche.

Ora, che si tratti dei media o di ricerche degli specialisti queste «realtà» sono prese in considerazione sia in quadri spaziali più o meno vasti (per esempio, geopolitica dell'Africa, geopolitica di Beirut), sia in funzione di certi attori politici che conducono o si ritiene conducano un certo tipo di azioni che si definiscono anch'esse geopolitiche. Siccome questi attori sono spesso assimilati a Stati, si parlava per esempio correntemente, almeno fino al 1991, di geopolitica dell'Unione Sovietica; in un tale caso, c'è confusione tra i dati i problemi geopolitici considerati nel quadro di questo Stato, e le azioni e i progetti attuati dai suoi dirigenti dentro o fuori le frontiere statuali. Sicché si parla oggi correntemente della geopolitica americana in questa o quella parte del mondo.

L'idea che la geopolitica è anche e soprattutto strategia è ancora più evidente quando si evoca, per esempio, la geopolitica di Reagan o quella di Gorbacev, cioè i differenti tipi di azione condotti, o più precisamente decisi da questo o quell'attore politico per modificare una situazione definita geopolitica. Siamo così arrivati al terzo senso del termine geopolitica.

Negli scritti dei giornalisti come nei lavori di diversi specialisti è chiaro che la geopolitica non è oggi considerata tanto come scienza o conoscenza (non fosse che per le difficoltà di definirla) quanto come azione, progetto e strategia. E questa evoluzione, lungi dall'essere una deriva mediatica (checché ne pensi qualcuno), è assolutamente fondata, perché in questo campo le analisi concrete si fondano su rivalità territoriali tra poteri i cui attori e soprattutto i cui capi hanno logicamente dei progetti e delle strategie. Questi dirigenti si servono d'altronde delle informazioni geopolitiche fornite da diversi specialisti per stabilire e modificare questi progetti e queste strategie. Eppure, nei dizionari la geopolitica non è assolutamente considerata come azione e strategia, ma definita solo come scienza o disciplina di un genere particolare. Le definizioni dei dizionari sono di fatto dello stesso tipo di quelle che essi danno della geografia.

Questo sostantivo ha anch'esso due significati troppo spesso confusi. Secondo il Robert, è 1) «la scienza che ha per oggetto lo studio dei fenomeni fisici biologici umani localizzati sulla superficie del globo terrestre» e 2) «la realtà fisica, biologica, umana che è oggetto di studio della scienza geografica». Ora, se il termine stesso di «geografia» fa esplicito riferimento a una tecnica scientifica (geo-grafia, disegnare, rappresentare la Terra, cioè anzitutto costruire delle carte), non è questo il caso del termine geopolitica giacché, in primo luogo, la politica non è definita nel Robert come scienza ma come 1) ciò che è «relativo alla città, al governo dello Stato» e 2) «arte e pratica del governo delle società umane». Il terzo senso di «geopolitica» - azione, progetto, strategia - è dunque semanticamente legittimo. Queste considerazioni permettono di prendere coscienza di un certo numero di ambiguità semantiche, ma non per questo definiscono che cosa è la geopolitica. Coloro che - procedendo in modo inverso rispetto al nostro - vogliono partire dai principi e non dalla realtà, così come essa è percepibile, diranno che sono geopolitici i fenomeni che si riferiscono alla geopolitica. Ma come l'hanno definita, fino ad oggi la geopolitica?

Alcune definizioni correnti ma parziali e contraddittorie della geopolitica

Per il Robert (1965), la geopolitica è «lo studio dei rapporti tra i dati naturali della geografia e la politica degli Stati». Il Grand Larousse Universel (1962) è ancora più esplicito, giacché per esso la geopolitica è «lo studio dei rapporti che uniscono gli Stati le loro politiche e le leggi di natura, queste ultime determinando le altre».

È abbastanza curioso che questo genere di definizioni che non si trovano solo nei dizionari ometta ogni riferimento alla storia, per quanto l'invocazione dei «diritti storici» sia uno dei maggiori argomenti in geopolitica. Ad ogni modo, simili definizioni avrebbero dovuto essere respinte per la loro evidente illogicità, che rasenta l'assurdità (ma certi geopolitici vi si riferiscono senza vergogna, per le necessità della causa che essi sostengono). In effetti se «le leggi di natura determinano la politica degli Stati», come spiegare che essi possano operare cambiamenti spettacolari e durevoli della loro politica, ciò che la storia permette di constatare, e non solo durante le rivoluzioni? I «dati naturali della geografia» purtuttavia non cambiano affatto, e «le leggi di natura» sono comunque eterne. Queste definizioni quanto meno sommarie (due righe ciascuna) sono anteriori al successo attuale della geopolitica, ma si continua spesso a farvi riferimento, specialmente negli ambienti universitari.

