Luigi
De Bellis

 


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Una vita

 
 

Senilità

 
  La coscienza di Zeno  
  Corto viaggio sentimentale  
     

 





Italo Svevo (pseudonimo di Aron Hector Schmitz)



SENILITA': Romanzo


Scritto fra il 1896 e il '97 con il titolo provvisorio Il Carnevale di Emilio, fu pubblicato a puntate su «L'Indipendente» e nello stesso anno, con modifiche, in volume. Nel Profilo autobiografico l'autore dichiarava: «il libro non fu pensato per essere pubblicato», anche perché a Trieste la vicenda raccontata nel romanzo era molto nota. Il manoscritto è andato disperso.

I quattordici capitoli del secondo romanzo di Svevo vedono protagonista Emilio Brentani, letterariamente consanguineo di Alfonso e Zeno, protagonisti di Una vita e della Coscienza di Zeno: si tratta di un personaggio che vive una vita arida e piatta, che non trae alcuna soddisfazione nemmeno dall'attività letteraria alla quale pure si dedica assiduamente. Vive con la sorella Amalia, una donna spenta e grigia quanto lui, che sogna l'amore romantico e trascina un'esistenza altrettanto monotona e solitaria. Emilio ha una relazione sentimentale con Angiolina, ragazza di vistosa bellezza e dal passato che molti giudicano equivoco. Ha cercato in quella relazione un'avventura breve e non impegnativa, di quelle che sente raccontare dagli amici, principalmente da Stefano Balli, lo scultore che passa da una donna all'altra mantenendo con loro un ostentato atteggiamento di superiorità. Balli - uomo cui ha arriso la fortuna e che vive per godere della bellezza, della ricchezza e della forza - si propone di insegnare all'amico come trattare le donne e organizza a scopo dimostrativo una cena, cui i due si presentano accompagnati dalle rispettive ragazze. Lo scultore non perde occasione per tiranneggiare la sua (che è piuttosto rozza e volgare), mettendosi così in bella mostra agli occhi di Angiolina, che cade preda del suo fascino e si dichiara pronta a fargli da modella. Angiolina, dunque, sembra la donna ideale per l'esperimento che dovrebbe portare Emilio all'educazione "sentimentale" e al superamento degli impacci psicologici che gli precludono l'azione: oltre a essere bella e fatua, è bugiarda e intrattiene relazioni con altri uomini senza neanche darsi la pena di nasconderlo troppo. «Angelica» solo nel nome e nelle speranze di Emilio, incarna perfettamente il tipo della donna perduta (nel romanzo tale circostanza non viene mai esplicitata, ma tutto fa pensare che essa sia una prostituta). Anche la sua famiglia ha del sordido: la madre le regge manifestamente il gioco, il padre è afflitto da manie di persecuzione e la sorella minore sembra incamminarsi verso un destino del tutto analogo a quello della maggiore. I difetti e le bugie di Angiolina spingono però Emilio ad attaccarsi ancora di più a lei.
La storia si complica dal momento in cui egli si prefigge di redimerla, di elevarla a uno stato superiore, quando cioè se ne innamora davvero. Con un procedimento ambiguo e tortuoso, egli mostra di avvedersi di tutta la volgarità e l'innocenza che abitano nel personaggio, per cui desidera contemporaneamente redimerla e corromperla. Inizia per il protagonista un periodo tormentato dalla gelosia: la ragazza asserisce di aver trovato un lavoro presso una famiglia che risulterà poi inesistente; inoltre si accompagna all'attempato ma ricco Volpini, il sarto suo "fidanzato" che, dopo averla posseduta, rompe la relazione. Emilio accetta una situazione così apertamente equivoca e non prende alcuna iniziativa per chiarire la sua posizione; tuttavia deve arrendersi all'evidenza quando Balli gli dimostra che la ragazza ha incontri furtivi anche con altri uomini. Disgustato, si allontana allora da lei e torna a occuparsi della sorella, che comincia a manifestare, oltre alla consueta malinconia, i sintomi di uno squilibrio nervoso, aggravato da una delusione amorosa (aveva creduto che Balli fosse innamorato di lei). La situazione di Emilio nei confronti di Angiolina trova una sua simmetria in quella di Amalia e Balli: fratello e sorella non si rendono mai conto della reale natura delle persone che hanno di fronte e si trascinano in situazioni patetiche.

Ben presto il proponimento di Emilio viene infranto: rivede Angiolina e si ritrova attratto da lei. Cadendo ancora una volta nella rete delle sue parole e dei suoi sorrisi, ricomincia a frequentarla e anzi la fa sua. Pur essendo via via più consapevole degli artifici messi in atto per legarlo a sé, lo riprende il desiderio di educarla. La gelosia, tuttavia, non cessa di tormentarlo e l'amico Balli costituisce il più serio pericolo, incarnando egli perfettamente il tipo del seduttore e dell'uomo forte che Emilio non riesce a essere. Simultaneamente alla decisione presa da Brentani di lasciare per sempre Angiolina, Amalia cade ammalata. La polmonite di cui è vittima è complicata dal fatto che il suo fisico è stremato dall'uso di etere, con il quale la donna si inebriava per dimenticare la propria infelicità. La morte giunge dopo una penosa agonia, la cui sintomatologia è riportata in dettaglio. Angiolina, si saprà in seguito, è fuggita con il cassiere (ladro) di una banca. Il romanzo si conclude ancora all'insegna dell'ambiguità: dopo la morte della sorella e la scomparsa dell'amata, Emilio si ritrova a sovrapporre in un'unica immagine le figure così diverse delle due donne, finendo con l'esplicitare una intercambiabilità di ruoli e fisionomie tra i personaggi non priva di risvolti morbosi.

Anche Emilio Brentani, come gli altri antieroi sveviani, è incapace di scelte attive e di conquistare una personale identità. Costantemente impegnato nell'osservazione critica di se stesso, ammira la vitalità dimostrata da Balli e da Angiolira, ma non sa uscire dal ruolo al quale lui e la sorella risultano atroficamente fissati. In questo simmetrico quadrilatero, Emilio e Amalia, assimilati nei nomi per assonanza, sognatori, piegati su se stessi, passivi e perdenti, hanno il loro opposto in Angiolina e Balli, personaggi alquanto rozzi ma attivi, che lottano e superano ogni difficoltà. «Svevo si è mosso speditamente sulla pista del realismo ottocentesco facendosi saltare tutti i ponti alle spalle: devastato il campo del personaggio, rinnegata la serietà della vicenda, ha di fronte a sé la sola prospettiva di essere un romanziere ironico, una volta per tutte» (Gabriella Contini).

Dal romanzo, nel 1961, è stato tratto un film diretto da Mauro Bolognini, con Anthony Franciosa, Claudia Cardinale, Betsy Blair, Philippe Leroy.

 

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