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De Bellis

 


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Andromeda e la notte

 
     
     

 





Giampaolo Rugarli



ANDROMEDA E LA NOTTE: Romanzo


In dodici capitoli numerati, il romanzo è costruito intorno alla vicenda editoriale di due libri: Andromeda e la notte, dell'esordiente Claudio Levi, che «aveva la malinconia e l'incanto delle cose vissute e perdute senza rimedio, delle cose sovrastate dal destino»; e Dopo la luce della luna, della nota scrittrice Rosaria Padovani, una storia dove «non c'è un protagonista... e non c'è una trama... forse non c'è neppure un romanzo». Un funzionario editoriale, nel quale si identifica l'io narrante, proporre il primo libro al suo direttore, Orazio Belcanto, un personaggio ambiguo che non legge ciò che pubblica e dirige orchestre immaginarie. Sulle prime il romanzo è bene accolto, e Belcanto propone un cospicuo anticipo a Claudio Levi, promettendogli anche la vittoria al prestigioso premio letterario «Le notti di Mnemosine». Ma a insidiare il successo di Levi c'è Rosaria Padovani, una pingue quanto modesta scrittrice molto alla moda, che ha al suo seguito un'implacabile segretaria, Magda Olivares, detta «l'Avvoltoio».
Il libro della Padovani dovrebbe essere pubblicato dalla Cambiasi & Cambiasi, ma con abile mossa, Magda, proprio quando sta per essere siglato l'accordo, lo rilancia sul mercato, strappando un contratto miliardario a Belcanto. Naturalmente, da questo momento in poi, le promesse fatte all'esordiente non sono più mantenute: il povero funzionario editoriale è l'unico a sostenerlo contro tutti, ma poco riesce a fare. Così a Levi vengono rifiutati prima i soldi, poi la presentazione del libro al premio «Le notti di Mnemosine»; ; infine la tiratura dei suo romanzo viene ridotta a un numero irrisorio di copie a favore di quello della Padovani.
L'accanimento delle due donne è tale, nei confronti del povero scrittore, che esse non esitano a rivelare a Belcanto che Levi è omosessuale e che, un tempo, in gioventù, ha amato Magda Olivares. Lei, quando ha scoperto il penoso segreto, lo ha abbandonato. Proprio a Magda, sogno d'amore mai realizzato, Levi ha, in realtà, dedicato il suo romanzo.
Ma all'infelice storia d'amore di Levi si intreccia quella del suo paladino-Don Chisciotte, il funzionario editoriale. Egli è innamorato di Elisabetta, direttrice editoriale della Cambiasi & Cambiasi, ma non è mai riuscito a trasformare quell'amore in una storia reale, perché, sprofondato nei suoi libri, è incapace di vivere fuori da quel mondo di carta: «con le mani mi toccavo, toccavo il mio corpo e dovunque sentivo lo stesso freddo: non il gelo esplicito dei cadaveri, che parlano un loro perentorio linguaggio dove si mescolano urgenze sepolcrali e urgenze metafisiche, bensì l'algore asettico degli oggetti, dei libri ammucchiati nel magazzino della casa editrice. Non desideravo niente. Stavo diventando di carta, come un mida che all'oro avesse sostituito la cellulosa». Uniche armi contro questa triste degenerazione sono i calmanti (che egli ingerisce in quantità esorbitanti) e tiri curioso rituale: quello di gettare dalla finestra del suo appartamento i libri della biblioteca, uno per volta, nel Fandango. Solo in via Martiri di Aigues-Mortes, dove si trovano la casa editrice e, a pochi metri, l'appartamento del funzionario editoriale, il fosso - che tagliava, un tempo, la città da nord e a sud - è rimasto scoperto ed esala i suoi miasmi.
Quando ormai tutto sembra favorire il romanzo della Padovani, il critico Salvatore Lapillo, in cambio della metà dei guadagni di Levi, scrive un articolo elogiativo su Andromeda e la notte, suscitando le ire della Padovani e della Olivares. Le due donne propongono alla casa editrice di pubblicare il libro sotto pseudonimo, così la recensione di Lapillo resterà senza riferimento. Il funzionario rifiuta recisamente, ma la Padovani decide di rivolgersi direttamente a Belcanto.

Per festeggiare l'uscita di Dopo la luce della luna viene offerta ai librai, che dovranno promuovere e vendere il romanzo, una sontuosa cena nel locale più esclusivo della città. Anche Claudio Levi è invitato e, proprio in questa occasione, viene a sapere che il suo libro è stato pubblicato sotto lo pseudonimo di Elio Valduci. Disperato, egli abbandona la tavola seguito dal funzionario e da un onesto libraio, il signor Touzan. La notte è stellata e il brillio del cielo allude al significato del libro di Levi: « le stelle (e i libri) erano importanti per quello che sottintendevano e che sembravano sottintendere: un inverosimile altrove da barattare con la assurdità di questo povero mondo». Era chiaro che «Andromeda e la notte simboleggiavano una impossibile scelta di vita. Da una parte la luce, immensamente lontana nel tempo e nello spazio, e da un'altra l'oscurità incombente, quotidiana, così tangibile da impregnare ogni pensiero». La notte inghiottirà, infatti, Claudio Levi che cercherà e troverà la morte. Nel frattempo, sempre per un diabolico intrigo ordito da Belcanto, Rosaria Padovani viene arrestata dai carabinieri per maltrattamenti nei confronti della madre vecchia e ammalata. L'accusa si rivelerà ben presto infondata e la donna verrà scarcerata, ma sortirà l'effetto voluto da Belcanto: un'enorme pubblicità per il romanzo.
Tre mesi dopo questi avvenimenti, lo scenario si presenta radicalmente mutato. Belcanto, forte di un presunto inedito di Flaubert, si trasferisce alla Cambiasi & Cambiasi, ma, rivelatosi il manoscritto una "patacca", viene imputato di bancarotta fraudolenta e scompare nello Zimbabwe a vendere libri a rate; il libro di Levi viene ripubblicato senza pseudonimo, ottiene qualche buona critica, ma scarso successo di pubblico; il romanzo della Padovani diventa un film e la scrittrice si appresta a scriverne un altro.
Esito felice ha la storia d'amore tra Elisabetta e il funzionario editoriale: la donna si licenzia dalla casa editrice e si ritira a Dianthus Marina, dove ha acquistato una piccola azienda di garofani. Qui la raggiungerà il funzionario dopo essersi disfatto di tutti i suoi libri: «Pensai che era tempo di chiudere la pagina e di cominciare a vivere».

Quello di Rugarli è un libro sul libro, dove si guarda con sarcasmo al mondo cinico delle case editrici e si riflette sul senso dello scrivere come movente interiore e insopprimibile. Proprio questa esigenza porterà alla morte Claudio Levi: «erano i libri i colpevoli della rovina: i libri col tremendo carico di illusioni che recavano a chi li leggeva ma anzi tutto a chi li scriveva». E cosa sono, infatti, i libri? «Oggetti sempre più incomprensibili ai quali spettava un segmento di mercato sempre più esiguo».

 

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