Queste definizioni classiche, che si limitano a indicare l'esistenza di rapporti tra la geopolitica e la geografia, ma senza specificare di quali rapporti si tratti comportano inoltre il grande inconveniente di ridurre quest'ultima ai soli fenomeni naturali - concezione assai diffusa nell'opinione comune, ma che non ha alcuna giustificazione epistemologica. Perché queste pretese definizioni della geopolitica non fanno menzione dei rapporti tra la «politica degli Stati» e i dati purtuttavia fondamentali della geografia umana, non fosse che, per esempio, l'importanza della densità di popolazione in rapporto alla superficie utilizzabile di uno Stato? Mistero, o forse questo rischierebbe di richiamare la questione dello «spazio vitale» che Hitler ha sviluppato nel Mein Kampf?

Il Grand Larousse Universel (1989) definisce la geopolitica come «una scienza che studia i rapporti tra la geografia degli Stati e la loro politica. (...) La geopolitica esprime la volontà di guidare l'azione dei governi in funzione delle lezioni della geografia. (...)». La volontà di chi? Si potrebbe credere che questo proposito rifletta le ambizioni dei maestri della geografia accademica. Uno dei più celebri in questo campo non fu forse il britannico sir Halford Mackinder (1861-1947) che acquisì dopo il 1900, una grande notorietà nei circoli dirigenti anglosassoni? Egli è spesso considerato uno dei più celebri geopolitici. Eppure, non ha mai fatto esplicito riferimento alla geopolitica nei suoi scritti, e il più celebre tra essi intorno a questo tema (The Geographical Pivot of History), si inquadra piuttosto in quella che sarà poi definita geostoria.

La corporazione dei geografi accademici in senso generale ma in modo peculiare in Francia e oggi anche in Germania, è tuttavia, paradossalmente, quella che, assai più delle altre, tuttora respinge la geopolitica in nome della scienza e con il pretesto che si tratterebbe di un residuo o di una rinascita del nazismo. Questa corporazione disapprova coloro tra i suoi membri che se ne occupano e promuove invece la pratica della geografia politica.

Ma questo settore della geografia accademica, malgrado l'importanza riconosciuta del volume Politische Geographie nell'opera del grande geografo tedesco Friedrich Ratzel (1844-1904), negli ultimi decenni era stato completamente abbandonato, a parte un certo risveglio in questi ultimi anni nell'intento di far concorrenza alla geopolitica. Al punto che la geografia politica è dimenticata nel Dictionnaire de la géographie diretto da Pierre George (1979), che indica come «la geopolitica è lo studio dei rapporti tra i fattori geografici e le azioni o le situazioni politiche», prima di menzionare che essa è stata «uno degli strumenti di propaganda politica dei teorici dei Terzo Reich».

Il più celebre di questi teorici l'animatore della prima corrente di idee che facesse riferimento alla geopolitica per metterla in pratica, il geografo e generale tedesco Karl Haushofer (1869-1946), dichiarava verso il 1920, in modo al quanto lirico: «La geopolitica sarà e deve essere la coscienza geografica dello Stato. Il suo oggetto è lo studio delle grandi connessioni vitali dell'uomo d'oggi nello spazio d'oggi (...) e la sua finalità (...) è il coordinamento dei fenomeni che legano lo Stato allo spazio». In effetti, l'oggetto principale di questa corrente geopolitica erano le relazioni territoriali degli Stati tra loro, il tracciato delle loro frontiere, e in particolare quelle della Germania che, in conseguenza del Trattato di Versailles (1919), aveva appena perso importanti territori.

