Luigi
De Bellis

 


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  Storia d'Europa nel sec. XIX  
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Benedetto Croce



LA POESIA: Saggio


Prima della pubblicazione in volume (con il sottotitolo «Introduzione alla critica e storia della poesia e della letteratura»), la prima e la seconda sezione del trattato uscirono sulla rivista «La Critica»: rispettivamente, La poesia e la letteratura (1935) e La vita della poesia (1936). I primi quattro capitoli della prima sezione e il secondo e il quarto capitolo della seconda furono poi ristampati in Filosofia. Poesia. Storia. Pagine tratte da tutte le opere a cura dell'autore (1951).
Il trattato è diviso in quattro sezioni di natura teorica («La poesia e la letteratura», «La vita della poesia», «La critica e la storia della poesia», «La formazione del poeta e la precettistica»). Ciascuna parte, articolata in paragrafi, è corredata da un'appendice di postille, nelle quali l'autore annota indicazioni bibliografiche, storiche e filosofiche sul tema dell'arte.

Dedicata «alla memoria di Francesco De Sanctis e di Giosue Carducci», La poesia, come dichiara lo stesso Croce nell'«Avvertenza» alla prima edizione, si colloca in ideale continuità con l'Estetica e ciò «è chiaramente definito nella pagina con cui essa si chiude». Qui infatti si sostiene «l'opportunità di comporre libri teorici sulle singole arti, non perché in ciascuna siano da ragionare particolari concetti estetici, ma, al contrario, per far valere in ciascuna i concetti medesimi dell'Estetica». Intento dell'autore è esemplificare i presupposti teoretici del trattato del 1902 nella concretezza di una particolare espressione artistica.
Al centro della prima sezione c'è la differenza tra poesia e letteratura, che emerge da un'indagine metodica sulle diverse «espressioni» sentimentale o immediata, poetica, prosastica e oratoria. La letteratura non è riconducibile a nessuna di esse, perché consiste in un equilibrio tra due ordini: quello poetico e quello non poetico. La fusione tra espressioni sentimentali, prosastiche, oratorie e poetiche modifica il «significato della parola "bellezza", che non è più la dea che infonde un senso dolcissimo e doloroso insieme [...], ma piuttosto una gentile e decorosa persona che mitiga e ingentilisce l'impeto altrui e lo interpreta con la sua voce pacata e armoniosa». La letteratura, diversamente dalla poesia, non assurge al puro sentimento lirico, ma formalizza di volta in volta contenuti religiosi, morali, amorosi con il fine di istruire o di divertire. La materia della poesia è, invece, il sentimento, che assume un carattere universale nelle immagini poetiche; come, infatti, il sentimento, di per sé, si dibatte tra universale e particolare, tra bene e male, tra godimento e sofferenza, la poesia ne ricompone i conflitti in una visione armonica del tutto.

Nella seconda sezione Croce descrive «la vita» della poesia che continua, in prima istanza, nella rievocazione dello stesso poeta e, in un momento successivo, nell'atto di fruizione del lettore. In questa catena si inserisce anche il filologo, perché «che cosa sono questi sforzi che l'autore compie per il riacquisto del testo dell'opera sua, che cosa sono nel loro piccolo se non ciò stesso che, in grande, l'umanità fa e chiama "filologia"?». La comprensione dell'opera poetica consiste nell'atto del ripercorrere il suo stesso processo creativo: atto compiuto prima dal poeta e dal lettore, poi - con il sostegno di una strumentazione scientifica - dai filologi. La natura rievocativa del gesto è però assolutamente la stessa.

Nella terza sezione si chiarisce il compito del critico. Se la coscienza estetica avverte il bello, lo «sente», non è, però, capace di formularne un giudizio, ossia «quell'unico atto» che è «dare il nome alle cose». Se il critico si fonda, per poter formulare il giudizio estetico, sulla rievocazione dell'opera poetica, non potrà, tuttavia, prescindere da quegli strumenti storici e filosofici che gli consentono di estrarre dal «fatto» poetico il «vero» poetico: «il "fatto" per convertirsi in "vero" deve essere elaborato mentalmente».

La parte teoretica del trattato si conclude con la quarta sezione, dedicata alla personalità del poeta. Egli è perennemente sospeso, dice Croce, tra originalità e imitazione. Non è possibile, infatti, parlare di originalità assoluta di un'opera poetica: essa è preceduta sempre da altre opere e si rifà indirettamente alla natura, grande modello di ogni arte. D'altra parte l'opera non è nemmeno mera imitazione, ma ha in sé qualcosa di creativo: «La formazione del poeta si travaglia in questo duplice e pur unico moto, di trovare il suo riattacco alla tradizione della poesia, ripigliando nella sua voce l'eterno motivo che la poesia canta, e di scavare e scoprire la propria originalità [...] e far risonare pura la propria voce».
Il nucleo centrale della Poesia, secondo Gianfranco Contini, è la distinzione istituita tra i diversi tipi di espressione, all'interno di un'opera letteraria, che fanno da «appoggio» al materiale più propriamente poetico e ne costituiscono la struttura. Tale tema segnerebbe una cesura - nonostante le dichiarazioni dello stesso Croce nell'«Avvertenza» alla prima edizione - fra il trattato del '36 e l'Estetica, nella quale Croce parlava unicamente di «espressione pura». Tuttavia lo stesso Contini riconosce che l'idea delle altre espressioni come struttura necessaria alla creazione poetica presuppone la Filosofia della pratica, dove l'arte è concepita come totalità e, quindi, reintrodotta «nel circolo vitale e pratico». In tal modo Croce si allontana, già da allora, da una concezione della poesia come "folgorazione".

 

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