Gli specialisti di relazioni internazionali inquadrano la geopolitica ancor più in funzione delle loro preoccupazioni. Dopo il 1945, quando questo termine era completamente proscritto in Europa, all'Ovest come all'Est, certi specialisti americani vi facevano talvolta riferimento in lavori abbastanza riservati destinati a fornire ai dirigenti americani una base teorica alla politica che gli Stati Uniti, a causa della guerra fredda e della loro potenza, dovevano condurre su scala mondiale. «L'essenza della geopolitica è di studiare la relazione che esiste tra la politica internazionale di potenza e le caratteristiche corrispondenti della geografia (e specialmente) quelle su cui si sviluppano le fonti della potenza», scrive nel 1963 Saul Cohen in Geography and Politics in a World Divided. Per Robert E. Harkavy, in Great Power Competition for Overseas Bases: Geopolitics of Access Diplomacy (1983), la geopolitica è «la rappresentazione cartografica delle relazioni tra le potenze principali in contrapposizione fra loro». Secondo la Encyclopedia Britannica la geopolitica è «l'utilizzazione della geografia da parte dei governi che praticano una politica di potenza», mentre William T. Fox, in un colloquio organizzato a Bruxelles dalla Nato nel 1983, sostiene che in generale la geopolitica è «l'applicazione delle conoscenze geografiche agli affari mondiali». Identica la concezione del generale Pierre Gallois, autore di un'opera intitolata Géopolitique: les voies de la puissance (1990): «La geopolitica è lo studio delle relazioni che esistono tra la condotta di una politica di potenza sviluppata sul piano internazionale e il quadro geografico in cui essa si esercita».

Ma queste concezioni più o meno prossime, secondo cui la geopolitica è essenzialmente analisi di tipo geografico delle relazioni interstatuali sul piano planetario o su quello dei grandi spazi non tengono conto del fatto che analisi geopolitiche dei rapporti di forza sono oggi condotte riguardo a territori di dimensioni assai minori che si tratti di Beirut o dei quartieri centrali di Los Angeles, ad esempio.

Alcuni specialisti di scienze sociali considerano che la geopolitica tenga anche in conto numerosi problemi politici interni agli Stati compresi quelli la cui unità nazionale è forte. Queste ricerche di geopolitica interna, anch'esse orientate sullo studio delle rivalità territoriali tra poteri - in particolare quelle tra i notabili della politica - hanno mostrato la loro efficacia in materia di analisi dei fenomeni elettorali e delle operazioni digestione del territorio. Già da molti decenni in America Latina i gruppi dirigenti e soprattutto i militari brasiliani argentini e cileni si riferiscono alla «geopolitica» per condurre delle operazioni di gestione dei loro territori o di organizzazione dello spazio.

Molto più complessa e recente è la «proposta di definizione» che Michel Foucher, nel suo libro Fronts et Frontières (1991), dà della geopolitica: essa è, secondo lui «un metodo globale di analisi geografica di situazioni sociopolitiche concrete prese in esame in tanto in quanto esse sono localizzate, e delle rappresentazioni abituali che le descrivono». Ciò ha il vantaggio di potersi applicare a situazioni di ogni dimensione, compreso il quadro di Stati di dimensioni relativamente piccole, e di non ridurre la geopolitica ai rapporti tra Stati o alle rivalità planetarie, come fa qualcuno. Ma l'espressione «situazioni sociopolitiche concrete», se applicata ad altre questioni oltre a quelle concernenti le frontiere, non indica che i fenomeni geopolitici sono essenzialmente rivalità di potere riferite al territorio; ciò risulta ancor più mascherato dal fatto che questa definizione fa stato delle «rappresentazioni abituali» quando si tratta, in tutte le situazioni geopolitiche, a fortiori nei problemi di frontiere, di rappresentazioni contraddittorie.

Malgrado le loro differenze, tutti questi modi di inquadrare la geopolitica, compreso l'ultimo, hanno in comune la caratteristica di non rendere conto delle sue singolarità storiche: né spiegano l'apparizione molto tardiva di questo termine all'inizio dei XX secolo, la sua eclisse trentacinquennale, e soprattutto, da una decina d'anni la sua utilizzazione sempre più frequente sulla stampa e da parte di diversi specialisti meno per effetto di una moda che in ragione di un fenomeno obiettivo: la moltiplicazione recente dei problemi dei conflitti gravi o minori che vengono chiamati geopolitici. Insomma, nel mondo accade qualcosa di nuovo.

Era successo qualcosa del genere quando per la prima volta, in un paese, una corrente di opinione si è preoccupata della geopolitica?

L'apparizione della geopolitica

Perché è solo all'inizio dei XX secolo, nei 1918-1919, in Germania, che la geopolitica appare come una novità intellettuale e politica e suscita in quel paese una poderosa corrente intellettuale, quando i conflitti territoriali fra Stati esistevano da secoli? Non bisogna mettere da parte questo problema, che oggi può apparire ben superato. Ma cercare di capire le cause di questa apparizione, così come quelle della proscrizione del termine dopo il 1945, poi del suo riapparire dopo dieci anni - cioè cercare di capire le grandi tappe della storia della geopolitica - permette di afferrare meglio alcune delle caratteristiche fondamentali della geopolitica e di avanzare nella costruzione della sua definizione.

Non basta segnalare, come si fa la maggior parte delle volte, che la parola «geopolitica» è comparsa, d'altronde in modo alquanto furtivo, per la prima volta nel 1904, per la penna di un geografo svedese, Rudolph Kjellen (1864-1922), fortemente influenzato dall'opera di Friedrich Ratzel e legatissimo agli ambienti culturali tedeschi. Per lui la geopolitica, allo stesso modo della ecopolitica e della demopolitica da lui proposte, era uno dei percorsi di ricerca di cui sottolineava l'importanza. Egli riprenderà questi termini nel suo libro del 1916 Lo Stato come organismo vivente. Ma è solo dopo il 1918 e soprattutto in tutt'altro contesto politico che debutterà, con Haushofer; quello che si può definire il primo movimento di idee geopolitiche.

Per un gran numero di autori che tratteranno più tardi di geopolitica, questa appare, nel migliore dei casi come una delle forme più caratteristiche della «ragion di Stato», o di una Realpolitik: il sovrano e i suoi fidi non prendendo in considerazione nell'interesse dello Stato che dati materiali considerati come oggettivi e in primissimo luogo i «dati geografici», e così mettendo tra parentesi determinati principi politici o morali. Si ripete a volontà la frase di Napoleone I «la politica degli Stati è nella loro geografia», dimenticando che era lui che sceglieva i dati geografici in funzione dei quali prendeva le sue decisioni per riorganizzare la Germania e l'Europa. Nel caso peggiore, si pensa spesso, la geopolitica copre con argomenti speciosi le annessioni più ciniche e brutali.

Ora, la prima apparizione della corrente di idee geopolitiche - in Germania - si situa al contrario in un momento in cui l'autorità dello Stato è singolarmente indebolita, nel 1918-'19: dopo che il Reich ha dovuto chiedere l'armistizio, a causa dello scoraggiamento di una grande parte dell'esercito per la comparsa in Europa di un nuovo avversario, l'esercito americano, ma anche a causa delle rivolte comuniste, in particolare a Berlino. Dopo l'armistizio, si avvia un grande dibattito nei quale cittadini di diverse tendenze politiche si domandano se conviene accettare o rifiutare - salvo riprendere la guerra - le clausole territoriali dei trattato di pace che la coalizione vittoriosa vuole imporre. Coloro che sperano che il trattato potrà essere rivisto ulteriormente si oppongono a coloro che vogliono resistere ad ogni costo: che cosa bisogna accettare, a rigore? Quali sono i territori che bisogna accettare di abbandonare e quali sono quelli cui aggrapparsi? Di lasciare la Prussia Orientale non si discute nemmeno!

Fino ad allora, solo i sovrani e i capi di Stato decidevano, con i loro consiglieri più vicini su questo genere di problemi e non ci si sognava affatto di riferirne al popolo. Ma nella Germania dei dopo-sconfitta si ingaggiò fra cittadini di differenti tendenze politiche un vero dibattito democratico (per quanto segnato da molte violenze) sul problema del territorio della nazione e delle sue frontiere. Allora era un fatto assolutamente eccezionale. Certo, negli Stati democratici c'erano già molti dibattiti politici - sull'attribuzione del diritto di voto ai poveri o alle donne, sul ruolo della Chiesa, sul sistema di governo eccetera - ma non c'erano mai stati dei dibattiti geopolitici cioè imperniati sul problema delle frontiere e sulla definizione stessa del territorio dello Stato e della nazione.

In questo primo dibattito geopolitico e patriottico, i professori di storia e di geografia dei licei e specialmente i giovani che tornavano dal fronte, hanno giocato un ruolo importante. Alcuni tra loro si sono resi conto che i corsi di geografia politica ispirati dall'opera di Friedrich Ratzel e che essi avevano seguito quando erano all'università non servivano a un bel nulla quando si trattava di provare l'ingiustizia e l'assurdità delle frontiere che i vincitori pretendevano di imporre alla Germania. Le «leggi scientifiche» della geografia politica che Ratzel invocava in un insegnamento molto teorico e molto accademico (che egli aveva voluto al quanto differenziare rispetto agli articoli che scriveva in quanto presidente della Lega pangermanista) non permettevano di comprendere i rapporti di forza in Europa né, in modo concreto, la situazione politica in cui la Germania si trovava dopo la sconfitta.

Inoltre, contrariamente a coloro che affermano che Ratzel è in qualche modo il fondatore della geopolitica, pare evidente che è semmai proprio contro l'accademismo della geografia politica ratzeliana che si è lanciata quella corrente di idee che avrebbe introdotto un nuovo termine, quello di «geopolitica». La maggior parte dei geografi accademici tedeschi inizialmente non fu ad essa favorevole, ed è questa la ragione per cui i professori di liceo trovarono il sostegno di Haushofer messo ai margini dell'università a causa dei suoi incarichi militari e della sua carriera diplomatica (in Giappone, prima della guerra). Ed è per rivolgersi all'insieme dei cittadini che il movimento geopolitico lanciò una pubblicazione semplicissima, illustrata da carte schematiche, molto suggestive: Zeitschrift fur Geopolitik. Se Haushofer non disdegnò di riprendervi alcune «leggi» della geografia politica, egli tuttavia proclamò che la geopolitica era una scienza nuova: era un mezzo di imporre le sue tesi con un'operazione apertamente politica, apertamente differente dal discorso accademico tenuto da Ratzel.

In seguito, per ottenere la revisione dei Trattato di Versailles o l'Anschluss con l'Austria (ciò che chiedevano anche i partiti di sinistra tedeschi e austriaci), il movimento geopolitico sviluppò la sua azione sul piano internazionale, grazie alla collaborazione di geografi o di diplomatici di diversi Stati europei Unione Sovietica compresa, i quali non accettavano affatto le frontiere imposte dopo il 1918, anche coloro che erano stati avvantaggiati volevano ancor di più.

Il partito nazista non cominciò ad acquistare importanza che dieci anni dopo l'esordio di questa scuola geopolitica che non è, contrariamente a quanto spesso si afferma, una creazione del nazismo.

I francesi avrebbero d'altronde potuto lanciare la loro propria scuola di geopolitica ma, all'università, i maestri di quella che si chiamava la geografia francese o la scuola geografica francese vi si opposero in nome della scienza e della geografia, pur senza esprimere ragioni epistemologiche più precise.

In Germania, se Hitler recuperò a proprio uso e consumo gli argomenti patriottici della geopolitica tedesca e la notorietà di Haushofer; i nazisti che ebbero le loro riviste di geopolitica, soffocarono poi ogni dibattito intorno ai problemi dello Stato e della nazione nei rapporti di forza europei.

Haushofer era un personaggio complesso giacché sua moglie, che ebbe fino all'ultimo un ruolo importante al suo fianco, era di origine ebraica ed egli era amico personale di Rudolf Hess il quale volò in Inghilterra nel maggio 1941. è proprio dell'estate 1941 la rottura tra il Fuhrer e Haushofer; che allora era al vertice del suo prestigio, giacché egli aveva fama di essere la mente del patto germano-sovietico dell'agosto 1939 (in nome delle tesi planetarie di Mackinder). Ma Haushofer manifestò il suo disaccordo quando, nel giugno 1941, Hitler lanciò improvvisamente l'attacco all'Unione Sovietica. La rivista Zeitschrift fur Geopolitik cessò le pubblicazioni poco dopo, e Haushofer fu da allora in poi malvisto dai dirigenti nazisti giacché Rudolf Hess non poteva più servirgli da garante. Haushofer fu persino arrestato quando suo figlio, egli stesso geopolitico e diplomatico, fu implicato nei complotto contro Hitler e assassinato dalla Gestapo.

I rapporti tra la scuola geopolitica tedesca e il nazismo sotto dunque molto più complicati di quanto abitualmente non si dica. Karl Haushofer; che alcuni avrebbero voluto vedere tradotto davanti al tribunale di Norimberga, dove erano giudicati i dirigenti nazisti fu risparmiato dagli americani che cominciavano a interessarsi molto di geopolitica. Ma nel 1946 egli si suicidò insieme alla moglie.

(2 - continua)

(traduzione di Tancredi Rossi)


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